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Kurt Mair – La sacralità della metà oscura
E’ una ricerca profonda e sofferta quella che porta il nordico Kurt Mair alle opere esposte in questa rassegna, quasi tutte inedite, comprese le limitatissime incisioni dedicate alla Savigliano ospite.
Comunicato stampa
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KURT MAIR. LA SACRALITA’ DELLA META’ OSCURA
E’ una ricerca profonda e sofferta quella che porta il nordico Kurt Mair alle opere esposte in questa rassegna, quasi tutte inedite, comprese le limitatissime incisioni dedicate alla Savigliano ospite. Una ricerca derivata dagli studi di Educazione artistica, di storia dell’arte, archeologia, dalla frequentazione dei musei antichi del suo paese d’origine, la Germania, colmi di immagini rinascimentali, dalle esperienze condotte nel campo dell’incisione e della litografia condotte a Strasburgo , Colmar ed in Alsazia, patria di Martin Schongauer, uno dei massimi maestri incisori del Quattrocento. Ma anche da una salda coscienza della figurazione internazionale ed italiana del secolo scorso, una coscienza che risale senza esitazioni all’esempio di Felice Casorati, alla temperie di Valori Plastici, alle ricerche dell’Espressionismo ed a tutte quelle esperienze di primo Novecento che hanno cercato di coniugare il concetto di classicismo con quello di modernità. Non si sta parlando di intenti retrospettivi, di citazionismo colto o di altre volontà programmaticamente imitatorie. Mair si “limita” a conoscere, ad apprendere, a rielaborare. Con queste premesse, grafica e pittura si compenetrano nell’incedere dell’artista: l’incisione, condotta con spirito quasi morandiano, si colora anche quando manca il pigmento. La pittura si carica di segni e significanti che riportano alla composizione rigorosa della grafica ed ai soggetti prediletti, come le nature morte dal particolare titolo connotativo, o alle figure maschili e femminili simbolo del suo grande amore per la vita. Legato, naturalmente, ad una curiosità incessante, ad un peregrinare continuo, ad un desiderio profondo di riuscire a cogliere in tutto quanto lo circonda il lato oscuro e quello illuminato, la drammaticità e l’allegria velate sempre, queste ultime, da una sana rilettura comico-satirica. Il tutto raccolto nella modernità figurativa, nella correttezza e nell’equilibrio della sintesi formale; in una parola nella civiltà della sua pittura. C’è tanta "inurbanità" nell’arte dei nostri giorni, talvolta intenzionale, talvolta anche positiva, il più delle volte involontaria e infelice, che quando si incontrano eccezioni, non ci si può che rallegrare. "In principio era il disegno", potrebbe affermare l’artista, facendo eco alla più tipica tradizione internazionale. Altrimenti i suoi lavori non si presenterebbero senza quei contorni netti come le linee di confine in una carta geografica, all’interno dei quali il modellato si semplifica per dare finalmente al colore la giusta forza espressiva. Come dal contrasto tra energie divergenti, la vitalità delle immagini di Mair nasce dall’opposizione di colori freddi, atoni, striduli, tipici della sua cultura, e colori caldi (i colori del sole, del sud, del mediterraneo) E di colori caldi si nutrono, in specie, le donne dell’artista, vero fulcro di una produzione dal sapore multietnico. La donna, sempre disponibile ad essere ammirata, è il soggetto che maggiormente sottolinea ora le volumetrie sferiche delle Giunoni del Picasso rappelé à l’ordre, ora le snelle mannequin dalla bellezza più consona all’età od allo stato d’animo della “Marcella” di uno Schiele o di un Kirchner, ora sensuali grovigli di figure che fanno esplodere la carne, il sangue ed il cervello. Stanno, le donne di Mair, in un limbo ambiguo e singolare, a mezza strada tra il realismo più fedele e la sua idealizzazione, tra oggettività, espressione e sacralità. È merito di una cifra stilistica sintetica, precisa ed essenziale allo stesso tempo, di grande efficacia comunicativa, che riesce a sottolineare quanto, per l’artista, la donna sia “quell'elemento” in natura che soddisfa l'uomo da tutti i punti di vista. Donna intesa come “madre”, come “figlia”, all'età della fanciullezza spensierata, “donna amante”, “donna in carriera”, e più in generale proiettata nella società. L’artista certo si ispira a tutti questi tipi di donna nell'esprimere la sua creatività: un donna oggi intesa come figura che, nell'arco del tempo, ha cambiato la sua funzione rafforzando il proprio ruolo e la propria immagine nel tempo. Una figura femminile che lo ispira ed attrae “ferormonicamente” in ordine al punto di vista della sua identità maschile e, quindi, ne coglie gli aspetti più reconditi, lasciandosi peraltro influenzare tantissimo dalla bellezza, dall’osservazione e dalla rappresentazione, cercando di creare un distacco che giunga al punto tale da mettere in condizione di imbarazzo la “metà oscura” che ha rappresentato. Per carpirla e “cogliere l’attimo fuggente” o per fermare, con bulino e pennello, proprio quell’attimo che potrebbe essere eterno, migliore o scomparire nel nulla.
Giorgio Barberis
E’ una ricerca profonda e sofferta quella che porta il nordico Kurt Mair alle opere esposte in questa rassegna, quasi tutte inedite, comprese le limitatissime incisioni dedicate alla Savigliano ospite. Una ricerca derivata dagli studi di Educazione artistica, di storia dell’arte, archeologia, dalla frequentazione dei musei antichi del suo paese d’origine, la Germania, colmi di immagini rinascimentali, dalle esperienze condotte nel campo dell’incisione e della litografia condotte a Strasburgo , Colmar ed in Alsazia, patria di Martin Schongauer, uno dei massimi maestri incisori del Quattrocento. Ma anche da una salda coscienza della figurazione internazionale ed italiana del secolo scorso, una coscienza che risale senza esitazioni all’esempio di Felice Casorati, alla temperie di Valori Plastici, alle ricerche dell’Espressionismo ed a tutte quelle esperienze di primo Novecento che hanno cercato di coniugare il concetto di classicismo con quello di modernità. Non si sta parlando di intenti retrospettivi, di citazionismo colto o di altre volontà programmaticamente imitatorie. Mair si “limita” a conoscere, ad apprendere, a rielaborare. Con queste premesse, grafica e pittura si compenetrano nell’incedere dell’artista: l’incisione, condotta con spirito quasi morandiano, si colora anche quando manca il pigmento. La pittura si carica di segni e significanti che riportano alla composizione rigorosa della grafica ed ai soggetti prediletti, come le nature morte dal particolare titolo connotativo, o alle figure maschili e femminili simbolo del suo grande amore per la vita. Legato, naturalmente, ad una curiosità incessante, ad un peregrinare continuo, ad un desiderio profondo di riuscire a cogliere in tutto quanto lo circonda il lato oscuro e quello illuminato, la drammaticità e l’allegria velate sempre, queste ultime, da una sana rilettura comico-satirica. Il tutto raccolto nella modernità figurativa, nella correttezza e nell’equilibrio della sintesi formale; in una parola nella civiltà della sua pittura. C’è tanta "inurbanità" nell’arte dei nostri giorni, talvolta intenzionale, talvolta anche positiva, il più delle volte involontaria e infelice, che quando si incontrano eccezioni, non ci si può che rallegrare. "In principio era il disegno", potrebbe affermare l’artista, facendo eco alla più tipica tradizione internazionale. Altrimenti i suoi lavori non si presenterebbero senza quei contorni netti come le linee di confine in una carta geografica, all’interno dei quali il modellato si semplifica per dare finalmente al colore la giusta forza espressiva. Come dal contrasto tra energie divergenti, la vitalità delle immagini di Mair nasce dall’opposizione di colori freddi, atoni, striduli, tipici della sua cultura, e colori caldi (i colori del sole, del sud, del mediterraneo) E di colori caldi si nutrono, in specie, le donne dell’artista, vero fulcro di una produzione dal sapore multietnico. La donna, sempre disponibile ad essere ammirata, è il soggetto che maggiormente sottolinea ora le volumetrie sferiche delle Giunoni del Picasso rappelé à l’ordre, ora le snelle mannequin dalla bellezza più consona all’età od allo stato d’animo della “Marcella” di uno Schiele o di un Kirchner, ora sensuali grovigli di figure che fanno esplodere la carne, il sangue ed il cervello. Stanno, le donne di Mair, in un limbo ambiguo e singolare, a mezza strada tra il realismo più fedele e la sua idealizzazione, tra oggettività, espressione e sacralità. È merito di una cifra stilistica sintetica, precisa ed essenziale allo stesso tempo, di grande efficacia comunicativa, che riesce a sottolineare quanto, per l’artista, la donna sia “quell'elemento” in natura che soddisfa l'uomo da tutti i punti di vista. Donna intesa come “madre”, come “figlia”, all'età della fanciullezza spensierata, “donna amante”, “donna in carriera”, e più in generale proiettata nella società. L’artista certo si ispira a tutti questi tipi di donna nell'esprimere la sua creatività: un donna oggi intesa come figura che, nell'arco del tempo, ha cambiato la sua funzione rafforzando il proprio ruolo e la propria immagine nel tempo. Una figura femminile che lo ispira ed attrae “ferormonicamente” in ordine al punto di vista della sua identità maschile e, quindi, ne coglie gli aspetti più reconditi, lasciandosi peraltro influenzare tantissimo dalla bellezza, dall’osservazione e dalla rappresentazione, cercando di creare un distacco che giunga al punto tale da mettere in condizione di imbarazzo la “metà oscura” che ha rappresentato. Per carpirla e “cogliere l’attimo fuggente” o per fermare, con bulino e pennello, proprio quell’attimo che potrebbe essere eterno, migliore o scomparire nel nulla.
Giorgio Barberis
18
aprile 2009
Kurt Mair – La sacralità della metà oscura
Dal 18 aprile al 10 maggio 2009
arte contemporanea
Location
DIMENSIONE ARTE GALLERIA SAN PIETRO
Savigliano, Via Giuseppe Garibaldi, 47, (Cuneo)
Savigliano, Via Giuseppe Garibaldi, 47, (Cuneo)
Orario di apertura
da martedì a domenica: 10/12 – 14/19
Autore
Curatore