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Nadia Berkani – I silenzi dell’esilio
Ispirate al film di Tarkovskij « Nostalghia », le opere sono animate dalla figura di una danzatrice, che, con la sua presenza, attraversa il paesaggio e allo stesso tempo suggerisce una sensazione di solitudine e straneamento, che rimanda al tema dell’esilio e alle sue variazioni. La Berkani coglie e filma “i gesti dell’esilio”, gesti metaforici che scandiscono il tempo, il silenzio, la nascita, l’amore, degli esiliati e dei migranti, come in una danza metaforica.
Comunicato stampa
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Inaugura sabato 04 aprile alle 16h30 a Pienza (Palazzo Piccolomini, Corso il Rosellino 61) la mostra fotografica dell’artista visiva francese Nadia Berkani I SILENZI dell’esiliO, visitabile fini al 5 maggio, ad ingresso libero
La mostra, che si articola in un percorso di nove opere di grande formato (107x160) stampate su alluminio, torna nei luoghi che l’hanno ispirata e vista nascere, poiché le opere sono ambientate proprio in Val d’orcia.
Ispirate al film di Tarkovskij « Nostalghia », le opere sono animate dalla figura di una danzatrice, che, con la sua presenza, attraversa il paesaggio e allo stesso tempo suggerisce una sensazione di solitudine e straneamento, che rimanda al tema dell’esilio e alle sue variazioni. La Berkani coglie e filma “i gesti dell’esilio”, gesti metaforici che scandiscono il tempo, il silenzio, la nascita, l’amore, degli esiliati e dei migranti, come in una danza metaforica.
“La mostra – dice la Berkani - si articola intorno al tema dell’esilio e alle sue variazioni. Trova la sua genealogia in Toscana, nei luoghi in cui è stato girato Nostalghia, poiché il mio soggiorno in Russia e i miei studi alla Scuola del Cinema mi hanno profondamente segnato, soprattutto per quella maniera di pensare più orientale, e meno cerebrale che in occidente. L’opera del cineasta Andrei Tarkowski mi si è rivelata come un punto di incontro tra Oriente e Occidente.
Dopo aver lavorato in Siria ho iniziato ad interessarmi al legame che ognuno tesse con le proprie origini, con la propria storia personale. In particolare sono rimasta affascinata dalla dimensione metaforica delle figure dell’esilio e della migrazione. Volevo realizzare qualcosa che parlasse del tempo, del silenzio, della nascita, dell’amore, raccontarne i gesti, come in una danza.
Da qui il progetto di fotografare, filmare ciò che chiamo “i gesti del silenzio”, dell’esilio degli artisti, persone in continua migrazione, e di tutti gli coloro che per motivi diversi sono costretti a migrare; tutti coloro che vivono al di sotto, ai margini della città. Volevo rivelare la loro parte nascosta di creatività e silenzio.”
La mostra è realizzata con il contributo di Comune di Pienza, Istituto francese di Firenze, Ente Cassa di Risparmio di Firenze, Fondazione Tarkovskij Firenze e Parigi, Culturesfrance – Ministero degli Affari Esteri Francese, Musée Bargoin Clermont-Ferrand, ed è accompagnata da un catalogo (ed. Polistampa, Firenze 2008) con testi critici di Antonio Natali, direttore della Galleria degli Uffizi, Firenze e Bernard Rémy, Cinématèque de la danse, Parigi.
CV dell’artista
Nadia Berkani vive e lavora in Europa
Formatasi nella danza, diplomata alla Scuola di Belle Arti di Lione e al VGIK, Istituto cinematografico di Mosca, insegna all’Università Paris III - Sorbonne nouvelle.
Artista pluridisciplinare, la cui produzione si inscrive all’interno di differenti ambiti, realizza e presenta azioni-performance in cui è fondamentale il ruolo affidato al corpo.
Ha presentato i suoi lavori alla Biennale di Istanbul (1999), al Festival internazionale Ex Teresa Arte Actual, Messico (2002), al Beit Shibani di Damasco, Siria (2005).
Ha ottenuto il Premio fotografico della città di Parigi (2003) ed è stata invitata in residenza artistica presso l’Art Foundation de La Napoule, l’Istituto francese di Istanbul, il Centro culturale francese di Damasco e l’Istituto franco-giapponese di Kansai.
L’artista oggi si interessa soprattutto al legame dell’uomo con le sue origini e la sua storia, analizzandolo da vari punti di vista, soprattutto metaforici, con particolare attenzione e alle immagini dell’esilio e della migrazione.
Dopo Firenze, l’artista esporrà presso: Incontri fotografici di Bamako (novembre 2008), Centro di cultura contemporanea di Barcellona (febbraio 2009), Palazzo Piccolomini di Pienza (aprile 2009), Museo Bargoin du Tapis et du Textile, Clermont-Ferrand (settembre 2010)
Maggiori informazioni sull’artista nel sito www.nadiaberkani.com
cid:image002.gif@01C9B443.4915E530
Testo critico di Antonio Natali, direttore Galleria degli Uffizi, Firenze
La libertà melanconica di Nadia Berkani
C’è nelle visioni di Nadia Berkani una virtù che più d’altre m’incanta. E m’avvedo ch’è la medesima – magari declinata in eloqui diversi, e però paralleli – sottesa alle mie predilezioni nei riguardi d’ogni espressione poetica. È quella che, per esempio, mi fa amare taluni pittori fiorentini che, pur impegnati in una figurazione naturalistica della realtà, riescono a trasfigurane le sembianze come fossero epifanie dietro veli di sensi o di memorie.
Per quelle loro personali espressioni m’è occorso di parlare di sospensione d’affetti; o di silenzi lunghi; o di tempo assorto. Il fluire lento delle ore; quasi fosse possibile percepirne il flebile tragitto: fruscìo di refoli freschi tra le foglie. E i fondali che slontanano sotto cieli alti.
Sono gli stessi caratteri che mi commuovono nelle pellicole dell’est europeo: le lande deserte e scabre dove Andrej Zvyagintsev dispone i taciturni attori del Ritorno. O nella cinematografia dell’oriente estremo: il muto calare di tempi interminabili nell’Arpa birmana di Kon Ichikawa. Oppure in quella italiana che si specchia nelle parole bisbigliate e nelle nebbie assorbenti dell’Albero degli zoccoli d’Ermanno Olmi, così come nel silenzio assolato della piazza che Michelangelo Antonioni si finge allo scadere di Professione reporter.
È una condizione dell’animo capace di render consentanei uomini che potrebbero non incontrarsi mai, ma che lo stesso (in virtù d’essa) entreranno in una comunione di sentimenti forte come una catena. E sono proprio quei sentimenti che ho percepiti limpidi e netti al cospetto delle foto che Nadia Berkani m’ha mostrato in vista dell’esposizione attuale: poche immagini (altre poi sarei andato a cercarmene per una conferma) con aperture su terre verdi o fiorite, aspre di zolle in primo piano e perspicue di cromie fin verso l’orizzonte, tremulo invece d’alture dolci, sotto l’azzurro d’un etra ora sfibrato di vapori, ora turbato di nembi incombenti.
In tutte: la figura d’una donna che, da sola – su quei cieli stagliata – si muove in una danza tutta sua, appartata e discreta; e, come per un risveglio (lo sboccio spontaneo d’una calla o la metamorfosi d’una falena), s’erge da una postura raccolta e ripiegata fin a levarsi in piedi, librandosi in una levitazione di quieta cadenza a spirale. Per poi sfilarsi la veste: ultima reliquia della creatura che era e non è più; ora che la nudità la restituisce, affrancata, alla natura; libera, d’una melanconica libertà.
Al luogo della sua nuova stagione, la donna perviene traversando campi di fiori gialli a distesa; ma così pudico è il suo transito, e lieve, che quasi non ne resta un’orma. Li trascorre ancora coperta d’una veste leggera, impreziosita da decori carpiti agli abiti d’un figurante uscito dalla calca d’una tardogotica sequela di magi.
Mai ci concede il volto; che solo nell’attimo effimero d’uno scatto del corpo (a tal segno fugace e inavvertito che l’obiettivo ne sfoca i contorni, e i capelli svaporano nel volo) lascia trapelare il profilo pensoso. Con invenzione lirica, poi, su in alto, s’allunga appena percettibile, in cima al prato (defilata), una lingua d’azzurro, dove mite si stampa la chioma d’un pino solitario.
E di colpo traluce l’evenienza d’una felicità inattesa.
La mostra, che si articola in un percorso di nove opere di grande formato (107x160) stampate su alluminio, torna nei luoghi che l’hanno ispirata e vista nascere, poiché le opere sono ambientate proprio in Val d’orcia.
Ispirate al film di Tarkovskij « Nostalghia », le opere sono animate dalla figura di una danzatrice, che, con la sua presenza, attraversa il paesaggio e allo stesso tempo suggerisce una sensazione di solitudine e straneamento, che rimanda al tema dell’esilio e alle sue variazioni. La Berkani coglie e filma “i gesti dell’esilio”, gesti metaforici che scandiscono il tempo, il silenzio, la nascita, l’amore, degli esiliati e dei migranti, come in una danza metaforica.
“La mostra – dice la Berkani - si articola intorno al tema dell’esilio e alle sue variazioni. Trova la sua genealogia in Toscana, nei luoghi in cui è stato girato Nostalghia, poiché il mio soggiorno in Russia e i miei studi alla Scuola del Cinema mi hanno profondamente segnato, soprattutto per quella maniera di pensare più orientale, e meno cerebrale che in occidente. L’opera del cineasta Andrei Tarkowski mi si è rivelata come un punto di incontro tra Oriente e Occidente.
Dopo aver lavorato in Siria ho iniziato ad interessarmi al legame che ognuno tesse con le proprie origini, con la propria storia personale. In particolare sono rimasta affascinata dalla dimensione metaforica delle figure dell’esilio e della migrazione. Volevo realizzare qualcosa che parlasse del tempo, del silenzio, della nascita, dell’amore, raccontarne i gesti, come in una danza.
Da qui il progetto di fotografare, filmare ciò che chiamo “i gesti del silenzio”, dell’esilio degli artisti, persone in continua migrazione, e di tutti gli coloro che per motivi diversi sono costretti a migrare; tutti coloro che vivono al di sotto, ai margini della città. Volevo rivelare la loro parte nascosta di creatività e silenzio.”
La mostra è realizzata con il contributo di Comune di Pienza, Istituto francese di Firenze, Ente Cassa di Risparmio di Firenze, Fondazione Tarkovskij Firenze e Parigi, Culturesfrance – Ministero degli Affari Esteri Francese, Musée Bargoin Clermont-Ferrand, ed è accompagnata da un catalogo (ed. Polistampa, Firenze 2008) con testi critici di Antonio Natali, direttore della Galleria degli Uffizi, Firenze e Bernard Rémy, Cinématèque de la danse, Parigi.
CV dell’artista
Nadia Berkani vive e lavora in Europa
Formatasi nella danza, diplomata alla Scuola di Belle Arti di Lione e al VGIK, Istituto cinematografico di Mosca, insegna all’Università Paris III - Sorbonne nouvelle.
Artista pluridisciplinare, la cui produzione si inscrive all’interno di differenti ambiti, realizza e presenta azioni-performance in cui è fondamentale il ruolo affidato al corpo.
Ha presentato i suoi lavori alla Biennale di Istanbul (1999), al Festival internazionale Ex Teresa Arte Actual, Messico (2002), al Beit Shibani di Damasco, Siria (2005).
Ha ottenuto il Premio fotografico della città di Parigi (2003) ed è stata invitata in residenza artistica presso l’Art Foundation de La Napoule, l’Istituto francese di Istanbul, il Centro culturale francese di Damasco e l’Istituto franco-giapponese di Kansai.
L’artista oggi si interessa soprattutto al legame dell’uomo con le sue origini e la sua storia, analizzandolo da vari punti di vista, soprattutto metaforici, con particolare attenzione e alle immagini dell’esilio e della migrazione.
Dopo Firenze, l’artista esporrà presso: Incontri fotografici di Bamako (novembre 2008), Centro di cultura contemporanea di Barcellona (febbraio 2009), Palazzo Piccolomini di Pienza (aprile 2009), Museo Bargoin du Tapis et du Textile, Clermont-Ferrand (settembre 2010)
Maggiori informazioni sull’artista nel sito www.nadiaberkani.com
cid:image002.gif@01C9B443.4915E530
Testo critico di Antonio Natali, direttore Galleria degli Uffizi, Firenze
La libertà melanconica di Nadia Berkani
C’è nelle visioni di Nadia Berkani una virtù che più d’altre m’incanta. E m’avvedo ch’è la medesima – magari declinata in eloqui diversi, e però paralleli – sottesa alle mie predilezioni nei riguardi d’ogni espressione poetica. È quella che, per esempio, mi fa amare taluni pittori fiorentini che, pur impegnati in una figurazione naturalistica della realtà, riescono a trasfigurane le sembianze come fossero epifanie dietro veli di sensi o di memorie.
Per quelle loro personali espressioni m’è occorso di parlare di sospensione d’affetti; o di silenzi lunghi; o di tempo assorto. Il fluire lento delle ore; quasi fosse possibile percepirne il flebile tragitto: fruscìo di refoli freschi tra le foglie. E i fondali che slontanano sotto cieli alti.
Sono gli stessi caratteri che mi commuovono nelle pellicole dell’est europeo: le lande deserte e scabre dove Andrej Zvyagintsev dispone i taciturni attori del Ritorno. O nella cinematografia dell’oriente estremo: il muto calare di tempi interminabili nell’Arpa birmana di Kon Ichikawa. Oppure in quella italiana che si specchia nelle parole bisbigliate e nelle nebbie assorbenti dell’Albero degli zoccoli d’Ermanno Olmi, così come nel silenzio assolato della piazza che Michelangelo Antonioni si finge allo scadere di Professione reporter.
È una condizione dell’animo capace di render consentanei uomini che potrebbero non incontrarsi mai, ma che lo stesso (in virtù d’essa) entreranno in una comunione di sentimenti forte come una catena. E sono proprio quei sentimenti che ho percepiti limpidi e netti al cospetto delle foto che Nadia Berkani m’ha mostrato in vista dell’esposizione attuale: poche immagini (altre poi sarei andato a cercarmene per una conferma) con aperture su terre verdi o fiorite, aspre di zolle in primo piano e perspicue di cromie fin verso l’orizzonte, tremulo invece d’alture dolci, sotto l’azzurro d’un etra ora sfibrato di vapori, ora turbato di nembi incombenti.
In tutte: la figura d’una donna che, da sola – su quei cieli stagliata – si muove in una danza tutta sua, appartata e discreta; e, come per un risveglio (lo sboccio spontaneo d’una calla o la metamorfosi d’una falena), s’erge da una postura raccolta e ripiegata fin a levarsi in piedi, librandosi in una levitazione di quieta cadenza a spirale. Per poi sfilarsi la veste: ultima reliquia della creatura che era e non è più; ora che la nudità la restituisce, affrancata, alla natura; libera, d’una melanconica libertà.
Al luogo della sua nuova stagione, la donna perviene traversando campi di fiori gialli a distesa; ma così pudico è il suo transito, e lieve, che quasi non ne resta un’orma. Li trascorre ancora coperta d’una veste leggera, impreziosita da decori carpiti agli abiti d’un figurante uscito dalla calca d’una tardogotica sequela di magi.
Mai ci concede il volto; che solo nell’attimo effimero d’uno scatto del corpo (a tal segno fugace e inavvertito che l’obiettivo ne sfoca i contorni, e i capelli svaporano nel volo) lascia trapelare il profilo pensoso. Con invenzione lirica, poi, su in alto, s’allunga appena percettibile, in cima al prato (defilata), una lingua d’azzurro, dove mite si stampa la chioma d’un pino solitario.
E di colpo traluce l’evenienza d’una felicità inattesa.
04
aprile 2009
Nadia Berkani – I silenzi dell’esilio
Dal 04 aprile al 05 maggio 2009
fotografia
arti decorative e industriali
arti decorative e industriali
Location
PALAZZO PICCOLOMINI
Pienza, Piazza Pio II, (SIENA)
Pienza, Piazza Pio II, (SIENA)
Orario di apertura
da martedì a domenica
ore 10,00-18,30
chiuso tutti i lunedì feriali
aperto i lunedì festivi
Vernissage
4 Aprile 2009, ore 16.30
Sito web
www.nadiaberkani.com
Editore
POLISTAMPA
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