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Greg Hopkins – Distractions
A prima vista si tratta di decorazioni floreali segnate da reminescenze stilistiche che vanno dal grottesco rinascimentale al vittoriano, fino al decò, ma anche dal lettering della street art e da interventi di dripping, che richiamano l’action painting di Pollock.
Comunicato stampa
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La Galleria Glance è lieta di presentare la prima personale in Europa, e in Italia, dell’artista americano Greg Hopkins (Nato nel 1977. Vive e lavora a New York).
Nella galleria torinese, Hopkins esporrà le sue tele, frutto di un processo lento e bizzarro e per questo originalissimo. I suoi lavori richiedono, come ammette lo stesso artista, “molto tempo e molto amore”.
A prima vista si tratta di decorazioni floreali segnate da reminescenze stilistiche che vanno dal grottesco rinascimentale al vittoriano, fino al decò, ma anche dal lettering della street art e da interventi di dripping, che richiamano l’action painting di Pollock. Tutti questi elementi si fondono in un lento processo di stratificazione.
Separare le opere dal loro processo produttivo le priverebbe di una parte importante di significato. Anche se Hopkins avverte che è “difficile da capire persino per chi assiste, e spiegarlo a parole lo è ancora di più”, tenteremo brevemente di chiarirlo.
La tecnica è, nella sua ripetitività, quasi rituale: Hopkins sovrappone sulla tela quattro strati di colore e di nastro adesivo, alternandovi disegni e scritte. Solo alla fine, quando l’ultimo livello di scotch viene rimosso, si scopre il risultato che spesso è una sorpresa per l’artista stesso.
In questo groviglio di stratificazioni, è il titolo a suggerire allo spettatore cosa cercare sotto la superficie: fiori stilizzati, che poi si sviluppano in articolate composizioni, o parole e frasi quasi sempre incomprensibili, perché scritte in slang o formate da onomatopee inventate.
Gli elementi nascosti, dice Greg Hopkins, “evitano che il mio lavoro sia interpretato in modo troppo semplicistico”. Proprio la curiosità di conoscere il significato ultimo delle opere, soprattutto di quelle recanti messaggi misteriosi, portano lo spettatore a comportarsi come un traduttore. Che, però, giunto alla conclusione di trovarsi di fronte a qualcosa di incomprensibile, è costretto a volgere la sua attenzione non più sul linguaggio umano, ma su quello estetico delle opere. “Il mio lavoro rimane decorativo – dice l’artista -. Voglio che sia letto nei termini dell’espressione pittorica, piuttosto che sia letto e basta”. Una filosofia artistica molto simile a quella di alcuni celebri pittori americani degli anni ’50, come Adolph Gottlieb, Bradley Walzer Tomlin e Mark Tobey, al quale Hopkins aggiunge una freschezza tutta nuova.
Grag Hopkins (nato in Alabama nel 1977, vive e lavora in Brooklyn). Nel Gennaio 2009 ha tenuto la sua prima personale americana presso la Sloan Fine Art, una giovane galleria di Lower East Side di New York, dove già nel 2008 aveva esposto in una collettiva.
Nella galleria torinese, Hopkins esporrà le sue tele, frutto di un processo lento e bizzarro e per questo originalissimo. I suoi lavori richiedono, come ammette lo stesso artista, “molto tempo e molto amore”.
A prima vista si tratta di decorazioni floreali segnate da reminescenze stilistiche che vanno dal grottesco rinascimentale al vittoriano, fino al decò, ma anche dal lettering della street art e da interventi di dripping, che richiamano l’action painting di Pollock. Tutti questi elementi si fondono in un lento processo di stratificazione.
Separare le opere dal loro processo produttivo le priverebbe di una parte importante di significato. Anche se Hopkins avverte che è “difficile da capire persino per chi assiste, e spiegarlo a parole lo è ancora di più”, tenteremo brevemente di chiarirlo.
La tecnica è, nella sua ripetitività, quasi rituale: Hopkins sovrappone sulla tela quattro strati di colore e di nastro adesivo, alternandovi disegni e scritte. Solo alla fine, quando l’ultimo livello di scotch viene rimosso, si scopre il risultato che spesso è una sorpresa per l’artista stesso.
In questo groviglio di stratificazioni, è il titolo a suggerire allo spettatore cosa cercare sotto la superficie: fiori stilizzati, che poi si sviluppano in articolate composizioni, o parole e frasi quasi sempre incomprensibili, perché scritte in slang o formate da onomatopee inventate.
Gli elementi nascosti, dice Greg Hopkins, “evitano che il mio lavoro sia interpretato in modo troppo semplicistico”. Proprio la curiosità di conoscere il significato ultimo delle opere, soprattutto di quelle recanti messaggi misteriosi, portano lo spettatore a comportarsi come un traduttore. Che, però, giunto alla conclusione di trovarsi di fronte a qualcosa di incomprensibile, è costretto a volgere la sua attenzione non più sul linguaggio umano, ma su quello estetico delle opere. “Il mio lavoro rimane decorativo – dice l’artista -. Voglio che sia letto nei termini dell’espressione pittorica, piuttosto che sia letto e basta”. Una filosofia artistica molto simile a quella di alcuni celebri pittori americani degli anni ’50, come Adolph Gottlieb, Bradley Walzer Tomlin e Mark Tobey, al quale Hopkins aggiunge una freschezza tutta nuova.
Grag Hopkins (nato in Alabama nel 1977, vive e lavora in Brooklyn). Nel Gennaio 2009 ha tenuto la sua prima personale americana presso la Sloan Fine Art, una giovane galleria di Lower East Side di New York, dove già nel 2008 aveva esposto in una collettiva.
12
marzo 2009
Greg Hopkins – Distractions
Dal 12 marzo al 25 aprile 2009
arte contemporanea
Location
GALLERIA GLANCE
Torino, Via San Massimo, 45, (Torino)
Torino, Via San Massimo, 45, (Torino)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 15:30 - 19:30
Vernissage
12 Marzo 2009, ore 18:30 - 20:30
Ufficio stampa
ADFARM&CHICAS
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