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Icone della Santa Russia
Grazie alla collaborazione del Museo delle Icone “F. Bigazzi” di Peccioli (Pisa) le sale di Palazzo Agostinelli accolgono una sessantina di icone russe dell’Ottocento e del primo Novecento
Comunicato stampa
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SEGNI DELLA SANTA RUSSIA
Grazie alla collaborazione del Museo delle Icone “F. Bigazzi” di Peccioli (Pisa) le sale di Palazzo Agostinelli accolgono una sessantina di icone russe dell’Ottocento e del primo Novecento.
La proposta è certamente inattesa, perché, per quanto strano possa sembrare, i dipinti russi dei secoli più recenti hanno attirato l’attenzione degli studiosi solo da una ventina d’anni. Ad un più attento esame, infatti, questa produzione ha rivelato da un lato l’esistenza di un tenace nesso organico con le antiche tradizioni religiose ed artistiche sopravvissuto alla storia e parte fondante dell’identità nazionale. Sono opere che offrono la possibilità di conoscere vari aspetti della devozione privata e dell’arte sacra russa, dischiudendo una pagina poco nota del suo passato.
I modelli iconografici sono quelli dell’estetica bizantina, che aveva sapientemente forgiato nel tempo un linguaggio figurativo che trasfigurava l’aspetto visibile della realtà per meglio suggerire l’attesa della fede cristiana nella resurrezione e trasfigurazione in Cristo di tutto il creato; L’icona doveva essere l’apparizione del divino e non la sua illustrazione e pertanto i dogmi della fede dovevano essere tradotti in immagini da una rigorosa sintassi figurativa con la massima precisione.
Abbandonando l’immagine naturalistica, il pittore del sacro ricorreva ad una stilizzazione dell’immagine che, pur restando figurativa e storicamente verosimile, assumeva però un carattere particolare e misterioso perché, grazie all’efficacia dell’analogia simbolica, convincesse il fedele della sacralità della rappresentazione e del suo carattere trascendente ed eterno.
La stilizzazione permetteva inoltre all’immagine di superare una espressività troppo personale, a vantaggio di una maggiore universalità e unitarietà, dove il particolare si armonizzasse con l’insieme. Benché il linguaggio stilizzato sollecitasse l’artista a rinunciare alla personale soggettività, all’immediatezza espressiva ed anche alla piena paternità dell’opera (che, non a caso, raramente risultava firmata) non annullava mai e, anzi, esigeva ancor più il suo apporto personale di fede, di amore, di attenzione, che doveva contribuire a proporre un’opera formalmente e dogmaticamente perfetta.
La stilizzazione non era solo un elemento culturale, che dell’icona suggeriva l’epoca, la scuola, la provenienza, ma, grazie ad un’abile sapienza del segno, ad una misteriosa efficacia simbolica impressa anche nel gesto pittorico, collaborava a dar vita al contenuto dell’immagine sacra.
L’arte sacra si ispira alla Rivelazione, che in Cristo ha avuto la sua compiutezza, e pertanto nulla di nuovo le è necessario per esprimersi: essa porta ogni generazione a contemplare gli immutabili misteri della fede perché ogni fedele vi mediti possibilmente sempre più in profondità. Non è scopo dell’arte sacra mostrare sempre cose originali e mai prima viste. Sarà però inevitabile che artisti diversi, sia per livello spirituale sia per epoca storica, imprimano agli stessi soggetti un carattere diverso.
Queste rappresentazioni, dove i gesti hanno forza ieratica, i grandi occhi asimmetrici rivelano una luce interiore e attraversano ogni diaframma, le sagome assumono il valore di “colonna”, di fiamma”, di “albero”, trovano la propria efficacia nella replica in virtù di una particolare aderenza alla verità. Il modello diventa così patrimonio da custodire come preziosa eredità della fede della Chiesa.
L’icona diventa perciò arte dello sguardo che evoca una presenza, che fa visibile Dio invisibile in Cristo, che è il volto dei volti. Ripetuto nei secoli questo Volto si intravede anche nei tratti iconici dei santi, chiamati i “somigliantissimi”; ogni santo è un tipo ben definito e identificabile, ma è reso con grande sobrietà e scarsità di elementi naturalistici e ritrattistici in modo da lasciar cogliere il modello unico del nuovo Adamo cui essi si conformano e nel quale tutta l’umanità si riepiloga.
Nelle icone più venerate la Madonna è presentata nelle tipologie canoniche, ad esempio quella della Odighitria (Colei che mostra la via) e della Glicofilusa (Colei che ama con tenerezza), replicate in una serie infinita dove l’aderenza al prototipo conferiva una sorta di garanzia di autenticità. Questo rigido rispetto dei contenuti stilistici ed iconografici fu sancito dal concilio dei Cento Capitoli (Mosca, 1555) che impose ai pittori il più scrupoloso rispetto della tradizione iconografica. Dalla fine del XVIII secolo, tuttavia, la fedeltà tipologica comincia ad accompagnarsi ad una variante stilistica che preferisce avvalersi di tecniche chiaroscurali, evidentemente ispirate a modelli di gusto occidentale veicolati con ogni probabilità da stampe diffuse in Russia attraverso relazioni commerciali (Proficui scambi con l’impero russo erano ad esempio stati attivati dalla bassanese stamperia Remondini, che a Mosca alla fine del XVIII secolo contava ben tre corrispondenti).
L’icona continua però ad essere arricchita da una lastra d’argento lavorata a sbalzo, originariamente ideata per proteggere la tavola e creata nei laboratori monastici; dal XVII secolo venivano prodotte anche dai migliori orafi di Mosca per raggiungere la massima fortuna proprio nel XIX secolo con tutte le varianti consentite, quelle della riza, della bazma, della okhlad e della tsata.
Una sezione è dedicata ad una particolare scelta, databile tra la fine del XVIII e il XIX secolo, di oggetti in bronzo: croci, icone e polittici che furono prodotti in diverse botteghe della Russia fra il XV e il XX secolo e destinati alla devozione domestica.
Oggetti che sono il monumento della cultura materiale e spirituale della Russia.
Glossario
Bazma: cornice metallica con sbalzi a copertura laterale della tavola
Déesis: (in greco "supplica") composizione di santi in preghiera, generalmente distribuita su tre tavole, dove al centro appare il Cristo in trono, affiancato a sinistra dalla Madonna e a destra da San Giovanni Battista
Crisografia: lumeggiature in oro, simbolo della luce divina, realizzate a pennello sul dipinto
Iconostasi: parete coperta di icone che separa i fedeli dall'altare dove officia il sacerdote; tipicamente russa è la elaborazione a cinque ranghi
Mandylion: il sacro lino dove appare il volto di Cristo impresso miracolosamente sulla tela durante la salita al Calvario
Menologica: tipo di icona detta anche “delle dodici feste” che include in riquadri separati la rappresentazione tradizionale delle 12 feste sacre più importanti dell’anno liturgico.
Odighitria: (in greco Colei che indica la via”) intitolazione della Madonna che addita con la mano il Bambino alla venerazione dei fedeli
Okhlàd: copertura parziale dell'immagine in un unico pezzo che lascia intravedere almeno due terzi dell'immagine
Olifa: vernice protettiva della pittura che viene stesa come finitura sul dipinto
Pantokrator: (in greco Onnipotente) Tipo iconografico che presenta Cristo come Giudice Universale, rappresentato solitamente a mezza figura nell'atto di benedire con la mano destra, mentre nella sinistra regge la sacra scrittura.
Riza copertura metallica, generalmente in argento, posto a protezione della tavola lignea, ma spesso offerto in dono in segno di ringraziamento e di devozione.
Tzata: pettorale metallico a forma di mezzaluna applicato direttamente sull’icona oppure sulla riza
Grazie alla collaborazione del Museo delle Icone “F. Bigazzi” di Peccioli (Pisa) le sale di Palazzo Agostinelli accolgono una sessantina di icone russe dell’Ottocento e del primo Novecento.
La proposta è certamente inattesa, perché, per quanto strano possa sembrare, i dipinti russi dei secoli più recenti hanno attirato l’attenzione degli studiosi solo da una ventina d’anni. Ad un più attento esame, infatti, questa produzione ha rivelato da un lato l’esistenza di un tenace nesso organico con le antiche tradizioni religiose ed artistiche sopravvissuto alla storia e parte fondante dell’identità nazionale. Sono opere che offrono la possibilità di conoscere vari aspetti della devozione privata e dell’arte sacra russa, dischiudendo una pagina poco nota del suo passato.
I modelli iconografici sono quelli dell’estetica bizantina, che aveva sapientemente forgiato nel tempo un linguaggio figurativo che trasfigurava l’aspetto visibile della realtà per meglio suggerire l’attesa della fede cristiana nella resurrezione e trasfigurazione in Cristo di tutto il creato; L’icona doveva essere l’apparizione del divino e non la sua illustrazione e pertanto i dogmi della fede dovevano essere tradotti in immagini da una rigorosa sintassi figurativa con la massima precisione.
Abbandonando l’immagine naturalistica, il pittore del sacro ricorreva ad una stilizzazione dell’immagine che, pur restando figurativa e storicamente verosimile, assumeva però un carattere particolare e misterioso perché, grazie all’efficacia dell’analogia simbolica, convincesse il fedele della sacralità della rappresentazione e del suo carattere trascendente ed eterno.
La stilizzazione permetteva inoltre all’immagine di superare una espressività troppo personale, a vantaggio di una maggiore universalità e unitarietà, dove il particolare si armonizzasse con l’insieme. Benché il linguaggio stilizzato sollecitasse l’artista a rinunciare alla personale soggettività, all’immediatezza espressiva ed anche alla piena paternità dell’opera (che, non a caso, raramente risultava firmata) non annullava mai e, anzi, esigeva ancor più il suo apporto personale di fede, di amore, di attenzione, che doveva contribuire a proporre un’opera formalmente e dogmaticamente perfetta.
La stilizzazione non era solo un elemento culturale, che dell’icona suggeriva l’epoca, la scuola, la provenienza, ma, grazie ad un’abile sapienza del segno, ad una misteriosa efficacia simbolica impressa anche nel gesto pittorico, collaborava a dar vita al contenuto dell’immagine sacra.
L’arte sacra si ispira alla Rivelazione, che in Cristo ha avuto la sua compiutezza, e pertanto nulla di nuovo le è necessario per esprimersi: essa porta ogni generazione a contemplare gli immutabili misteri della fede perché ogni fedele vi mediti possibilmente sempre più in profondità. Non è scopo dell’arte sacra mostrare sempre cose originali e mai prima viste. Sarà però inevitabile che artisti diversi, sia per livello spirituale sia per epoca storica, imprimano agli stessi soggetti un carattere diverso.
Queste rappresentazioni, dove i gesti hanno forza ieratica, i grandi occhi asimmetrici rivelano una luce interiore e attraversano ogni diaframma, le sagome assumono il valore di “colonna”, di fiamma”, di “albero”, trovano la propria efficacia nella replica in virtù di una particolare aderenza alla verità. Il modello diventa così patrimonio da custodire come preziosa eredità della fede della Chiesa.
L’icona diventa perciò arte dello sguardo che evoca una presenza, che fa visibile Dio invisibile in Cristo, che è il volto dei volti. Ripetuto nei secoli questo Volto si intravede anche nei tratti iconici dei santi, chiamati i “somigliantissimi”; ogni santo è un tipo ben definito e identificabile, ma è reso con grande sobrietà e scarsità di elementi naturalistici e ritrattistici in modo da lasciar cogliere il modello unico del nuovo Adamo cui essi si conformano e nel quale tutta l’umanità si riepiloga.
Nelle icone più venerate la Madonna è presentata nelle tipologie canoniche, ad esempio quella della Odighitria (Colei che mostra la via) e della Glicofilusa (Colei che ama con tenerezza), replicate in una serie infinita dove l’aderenza al prototipo conferiva una sorta di garanzia di autenticità. Questo rigido rispetto dei contenuti stilistici ed iconografici fu sancito dal concilio dei Cento Capitoli (Mosca, 1555) che impose ai pittori il più scrupoloso rispetto della tradizione iconografica. Dalla fine del XVIII secolo, tuttavia, la fedeltà tipologica comincia ad accompagnarsi ad una variante stilistica che preferisce avvalersi di tecniche chiaroscurali, evidentemente ispirate a modelli di gusto occidentale veicolati con ogni probabilità da stampe diffuse in Russia attraverso relazioni commerciali (Proficui scambi con l’impero russo erano ad esempio stati attivati dalla bassanese stamperia Remondini, che a Mosca alla fine del XVIII secolo contava ben tre corrispondenti).
L’icona continua però ad essere arricchita da una lastra d’argento lavorata a sbalzo, originariamente ideata per proteggere la tavola e creata nei laboratori monastici; dal XVII secolo venivano prodotte anche dai migliori orafi di Mosca per raggiungere la massima fortuna proprio nel XIX secolo con tutte le varianti consentite, quelle della riza, della bazma, della okhlad e della tsata.
Una sezione è dedicata ad una particolare scelta, databile tra la fine del XVIII e il XIX secolo, di oggetti in bronzo: croci, icone e polittici che furono prodotti in diverse botteghe della Russia fra il XV e il XX secolo e destinati alla devozione domestica.
Oggetti che sono il monumento della cultura materiale e spirituale della Russia.
Glossario
Bazma: cornice metallica con sbalzi a copertura laterale della tavola
Déesis: (in greco "supplica") composizione di santi in preghiera, generalmente distribuita su tre tavole, dove al centro appare il Cristo in trono, affiancato a sinistra dalla Madonna e a destra da San Giovanni Battista
Crisografia: lumeggiature in oro, simbolo della luce divina, realizzate a pennello sul dipinto
Iconostasi: parete coperta di icone che separa i fedeli dall'altare dove officia il sacerdote; tipicamente russa è la elaborazione a cinque ranghi
Mandylion: il sacro lino dove appare il volto di Cristo impresso miracolosamente sulla tela durante la salita al Calvario
Menologica: tipo di icona detta anche “delle dodici feste” che include in riquadri separati la rappresentazione tradizionale delle 12 feste sacre più importanti dell’anno liturgico.
Odighitria: (in greco Colei che indica la via”) intitolazione della Madonna che addita con la mano il Bambino alla venerazione dei fedeli
Okhlàd: copertura parziale dell'immagine in un unico pezzo che lascia intravedere almeno due terzi dell'immagine
Olifa: vernice protettiva della pittura che viene stesa come finitura sul dipinto
Pantokrator: (in greco Onnipotente) Tipo iconografico che presenta Cristo come Giudice Universale, rappresentato solitamente a mezza figura nell'atto di benedire con la mano destra, mentre nella sinistra regge la sacra scrittura.
Riza copertura metallica, generalmente in argento, posto a protezione della tavola lignea, ma spesso offerto in dono in segno di ringraziamento e di devozione.
Tzata: pettorale metallico a forma di mezzaluna applicato direttamente sull’icona oppure sulla riza
29
novembre 2008
Icone della Santa Russia
Dal 29 novembre 2008 al 25 gennaio 2009
arte moderna
Location
PALAZZO AGOSTINELLI
Bassano Del Grappa, Via Barbieri, 34, (Vicenza)
Bassano Del Grappa, Via Barbieri, 34, (Vicenza)
Orario di apertura
da martedì a venerdì 15–19, sabato e domenica 10–12:30 e 15–19, al mattino aperto per gruppi e scolaresche su prenotazione, chiuso: 24, 25, 31 dicembre e 1 gennaio
Vernissage
29 Novembre 2008, ore 18.30