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A est di niente. Arte contemporanea dell’Asia centrale postsovietica
La prima mostra allestita nello spazio della Fondazione 107 che porta a Torino l’arte più innovativa e audace di un’area del mondo misteriosa e carica di fascino, ma tuttavia nota al grande pubblico soprattutto attraverso eventi drammatici che ricordano le logiche del “grande gioco” ottocentesco: la guerra di spie e di reciproche destabilizzazioni tra Impero Zarista e Impero Britannico resa celebre da Rudyard Kipling.
Comunicato stampa
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A EST DI NIENTE
arte contemporanea dall’Asia centrale postsovietica
Progetto: Federico Piccari, Enrico Mascelloni
a cura di Enrico Mascelloni, Valeria Ibraeva, Rosa Maria Falvo
Conferenza stampa 28 maggio 2009, ore 12.00
Inaugurazione 28 maggio 2009, ore 18.00
29 maggio - 27 settembre 2009
FONDAZIONE 107
Torino
Inaugura il 28 maggio 2009 A EST DI NIENTE – Arte contemporanea dell’Asia centrale postsovietica, la prima mostra allestita nello spazio della Fondazione 107 che porta a Torino l’arte più innovativa e audace di un’area del mondo misteriosa e carica di fascino, ma tuttavia nota al grande pubblico soprattutto attraverso eventi drammatici che ricordano le logiche del “grande gioco” ottocentesco: la guerra di spie e di reciproche destabilizzazioni tra Impero Zarista e Impero Britannico resa celebre da Rudyard Kipling.
La mostra utilizza il termine Asia Centrale in senso estensivo, includendovi non soltanto le cinque repubbliche già sovietiche (Kazakhstan, Kirgizistan, Uzbekistan, Tadjikistan, Turkmenistan, che insieme al Xing-Xiang ora cinese già formavano il Turkestan ottocentesco), ma anche l’Afghanistan e la Mongolia, che condividono con esse una fase di dominio sovietico e ampie affinità etniche e culturali (larghe minoranze di tutte le cinque repubbliche vivono da decenni in Afghanistan, con cui condividono l’Islam come religione maggioritaria, mentre la Mongolia buddista, dove vive una numerosa comunità kazakha, è la vera e propria culla di quelle civiltà nomadi che hanno segnato la storia e la cultura di tutta l’area in questione). Con il ritiro dell’Armata Rossa dall’Afghanistan (1989) e il crollo dell’URSS (1991), che rende improvvisamente sovrane le sue cinque repubbliche centroasiatiche e affranca la Mongolia dalla tutela sovietica, un mondo grande tre volte l’Europa, inglobato sostanzialmente nel monolite sovietico, esce improvvisamente allo scoperto, trasformando l’economia (petrolio, gas e altre materie prime) e la geopolitica (conflitti vari e diverse alleanze strategiche) non solo dell’Asia.
La configurazione di una Grande Asia Centrale è tra gli eventi maggiori del nuovo millennio e questa mostra intende documentarne l’arte visuale come un fenomeno ampio, innovativo, audace e capace di fare i conti con un tempo di trasformazioni inaudite, che vanno ben oltre il luogo comune della cosiddetta “globalizzazione”, mettendo in campo nuove accelerazioni ideologiche e permettendo il riaffiorare di antiche culture presovietiche e persino preislamiche. E infatti l’arte dell’Asia centrale sembra come sospesa tra oriente e occidente, in una perpetua ricerca d’identità “orientali” continuamente trasgredite e corrette dagli influssi “occidentali”.
In esposizione più di 100 opere di circa 30 artisti. Insieme ai protagonisti già noti a livello internazionale (i cui lavori sono stati presentati in varie edizioni delle più importanti biennali internazionali, tra cui quella di Venezia) come i kazakhi Said Atabekov, Almagul Menlibayeva e Erbosyn Meldibekov, di cui verranno esposte opere storiche accanto a lavori site specific, saranno proposte le opere di artisti giovani e ancora sconosciuti in Occidente. Insieme a lavori monumentali come i grandi assemblaggi di objets trouvés di Georgy Tryakin Bukharov, saranno presentati video inediti e altri già noti di artisti come l’afghano Raharaw Omarzad o di gruppi artistici che condividono progetti e nuove istanze provocatorie; saranno esposte inoltre numerose opere fotografiche, tra cui quelle sorprendenti della mongola Dugarsham Tserennadmid, realizzate tutte prima della decisione (1995) di tornare a nomadizzare nella steppa. I linguaggi pittorici, sebbene ricalibrati dalle ricerche multiple e tecno-mediali che hanno caratterizzato anche in Asia centrale l’arte recente, saranno presenti, tra l’altro con grandi quadri di artisti come il kazakho Moldakul Narymbetov o il kirgiso Talant Ogobaev o dalle raffinate miniature dell’afghano Khadim Alì.
Le opere sono state selezionate dai curatori Enrico Mascelloni e Valeria Ibraeva in collaborazione con il presidente della fondazione Federico Piccari e con Rosa Maria Falvo, specialista di arte contemporanea dell’Asia e dell’Australia, dopo un lungo lavoro di ricognizione in tutta l’area in esame. La mostra ha l’ambizione di essere la più completa e ampia ricognizione mai tentata sull’arte contemporanea dell’Asia Centrale.
Il catalogo conterrà i testi di Enrico Mascelloni, Valeria Ibraeva, Rosa Maria Falvo, Gamal Bokonbaev; ampi apparati bio-bibliografici; la ricostruzione di tutti gli eventi più importanti sull’arte centroasiatica; la riproduzione di tutte le opere in mostra corredate da un vasto materiale iconografico di repertorio.
Fondazione 107, con questo evento, inaugura una nuova istituzione per l’arte contemporanea in un ampio spazio industriale di 1.500 metri quadri, situato a Torino nella zona dello Stadio delle Alpi. L’iniziativa è stata ideata dall’artista italiano Federico Piccari e da Enrico Mascelloni, e fa parte del Progetto 107, che prevede la costruzione di un “Centro per la Creatività” capace di progettare e dotare spazi d’attività multidisciplinare per gli artisti
Enrico Mascelloni, italiano, scrive d’arte e di geopolitica. Viaggia dagli anni ‘70 in Asia e in Africa, presentando in pubblicazioni e mostre le ricerche visuali più audaci delle aree in questione. Ha organizzato rassegne e pubblicato libri e articoli sul rinnovamento visuale dell’Asia Centrale (cfr. La Sindrome di Tamerlano-arte e conflitti in Asia Centrale, SKIRA ed, 2004.; War rugs-The Nightmare of Modernism, SKIRA ed., 2008)
Valeria Ibraeva, kazakha, è direttore del Soros Center for Contemporary Art di Almaty. Il suo contributo al rinnovamento dell’arte centroasiatica è stato determinante, infatti la curatrice ha messo a disposizione degli artisti idee e mezzi e ha organizzato gli eventi più importanti sull’arte contemporanea dell’Asia Centrale ex-sovietica, di cui è la specialista più accreditata (cfr. La Sindrome di Tamerlano-arte e conflitti in Asia Centrale, SKIRA ed. 2004; Videoidentity: the sacred places of Central Asia, SCCA Almaty 2004)
Rosa Maria Falvo, australiana, è scrittrice e curatrice con particolare attenzione all’arte contemporanea dell’Asia-Pacific. La sua attività si concentra sugli scambi interculturali. Viaggia estensivamente in Asia dalla fine degli anni ‘80 e ha pubblicato vari testi sull’arte delle aree in oggetto. (cfr. Massimo Cruciani: La lunga strada verso Est, Perugia 2002; Joshua Yeldham, Hawkesbury River/Motherland, Sydney 2008)
arte contemporanea dall’Asia centrale postsovietica
Progetto: Federico Piccari, Enrico Mascelloni
a cura di Enrico Mascelloni, Valeria Ibraeva, Rosa Maria Falvo
Conferenza stampa 28 maggio 2009, ore 12.00
Inaugurazione 28 maggio 2009, ore 18.00
29 maggio - 27 settembre 2009
FONDAZIONE 107
Torino
Inaugura il 28 maggio 2009 A EST DI NIENTE – Arte contemporanea dell’Asia centrale postsovietica, la prima mostra allestita nello spazio della Fondazione 107 che porta a Torino l’arte più innovativa e audace di un’area del mondo misteriosa e carica di fascino, ma tuttavia nota al grande pubblico soprattutto attraverso eventi drammatici che ricordano le logiche del “grande gioco” ottocentesco: la guerra di spie e di reciproche destabilizzazioni tra Impero Zarista e Impero Britannico resa celebre da Rudyard Kipling.
La mostra utilizza il termine Asia Centrale in senso estensivo, includendovi non soltanto le cinque repubbliche già sovietiche (Kazakhstan, Kirgizistan, Uzbekistan, Tadjikistan, Turkmenistan, che insieme al Xing-Xiang ora cinese già formavano il Turkestan ottocentesco), ma anche l’Afghanistan e la Mongolia, che condividono con esse una fase di dominio sovietico e ampie affinità etniche e culturali (larghe minoranze di tutte le cinque repubbliche vivono da decenni in Afghanistan, con cui condividono l’Islam come religione maggioritaria, mentre la Mongolia buddista, dove vive una numerosa comunità kazakha, è la vera e propria culla di quelle civiltà nomadi che hanno segnato la storia e la cultura di tutta l’area in questione). Con il ritiro dell’Armata Rossa dall’Afghanistan (1989) e il crollo dell’URSS (1991), che rende improvvisamente sovrane le sue cinque repubbliche centroasiatiche e affranca la Mongolia dalla tutela sovietica, un mondo grande tre volte l’Europa, inglobato sostanzialmente nel monolite sovietico, esce improvvisamente allo scoperto, trasformando l’economia (petrolio, gas e altre materie prime) e la geopolitica (conflitti vari e diverse alleanze strategiche) non solo dell’Asia.
La configurazione di una Grande Asia Centrale è tra gli eventi maggiori del nuovo millennio e questa mostra intende documentarne l’arte visuale come un fenomeno ampio, innovativo, audace e capace di fare i conti con un tempo di trasformazioni inaudite, che vanno ben oltre il luogo comune della cosiddetta “globalizzazione”, mettendo in campo nuove accelerazioni ideologiche e permettendo il riaffiorare di antiche culture presovietiche e persino preislamiche. E infatti l’arte dell’Asia centrale sembra come sospesa tra oriente e occidente, in una perpetua ricerca d’identità “orientali” continuamente trasgredite e corrette dagli influssi “occidentali”.
In esposizione più di 100 opere di circa 30 artisti. Insieme ai protagonisti già noti a livello internazionale (i cui lavori sono stati presentati in varie edizioni delle più importanti biennali internazionali, tra cui quella di Venezia) come i kazakhi Said Atabekov, Almagul Menlibayeva e Erbosyn Meldibekov, di cui verranno esposte opere storiche accanto a lavori site specific, saranno proposte le opere di artisti giovani e ancora sconosciuti in Occidente. Insieme a lavori monumentali come i grandi assemblaggi di objets trouvés di Georgy Tryakin Bukharov, saranno presentati video inediti e altri già noti di artisti come l’afghano Raharaw Omarzad o di gruppi artistici che condividono progetti e nuove istanze provocatorie; saranno esposte inoltre numerose opere fotografiche, tra cui quelle sorprendenti della mongola Dugarsham Tserennadmid, realizzate tutte prima della decisione (1995) di tornare a nomadizzare nella steppa. I linguaggi pittorici, sebbene ricalibrati dalle ricerche multiple e tecno-mediali che hanno caratterizzato anche in Asia centrale l’arte recente, saranno presenti, tra l’altro con grandi quadri di artisti come il kazakho Moldakul Narymbetov o il kirgiso Talant Ogobaev o dalle raffinate miniature dell’afghano Khadim Alì.
Le opere sono state selezionate dai curatori Enrico Mascelloni e Valeria Ibraeva in collaborazione con il presidente della fondazione Federico Piccari e con Rosa Maria Falvo, specialista di arte contemporanea dell’Asia e dell’Australia, dopo un lungo lavoro di ricognizione in tutta l’area in esame. La mostra ha l’ambizione di essere la più completa e ampia ricognizione mai tentata sull’arte contemporanea dell’Asia Centrale.
Il catalogo conterrà i testi di Enrico Mascelloni, Valeria Ibraeva, Rosa Maria Falvo, Gamal Bokonbaev; ampi apparati bio-bibliografici; la ricostruzione di tutti gli eventi più importanti sull’arte centroasiatica; la riproduzione di tutte le opere in mostra corredate da un vasto materiale iconografico di repertorio.
Fondazione 107, con questo evento, inaugura una nuova istituzione per l’arte contemporanea in un ampio spazio industriale di 1.500 metri quadri, situato a Torino nella zona dello Stadio delle Alpi. L’iniziativa è stata ideata dall’artista italiano Federico Piccari e da Enrico Mascelloni, e fa parte del Progetto 107, che prevede la costruzione di un “Centro per la Creatività” capace di progettare e dotare spazi d’attività multidisciplinare per gli artisti
Enrico Mascelloni, italiano, scrive d’arte e di geopolitica. Viaggia dagli anni ‘70 in Asia e in Africa, presentando in pubblicazioni e mostre le ricerche visuali più audaci delle aree in questione. Ha organizzato rassegne e pubblicato libri e articoli sul rinnovamento visuale dell’Asia Centrale (cfr. La Sindrome di Tamerlano-arte e conflitti in Asia Centrale, SKIRA ed, 2004.; War rugs-The Nightmare of Modernism, SKIRA ed., 2008)
Valeria Ibraeva, kazakha, è direttore del Soros Center for Contemporary Art di Almaty. Il suo contributo al rinnovamento dell’arte centroasiatica è stato determinante, infatti la curatrice ha messo a disposizione degli artisti idee e mezzi e ha organizzato gli eventi più importanti sull’arte contemporanea dell’Asia Centrale ex-sovietica, di cui è la specialista più accreditata (cfr. La Sindrome di Tamerlano-arte e conflitti in Asia Centrale, SKIRA ed. 2004; Videoidentity: the sacred places of Central Asia, SCCA Almaty 2004)
Rosa Maria Falvo, australiana, è scrittrice e curatrice con particolare attenzione all’arte contemporanea dell’Asia-Pacific. La sua attività si concentra sugli scambi interculturali. Viaggia estensivamente in Asia dalla fine degli anni ‘80 e ha pubblicato vari testi sull’arte delle aree in oggetto. (cfr. Massimo Cruciani: La lunga strada verso Est, Perugia 2002; Joshua Yeldham, Hawkesbury River/Motherland, Sydney 2008)
28
maggio 2009
A est di niente. Arte contemporanea dell’Asia centrale postsovietica
Dal 28 maggio al 09 novembre 2009
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE 107
Torino, Via Andrea Sansovino, 234, (Torino)
Torino, Via Andrea Sansovino, 234, (Torino)
Biglietti
5 euro
Orario di apertura
dal mercoledì al sabato 16.00 - 20.00
domenica 14.00 - 20.00
Vernissage
28 Maggio 2009, ore 18
Ufficio stampa
EMANUELA BERNASCONE
Autore