La galleria Fiorella Pieri Arte contemporanea di Cesena è lieta di annunciare la mostra personale di Paolo Buzzi, che riunisce gli elementi della produzione più recente dell’artista, composta da due nuclei omogenei ma distinti: le sculture, che nascono dal reimpiego di objet trouvè, ri-assemblati ed annullati dall’uso del bianco ed una serie di opere pittoriche, realizzate con una gamma di colori che vanno dal freddo al candido, che emergono spesso dalla sovrapposizione di trasparenze, fino a rendere la pennellata stessa, scultura stessa, in quanto portatrice d’ombra.

Nonostante l’apparenza contingente, la produzione di Buzzi pone il paesaggio come centro poetico, lasciando da parte i mezzi e le estetiche più comuni per mettere in scena l’originale, attraverso elementi da concepirsi come riflessioni che è necessario interpretare. La dominante estetica dell’intera produzione è rappresentata dal bianco su bianco, che genera oggetti significanti di una raffinatezza ammiccante, capaci di attrarre lo spettatore attraverso la fascinazione, per intrappolarlo e costringerlo alla decodifica. “La domanda è evidente, ma non altrettanto lo sarà la risposta”, sembrano dire le opere di Buzzi, nei loro panni di fantasmi consapevoli, che sottraggono al mondo oggetti dimenticati per farli rinascere a nuova vita.

«Il fascino del cavallo a dondolo o del treno posto su un binario circolare – scrive Viviana Siviero nel saggio che introduce il catalogo - è costituito dalla forma creata dall’uomo e non dal significato “esperienziale” di questi elementi; il bianco annulla i riferimenti cromatici che rimandano alla funzionalità, che improvvisamente evapora, divenendo fine a se stesso. Nei lavori a parete, l’artista inserisce brani di paesaggio, obbligati dalla presenza di un oggetto che satura la scena, divenendo, egli stesso, ambiente. Panchine, biciclette,balle di fieno, automobili, silenti ed algide, che, come una serie di fotografie di viaggio, divengono il viaggio stesso .

Paolo Buzzi è nella pratica un metafisico contemporaneo, che muove dalla precisa volontà di generare nello spettatore domande che – per opera del bianco – resteranno per sempre senza una risposta certa; ognuno è libero di creare con l’oggetto il proprio legame significante che, essendo personale, non può dare adito ad alcun errore. La scultura diviene semplice mezzo, da concepirsi come un foglio bianco accogliente.»

Per questo i materiali riescono ad alternarsi come fossero la folla muta di un carnevale immobile: ferro, pittura, tela, tavola, sale marino, fiori essiccati, giocattoli vecchi e nuovi, si ritrovano in una convivenza forzata che si fa armonia, grazie all’intervento annullante del candido manto, come se esso fosse la chiave che rende tangibile un dialogo estetico, un traduttore capace di mettere in comunicazioni popoli diversi, desiderosi di sussurrare lo stesso pensiero di saggezza.

Viviana Siviero