11 novembre 2011

Resoconto: Undicesima edizione per la Biennale di Lione

 
“È nata una bellezza terribile” : una Biennale sensoriale con un titolo che diventa strumento per la realizzazione di un progetto nel quale è la contraddizione a essere protagonista, una nuova tappa imperdibile per gli addetti e non ai lavori…

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Dal lancio “dell’ottobre delle arti” nel 1984, vero e proprio antenato della Biennale, Lione ne ha fatti di passi in avanti e oggi è diventata una delle città di riferimento per l’arte contemporanea. La Biennale di quest’anno, curata dall’argentina Victoria Noorthoorn, incuriosisce già dal titolo: È nata una bellezza terribile. Un famoso verso tratto dal poema Pasqua del 1916 scritto da W.B. Yeats nel settembre dello stesso anno, ispirato dalla rivolta degli irlandesi contro il dominio britannico. La poesia che a prima vista può sembrare una celebrazione dei martiri che hanno dato la vita per l’indipendenza, ad una lettura più approfondita rivela una difficile alternanza tra affermazione, domanda e negazione, presentando un testo in contrapposizione con se stesso. Un titolo, dunque, che non delinea un vero e proprio tema, ma uno strumento metodologico che ha consentito la realizzazione di un progetto che esplora la forza del paradosso e della contraddizione, la tensione e l’ambivalenza per affrontare lo stato attuale del mondo e dell’arte, dove quest’ultima è concepita primariamente per il mercato economico.
Quest’anno la Biennale di Lione ospita 70 artisti provenienti da tutto il mondo, in particolare dall’Europa, dall’Africa e dall’America latina, le cui opere sono esposte su 14.000 m² in quattro spazi diversi: la Sucrière, il Museo d’arte contemporanea di Lione, la Fondazione Bullukian e, per la prima volta quest’anno, l’Usine T.A.S.E. di Vaulx-en-Velin. Completano il progetto le due piattaforme Veduta e Résonance.

Fa da sipario al primo spazio, senz’altro il più scenografico di tutta la Biennale, la teatrale opera di Ulla von Brandenburg. Andando avanti troviamo l’installazione di Eduardo Basualdo, un paesaggio immaginario inondato d’acqua, risultato di un fantascientifico scontro tra la luna e la terra, opera dal valore quasi profetico tenendo conto delle notizie degli ultimi giorni. Robert Kusmirowski ricostruisce una vecchia biblioteca in fase di smantellamento, i cui libri stanno per essere bruciati, scena davanti alla quale lo spettatore è costretto a guardare inerme senza poter fermare l’azione che sta per compiersi. Gabriel Acevedo Velarde affronta un fenomeno crescente della società contemporanea, l’ossessione per la celebrità. Il giardino segreto di Michel Huisman capovolge l’esperienza uomo-natura con un simbolico posizionamento dello sguardo dello spettatore al di sotto della realtà. Erick Beltrán, che esplora nelle sue opere il concetto di enciclopedia, presenta qui una sorta di mappamondo su cui l’artista ha trascritto una mappa composta dalle relazioni tra società, politica ed economia.
Il percorso prosegue negli spazi del Museo di Arte Contemporanea di Lione, dove segnaliamo l’opera di Cildo Meireles, un’installazione composta da una molteplice quantità di fili di tessuto nero che convergono verso una scopa e che intrecciano i ritratti di Marlene Dumas e Alberto Giacometti, di Elly Strik e di Christian Lhopital e le sculture di Jessica Jackson Hutchins, unendoli simbolicamente tra loro.
La Fondazione Bullukian ospita una retrospettiva di proposte utopiche per lo spazio urbano dei due architetti Yona Friedman e Richard Buckminster.

L’ultimo spazio dedicato alla Biennale di quest’anno, scioglie in parte la tensione creata dalle esposizioni precedenti, presentando opere meno convenzionali, che stimolano l’osservazione diretta. Laura Lima ha applicato delle piume colorate di altri animali ad un gruppo di galline con lo scopo di studiarne il comportamento. I cambiamenti ci sono, si è osservato ad esempio che animali timidi diventano esuberanti, altri cambiano genere, e dimostrano che tutto può succedere. Tracey Rose, capovolge la storia, mostrando giovani studenti che vengono derisi per il colore bianco della loro pelle, sperando in un futuro in cui non esistano più distinzioni tra appartenenti a diversi paesi e differenti culture.
In una Biennale sensoriale ed emozionale, protagonista della quale è il perturbante, non potevano certo mancare la musica e la letteratura, rappresentate in mostra dai nomi di John Cage e Samuel Beckett. Cage è presente con One, opera del 1992, film in versione integrale, in bianco e nero, senza soggetto, trama e attori. Un film, riprendendo le parole dello stesso Cage: “sugli effetti della luce in uno spazio vuoto”. Beckett non poteva certo mancare con il suo teatro dell’assurdo, ed è presente con Breath, la sua opera più breve (24 secondi) e l’unica senza neanche un attore, allestita per la Biennale da Daniela Thomas.
In un mondo in cui non si ha più tempo per osservare e per soffermarsi a riflettere, una Biennale che meraviglia e che attraverso l’impatto emotivo riporta lo spettatore alla realtà rivelandola da punti di vista nuovi rispetto a quelli abituali e proponendo una lettura diversa del mondo. Resta da chiedersi quale sia la vera realtà, se ne esiste una sola.
 

a cura di damaride d’andrea

Dal 15 settembre al 31 dicembre 2011
Biennale di Lione 2011 – Una terribile bellezza è nata
a cura di Victoria Noorthoorn
www.biennaledelyon.com
 
 
 
[exibart]

11 Commenti

  1. Mi sembra evidente una saturazione del linguaggio e una sovraproduzione di opere e artisti, ormai ridicola. Ma questo anche a Dublino e anche a Istanbul. Tra l’altro tra Lione e Istanbul solo due artiste italiane (favaretto e battaglia nata nel 1935) su centinaia di artisti. E a Lione nessun italiano invitato…mha…

    Ho la sensazione che da qualche anno, le opere e i format siano standard. Alla fine la vera materia delle opere è fatta di LUOGO e RELAZIONI. Non a caso a Dublino si sono materializzate opere di sei artisti italiani per via delle RELAZIONI privilegiate tra Jota Castro e il sistema italiano (napoletano?). Al posto dei nostri sei italiani potevano esserci altri 100, 1000 artisti stranieri, e non ci saremo resi conto dello scambio dei nomi. Forse siamo arrivati ad una sovraproduzione tale di opere ed artisti, che essere nella lista equivale ad abbracciare un clichè destinato ad illudere e deludere.

    Oltre ad un problema italiano (non esportiamo) c’è anche un problema internazionale sul linguaggio. Fondato direi sulla paura, sull’incapacità di osare, di mettersi in discussione.

  2. senti luca, sono anni che ti sento sparlare..basta please,
    fai le scoperte dell´acqua calda ogni volta..
    e´ ovvio che ci sono clan che lavorano per salvaguardare gli interessi del clan,
    ma e´ vero anche che tu partecipi a questo imbarazzante teatrino perche´pensi che l´arte debba essere discussa e giudicata in seduta stante, purtroppo lárte appartiene alla storia e solo ad essa, il resto sono chiacchere.
    non sarai certo tu o io o nessun altro a trasformare un opera dárte in un capolavoro.
    ogni periodo storico ha degli stilemi ben precisi non e´solo una questione di oggi, il contemporaneo non esiste.

  3. @Pinco: La Storia? Ma chi è la storia? Ma cosa stai dicendo? Queste frasi da intellettuale. La storia cosa? E’ una persona la storia? La storia può possedere? Ha diritto di possesso? Ma cosa dici?

    La storia viene definita da una certa capacità critica, dalla capacità di argomentare (tesi, antitesi, sintesi). L’arte non è il campo del relativismo dove alcuni intellettuali romantici, come te, vorrebbero sguazzare. Si può argomentare in modo oggettivo opera per opera, artista per artista. Poche storie……..

  4. “Il contemporaneo non esiste”
    l’arte intesa come giovane o vecchia non esiste, in arte non c’è progresso o attualità. Vi è solo la ricerca fatta dagli artisti, di chi riesce (se ci riesce) a ” ingabbiare un momento del reale”. Quello che tutti tentano di fare, riviste, artisti, curatori e profittatori a vario titolo, per isoliti interessi personali e commerciali e solo la messa in opera di una triste e illogica “sovrastruttura” che il tempo e la storia prima o dopo ridimensionerà. Ci resta solo l’invenzione di un pensiero non etichettabile come momento coincidente con il nostro momento “contemporaneo”.

    Cordialmente, Sandro Bongiani

  5. Bongiani, Bongiani…questa arrendevolezza romantica..”la storia lo ridimensionerà”….TU, NOI dobbiamo muoverci…! Non la storia che non esisterebbe senza mem te e gli altri…smettiamola con questo atteggiamento italiano di pensare sempre che qualcun’altro debba agire per noi….basta…

    La storia chi???? E’ una persona la storia???? Ma dai…

  6. Sarà pure Romanticismo ma l’illusione di cercare a tutti i costi la novità dalle proposte di una generazione per forza giovane in senso anagrafico è pura ingenuità o semplice follia. Le ciambelle non sempre sono col buco.

    Dobbiamo muoverci? Certo, credo che noi lo facciamo anche egregiamente, ma per carità non scambiamo “capre per cavoli” perché altrimenti si fa solo confusione e non si capisce più niente del nostro presente.

    La storia chi???? E’ una persona la storia????

    Si, caro Rossi, la storia siamo anche noi. La storia è la decantazione temporale degli eventi, rivisti e riletti in modo critico e non interessato come qualcuno tenta di fare.

    Tutto ciò è essenziale per una lettura appropriata e lucida di un dato momento temporale.
    E questo direi che non è cosa da poco, non credi?

  7. Luca Rossi,
    dopo aver tentato tanto e in vari campi, non ti resta che l’ippica.Essendo che i tempi sono questi,non c’è molta gente disposta a ridere del tuo voler far sapere che sai quotidiano.E allora il consueto “Ma va là” lo si deve leggermente modificare in “vai proprio là”. E finalmente sarai giunto alla meta.

  8. Il dramma è che critici, curatori, riviste e direttori si sono sostituiti agli artisti che in nome dei “soldi” e di possibili “bunga-bunga” hanno felicemente abdicato.
    Il “mercato” ha colpe relative in quanto fa il suo mestiere, “sporco”, ma pur sempre un mestiere antichissimo, antico, moderno, contemporaneo e futuribile.
    E’ tempo di BELLEZZA formale e concettuale di tecnica e studio. Basta con questi algidi e stitici propinatori di estetiche sociali, rivoluzionarie, di falsa denuncia quando poi per un proprio “lavoro” chiedono e/o fanno chiedere migliaia e migliaia di euro/dollari.Essere Arista è cosa diversa da voler essere giornalista di cronaca sociale. Amen

  9. Condivido in pieno con Bellezza e Sangue. Il mercato è dopato da falsi artisti e da curatori e critici che fanno di tutto per apparire più degli artisti stessi. L’arte rispecchia il tempo decadente in cui viviamo in cui l’apparire conta più che l’essere e il talento è qualcosa che non ha un valore. Vedo che la vera arte è sempre più fuori dai circuiti che contano.

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