10 novembre 2011

INTERVISTA A MARCELLO SMARRELLI

 
Abbiamo parlato con Marcello Smarrelli, direttore artistico del Pastificio Cerere, dove stasera si inaugurerà la mostra di Lara Almarcegui curata da Vincenzo de Bellis nell'ambito del progetto Curatore in residenza. E ancora Artissima e il progetto 6ARTISTA, le iniziative passate e quelle future...

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GF: Il 5 novembre ad Artissima è stato presentato 6ARTISTA, il programma di residenze ideato dalla Fondazione Pastificio Cerere e da Civita con il sostegno di Allianz. In questa occasione sono stati annunciati i vincitori della III edizione: Margherita Moscardini e Francesco Fonassi. Può dirci quali sono le ragioni per cui sono stati scelti e qual è l’importanza di questo premio per i giovani artisti italiani?

MS: Le ragioni sono spiegate con chiarezza, nelle motivazioni che la giuria ha espresso dopo aver visionato le 100 e più domande pervenute quest’anno. Si possono sintetizzare in poche parole: intelligenza, innovazione, qualità della ricerca, coerenza dei progetti proposti con lo spirito della residenza.
6ARTISTA vuole creare una via alternativa a quella istituzionale, per incentivare la rete di contatti tra gli artisti emergenti e il sistema dell’arte contemporanea. Per i giovani artisti è un’occasione importante della loro carriera perchè li aiuta in una fase formativa del loro percorso. Per questa ragione  abbiamo ideato il progetto Curatore in residenza, che permette ad un giovane curatore di realizzare un programma culturale della durata di un anno, per la Fondazione Pastificio Cerere. Dopo Vincenzo De Bellis, nel 2012 sarà la volta di Daniela Zangrando. Sono convinto che solo una formazione di qualità sia in grado di garantire il futuro degli artisti e dell’arte, ma più in generale del nostro Paese.
 
Qualche commento a caldo su Artissima di quest’anno?
 
Ho apprezzato tutte le proposte di Artissima 18, la seconda diretta da Francesco Manacroda nella spettacolare sede dell’Oval. La manifestazione si riconferma come una delle più importanti fiere internazionali dedicata all’arte contemporanea e un grande contenitore di idee all’interno di un programma culturale intenso, fatto di incontri di approfondimento e visite guidate che portano i visitatori a scoprire le opere di maggior interesse attraverso percorsi personalizzati. Bello il programma curatoriale Approssimazioni Razionali Semplici, co-curato da Lara Favaretto e Francesco Manacorda, la sezione Back to the Future e Artissima Lido, calendario di eventi e mostre nel Quadrilatero Romano, selezionati da Christian Frosi, Renato Leotta e Diego Perrone. Bella anche la mostra The inaccessible poem di Simon Starling alla Fondazione Mario Merz e Annissima. Vendo ergo sum. L’artista esiste fuori dal mercato? una fiera unica nel suo genere, nata nel 2010 quando l’artista Anna Scalfi Eghenter ha proposto a un altro artista, Cesare Pietroiusti, di rappresentarla come gallerista.
 
Com’è cambiato il ruolo dell’artista contemporaneo?

Lo spazio di questa intervista è troppo limitato per rispondere a questa domanda. Per quanto riguarda l’aspetto operativo legato al mio lavoro mi sono sempre rivolto a quegli artisti cui riconoscevo una particolare sensibilità verso gli obiettivi che ritenevo necessari come critico e curatore: capacità di lettura del territorio, attitudine progettuale, fine didattico e pedagogico, interesse verso temi di carattere sociale, attenzione verso l’urbanistica, l’architettura, il design. L’artista oggi deve avere come riferimento sia la realtà contemporanea che gli scenari futuri, e come soggetto oltre alle istituzioni, le aree urbane ed extraurbane sensibili, le organizzazioni, le aziende, i luoghi della formazione, spesso caratterizzati da tensioni legate all’identità, all’abitare, alla comunità, all’integrazione, allo sviluppo sostenibile. L’artista deve prefigurare nuove situazioni e trasformazioni, ridisegnare spazi e modelli di vita, preoccuparsi della qualità dell’ambiente e della convivenza sociale, avendo come interlocutori da una parte enti e amministrazioni pubbliche interessate a reali strategie di sviluppo territoriali, e dall’altra le attività pubbliche e private con la loro struttura e il loro funzionamento strettamente legato alle regole della produzione. Il curatore dovrebbe porsi come tramite tra l’artista e queste identità così diverse, impegnandosi a creare le condizioni affinché i progetti possano essere realizzati e inseriti all’interno di programmazioni e contesti seriamente interessati ad attivare i processi indicati.
 

 
A maggio di quest’anno ha curato Panorama promossa dalla Fondazione Ermanno Casoli – di cui lei è direttore artistico – una mostra che indaga le tematiche del paesaggio attraverso i lavori di Ettore Favini e Andrea Nacciarriti. Come è nata l’idea espositiva all’interno degli Ex magazzini Latini a Fabriano?
 
La mostra Panorama è nata dalla voglia di suggerire uno sguardo d’insieme sulla bellezza ricca di storia ma anche di contraddizioni che caratterizza il nostro Paese e di farlo con un tocco di ironia, giocando sui diversi significati della parola “panorama”. Volevamo aprire uno spunto di riflessione sul paesaggio reale e metaforico in cui l’uomo è immerso e che continua a trasformare con le proprie azioni e il proprio pensiero. In questo senso la scelta dello spazio espositivo ha contribuito alla stratificazione dei significati simbolici. Gli ex Magazzini Latini, infatti, sono stati, a partire dal secondo dopoguerra, un polo commerciale e un punto di riferimento importante per Fabriano, un simbolo del boom economico di quegli anni. Da tempo in disuso, questi locali sono diventati una presenza fantomatica nel centro storico, un non luogo un tempo ricco di vita e attività, ormai vuoto e silenzioso. Con Panorama la Fondazione Ermanno Casoli ha rimesso sotto gli occhi dei cittadini questo spazio, con la sua portata di ricordi, dando un messaggio di ottimismo che speriamo non si limiti alla sola Fabriano, ma coinvolga l’intero territorio nazionale, un Paese glorioso che dalla ricchezza della sua storia ha saputo trarre la forza di rinascere anche da crisi tanto profonde da sembrare irreversibili, come quella attuale.
 
Come riesce a conciliare i due incarichi di ‘direttore artistico’ presso il Pastificio e presso la Fondazione Ermanno Casoli dove lavora già da alcuni anni?
 
L’idea dell’artista docente e dell’arte come metodo, nucleo del progetto di formazione per le aziende sperimentato con successo con la Fondazione Ermanno Casoli, è anche il fulcro delle attività della Fondazione Pastifico Cerere e di tutte le iniziative che seguo al di fuori delle istituzioni che dirigo. Direi continuità e rafforzamento delle due istituzioni con la ricerca di obiettivi comuni, ma in ambiti completamente diversi.

La V edizione del Premio Ariane de Rothschild, che l’ha vista curatore insieme a Laura Barreca, è stato vinto da Ludovica Carbotta, la quale potrà approfondire la sua ricerca e il suo lavoro presso il Central Saints Martins College of Art and Design di Londra. Ci racconti brevemente come’è stata quest’esperienza.
 
Il Premio nasce dalla volontà della baronessa Ariane de Rothschild, presidente dell’omonima Fondazione con sede a Parigi, per sostenere i giovani artisti dei diversi Paesi in cui operano le banche del gruppo Rothschild. La scelta dei candidati è avvenuta attraverso un processo di selezione in cui abbiamo lavorato a fianco della Fondazione Ariane de Rothschild, con modalità già consolidate nelle scorse edizioni di Lisbona e Bruxelles. Abbiamo affidato il compito di individuare i 18 artisti a un comitato di sei critici italiani composto da Cecilia Canziani, Anna Daneri, Vincenzo de Bellis, Milovan Farronato, Francesco Manacorda, Paola Nicita, che hanno seguito determinati criteri-guida, indirizzati a realizzare una selezione attenta e capillare su tutto il territorio nazionale. Infine, una giuria internazionale presieduta dalla baronessa Ariane de Rothschild e composta da Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, presidente dell’omonima Fondazione e vice presidente della giuria, Richard Armstrong, direttore del Solomon R. Guggenheim Museum di New York, Adam Budak, curatore dell’Universalmuseum Joanneum di Graz, Henri-Claude Cousseau, direttore dell’Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Parigi, e dagli artisti Mark Lewis e Francesco Vezzoli, ha avuto il compito di scegliere il vincitore.
 
A Villa Medici a Roma si è tenuta quest’estate la seconda edizione del Teatro delle Esposizioni, che  ha visto la partecipazione di artisti, architetti, storici dell’arte, con un coinvolgimento attivo del pubblico. Quale è stata la risposta della città?
 
L’esperienza del Teatro delle Esposizioni risponde ad una mia precisa pratica curatoriale, caratterizzata dall’interdisciplinarietà e dalla ricerca delle comuni radici culturali, e sono contento di aver realizzato questo evento per un’istituzione francese così prestigiosa. La prevalente componente interdisciplinare del progetto, in cui tutti gli ambiti culturali si sovrappongono e si confondono tra loro, è il mio interesse principale come curatore. La risposta della città è stata entusiasmante e il Teatro delle Esposizioni viene considerato da più parti come un modello di best practices che le decine di accademie presenti a Roma dovrebbero adottare per valorizzare la preziosa presenza dei loro borsisti nella capitale. I progetti realizzati durante le quattro giornate del Teatro delle Esposizioni troveranno un loro proseguimento ideale nel catalogo edito da Mousse, che verrà presentato il prossimo Dicembre.
 

Massimo Grimaldi è il protagonista del terzo appuntamento del progetto Postcard from…, iniziativa cominciata all’inizio del 2011, che prevede l’intervento di 4 artisti attraverso un manifesto da cartellonistica da esporre nel cortile del Pastificio Cerere. Perchè ha voluto donare all’arte degli spazi inediti?
 
Questo progetto, prima di tutto, mi diverte moltissimo. Come ho affermato più volte in questa intervista, per me l’arte è uno strumento formativo e di conoscenza, un mezzo di sviluppo culturale, portatore di un modello etico e rampa di lancio del pensiero. Postcard from… offre la possibilità di rendere l’arte accessibile a tutti: mi piace l’idea che i passanti diventino involontariamente spettatori di un’opera d’arte. Spero che questo contribuisca a rende il loro pensiero più libero, ad alleggerirlo del peso che si può generare in un luogo espositivo tradizionale. Il museo, la galleria, lo spazio di una  fondazione, condizionano la nostra percezione, perché sappiamo di stare a guardare una cosa già elevata allo status di arte.
 
E’ quasi un anno che è direttore della Fondazione Pastificio Cerere, da anni punto di riferimento per la creatività artistica in cui convivono artisti, gallerie d’arte, scuole di fotografia, librerie e da poco un ristorante. Insomma un vero e proprio melting pot di idee e di sperimentazioni. Cosa è cambiato da quando è diventato Direttore all’interno della Fondazione?
 
Con la mia nomina a direttore artistico la Fondazione Pastificio Cerere ha voluto rendere ancor più strutturata la propria programmazione, incrementando il dialogo con le istituzioni e affermandosi come punto di riferimento culturale per il territorio. La vocazione didattica caratterizza da sempre la Fondazione e il mio percorso professionale, seguendo questa tradizione abbiamo messo in atto progetti formativi che coinvolgono artisti, curatori e il pubblico numeroso che frequenta la Fondazione e vive negli atelier del Pastificio. In questo anno di direzione artistica la Fondazione ha radicato ancora di più la sua presenza nella città riconfermandosi come una delle istituzioni private più vitali presenti nel panorama dell’arte contemporanea e della cultura, non solo in Italia.
 
 
a cura di giulia fontani
 
foto in alto: un ritratto di Marcello Smarrelli, foto Cinzia De Nigro
 
 
[exibart]

12 Commenti

  1. Vorrei ricordare che l’artista citata sopra … e che piace tanto a Smarrelli, Anna Scalfi Eghenter (che collabora co Pietroiusti … HAHAHA) parteciperà alla mostra di Vittorio Sgarbi, padliglione Italia a Palazzo Trentini di Trento: inaugurazione il prossimo 16 novembre 2011.
    cosa possiamo dire?

  2. Seguo da anni il lavoro curatoriale di Smarrelli, sia alla Fondazione Casoli che al Pastificio Cerere…sempre acuto e raffinato. Bravo!

  3. E’ interessante il modo di concepire un artista come un intelletuale che ci dà un modo diverso di vedere la realtà e dell’arte come strumento di ricerca e conoscenza del mondo… Io sono uno studente di liceo, ho da poco cominciato a frequentare mostre, e questa intervista a Marcello mi ha aiutato a capire meglio cos’è l’arte contemporanea!!

  4. Penso che l’arte pubblica debba essere un rapporto di relazione con il fruitore e che da tempo l’arte se ne sta andando dalle gallerie private. Il vero rapporto tra arte e le persone sta per la strada, in mezzo alla gente. L’arte ed in particolare quella pubblica ha la funzione di ri-attivare le città di dare vita a nuovi meccanismi di comprensione del presente. L’arte è uno dei pochi mezzi che riesce a mostrarti quello che ti sta intorno in modo inedito e nuovo. quindi questa idea curatoriale mi piace perchè penso che vada in questa direzione.

  5. Ho la fortuna di collaborare con Marcello, e di realizzare dei video su molte delle sue iniziative: gli workshop degli artisti con i dipendenti di questa o quell’azienda, o con gli studenti dei licei artistici, mostre di giovani artisti emergenti meritevoli di essere esposti in sedi illustri e prestigiose, e via dicendo. Già amavo molto l’arte contemporanea, e ne seguivo, per quanto potevo, gli sviluppi e gli accumuli odierni qua e là per il mondo. Ma grazie a Marcello ho potuto constatare quanto sia possibile e salutare quello che ritenevo fosse limitato all’arte antica, ovvero che l’arte IN GENERALE, se accompagna il nostro quotidiano in genere ripetitivo e poco fantasioso, può produrre quella cosa che, pur assente come diritto nella nostra Costituzione (mentre è invece contemplata nella Costituzioni di altri paesi, come ad esempio gli Stati Uniti d’America) tutti noi perseguiamo con sete spasmodica e sacrosanta: LA FELICITA’ TERRENA. Tutto questo, Marcello sa metterlo in pratica con grazia, leggerezza e soprattutto contagiosa simpatia, insieme a quel naturale intuito che gli permette di rintracciare la qualità in un panorama tanto vasto, dispersivo e confuso. Lo so, direte: è un suo amico a parlare, e prenderete le mie parole per piaggeria. M’importa poco. Ho la coscienza di essere sincero, di quella sincerità che sgorga spontanea dalla gratitudine verso chi aiuta me, e gli altri, a dare un senso a ciò che in apparenza sembrerebbe averne poco poco…

  6. Davvero complimenti per essere riuscito a portare l’arte in mezzo alle persone, negli spazi della vita reale mantenendo sempre alta la qualità dei progetti e valorizzando gli aspetti educativi e formativi senza mai scadere in una retorica paternalista né didascalica. Un modo di proporre l’arte che non chiede inchini, ma confronto e dialogo.

  7. Mi occupo di tutt’altro, ma la coinvolgente e stimolante intervista di Smarrelli riaccende con forza quell’amore per un arte fruibile e salutare, frutto autentico di quella creatività umana che, se salvaguardata, salavaguarda la nostra natura, promuove il nostro benessere, dona senso al quotidiano.

  8. Complimenti a Marcello, con il quale ho avuto la fortuna di lavorare su uno dei progetti citati nell’intervista. Un’esperienza entusiasmante, di quelle che, una volta terminate, ti lasciano la voglia di fare sempre meglio, perché il modo di lavorare e di confrontarsi porta positività a te e al progetto nonostante le mille difficoltà.

  9. Il coraggio e la voglia di sperimentare, la forza della propria conoscenza della storia dell’arte (da non dare mai per scontato, nemmeno quando si tratta di curatori), la lungimiranza. Ecco le principali caratteristiche che emergono da questa intervista: il ritratto di un curatore con uno stile preciso, che sa prendersi anche qualche rischio…
    Avanti così!

  10. Bravissimo Marcello! Indimenticabile la sua visita guidata al Teatro delle Esposizioni nell’agosto scorso a Villa medici. E’ un grande comunicatore e trasmette entusiasmo e passione perfino a una profana come me!

  11. Caro Marcello,
    quando vedo la tua firma, so che vale sempre la pena andare a vedere di cosa si tratta. Spero un giorno poter parlare con te con la calma necessaria per godere delle tue parole e condividere i nostri pensieri.un saluto,Gloria

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