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Hernàn Chavar – Project H ovvero fissione-fusione-fissione
La ricerca di Hernàn Chavar è una reazione atomica dell’immaginario proteiforme. Con pathos fazioso e grottesco, la violenza di chi sventra per sviscerare la contemporaneità
Comunicato stampa
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Estasi della carne
sacrificio della carne
marcire della carne
fiorire della carne
consolate la mia carne
nella carne che sei
nella carne che ritornerai
non è morto
non sei morto
nella carne
(V.Capossela)
Rosario della carne)
“Guardai quell’esserino. Impossibile; scientificamente impossibile: era una tigre, un orso, un serpente e una creatura umana. Era un alce, un coyote una lince e un essere umano.(…) I suoi occhi mi guardarono e mi riconobbero, e io lo conoscevo. Era intollerabile, Uomo e Superuomo, Superuomo e Superbestia. Era del tutto impossibile. E mi guardava. Guardava me, suo padre (…) uno dei suoi tanti padri… e in quella qualcosa scosse l’edificio (…) L’infermiera con in braccio mio figlio stava là e sorrideva, mentre la prima bomba all’idrogeno cadeva su San Francisco.” ( C.Bukowsky, Storie di ordinaria follia, Animali in libertà)
Impossibile e intollerabile. Ibrido e innocente, contaminato e epico: il lavoro artistico di Hernàn Chavar (Buenos Aires, 1979). Con il pathos, la violenza di chi sventra per sviscerare. Come su un tavolo di dissezione. Autopsia della contemporaneità. Con pazienza da entomologo, di chi osserva una lenta agonia, seziona, conserva in formalina, classifica. Con la lentezza bramosa e asfissiante del collezionista seriale. Con il perverso e bukoskiano piacere della nausea per l’odore di carne cruda, di marcio e liquidi organici. Inesorabilmente. Ordisce un complotto sovversivo, dinamitardo, virologico. Si sta come dentro una wunderkammern da immaginario cronenberghiano. Le creature post-atomiche e post-umane, contaminate, ibride che emergono dalle oscurità sature della pittura come da tenebre di incubo, da ultimo giorno del mondo, sono in metamorfosi, in liquefazione. Sul limitare kafkiano tra umano e animale, sacri e mostruosi come gli dei dionisiaci e sotterranei dell’antichità. Decadenti. Come minotauri infettati, reclusi e in lenta decomposizione da olocausto nucleare. Cui si fa sacrificio dell’ umano in un culto dell’istinto, da polluzioni notturne e accoppiamenti liturgici e pornografici di chi crea esseri nuovi, umani, superumani e bestiali. Il caos della carne, brandelli di mondo e di identità in corto circuito; poi l’assemblaggio teriomorfico e alchemico, chimico che ricorda i grilli della miniatura e dei bestiari medioevali, della pittura folle di Bosch e Brueghel, corruttiva di Bacon, metafisica di Savinio. Certi terrori e orrori da abisso, asfissianti di Goya, di Borges, di Verne; certe irrisioni sarcastiche a tutte le divise, certe stupefazioni artificiali. Al limitare della percezione restano gli insetti che sanno infestare, sopravvivere alle catastrofi, sacrificare, parassitare, permanere, corrompere per dare vita. Antichi e allusivi come simboli egizi, divengono metafora contemporanea della vanitas, della metamorfosi, della decadenza, dell’innocente crudeltà della vita. Poi maiali, cani, tracciati con realismo, in una ipotesi orwelliana della società; ratti sinistri da metropoli sudicia e da contagio postmoderno, rapiscono senza ritorno come nella fiaba del pifferaio magico di Hamelin; uccelli hickokiani come presagi. Un bestiario metaforico intimo, allarmante, sovversivo, provocatorio, fazioso. Poi l’irrisione sarcastica, grottesca e corrosiva, beffarda e volgare di estremisti e appartenenze, di colonizzazioni della mente, di slogan e nevrosi. L’immaginario proteiforme e magmatico dell’artista diventa un dispositivo deflagrante. Con energia inesauribile anatomizza, liquefa oggetti e forma, ricompone nei diversi media espressivi della pittura e del disegno in bianco e nero con una urgenza tentacolare. Gli oggetti sono dati per sottrazione, per alterazione, per linee, come da chi ama le rovine, di chi non ha paura “le insidie della notte” e “la peste a mezzogiorno”, chi sa che “si può ascendere in virtù di una forza che è discendente”(CCCP Fedeli alla linea, Epica Etica Etnica Pathos, Maciste contro tutti) Nei sottosuoli e nelle viscere. (Simonetta Angelini)
Hernan Chavar (Buenos Aires 1979) si è diplomata all’accademia di Belle Arti frequentando i corsi di pittura a Macerata. Il suo lavoro di ricerca artistica approfondisce i temi della contaminazione, dell’ibridismo, della demitizzazione sarcastica e grottesca della contemporaneità. Vive a lavora a Porto Recanati (AN). Espone sin dal 1999 a Roma, Milano, a Macerata agli Antichi Forni e in varie località marchigiane per personali e collettive in spazi istituzionali e alternativi.
sacrificio della carne
marcire della carne
fiorire della carne
consolate la mia carne
nella carne che sei
nella carne che ritornerai
non è morto
non sei morto
nella carne
(V.Capossela)
Rosario della carne)
“Guardai quell’esserino. Impossibile; scientificamente impossibile: era una tigre, un orso, un serpente e una creatura umana. Era un alce, un coyote una lince e un essere umano.(…) I suoi occhi mi guardarono e mi riconobbero, e io lo conoscevo. Era intollerabile, Uomo e Superuomo, Superuomo e Superbestia. Era del tutto impossibile. E mi guardava. Guardava me, suo padre (…) uno dei suoi tanti padri… e in quella qualcosa scosse l’edificio (…) L’infermiera con in braccio mio figlio stava là e sorrideva, mentre la prima bomba all’idrogeno cadeva su San Francisco.” ( C.Bukowsky, Storie di ordinaria follia, Animali in libertà)
Impossibile e intollerabile. Ibrido e innocente, contaminato e epico: il lavoro artistico di Hernàn Chavar (Buenos Aires, 1979). Con il pathos, la violenza di chi sventra per sviscerare. Come su un tavolo di dissezione. Autopsia della contemporaneità. Con pazienza da entomologo, di chi osserva una lenta agonia, seziona, conserva in formalina, classifica. Con la lentezza bramosa e asfissiante del collezionista seriale. Con il perverso e bukoskiano piacere della nausea per l’odore di carne cruda, di marcio e liquidi organici. Inesorabilmente. Ordisce un complotto sovversivo, dinamitardo, virologico. Si sta come dentro una wunderkammern da immaginario cronenberghiano. Le creature post-atomiche e post-umane, contaminate, ibride che emergono dalle oscurità sature della pittura come da tenebre di incubo, da ultimo giorno del mondo, sono in metamorfosi, in liquefazione. Sul limitare kafkiano tra umano e animale, sacri e mostruosi come gli dei dionisiaci e sotterranei dell’antichità. Decadenti. Come minotauri infettati, reclusi e in lenta decomposizione da olocausto nucleare. Cui si fa sacrificio dell’ umano in un culto dell’istinto, da polluzioni notturne e accoppiamenti liturgici e pornografici di chi crea esseri nuovi, umani, superumani e bestiali. Il caos della carne, brandelli di mondo e di identità in corto circuito; poi l’assemblaggio teriomorfico e alchemico, chimico che ricorda i grilli della miniatura e dei bestiari medioevali, della pittura folle di Bosch e Brueghel, corruttiva di Bacon, metafisica di Savinio. Certi terrori e orrori da abisso, asfissianti di Goya, di Borges, di Verne; certe irrisioni sarcastiche a tutte le divise, certe stupefazioni artificiali. Al limitare della percezione restano gli insetti che sanno infestare, sopravvivere alle catastrofi, sacrificare, parassitare, permanere, corrompere per dare vita. Antichi e allusivi come simboli egizi, divengono metafora contemporanea della vanitas, della metamorfosi, della decadenza, dell’innocente crudeltà della vita. Poi maiali, cani, tracciati con realismo, in una ipotesi orwelliana della società; ratti sinistri da metropoli sudicia e da contagio postmoderno, rapiscono senza ritorno come nella fiaba del pifferaio magico di Hamelin; uccelli hickokiani come presagi. Un bestiario metaforico intimo, allarmante, sovversivo, provocatorio, fazioso. Poi l’irrisione sarcastica, grottesca e corrosiva, beffarda e volgare di estremisti e appartenenze, di colonizzazioni della mente, di slogan e nevrosi. L’immaginario proteiforme e magmatico dell’artista diventa un dispositivo deflagrante. Con energia inesauribile anatomizza, liquefa oggetti e forma, ricompone nei diversi media espressivi della pittura e del disegno in bianco e nero con una urgenza tentacolare. Gli oggetti sono dati per sottrazione, per alterazione, per linee, come da chi ama le rovine, di chi non ha paura “le insidie della notte” e “la peste a mezzogiorno”, chi sa che “si può ascendere in virtù di una forza che è discendente”(CCCP Fedeli alla linea, Epica Etica Etnica Pathos, Maciste contro tutti) Nei sottosuoli e nelle viscere. (Simonetta Angelini)
Hernan Chavar (Buenos Aires 1979) si è diplomata all’accademia di Belle Arti frequentando i corsi di pittura a Macerata. Il suo lavoro di ricerca artistica approfondisce i temi della contaminazione, dell’ibridismo, della demitizzazione sarcastica e grottesca della contemporaneità. Vive a lavora a Porto Recanati (AN). Espone sin dal 1999 a Roma, Milano, a Macerata agli Antichi Forni e in varie località marchigiane per personali e collettive in spazi istituzionali e alternativi.
26
marzo 2009
Hernàn Chavar – Project H ovvero fissione-fusione-fissione
Dal 26 marzo al 19 aprile 2009
arte contemporanea
Location
CAFFE’ DEL VIALE
Macerata, Viale San Giovanni Bosco, 6, (Macerata)
Macerata, Viale San Giovanni Bosco, 6, (Macerata)
Orario di apertura
7-22, chiuso domenica
Vernissage
26 Marzo 2009, ore 19
Autore
Curatore