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Collezione Al-bunduqiyya
La collezione è un menu di opere, una carta di lavori che verranno preparati dagli artisti in occasione della serata di presentazione e saranno ordinabili presso le cucine del ristorante Corte dell’Orso di Venezia sede del progetto curatoriale Al-bunduqiyya).
Comunicato stampa
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La collezione è un menu di opere, una carta di lavori che verranno preparati dagli artisti in occasione della serata di presentazione. Un invito a cena aperto a chi vorrà farne esperienza.
All’artista è stato chiesto di realizzare una pietanza, un lavoro fruibile con l’azione del pasto, che possa poi essere riproposto ogni giorno dalle cucine della Corte dell’Orso a Venezia, ristorante sede del progetto curatoriale Al-bunduqiyya.
PENNA AL DENTE
(testo di Vincenzo Estremo)
Lasciare che un gruppo di artisti compilino una serie di ricette come azioni senzienti, trascina con se la richiesta di una serie di spiegazioni. Proveremo a leggere, legando a doppio filo la nostra storia della conoscenza a quella della nostra soddisfazione gastrica. Scorrendo tra le righe delle nostre espressioni verbali, ci accorgiamo che parola e cibo, sapere e sapore sono, circondati da un’aria di famiglia, un legame semantico e lessicale non solo apparentemente valido. Banalmente siamo soliti esprimerci con locuzioni del tipo avere “sete di conoscenza”, oppure siamo consapevoli di “berci una storia”, o ancora abbiamo per i nostri interlocutori “parole dolci o amare”, queste sono solo alcune di una serie infinita di espressioni comuni che associano la soddisfazione del sapere a quella dello stomaco. In diversi processi della comunicazione usiamo, a mò di rafforzativo, degli appellativi culinari per legittimare la nostra volontà di conoscenza con quella della necessità dell’alimentazione. Il nostro corpo sembra farci da garante per il buon funzionamento delle nostre capacità intellettuali. Riguardando brevemente alla storia del pensiero vedremo come il dualismo, che in Platone diveniva una dicotomia, tra alimentazione del corpo e soddisfazione dello spirito, si sciolga nelle nostre espressioni lessicali, in cui la necessità non è nel lucro animale, ma culturalmente razionale. Mangiare quindi come azione senziente verso il cibo.
La progettualità artistica di Al-bunduqiyya potrebbe essere visualizzata, nel complesso delle sue interazioni, con l’iconografia dell’orsa che si divora la gamba, ipse alimenta sibi, trae nutrimento da se stessa. Questo parallelo autofagico non è però una definizione di autonomia rispetto al mondo, ma solo uno spunto pretestuale per una dichiarazione di contemporaneità artistica. Così come l’arte oggi può essere sistema autonomo di forme filosofiche etiche ecc, allo stesso modo gli interventi degli artisti sulla carta delle pietanze hanno un’autonomia concettuale e di senso che non ha bisogno di legittimazioni teoriche. Le ricette sono delle desinenze di un sistema artistico che offre nutrimento concettuale e non più ludico giovamento.
L’autosufficienza dell’arte spinge questa, verso la filosofia e traslativamente verso il cibo - cibo e arte così come filosofia e cibo - cucinare come azione di ricomposizione degli elementi sciolti, formalizzazione di un progetto. Le ricette sono delle tracce redatte come un disegno di cucina che è messo nella condizione di assembrale oltre ai piatti dei messaggi espliciti. In questa complessità di possibilità significanti si innesca il discorso di Jean-Paul Sartre, che parlando di filosofia parlava di “filosofia digestiva”. L’atto della digestione era letto come un’assimilazione coatta delle cose, negazione delle qualità peculiari del cibo verso un’as-similo delle cose al corpo. Sartre denunciava quella coercizione universale del corpo e del pensiero sulla cosa altra. Contro questa praxis digestiva, Sartre indicherà l’indigestione del pensiero, un processo che bloccandosi violentemente permette alla conoscenza di non essere assimilata possessivamente. Questa posizione di Sartre collima con l’indigeribilità del progetto Al-bunduqiyya che non vuole offrire una dialettica meccanica di associazioni semplici (Biennale di Venezia, Città d’arte, percorsi eno-gastronomici) ma ci spinge alla Nausea dei costrutti. Le ricette progettate, preparate e servite da artisti impongono al fruitore un percorso, offrendosi come una coriacea opposizione alle alternative impacchettate dell’alimentazione Mac. In una cucina non retorica ( che si ripete in se pedissequa a modelli) scopriamo un’ arte di conoscenza, che oltre alla lusinga delle nostre sensorialità ci avvia a percorsi di salutare riflessione.
Non siamo di fronte alle amate ricette immorali di Manuel Vazquez Montalban, ma stiamo intraprendendo un’inversione etica che nel piacere attiva la dorsale del Pane della vita.
All’artista è stato chiesto di realizzare una pietanza, un lavoro fruibile con l’azione del pasto, che possa poi essere riproposto ogni giorno dalle cucine della Corte dell’Orso a Venezia, ristorante sede del progetto curatoriale Al-bunduqiyya.
PENNA AL DENTE
(testo di Vincenzo Estremo)
Lasciare che un gruppo di artisti compilino una serie di ricette come azioni senzienti, trascina con se la richiesta di una serie di spiegazioni. Proveremo a leggere, legando a doppio filo la nostra storia della conoscenza a quella della nostra soddisfazione gastrica. Scorrendo tra le righe delle nostre espressioni verbali, ci accorgiamo che parola e cibo, sapere e sapore sono, circondati da un’aria di famiglia, un legame semantico e lessicale non solo apparentemente valido. Banalmente siamo soliti esprimerci con locuzioni del tipo avere “sete di conoscenza”, oppure siamo consapevoli di “berci una storia”, o ancora abbiamo per i nostri interlocutori “parole dolci o amare”, queste sono solo alcune di una serie infinita di espressioni comuni che associano la soddisfazione del sapere a quella dello stomaco. In diversi processi della comunicazione usiamo, a mò di rafforzativo, degli appellativi culinari per legittimare la nostra volontà di conoscenza con quella della necessità dell’alimentazione. Il nostro corpo sembra farci da garante per il buon funzionamento delle nostre capacità intellettuali. Riguardando brevemente alla storia del pensiero vedremo come il dualismo, che in Platone diveniva una dicotomia, tra alimentazione del corpo e soddisfazione dello spirito, si sciolga nelle nostre espressioni lessicali, in cui la necessità non è nel lucro animale, ma culturalmente razionale. Mangiare quindi come azione senziente verso il cibo.
La progettualità artistica di Al-bunduqiyya potrebbe essere visualizzata, nel complesso delle sue interazioni, con l’iconografia dell’orsa che si divora la gamba, ipse alimenta sibi, trae nutrimento da se stessa. Questo parallelo autofagico non è però una definizione di autonomia rispetto al mondo, ma solo uno spunto pretestuale per una dichiarazione di contemporaneità artistica. Così come l’arte oggi può essere sistema autonomo di forme filosofiche etiche ecc, allo stesso modo gli interventi degli artisti sulla carta delle pietanze hanno un’autonomia concettuale e di senso che non ha bisogno di legittimazioni teoriche. Le ricette sono delle desinenze di un sistema artistico che offre nutrimento concettuale e non più ludico giovamento.
L’autosufficienza dell’arte spinge questa, verso la filosofia e traslativamente verso il cibo - cibo e arte così come filosofia e cibo - cucinare come azione di ricomposizione degli elementi sciolti, formalizzazione di un progetto. Le ricette sono delle tracce redatte come un disegno di cucina che è messo nella condizione di assembrale oltre ai piatti dei messaggi espliciti. In questa complessità di possibilità significanti si innesca il discorso di Jean-Paul Sartre, che parlando di filosofia parlava di “filosofia digestiva”. L’atto della digestione era letto come un’assimilazione coatta delle cose, negazione delle qualità peculiari del cibo verso un’as-similo delle cose al corpo. Sartre denunciava quella coercizione universale del corpo e del pensiero sulla cosa altra. Contro questa praxis digestiva, Sartre indicherà l’indigestione del pensiero, un processo che bloccandosi violentemente permette alla conoscenza di non essere assimilata possessivamente. Questa posizione di Sartre collima con l’indigeribilità del progetto Al-bunduqiyya che non vuole offrire una dialettica meccanica di associazioni semplici (Biennale di Venezia, Città d’arte, percorsi eno-gastronomici) ma ci spinge alla Nausea dei costrutti. Le ricette progettate, preparate e servite da artisti impongono al fruitore un percorso, offrendosi come una coriacea opposizione alle alternative impacchettate dell’alimentazione Mac. In una cucina non retorica ( che si ripete in se pedissequa a modelli) scopriamo un’ arte di conoscenza, che oltre alla lusinga delle nostre sensorialità ci avvia a percorsi di salutare riflessione.
Non siamo di fronte alle amate ricette immorali di Manuel Vazquez Montalban, ma stiamo intraprendendo un’inversione etica che nel piacere attiva la dorsale del Pane della vita.
03
giugno 2009
Collezione Al-bunduqiyya
03 giugno 2009
arte contemporanea
presentazione
serata - evento
presentazione
serata - evento
Location
AL-BUNDUQIYYA – CORTE DELL’ORSO
Venezia, San Marco, 5495, (Venezia)
Venezia, San Marco, 5495, (Venezia)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 10.30 alle 24.00
Vernissage
3 Giugno 2009, ore 19
Autore
Curatore