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Alfonso Borghi
Alfonso Borghi: demiurgo di materia e sentimento e da questo stesso sentimento travolto. Alfonso incontra il mito e il mito riconosce Alfonso come il suo Dio. Un dio bambino dall’inesauribile entusiasmo.
Comunicato stampa
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Mito: origine dell’uomo e dall’uomo stesso partorito e raccontato. Alfonso Borghi: demiurgo di materia e sentimento e da questo stesso sentimento travolto. Alfonso incontra il mito e il mito riconosce Alfonso come il suo Dio. Un dio bambino dall’inesauribile entusiasmo. Quasi insostenibile per i comuni mortali abituati a tirare avanti per necessità o diletto, nati bambini e diventati vecchi senza mai crescere. Un dio creatore il cui incipit violento e spontaneo – la spatolata di materia - prelude al gesto commosso e attento del pittore: è un padre che dopo l’impeto del rimprovero cura con amore il ginocchio sbucciato del figlio monello.
Le sue opere respirano in totale autonomia, l’energia ricevuta da ogni singolo tocco dell’artista è infatti potente antidoto alla morte. Il mito sorride: non prevede la propria morte. Vuole la mutazione, la trasformazione dolorosa – Aracne in ragno, Dafne in ulivo – la crudeltà della perdita ma non anela quasi mai alla morte. Il mito cerca il coraggioso, l’audace per poi, a volte, punirlo per aver osato troppo. Spesso accade che l’uomo ardito ma incauto e oltremodo sicuro di sé – Prometeo – subisca una pena eterna – le interiora divorate dall’aquila – ovvero un’azione atta a ripetersi all’infinito.
Anche Borghi viene punito dalla sua stessa arte, non per superbia, piuttosto perché non immune da invidia altrui: come infatti gli dei dell’Olimpo sono tanto umani da invidiare le qualità dell’uomo stesso, così l’arte invidia ad Alfonso l’entusiasmo che l’esperienza (l’esordio post-impressionista, il confronto con le avanguardie del Novecento, la predilezione surrealista e l’approdo al neo-informale) non è riuscita a spegnere.
Borghi vince sulla propria esperienza – di solito l’artista all’esperienza soccombe o con essa convive in una continua, ma ormai sterile, identificazione – e per questo viene punito: mai e poi mai potrà smettere di creare, mai e poi mai interromperà la moltiplicazione delle tecniche e dei materiali. Sabbia, pomice, segatura, listelli di legno, pietre colorate, paglia, sacchi di juta, foglie d’oro e d’argento… un elenco facile e troppo lungo.
Come è possibile che la quint’essenza dell’arte di Borghi – la forza dell’intenzione tradotta nel perfetto equilibrio della materia - non naufraghi sommersa dalla quantità? Solo osservando ogni singolo gesto del Borghi creatore si può comprendere il segreto della sua arte, il segreto della quint’essenza. Non ci si illuda: comprendere un segreto non significa essere in grado di rivelarlo. Guardare Alfonso Borghi mentre dona la vita… anzi, mentre riporta in vita la materia, equivale ad affrontare un vulcano che si risveglia: lascia ammutoliti, incapaci di qualsivoglia rivelazione.
Le sue opere respirano in totale autonomia, l’energia ricevuta da ogni singolo tocco dell’artista è infatti potente antidoto alla morte. Il mito sorride: non prevede la propria morte. Vuole la mutazione, la trasformazione dolorosa – Aracne in ragno, Dafne in ulivo – la crudeltà della perdita ma non anela quasi mai alla morte. Il mito cerca il coraggioso, l’audace per poi, a volte, punirlo per aver osato troppo. Spesso accade che l’uomo ardito ma incauto e oltremodo sicuro di sé – Prometeo – subisca una pena eterna – le interiora divorate dall’aquila – ovvero un’azione atta a ripetersi all’infinito.
Anche Borghi viene punito dalla sua stessa arte, non per superbia, piuttosto perché non immune da invidia altrui: come infatti gli dei dell’Olimpo sono tanto umani da invidiare le qualità dell’uomo stesso, così l’arte invidia ad Alfonso l’entusiasmo che l’esperienza (l’esordio post-impressionista, il confronto con le avanguardie del Novecento, la predilezione surrealista e l’approdo al neo-informale) non è riuscita a spegnere.
Borghi vince sulla propria esperienza – di solito l’artista all’esperienza soccombe o con essa convive in una continua, ma ormai sterile, identificazione – e per questo viene punito: mai e poi mai potrà smettere di creare, mai e poi mai interromperà la moltiplicazione delle tecniche e dei materiali. Sabbia, pomice, segatura, listelli di legno, pietre colorate, paglia, sacchi di juta, foglie d’oro e d’argento… un elenco facile e troppo lungo.
Come è possibile che la quint’essenza dell’arte di Borghi – la forza dell’intenzione tradotta nel perfetto equilibrio della materia - non naufraghi sommersa dalla quantità? Solo osservando ogni singolo gesto del Borghi creatore si può comprendere il segreto della sua arte, il segreto della quint’essenza. Non ci si illuda: comprendere un segreto non significa essere in grado di rivelarlo. Guardare Alfonso Borghi mentre dona la vita… anzi, mentre riporta in vita la materia, equivale ad affrontare un vulcano che si risveglia: lascia ammutoliti, incapaci di qualsivoglia rivelazione.
08
novembre 2008
Alfonso Borghi
Dall'otto novembre all'otto dicembre 2008
arte contemporanea
Location
IL DIVANO DI GEORGE
Modena, Via Bonacorsa, 8A, (Modena)
Modena, Via Bonacorsa, 8A, (Modena)
Vernissage
8 Novembre 2008, dalle 18.00 alle 20.30
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