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Davide Bramante – Metropoli che illuminano le notti
Davide Bramante propone dodici opere fotografiche legate a sette città: Roma, Londra, Hong Kong, New York, Parigi, Berlino e Lisbona. Potrebbero sembrare elaborazioni digitali ma sono in realtà il risultato della ben più tradizionale tecnica dell’esposizione multipla.
Comunicato stampa
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LipanjePuntin artecontemporanea - Roma ha il piacere di presentare Metropoli che illuminano le notti, una personale di Davide Bramante (1970, Siracusa) a cura di Mariagrazia Costantino.
Davide Bramante propone dodici opere fotografiche legate a sette città: Roma, Londra, Hong Kong, New York, Parigi, Berlino e Lisbona. Potrebbero sembrare elaborazioni digitali ma sono in realtà il risultato della ben più tradizionale tecnica dell’esposizione multipla. L’artista definisce “rave” le sue incursioni nel tessuto urbano contemporaneo e nei suoi luoghi più rappresentativi, anche perché più riprodotti. Privati della loro iconicità monolitica, questi sono dispersi in un diagramma di altri luoghi e immagini, diventando così più familiari, “piccoli” quasi come un adesivo attaccato su una vecchia agenda.
Le fotografie di Davide Bramante sono, come dice lui stesso, ‘un invito a usare bene la retina’, essendo la nostra visione delle cose e dei luoghi sempre, o quasi, distratta dai pensieri e dai sensi.
Il gioco di parole che nel titolo assimila le metropoli alla luce, non si riferisce tanto all’illuminazione notturna della città e alla luce come fenomeno ottico, quanto soprattutto all’energia che la città stessa emana. La notte, la cui mancanza di luce sembrerebbe impedire una visione chiara e inconfutabile, è usata come una seconda pellicola, perché è dall’oscurità che le cose emergono.
Le immagini proposte non sono né intendono essere una registrazione fedele di una realtà scientifica e diurna, ma come un sogno sono vaghe e spietatamente fedeli. Come un sogno si formano durante la notte.
Non a caso per Bramante l’atto di fotografare coincide con le principali attività della mente: il pensiero, il ricordo e il sogno. Forse sarebbe più corretto dire che nella fotografia, quindi nel processo fotografico e nell’immagine come risultato finale, queste attività si sommano e si fondono, esattamente come accade nella mente, che spesso visualizza immagini senza sapere se queste siano concrete, viste/visitate nella realtà, o solo immaginate, sognate. Bramante non distingue le due esperienze – in fondo, quando di loro sussiste solo il ricordo, qual è la vera differenza? Qual è la differenza tra un’immagine reale e una solo immaginata o sognata? – e usa l’esposizione multipla come meccanismo più adatto per riprodurre il rapporto tra immagine ottica e immagine mentale, ovvero la fusione-sovrapposizione di luoghi, persone e oggetti. L’immagine mentale che gli abitanti, o anche solo occasionali visitatori, hanno della città è cumulativa, non procede per semplice accostamento di scorci isolati e simboli urbani, ma li fa interagire tra loro e con il bagaglio personale di esperienze, filtrate dalla sensibilità individuale; la fotografia canonica, quella che presenta un’immagine coerente e disambigua, rischia di fallire nel catturare e riprodurre la vera essenza della vita urbana contemporanea, che al contrario si articola attraverso principi di accumulazione e ibridazione.
In questo modo e da queste premesse la città diviene insieme testo, o meglio ipertesto approcciabile da qualsiasi angolazione, e involucro dell’esistenza definito da motivi cangianti: geometrici o curvilinei, grafici o monumentali, colorati o monocromi.
I “rave” di Bramante restituiscono la frenesia e la confusione del coinvolgimento, ma anche la calma della riflessione che subentra in un secondo momento, quando ogni elemento dell’immagine sembra riacquistare una precisa valenza e un posto, dopo il rischio di dispersione.
Come all’inizio della storia della fotografia, quello che percepiamo guidati dall’artista è la volontà di congelare – attraverso gli scatti – situazioni inarrestabili nella fluidità e nel drammatico cambiamento che le travolge. Lungi dall’evocare la morte, tale arresto soddisfa la nostra tendenza a proteggere il ricordo, perpetuando la vita che esso, assieme all’immagine, materializza.
Dal 1990 al 1995 Davide Bramante ha frequentato l’Accademia Albertina di Torino, diplomandosi a pieni voti. Nel 1998 ha vinto la borsa di studio della Franklin Furnace Foundation, realizzando il progetto “The future of the present”; nel 1999 ha vinto la borsa di studio del Ministero degli Affari Esteri, grazie alla quale ha realizzato il progetto “Movin’up” presso la Franklin Furnace Foundation.
Tra le personali più importanti quella al Museo MACI di Isernia e quella alla RVS Fine Arts di New York. Dopo lunghi soggiorni a Milano, Bologna, New York, New York, Londra, ha deciso di fermarsi nella sua città d’origine, Siracusa, dove attualmente vive e lavora.
Davide Bramante propone dodici opere fotografiche legate a sette città: Roma, Londra, Hong Kong, New York, Parigi, Berlino e Lisbona. Potrebbero sembrare elaborazioni digitali ma sono in realtà il risultato della ben più tradizionale tecnica dell’esposizione multipla. L’artista definisce “rave” le sue incursioni nel tessuto urbano contemporaneo e nei suoi luoghi più rappresentativi, anche perché più riprodotti. Privati della loro iconicità monolitica, questi sono dispersi in un diagramma di altri luoghi e immagini, diventando così più familiari, “piccoli” quasi come un adesivo attaccato su una vecchia agenda.
Le fotografie di Davide Bramante sono, come dice lui stesso, ‘un invito a usare bene la retina’, essendo la nostra visione delle cose e dei luoghi sempre, o quasi, distratta dai pensieri e dai sensi.
Il gioco di parole che nel titolo assimila le metropoli alla luce, non si riferisce tanto all’illuminazione notturna della città e alla luce come fenomeno ottico, quanto soprattutto all’energia che la città stessa emana. La notte, la cui mancanza di luce sembrerebbe impedire una visione chiara e inconfutabile, è usata come una seconda pellicola, perché è dall’oscurità che le cose emergono.
Le immagini proposte non sono né intendono essere una registrazione fedele di una realtà scientifica e diurna, ma come un sogno sono vaghe e spietatamente fedeli. Come un sogno si formano durante la notte.
Non a caso per Bramante l’atto di fotografare coincide con le principali attività della mente: il pensiero, il ricordo e il sogno. Forse sarebbe più corretto dire che nella fotografia, quindi nel processo fotografico e nell’immagine come risultato finale, queste attività si sommano e si fondono, esattamente come accade nella mente, che spesso visualizza immagini senza sapere se queste siano concrete, viste/visitate nella realtà, o solo immaginate, sognate. Bramante non distingue le due esperienze – in fondo, quando di loro sussiste solo il ricordo, qual è la vera differenza? Qual è la differenza tra un’immagine reale e una solo immaginata o sognata? – e usa l’esposizione multipla come meccanismo più adatto per riprodurre il rapporto tra immagine ottica e immagine mentale, ovvero la fusione-sovrapposizione di luoghi, persone e oggetti. L’immagine mentale che gli abitanti, o anche solo occasionali visitatori, hanno della città è cumulativa, non procede per semplice accostamento di scorci isolati e simboli urbani, ma li fa interagire tra loro e con il bagaglio personale di esperienze, filtrate dalla sensibilità individuale; la fotografia canonica, quella che presenta un’immagine coerente e disambigua, rischia di fallire nel catturare e riprodurre la vera essenza della vita urbana contemporanea, che al contrario si articola attraverso principi di accumulazione e ibridazione.
In questo modo e da queste premesse la città diviene insieme testo, o meglio ipertesto approcciabile da qualsiasi angolazione, e involucro dell’esistenza definito da motivi cangianti: geometrici o curvilinei, grafici o monumentali, colorati o monocromi.
I “rave” di Bramante restituiscono la frenesia e la confusione del coinvolgimento, ma anche la calma della riflessione che subentra in un secondo momento, quando ogni elemento dell’immagine sembra riacquistare una precisa valenza e un posto, dopo il rischio di dispersione.
Come all’inizio della storia della fotografia, quello che percepiamo guidati dall’artista è la volontà di congelare – attraverso gli scatti – situazioni inarrestabili nella fluidità e nel drammatico cambiamento che le travolge. Lungi dall’evocare la morte, tale arresto soddisfa la nostra tendenza a proteggere il ricordo, perpetuando la vita che esso, assieme all’immagine, materializza.
Dal 1990 al 1995 Davide Bramante ha frequentato l’Accademia Albertina di Torino, diplomandosi a pieni voti. Nel 1998 ha vinto la borsa di studio della Franklin Furnace Foundation, realizzando il progetto “The future of the present”; nel 1999 ha vinto la borsa di studio del Ministero degli Affari Esteri, grazie alla quale ha realizzato il progetto “Movin’up” presso la Franklin Furnace Foundation.
Tra le personali più importanti quella al Museo MACI di Isernia e quella alla RVS Fine Arts di New York. Dopo lunghi soggiorni a Milano, Bologna, New York, New York, Londra, ha deciso di fermarsi nella sua città d’origine, Siracusa, dove attualmente vive e lavora.
03
aprile 2009
Davide Bramante – Metropoli che illuminano le notti
Dal 03 aprile al 23 maggio 2009
fotografia
Location
LIPANJEPUNTIN ARTE CONTEMPORANEA
Roma, Via Di Montoro, 10, (Roma)
Roma, Via Di Montoro, 10, (Roma)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 14-20 o su appuntamento
Vernissage
3 Aprile 2009, dalle 19.00 alle 24.00
Autore
Curatore