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Cromofobie
La mostra, con 76 artisti presenti e circa 130 opere esposte, vuole essere una panoramica significativa della presenza del bianco e del nero nell’arte italiana contemporanea, dal dopoguerra ad oggi, a partire cioè da espressioni storicizzate del bianco e del nero nell’arte, sia iconica che aniconica, sino ad arrivare agli sviluppi più attuali delle ricerche sul bianco e il nero, nelle giovani generazioni.
Comunicato stampa
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Dal 14 febbraio al 31 maggio 2009 l’EX AURUM di Pescara, affascinante struttura progettata da Giovanni Michelucci negli anni Trenta, ospita la mostra “CROMOFOBIE, percorsi del bianco e del nero nell’arte italiana contemporanea”.
La mostra, curata da Silvia Pegoraro, è realizzata dalla Regione Abruzzo e dal Comune di Pescara nell'ambito di un progetto pilota della PARC - Direzione generale per la qualità e la tutela del paesaggio, l'architettura e l'arte contemporanee del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, intitolato "SENSI CONTEMPORANEI", con la collaborazione del Ministero per lo Sviluppo Economico e della Biennale di Venezia.
L’idea della mostra dedicata ai “Percorsi del bianco e del nero nell’arte italiana contemporanea” è nata dalla fascinazione esercitata sulla curatrice dal grande “Tunnel” optical di Getulio Alviani, presente all’interno dell’Ex Aurum di Pescara. Si tratta di una grande opera-ambiente, fondata su una semplicissima e complessa interazione ottico-mentale tra il bianco e il nero.
“Mi auguro - scrive Silvia Pegoraro - che questo grande lavoro di Alviani, racchiuso nel cuore dell’edificio di Michelucci, anzi, ormai parte di esso, possa essere universalmente e durevolmente interpretato come il segno e il simbolo della vocazione artistica di questo luogo: della sua splendida vocazione ad ospitare eventi d’arte e cultura di grande valore e di ampio respiro. Eventi che superino il corto raggio degli interessi e delle competenze di una sia pur vivacissima provincia. Perché la forza di un territorio si misura dal suo sapersi idealmente allargare, fino ad abbracciare ciò che è apparentemente lontano, ciò che sta oltre l’ambito locale (o localistico), catturandone, sapientemente, l’attenzione, l’energia, le risorse.”
La mostra “CROMOFOBIE” vuole essere una panoramica significativa della presenza del bianco e del nero nell’arte italiana contemporanea, dal dopoguerra ad oggi, a partire cioè da espressioni storicizzate del bianco e del nero nell’arte, sia iconica che aniconica, sino ad arrivare agli sviluppi più attuali delle ricerche sul bianco e il nero, nelle giovani generazioni.
Saranno presenti 74 artisti, ed esposte circa 130 opere, per costruire un percorso storico-tematico che vada, appunto, da lavori già “storicizzati” ai lavori di artisti delle ultime generazioni.
Solo per citarne alcuni: Enrico Baj, Alberto Burri, Enrico Castellani, Giuseppe Caporossi, Gino De Dominicis, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Gastone Novelli, Giuseppe Santomaso, Angelo Savelli, Mario Schifano, Antonio Sanfilippo, Giulio Turcato e Emilio Vedova. Non dimentichiamo Carla Accardi, Domenico Bianchi, Luigi Boille, Nicola De Maria, Omar Galliani, Jannis Kounellis, Fabio Mauri, Nunzio, Oliviero Rainaldi, Giuseppe Spagnulo, Marco Tirelli e Gilberto Zorio, e fra i giovani Andrea Chiesi, Paolo Grassino, Luca Pancrazzi e Gino Sabatini Odoardi.
Il bianco e il nero possono significare l'assenza o la somma di tutti i colori, e nel Novecento assurgono a simbolo della tautologia, categoria fondamentale e fondante di tanta arte del XX secolo, tutta più o meno legata a una radice "concettuale" in senso lato, dal Quadrato bianco su fondo bianco di Malevič al bianco "assoluto" di Ryman, ai neri di Burri e di Reinhardt.
Molti artisti contemporanei usano il bianco e il nero con una forte consapevolezza della tensione che questi non-colori determinano, perché di fronte al vuoto o al silenzio lo spettatore è preso da una sorta di vertigine che può sgomentare oppure può innescare uno stimolante meccanismo di ricerca, inconscia o consapevole, tale da mettere in moto tutte le sensibilità emotive e logiche, evocative e mnemoniche, come in una sorta di percorso iniziatico.
L’“assenza visibile di colore” e “la fusione di tutti i colori”, parimenti rintracciabili nel bianco e nel nero, diverranno per Vasilij Kandinskij e Kazimir Malevič oggetto di una costante riflessione che, trascendendo le considerazioni puramente coloristiche, coinvolgerà il gesto artistico nella sua interezza. E così pure per Paul Klee, nel suo continuo parallelismo tra pittura e musica, che lo porta alla realizzazione di opere celebri come Bianco polifonicamente incorniciato (1930).
Nel dopoguerra trovano espressioni di straordinario interesse, soprattutto nelle varie forme di “astrattismo”: dal primo Rauschenberg a Tobey, a Twombly, dal materismo di Burri al segno-scrittura di Novelli, allo spazialismo di Fontana, con le sue derivazioni in Manzoni, Castellani, Bonalumi, Scheggi, e nell’arte optical, con Alviani o Colombo. Ma anche nella figurazione la presenza del bianco e del nero è oltremodo significativa e suggestiva, come in certe esperienze legate in qualche modo al “Pop”, come quelle di Schifano e di Lombardo, o in grandi “inclassificabili” come De Dominicis.
EX AURUM
Un "elegante fabbricato a scopo di ritrovo": ecco cosa doveva essere il nucleo originario di quello che sarebbe poi diventato l’opificio Aurum di Pescara, atto alla produzione del famoso liquore, il cui nome fu coniato da D’Annunzio.
Si era nel 1910, e l’appellativo scelto per l’“elegante fabbricato” a due passi dal mare fu quello, assai di moda a quel tempo, di “Kursaal”.
Il contesto era il piano dell’architetto Liberi, che prevedeva la realizzazione di un’attrezzatura di ricezione turistica per le attività di balneazione, sempre più diffuse, in quegli anni, sulla costa adriatica.
Il progetto di Liberi restò incompiuto, e nel 1921 la famiglia Pomilio trasformò l’edificio nella fabbrica del liquore.
L'ampliamento della fabbrica venne affidato nel 1939 all'architetto Giovanni Michelucci, che ne ricavò una splendida opera architettonica. Michelucci, venuto a Pescara già nel 1928 (ebbe con la città - come lui stesso affermava - un intenso rapporto, pieno di stimoli interessanti), per la progettazione dell’Aurum elaborò più soluzioni, in funzione dell’adeguamento dell’edificio alla preesistenza del Kursaal, in parte già realizzato. Le nuove strutture, pur sposando i canoni del razionalismo, si integrano con particolare armonia nell'ambiente costruito in precedenza.
Negli anni Settanta il liquorificio chiude e l’edificio viene abbandonato. Sono anni di silenzio e di decadenza, finché è proprio il demone dell’arte a risvegliare il “castello” addormentato, quel “castello” innalzato da colui che Bruno Zevi ha definito “il miglior artista della sua generazione”.
Nel 1990 e nel 1995 l’Ex Aurum ospita infatti due edizioni di FuoriUso, manifestazione artistica di respiro internazionale, ideata dal gallerista pescarese Cesare Manzo, il quale intendeva dare vita a un evento che occupasse nuovi spazi nel panorama urbano, recuperando aree ed edifici dismessi e abbandonati e li restituisse alla città come luoghi d'arte, in collaborazione con i maggiori artisti contemporanei.
Della memorabile edizione di FuoriUso del 1995 (curata da Giacinto Di Pietrantonio) sopravvivono ancora, all’interno dell’Ex Aurum, testimonianze delle opere-ambiente realizzate per l’occasione da Julian Opie e Sylvie Fleury. Ma c’è soprattutto, integro, il “Tunnel” di Getulio Alviani, uno dei maggiori protagonisti dell’arte programmata e optical italiana ed europea degli anni Sessanta e Settanta.
La mostra, curata da Silvia Pegoraro, è realizzata dalla Regione Abruzzo e dal Comune di Pescara nell'ambito di un progetto pilota della PARC - Direzione generale per la qualità e la tutela del paesaggio, l'architettura e l'arte contemporanee del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, intitolato "SENSI CONTEMPORANEI", con la collaborazione del Ministero per lo Sviluppo Economico e della Biennale di Venezia.
L’idea della mostra dedicata ai “Percorsi del bianco e del nero nell’arte italiana contemporanea” è nata dalla fascinazione esercitata sulla curatrice dal grande “Tunnel” optical di Getulio Alviani, presente all’interno dell’Ex Aurum di Pescara. Si tratta di una grande opera-ambiente, fondata su una semplicissima e complessa interazione ottico-mentale tra il bianco e il nero.
“Mi auguro - scrive Silvia Pegoraro - che questo grande lavoro di Alviani, racchiuso nel cuore dell’edificio di Michelucci, anzi, ormai parte di esso, possa essere universalmente e durevolmente interpretato come il segno e il simbolo della vocazione artistica di questo luogo: della sua splendida vocazione ad ospitare eventi d’arte e cultura di grande valore e di ampio respiro. Eventi che superino il corto raggio degli interessi e delle competenze di una sia pur vivacissima provincia. Perché la forza di un territorio si misura dal suo sapersi idealmente allargare, fino ad abbracciare ciò che è apparentemente lontano, ciò che sta oltre l’ambito locale (o localistico), catturandone, sapientemente, l’attenzione, l’energia, le risorse.”
La mostra “CROMOFOBIE” vuole essere una panoramica significativa della presenza del bianco e del nero nell’arte italiana contemporanea, dal dopoguerra ad oggi, a partire cioè da espressioni storicizzate del bianco e del nero nell’arte, sia iconica che aniconica, sino ad arrivare agli sviluppi più attuali delle ricerche sul bianco e il nero, nelle giovani generazioni.
Saranno presenti 74 artisti, ed esposte circa 130 opere, per costruire un percorso storico-tematico che vada, appunto, da lavori già “storicizzati” ai lavori di artisti delle ultime generazioni.
Solo per citarne alcuni: Enrico Baj, Alberto Burri, Enrico Castellani, Giuseppe Caporossi, Gino De Dominicis, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Gastone Novelli, Giuseppe Santomaso, Angelo Savelli, Mario Schifano, Antonio Sanfilippo, Giulio Turcato e Emilio Vedova. Non dimentichiamo Carla Accardi, Domenico Bianchi, Luigi Boille, Nicola De Maria, Omar Galliani, Jannis Kounellis, Fabio Mauri, Nunzio, Oliviero Rainaldi, Giuseppe Spagnulo, Marco Tirelli e Gilberto Zorio, e fra i giovani Andrea Chiesi, Paolo Grassino, Luca Pancrazzi e Gino Sabatini Odoardi.
Il bianco e il nero possono significare l'assenza o la somma di tutti i colori, e nel Novecento assurgono a simbolo della tautologia, categoria fondamentale e fondante di tanta arte del XX secolo, tutta più o meno legata a una radice "concettuale" in senso lato, dal Quadrato bianco su fondo bianco di Malevič al bianco "assoluto" di Ryman, ai neri di Burri e di Reinhardt.
Molti artisti contemporanei usano il bianco e il nero con una forte consapevolezza della tensione che questi non-colori determinano, perché di fronte al vuoto o al silenzio lo spettatore è preso da una sorta di vertigine che può sgomentare oppure può innescare uno stimolante meccanismo di ricerca, inconscia o consapevole, tale da mettere in moto tutte le sensibilità emotive e logiche, evocative e mnemoniche, come in una sorta di percorso iniziatico.
L’“assenza visibile di colore” e “la fusione di tutti i colori”, parimenti rintracciabili nel bianco e nel nero, diverranno per Vasilij Kandinskij e Kazimir Malevič oggetto di una costante riflessione che, trascendendo le considerazioni puramente coloristiche, coinvolgerà il gesto artistico nella sua interezza. E così pure per Paul Klee, nel suo continuo parallelismo tra pittura e musica, che lo porta alla realizzazione di opere celebri come Bianco polifonicamente incorniciato (1930).
Nel dopoguerra trovano espressioni di straordinario interesse, soprattutto nelle varie forme di “astrattismo”: dal primo Rauschenberg a Tobey, a Twombly, dal materismo di Burri al segno-scrittura di Novelli, allo spazialismo di Fontana, con le sue derivazioni in Manzoni, Castellani, Bonalumi, Scheggi, e nell’arte optical, con Alviani o Colombo. Ma anche nella figurazione la presenza del bianco e del nero è oltremodo significativa e suggestiva, come in certe esperienze legate in qualche modo al “Pop”, come quelle di Schifano e di Lombardo, o in grandi “inclassificabili” come De Dominicis.
EX AURUM
Un "elegante fabbricato a scopo di ritrovo": ecco cosa doveva essere il nucleo originario di quello che sarebbe poi diventato l’opificio Aurum di Pescara, atto alla produzione del famoso liquore, il cui nome fu coniato da D’Annunzio.
Si era nel 1910, e l’appellativo scelto per l’“elegante fabbricato” a due passi dal mare fu quello, assai di moda a quel tempo, di “Kursaal”.
Il contesto era il piano dell’architetto Liberi, che prevedeva la realizzazione di un’attrezzatura di ricezione turistica per le attività di balneazione, sempre più diffuse, in quegli anni, sulla costa adriatica.
Il progetto di Liberi restò incompiuto, e nel 1921 la famiglia Pomilio trasformò l’edificio nella fabbrica del liquore.
L'ampliamento della fabbrica venne affidato nel 1939 all'architetto Giovanni Michelucci, che ne ricavò una splendida opera architettonica. Michelucci, venuto a Pescara già nel 1928 (ebbe con la città - come lui stesso affermava - un intenso rapporto, pieno di stimoli interessanti), per la progettazione dell’Aurum elaborò più soluzioni, in funzione dell’adeguamento dell’edificio alla preesistenza del Kursaal, in parte già realizzato. Le nuove strutture, pur sposando i canoni del razionalismo, si integrano con particolare armonia nell'ambiente costruito in precedenza.
Negli anni Settanta il liquorificio chiude e l’edificio viene abbandonato. Sono anni di silenzio e di decadenza, finché è proprio il demone dell’arte a risvegliare il “castello” addormentato, quel “castello” innalzato da colui che Bruno Zevi ha definito “il miglior artista della sua generazione”.
Nel 1990 e nel 1995 l’Ex Aurum ospita infatti due edizioni di FuoriUso, manifestazione artistica di respiro internazionale, ideata dal gallerista pescarese Cesare Manzo, il quale intendeva dare vita a un evento che occupasse nuovi spazi nel panorama urbano, recuperando aree ed edifici dismessi e abbandonati e li restituisse alla città come luoghi d'arte, in collaborazione con i maggiori artisti contemporanei.
Della memorabile edizione di FuoriUso del 1995 (curata da Giacinto Di Pietrantonio) sopravvivono ancora, all’interno dell’Ex Aurum, testimonianze delle opere-ambiente realizzate per l’occasione da Julian Opie e Sylvie Fleury. Ma c’è soprattutto, integro, il “Tunnel” di Getulio Alviani, uno dei maggiori protagonisti dell’arte programmata e optical italiana ed europea degli anni Sessanta e Settanta.
14
febbraio 2009
Cromofobie
Dal 14 febbraio al 31 maggio 2009
arte contemporanea
Location
AURUM
Pescara, Via Francesco Ferdinando D'avalos, (Pescara)
Pescara, Via Francesco Ferdinando D'avalos, (Pescara)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato dalle 9.30 alle 13.30 e dalle 15.30 alle 19.30. Domenica dalle 15.30 alle 19.30.
Vernissage
14 Febbraio 2009, ore 18
Editore
MAZZOTTA
Ufficio stampa
MARIA BONMASSAR
Ufficio stampa
NOVELLA MIRRI
Autore
Curatore