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Stefano Pelle / Vito Pollio / Mimmo Sforza
Dopo la pausa estiva torna la galleria Adsum, che nella scorsa stagione è stata luogo di frequentazione di artisti e di cultori d’arte del territorio del Nord barese: segno questo di interessi diffusi che hanno individuato nelle mostre effettuate, pur con discontinuità di livelli e i
Comunicato stampa
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I protagonisti della rassegna sono Stefano Pelle, Vito Pollio, Mimmo Sforza.
Stefano Pelle è un artigiano artista che da decenni coltiva la cultura e il bello sia nell’operatività impegnata nel sociale – è stato tra l’altro responsabile dello spazio espositivo del teatro Curci a Barletta, in cui è residente – sia nella creatività più varia: dalla plastica con argilla alla pittura, fino al bricolage. Qui si presenta con un ciclo di lavori con ritagli di carta colorata giustapposti o mescolati per offrire allo sguardo del fruitore un grande senso di mobilità leggera e ariosa. Inevitabilmente vengono in mente i lavori di strappo degli anni ’60 del francese Raymond Hains e soprattutto dell’italiano Mimmo Rotella. Entrambi usarono la tecnica del decollage. Ma in questi, pur vicini o affini alla cultura pop nel privilegiare icone dell’immaginario di massa, prevale il “gesto” dello strappo e ristrappo come affermazione individuale che, specialmente nel secondo, salva e conserva la riconoscibilità delle figure. In Pelle invece i ritagli non fanno ad immagini precedenti e “volano” nell’aria come frammenti astratti di colori con un effetto di gioiosa coriandolata..e se c’è un riferimento, chiaramente è al Calvino delle “lezioni americane”, in cui il nostro scrittore additava nella “leggerezza” l’imminente poetica di fondo del duemila. Poetica d’altronde presente in alcune artiste della nuova Cina come Yayoj Kusama che gioca con quantità enorme e pulviscolare di frammenti colorati sospesi nell’aria di uno spazio definito.
La pittura di Vito Pollio è apparentemente infantile e semplicistica, ma in realtà complessa e multistratificata, di sicuro inconsciamente stratificata: dai futuristi italiani ai grandi moralisti messicani, dai dadaisti ai grafici dei manga..fino ai pupazzetti mostruosetti dei film di animazione giapponese che sono svago e nutrimento delle nuove generazione televisive. Tutto si compone in un linguaggio personale, erotico e violento, alcune volte da gioco sarcastico, altre volte come denuncia drammatica. Ogni scena è una lotta esplicita e fisica o implicita e psicologico – gestuale perché al centro c’è sempre il denaro e il suo potere sugli altri per cui l’unica legge è quella della sopraffazione bestiale dietro l’apparenza della persona umana, che per l’occasione si altera e si deforma in mostruosità oscena e repellente. Arte scoiale? Arte impegnata? Forse involontariamente si, ma senza retorica tradizionale, anzi epsressionisticamente nuova e contemporanea. Solo talvolta si placa il ‘furor’ materico delle pennellate pastose e grumose di colori scuri e terrosi, come in quel suo autoritratto, che è un saggio di bravura tecnica e di introspezione interiore.
Nella scelta della grande tradizione classica dell’uomo e del suo essere in una determinata situazione storica va collocata la pittura anch’essa ‘tradizionale’ di Mimmo Sforza. Dicevo ‘tradizionale’, ma si potrebbe anche dire all’opposto decisamente ‘controccorrente’ o ‘eretica’ nei confronti del dominio contemporaneo di forme espressive tecnologiche quali la fotografia, il video o l’informatica. La pittura – pittura del Nostro è memore del tonalismo dei veneti rinascimentali e della “Scuola Romana” del secolo scorso, della matericità degli impressionisti e degli informali, nonché della gestualità dell’action painting. Tutte queste tecniche sono funzionali alla rappresentazione della ‘condizione umana’. Non a caso Sforza è un grande ammiratore di Francio Bacon, ma ne respinge le estreme deformazioni esasperate e spesso truculente, mettendo in luce invece una contenuta ma autentica e profonda solitudine esistenziale in una società alienata. In ogni opera è presente una sola figura umana in un ambiente straniato e intenta ad un lavoro non gratificante, ma necessario e obbligatorio come tale diventa anche per un manager di una multinazionale..ma tutti inchiodati ad una condizione di oggetto e giammai di soggetto! Se c’è un riferimento immediato è all’americano Edward Hopper, le cui opere sono una figurazione dell’alienazione urbana, mentre in quelle di Sforza l’alienazione è globale. Dov’è l’uomo artefice e creatore del sogno umanistico?
Stefano Pelle è un artigiano artista che da decenni coltiva la cultura e il bello sia nell’operatività impegnata nel sociale – è stato tra l’altro responsabile dello spazio espositivo del teatro Curci a Barletta, in cui è residente – sia nella creatività più varia: dalla plastica con argilla alla pittura, fino al bricolage. Qui si presenta con un ciclo di lavori con ritagli di carta colorata giustapposti o mescolati per offrire allo sguardo del fruitore un grande senso di mobilità leggera e ariosa. Inevitabilmente vengono in mente i lavori di strappo degli anni ’60 del francese Raymond Hains e soprattutto dell’italiano Mimmo Rotella. Entrambi usarono la tecnica del decollage. Ma in questi, pur vicini o affini alla cultura pop nel privilegiare icone dell’immaginario di massa, prevale il “gesto” dello strappo e ristrappo come affermazione individuale che, specialmente nel secondo, salva e conserva la riconoscibilità delle figure. In Pelle invece i ritagli non fanno ad immagini precedenti e “volano” nell’aria come frammenti astratti di colori con un effetto di gioiosa coriandolata..e se c’è un riferimento, chiaramente è al Calvino delle “lezioni americane”, in cui il nostro scrittore additava nella “leggerezza” l’imminente poetica di fondo del duemila. Poetica d’altronde presente in alcune artiste della nuova Cina come Yayoj Kusama che gioca con quantità enorme e pulviscolare di frammenti colorati sospesi nell’aria di uno spazio definito.
La pittura di Vito Pollio è apparentemente infantile e semplicistica, ma in realtà complessa e multistratificata, di sicuro inconsciamente stratificata: dai futuristi italiani ai grandi moralisti messicani, dai dadaisti ai grafici dei manga..fino ai pupazzetti mostruosetti dei film di animazione giapponese che sono svago e nutrimento delle nuove generazione televisive. Tutto si compone in un linguaggio personale, erotico e violento, alcune volte da gioco sarcastico, altre volte come denuncia drammatica. Ogni scena è una lotta esplicita e fisica o implicita e psicologico – gestuale perché al centro c’è sempre il denaro e il suo potere sugli altri per cui l’unica legge è quella della sopraffazione bestiale dietro l’apparenza della persona umana, che per l’occasione si altera e si deforma in mostruosità oscena e repellente. Arte scoiale? Arte impegnata? Forse involontariamente si, ma senza retorica tradizionale, anzi epsressionisticamente nuova e contemporanea. Solo talvolta si placa il ‘furor’ materico delle pennellate pastose e grumose di colori scuri e terrosi, come in quel suo autoritratto, che è un saggio di bravura tecnica e di introspezione interiore.
Nella scelta della grande tradizione classica dell’uomo e del suo essere in una determinata situazione storica va collocata la pittura anch’essa ‘tradizionale’ di Mimmo Sforza. Dicevo ‘tradizionale’, ma si potrebbe anche dire all’opposto decisamente ‘controccorrente’ o ‘eretica’ nei confronti del dominio contemporaneo di forme espressive tecnologiche quali la fotografia, il video o l’informatica. La pittura – pittura del Nostro è memore del tonalismo dei veneti rinascimentali e della “Scuola Romana” del secolo scorso, della matericità degli impressionisti e degli informali, nonché della gestualità dell’action painting. Tutte queste tecniche sono funzionali alla rappresentazione della ‘condizione umana’. Non a caso Sforza è un grande ammiratore di Francio Bacon, ma ne respinge le estreme deformazioni esasperate e spesso truculente, mettendo in luce invece una contenuta ma autentica e profonda solitudine esistenziale in una società alienata. In ogni opera è presente una sola figura umana in un ambiente straniato e intenta ad un lavoro non gratificante, ma necessario e obbligatorio come tale diventa anche per un manager di una multinazionale..ma tutti inchiodati ad una condizione di oggetto e giammai di soggetto! Se c’è un riferimento immediato è all’americano Edward Hopper, le cui opere sono una figurazione dell’alienazione urbana, mentre in quelle di Sforza l’alienazione è globale. Dov’è l’uomo artefice e creatore del sogno umanistico?
22
novembre 2008
Stefano Pelle / Vito Pollio / Mimmo Sforza
Dal 22 novembre al 13 dicembre 2008
arte contemporanea
Location
ADSUM ARTECONTEMPORANEA
Terlizzi, Via Guglielmo Marconi, 5, (Bari)
Terlizzi, Via Guglielmo Marconi, 5, (Bari)
Orario di apertura
tutti i giorni ore 17,30 - 20,30
Vernissage
22 Novembre 2008, ore 19
Autore