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W.a.i.
Esposizione collettiva
Comunicato stampa
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W.A.Y.
La nostra società esalta continuamente la gioventù come stereotipo di successo, ma in realtà confina la creatività di nuovi talenti come prodotti di serie b.
Giovanile diviene quindi sinonimo di impreciso ed ancora informe. Il messaggio che si vuole far passare è viceversa questo: una società si sviluppa e progredisce solo se è capace di dare veramente spazio ed impulso alle idee nuove. L'abbandono a se stesso dell'artista rende il mondo dell'arte fittizio e distaccato, mentre l’interscambio fra giovani artisti favorisce la condivisione di idee e la creazione di un network, che permette ad ognuno di essi di mettersi in gioco.
Questo progetto, che si rifà alla filosofia berlinese, vuole creare un ambiente creativamente stimolante sia per il pubblico che per gli artisti, toccando tutte le forme dell'arte attuali.
WAY è l insieme di sei artisti che, attraverso tecniche diverse, ci introducono al loro mondo interiore.
Rappresentazioni inquietanti e devianti per lo spettatore, ma che in realtà sono un’espiazione, un trasporre le loro creature interiori per far nascer qualcosa di nuovo.
Dalla fine tecnica pittorica ad olio, al disegno cesellato, alle installazioni sonore, hanno tutte un comune denominatore: una ricerca stilistica concettuale fortemente connotata, di grosso impatto e di gusto squisitamente contemporaneo, pur ammiccando ad atmosfere senza tempo che troviamo in grandi artisti del passato. Una mostra che mira a mettere in luce l’ ‘es’, puntando lo sguardo nell’animo degli artisti che esprimono la loro sensibilità distaccandosi dalla frenesia della società di oggi e fermandosi a riflettere sulle loro emozioni.
Marco Rea utilizza spray su immagini pre-esistenti, come poster o foto pubblicitarie. Fà emergere creature nascoste in quei volti che normalmente fanno parte della nostra vita quotidiana, trasformandole in essenza spettrale, deformazioni della percezione simili a quelle che si creano nei sogni o nei ricordi trasmettendo una sensazione di macabra inquietudine.
Marco Cassani usa una penna ‘bic’ come spatola, immette strati di colore ad olio, opachi e lucidi a macchia, per un effetto materico e vivo della tela, quasi tridimensionale. L’artista è giunto ad adottare questa particolare tecnica dopo differenti sperimentazione studi,basati sulla fisiognomica dell’uomo e delle sue ansie. I suoi quadri che richiedono tempi di esecuzione lunghi e minuziosi, rivelano una scelta originale e ben determinata, che rivela un’innovativa concezione della creatività.
Enrica Berselli dipinge ad olio su tela rappresentando in chiave realistica, immagini come il trittico “denominazione dei sensi”, che descrive una condizione di impossibilità di relazione rappresentando un corpo isolato simbolicamente da un velo di materia plastica che ricorda l’iconografia del sudario riattualizzata in chiave ipercontemporanea. L’alterazione della consapevolezza fisica del proprio corpo e di perdita del contatto sensoriale può essere intesa in questo caso, come ‘atto medico’ da parte dell artista verso se stessa, come catarsi.
Fiorella Fontana lavora con la grafite su tela di grandi dimensioni, dando vita a personaggi mascherati da teschi di capra che, tra umanità e animalità creano un ancestrale equilibrio. Con estrema precisione certosina per i dettagli, dà vita a creature dall’aspetto quasi divino mostrando ambiguità e debolezza allo stesso tempo.
L’artista utilizza il simbolo del capro per la potenza del significato, per la possibile associazione al male che deriva da culti mutati nel tempo, ma sceglie di rappresentare i suoi soggetti non per dare un’ immagine macabra, ma per invitare lo spettatore a chiedersi cosa ci sia dietro, quale sia la sua verità.
Sergio Padovani ha un essenziale legame con il cinema muto anni ’20: egli prende ispirazione dalle immagini statiche dei fotogrammi che esasperano sguardi e mimiche facciali.
Una grande messa in scena in cui gli attori princpali sono perdenti e vittime,che ostentano la loro arroganza pur sapendo di non poterla esibire, sentendosi per un attimo carnefici forse di loro stessi.
Non cè nessun disegno preparatorio né foto da cui vengono prese le immagini, solo due colori per rappresentarli in acrilico e olio su tela.
Francesco Bruno produttore musicale, sound designer e artista, lavora nel campo delle installazioni interattive e della new media art.
Per Way, insieme ad Alice Attanasio, espongono l'installazione "What's up in TV?". Mettono in luce un utopistico micromondo "perfetto" che popola l'interno del video.
Way è anche incontro di vari linguaggi espressivi; l’artista, all'interno della mostra, sonorizzerà l'opera degli altri partecipanti per rendere più completa ed immersiva la fruizione di quest'utlime.
Alice Attanasio
La nostra società esalta continuamente la gioventù come stereotipo di successo, ma in realtà confina la creatività di nuovi talenti come prodotti di serie b.
Giovanile diviene quindi sinonimo di impreciso ed ancora informe. Il messaggio che si vuole far passare è viceversa questo: una società si sviluppa e progredisce solo se è capace di dare veramente spazio ed impulso alle idee nuove. L'abbandono a se stesso dell'artista rende il mondo dell'arte fittizio e distaccato, mentre l’interscambio fra giovani artisti favorisce la condivisione di idee e la creazione di un network, che permette ad ognuno di essi di mettersi in gioco.
Questo progetto, che si rifà alla filosofia berlinese, vuole creare un ambiente creativamente stimolante sia per il pubblico che per gli artisti, toccando tutte le forme dell'arte attuali.
WAY è l insieme di sei artisti che, attraverso tecniche diverse, ci introducono al loro mondo interiore.
Rappresentazioni inquietanti e devianti per lo spettatore, ma che in realtà sono un’espiazione, un trasporre le loro creature interiori per far nascer qualcosa di nuovo.
Dalla fine tecnica pittorica ad olio, al disegno cesellato, alle installazioni sonore, hanno tutte un comune denominatore: una ricerca stilistica concettuale fortemente connotata, di grosso impatto e di gusto squisitamente contemporaneo, pur ammiccando ad atmosfere senza tempo che troviamo in grandi artisti del passato. Una mostra che mira a mettere in luce l’ ‘es’, puntando lo sguardo nell’animo degli artisti che esprimono la loro sensibilità distaccandosi dalla frenesia della società di oggi e fermandosi a riflettere sulle loro emozioni.
Marco Rea utilizza spray su immagini pre-esistenti, come poster o foto pubblicitarie. Fà emergere creature nascoste in quei volti che normalmente fanno parte della nostra vita quotidiana, trasformandole in essenza spettrale, deformazioni della percezione simili a quelle che si creano nei sogni o nei ricordi trasmettendo una sensazione di macabra inquietudine.
Marco Cassani usa una penna ‘bic’ come spatola, immette strati di colore ad olio, opachi e lucidi a macchia, per un effetto materico e vivo della tela, quasi tridimensionale. L’artista è giunto ad adottare questa particolare tecnica dopo differenti sperimentazione studi,basati sulla fisiognomica dell’uomo e delle sue ansie. I suoi quadri che richiedono tempi di esecuzione lunghi e minuziosi, rivelano una scelta originale e ben determinata, che rivela un’innovativa concezione della creatività.
Enrica Berselli dipinge ad olio su tela rappresentando in chiave realistica, immagini come il trittico “denominazione dei sensi”, che descrive una condizione di impossibilità di relazione rappresentando un corpo isolato simbolicamente da un velo di materia plastica che ricorda l’iconografia del sudario riattualizzata in chiave ipercontemporanea. L’alterazione della consapevolezza fisica del proprio corpo e di perdita del contatto sensoriale può essere intesa in questo caso, come ‘atto medico’ da parte dell artista verso se stessa, come catarsi.
Fiorella Fontana lavora con la grafite su tela di grandi dimensioni, dando vita a personaggi mascherati da teschi di capra che, tra umanità e animalità creano un ancestrale equilibrio. Con estrema precisione certosina per i dettagli, dà vita a creature dall’aspetto quasi divino mostrando ambiguità e debolezza allo stesso tempo.
L’artista utilizza il simbolo del capro per la potenza del significato, per la possibile associazione al male che deriva da culti mutati nel tempo, ma sceglie di rappresentare i suoi soggetti non per dare un’ immagine macabra, ma per invitare lo spettatore a chiedersi cosa ci sia dietro, quale sia la sua verità.
Sergio Padovani ha un essenziale legame con il cinema muto anni ’20: egli prende ispirazione dalle immagini statiche dei fotogrammi che esasperano sguardi e mimiche facciali.
Una grande messa in scena in cui gli attori princpali sono perdenti e vittime,che ostentano la loro arroganza pur sapendo di non poterla esibire, sentendosi per un attimo carnefici forse di loro stessi.
Non cè nessun disegno preparatorio né foto da cui vengono prese le immagini, solo due colori per rappresentarli in acrilico e olio su tela.
Francesco Bruno produttore musicale, sound designer e artista, lavora nel campo delle installazioni interattive e della new media art.
Per Way, insieme ad Alice Attanasio, espongono l'installazione "What's up in TV?". Mettono in luce un utopistico micromondo "perfetto" che popola l'interno del video.
Way è anche incontro di vari linguaggi espressivi; l’artista, all'interno della mostra, sonorizzerà l'opera degli altri partecipanti per rendere più completa ed immersiva la fruizione di quest'utlime.
Alice Attanasio
08
maggio 2009
W.a.i.
Dall'otto al 22 maggio 2009
arte contemporanea
Location
ATELIER KKIEN
Milano, Via Giovanni Battista Morgagni, 6, (Milano)
Milano, Via Giovanni Battista Morgagni, 6, (Milano)
Orario di apertura
dal lunedi al mercoledi h. 16.30- 19.00 o su appuntamento
Vernissage
8 Maggio 2009, ore 18.30
Autore
Curatore