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14
settembre 2011
Fino al 19.IX.2011 PARIS – DELHI – BOMBAY… Centre Georges Pompidou Place Pompidou 75191 Paris cedex 04
altrecittà
Paris-Delhi-Bombay...è una collettiva di sguardi incrociati chiamati a tessere una trama decisa, ma non definitiva, intorno ad una società in piena espansione, quella indiana, attraverso una serie di temi generali come la politica, l’urbanismo e l’ambiente, la religione, l’identità...
Una moltitudine di artisti francesi e indiani raccontano, dal sesto piano del Centre Pompidou di Parigi, una delle poche strutture europee davvero in grado di creare esposizioni che segnano epoche, come era stato con Les Magiciens de la Terre, una serie di storie su quell’angolo di mondo che allo sguardo dell’Occidente resta una zona affascinante tanto quanto misteriosa.
L’India è, allo stato attuale, uno dei paesi più popolati del pianeta dove l’economia, come nel caso della Cina, negli ultimi anni è stata in crescita costante non accennando a nessuna flessione, luogo dove si vivono immense contraddizioni sociali e contemporaneamente lo stato democratico più grande del mondo.
Una mostra dall’ampio sguardo, che non vuole limitare l’approccio solamente alla messa in scena dell’arte contemporanea indiana ma che azzarda confronti, discussioni, favorisce un ipotetico dialogo tra due culture e che affronta tutto ciò con una serie di installazioni, video, fotografie e pitture di fortissimo impatto emotivo. Kader Attia si propone come un artista-etnologo, in grado di scandagliare i conflitti tra Oriente e Occidente attraverso tre storie parallele sulla transessualità vissute rispettivamente a Bombay, Parigi e Algeri; i personaggi di Collages, attraverso il loro incontro, sono in grado di comunicarci un punto di prospettiva sulla civilizzazione inedito, tracciando una nuova visione del mondo; c’è il doppio muro di Krishnaraj Chonat che porta il poetico titolo My hands smell of you che su un lato mostra i segni della mondializzazione informatica, sull’altro il profumo di sapone al sandalo in una parete irradiante di giallo; Sakshi Gupta ricrea attraverso componenti di motore un grande tappeto tradizionale indiano; Jean-Michel Othoniel ricrea una struttura musicale utilizzando vetro soffiato, memore di un’India che ha rappresentato per l’artista un incontro più sonoro che non visuale.
L’India è, allo stato attuale, uno dei paesi più popolati del pianeta dove l’economia, come nel caso della Cina, negli ultimi anni è stata in crescita costante non accennando a nessuna flessione, luogo dove si vivono immense contraddizioni sociali e contemporaneamente lo stato democratico più grande del mondo.
Una mostra dall’ampio sguardo, che non vuole limitare l’approccio solamente alla messa in scena dell’arte contemporanea indiana ma che azzarda confronti, discussioni, favorisce un ipotetico dialogo tra due culture e che affronta tutto ciò con una serie di installazioni, video, fotografie e pitture di fortissimo impatto emotivo. Kader Attia si propone come un artista-etnologo, in grado di scandagliare i conflitti tra Oriente e Occidente attraverso tre storie parallele sulla transessualità vissute rispettivamente a Bombay, Parigi e Algeri; i personaggi di Collages, attraverso il loro incontro, sono in grado di comunicarci un punto di prospettiva sulla civilizzazione inedito, tracciando una nuova visione del mondo; c’è il doppio muro di Krishnaraj Chonat che porta il poetico titolo My hands smell of you che su un lato mostra i segni della mondializzazione informatica, sull’altro il profumo di sapone al sandalo in una parete irradiante di giallo; Sakshi Gupta ricrea attraverso componenti di motore un grande tappeto tradizionale indiano; Jean-Michel Othoniel ricrea una struttura musicale utilizzando vetro soffiato, memore di un’India che ha rappresentato per l’artista un incontro più sonoro che non visuale.
E ancora le immagini di House of love di Dayanita Singh, raccolte a New Delhi, quasi un diario intimo e la bellissima installazione di Hema Upadhyay, Think Left, Think Right, Think low, Think Tight, una prospettiva murale di Dharavi, la più grande bidonville di Bombay, territorio soggetto ad un costante flusso d’arrivo di migranti in cerca di una vita migliore.
Nonostante il carattere tipico delle grandi mostre, dove alcune opere sono destinate a spiccare e altre a cadere nell’oblio, Paris-Delhi-Bombay… è un’esposizione dalla temperatura forte e per questo assolutamente intrigante nel presentare talvolta tipicità espressive che se non connaturate avrebbero quasi del grottesco, della piacevolezza artigianale.
Nonostante il carattere tipico delle grandi mostre, dove alcune opere sono destinate a spiccare e altre a cadere nell’oblio, Paris-Delhi-Bombay… è un’esposizione dalla temperatura forte e per questo assolutamente intrigante nel presentare talvolta tipicità espressive che se non connaturate avrebbero quasi del grottesco, della piacevolezza artigianale.
Ma si sa, l’arte non dovrebbe, per lo meno non solo e non sempre, essere fatta di una quanto mai impossibile purezza, ma mischiata alla vita, alle incidenze del mondo per raccontarci, come accade in ogni singola opera di Paris-Delhi-Bombay… quello che è stato, quel che si è pagato e quello che ancora si pagherà, e ciò che si salverà di questo contemporaneo globale.
matteo bergamini
mostra visitata il 10 agosto 2011
dal 25 maggio al 19 settembre
PARIS – DELHI – BOMBAY…
Centre Georges Pompidou
Place Pompidou
75191 Paris cedex 04
Da mercoledì a lunedì, dalle 11.00 alle 21.00
Ingresso 10-12 euro (secondo periodo)
+33 (0)1 44 78 12 33 www.centrepompidou.fr
[exibart]