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Fabio Mauri – Fabio Mauri, etc.
L’ideologia di cui è permeata tutta la sua arte ha una sua propria “cosalità” come la proiezione che invadendo una fotografia, una bilancia, un libro o un vestito si fa sostanza.
Comunicato stampa
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“Fabio Mauri ha sempre lavorato ad una sola cosa: la comprensione linguistica del mondo. I suoi oggetti, le sue azioni, performance, installazioni, sono nella direzione della tensione combinata, a volte eterogenea e in corto circuito, per rendere la complessità del mondo e del pensiero.
Nelle sale della galleria Michela Rizzo il proiettore posto di fronte al wunderkammer costituito da oggetti e vecchie immagini fotografiche degli anni Trenta spara la sua luce imprimendo una decifrazione d’uso che rende la camera delle meraviglie un universo in movimento in cui lo scambio tra soggetto e oggetto fluisce continuo creando una “soggettività oggettiva di cui l’arte è la cifra” (F. M.). I casi del mondo e la signora Matisse (1988) è un’opera storica, contenitore regolato sulla temperatura di una globalità simbolica, di altri universi linguistici, di spostamenti spaziali e temporali, di contrapposizioni di rarefatte ricostruzioni e personali collegamenti.
Le librerie, riempite di una selezione di libri futuristi scelti dall’artista e da divise appese sui colti di legno appartenenti alla stessa epoca, sono portatrici di pensieri e i messaggi tautologicamente connaturati negli oggetti stessi sono contenuti tangibili, sia che appaiano stampati tra le pagine o che galleggino invisibili sulle trame di canapa degli abiti. I tappeti con le lettere scavate fino a raggiungere la parte opposta, o i muri con grafie tatuate sulla superficie d’intonaco, si fanno linguaggio e veicoli di comunicazione. Lo zerbino insolubile (2008) è un tappeto che porta incisa al suo centro questa stessa scritta, come una proclamazione d’esistenza, rimando alle vie del senso in quanto le scritte sono descrittive di se stesse, doppiano la presenza dell’oggetto pur producendo uno scarto, uno spazio che lascia aperta una fessura, una ferita che vedo somigliante alla crepa che l’incisore sapiente ha lasciato sulla superficie di setole per incidere ogni singola lettera. Tra il fogliame e la vera da pozzo del cortile interno della galleria una sfera di terracotta accoglie sulla sua superficie una proiezione, unico modo forse –secondo Fabio Mauri – di vedere il mondo.
Riallacciandosi alle istanze futuriste e Fluxus la sua opera sta nella dimensione sospesa tra Arte e Vita, una dimensione in cui pensiero, luce, parola sono materia concreta, pesante, reale. L’ideologia di cui è permeata tutta la sua arte ha una sua propria “cosalità” Tutti gli oggetti costituiscono segni di sistemi, universi d’uso, consonanza tra l’arte che - come dice Fabio Mauri - non è la vita, ma che probabilmente le è uguale.”
Nelle sale della galleria Michela Rizzo il proiettore posto di fronte al wunderkammer costituito da oggetti e vecchie immagini fotografiche degli anni Trenta spara la sua luce imprimendo una decifrazione d’uso che rende la camera delle meraviglie un universo in movimento in cui lo scambio tra soggetto e oggetto fluisce continuo creando una “soggettività oggettiva di cui l’arte è la cifra” (F. M.). I casi del mondo e la signora Matisse (1988) è un’opera storica, contenitore regolato sulla temperatura di una globalità simbolica, di altri universi linguistici, di spostamenti spaziali e temporali, di contrapposizioni di rarefatte ricostruzioni e personali collegamenti.
Le librerie, riempite di una selezione di libri futuristi scelti dall’artista e da divise appese sui colti di legno appartenenti alla stessa epoca, sono portatrici di pensieri e i messaggi tautologicamente connaturati negli oggetti stessi sono contenuti tangibili, sia che appaiano stampati tra le pagine o che galleggino invisibili sulle trame di canapa degli abiti. I tappeti con le lettere scavate fino a raggiungere la parte opposta, o i muri con grafie tatuate sulla superficie d’intonaco, si fanno linguaggio e veicoli di comunicazione. Lo zerbino insolubile (2008) è un tappeto che porta incisa al suo centro questa stessa scritta, come una proclamazione d’esistenza, rimando alle vie del senso in quanto le scritte sono descrittive di se stesse, doppiano la presenza dell’oggetto pur producendo uno scarto, uno spazio che lascia aperta una fessura, una ferita che vedo somigliante alla crepa che l’incisore sapiente ha lasciato sulla superficie di setole per incidere ogni singola lettera. Tra il fogliame e la vera da pozzo del cortile interno della galleria una sfera di terracotta accoglie sulla sua superficie una proiezione, unico modo forse –secondo Fabio Mauri – di vedere il mondo.
Riallacciandosi alle istanze futuriste e Fluxus la sua opera sta nella dimensione sospesa tra Arte e Vita, una dimensione in cui pensiero, luce, parola sono materia concreta, pesante, reale. L’ideologia di cui è permeata tutta la sua arte ha una sua propria “cosalità” Tutti gli oggetti costituiscono segni di sistemi, universi d’uso, consonanza tra l’arte che - come dice Fabio Mauri - non è la vita, ma che probabilmente le è uguale.”
04
giugno 2009
Fabio Mauri – Fabio Mauri, etc.
Dal 04 giugno al 20 settembre 2009
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
GALLERIA MICHELA RIZZO – PALAZZO PALUMBO FOSSATI
Venezia, San Marco, 2597, (Venezia)
Venezia, San Marco, 2597, (Venezia)
Orario di apertura
da martedi a sabato ore 10-12:30 e 15:30-19 chiuso dal 9 al 17 agosto
Vernissage
4 Giugno 2009, ore 18:00
Autore
Curatore