25 febbraio 2002

fino al 21.IV.2002 Chuck Close – ritratti Roma, American Academy

 
Lui ha sempre preferito chiamarli ‘teste’. Di sé stesso, degli amici, dei familiari, Chuck Close non ritrae che il viso, spingendosi ben poco oltre il collo. Quel reticolato inconfondibile scompone e ricompone la superficie dei volti, sintetizza e dilata i tratti...

di

Inizia con una o con tante fotografie, Chuck Close(Monroe, 1940): tra quelle immagini nitide del modello e il volto parcellizzato in migliaia di tessere – sorprendentemente astratto, secondo un’affermazione dell’artista stesso – che è l’opera finita, c’è un periodo molto lungo – anche un anno – ed un procedimento rigoroso. Chuck Close, John 1997
Una griglia scompone la foto, una tecnica di riporto rubata all’antico per riprodurre il volto sul supporto, esattamente come è stato fermato al momento dello scatto; il reticolato sembra disciplinare l’individualità dei tratti: la forma di occhi, sopracciglia, naso, l’inclinazione della bocca – tutto quel caratterizza, rende riconoscibile un viso – si traduce in una serie di segmenti, di linee curve, distribuiti tra le coordinate delle ‘maglie’, ad ogni quadratino corrisponde una piccola parte.
Il tutto, il ritratto, la testa, si ricompone alla fine e sembra contemporaneamente un microcosmo nitido ed una mappa inquietante.
picpìHa sempre dipinto ritratti, Chuck Close, il suo e quello di amici e componenti della sua famiglia (non accetta mai commissioni), frammentando i volti e risaldando ogni tassello. Il meccanismo è semplice: una quadrettatura che è stretta, invisibile nelle opere d’esordio (fine anni ’60) e fino a metà degli anni Ottanta, quando il reticolato si allarga e la superficie pare pullulare di tessere. Al monocromo, l’artista ha sostituito colori accesi, accostati in modo da creare contrasto: un sorprendente effetto, a cui oggi assoceremmo senza problemi il termine digitale.
Adesso dipinge grazie ad uno strumento che lega il pennello all’avambraccio destro: nel 1988 una malattia lo ha semiparalizzato, ma lui, con determinazione e disciplina, sembra aver avuto la meglio. Ha ricominciato ad utilizzare i colori ad olio, ha sperimentato le tecniche incisorie, la carta fatta a mano, gli arazzi; la griglia, dilatata, sembra pulsare: l’impressione è di essere troppo vicini, di avventurarsi oltre la superficie del volto.
Chuck Close Alex (Katz) 1993In mostra presso l’American Academy – dove nel 1996 Close è stato Resident Artist – una selezione di opere grafiche, un arazzo in seta (Phil Tapestry 1991) ed un tappeto tessuto a mano su lino (Lucas Rug1993): pose per lo più frontali, sguardi diritti che attraversano il vuoto e le maglie del reticolato che da quadrati, diventano simili a gocce, o a tasselli irregolari, come nelle opere realizzate in carta fatta a mano, dove l’immagine sfoca in un morbido impasto di grigio.

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maria cristina bastante


Chuck Close – Ritratti
American Academy in Rome via A. Masina 5, 0658461, mar_ven 11-13/14-19 sab_dom 11-18 ch lun
Ingresso libero, catalogo con un saggio di Linda Blumberg


[exibart]

5 Commenti

  1. Ho visto in tv, non ricordo che programma, un piccolo special su Chuck Close e mi ha interessata una frase, oltre alle immagini…che più o meno diceva che in base alle rughe dei volti si puo’ capire come ha vissuto la persona. Molto interessante!

  2. le mostre alla American sono davvero tutte centrate. Peccato però che questa volta si sia scelto (o si sia stati costretti?) di non inserire in mostra neppure un quadro. Nulla contro la grafica numerata, però…

  3. Gent.le sig.ra Carlotta pare che il futuro delle persone il mago Do Nascimiento lo veda dalle mani,il mago di Arcella dai fondi di caffé,il mago di Tobruk dalle carte.
    Io più modestamente dalle sue parole:come “commentatrice”futuro non ne ha.
    In verità neanche un presente.
    Saluti.

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