-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
fino al 15.II.2002 Pierre Giner – J’ai oublie le lieu Roma, Fondazione Adriano Olivetti
roma
Il luogo lo hanno dimenticato. Per loro – le persone che ballano su una musica che non cambia – restano una sensazione e quelle immagini che sembrano nascere all’improvviso, ma sono i riflessi di un momento passato che non riesce a prendere forma...
La geografia della memoria sembra non avere, forse per definizione, confini ben delineati: anche nei ricordi più vivi (quelli più dolci o più dolorosi) qualche tratto si perde, sfuma, sprofonda in uno strato eterogeneo, in cui un anno o un istante hanno la stessa durata e chiedersi ‘dove’ è porsi un quesito destinato a restare senza risposta.
Tenta di indagare il meccanismo imprevedibile del ricordo, Pierre Giner (1966, vive e lavora a Parigi) e nel video presentato presso la Project Room della Fondazione Olivetti, offre la sua interpretazione del paesaggio discontinuo che è il vissuto di ognuno.
J’ai oublie le lieu inizia in una sala dove diverse coppie stanno ballando abbracciate: di queste persone non conosceremo i volti, le espressioni, non potremo ipotizzare uno stato d’animo, saranno perennemente inquadrate dalla vita in giù; alcune immagini subentreranno in modo inaspettato, come fossero state strappate al tempo, richiamate da qualche associazione mentale misteriosa: sono frammenti di un ‘prima’ imprecisato, di un evento ricostruito a fatica (intuiremo qualcosa in più solo leggendo le frasi, che si compongono ad intervalli regolari, come didascalie su un fondo bianco), un ricordo, o più di uno.
Una strada in un paesaggio innevato, la luce tra i rami degli alberi, tra le foglie e i fiori, poi un incendio e le fiamme che divorano una stanza… vediamo questo: sequenze slegate, che sembrano spezzare la scena ripresa nella sala da ballo; (e la musica scelta, per accompagnare la danza, Over the raimbow pare un contrappunto ironico) impossibile determinare a chi appartengano quei pochi frammenti, non c’è un protagonista, solo un lento svolgersi, enfatizzato – forse un po’ troppo, rischiando la forzatura – dalla qualità della ripresa, che sgrana le immagini, rende labili i contorni delle cose.
Tra la realtà della sala, dei giri di valzer, dei ballerini un po’ goffi e l’irruzione di qualcosa che è stato, appaiono alcune frasi scritte: potrebbero essere indizi, per trovare una connessione, per ricostruire quel che il tempo e il distacco hanno dissolto nel ricordo, ma forse non è importante ritrovare cosa manca.
Il luogo dimenticato, ormai sedimentato nell’oblio, non riaffiora.
articoli correlati
Sincretismi, in mostra alla Fondazione Olivetti
Esra Ersen – If You Could Speak Swedish
maria cristina bastante
Pierre Giner – J’ai oublie le lieu, a cura di Paola Magni
Fondazione Adriano Olivetti, via Zanardelli 34, 066877054, lun_ven 10-18 ch sab_dom, ingresso libero
www.fondazioneadrianolivetti.it
info@fondazioneadrianolivetti.it
[exibart]