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Jean Odermatt / Silvio Wolf – Immagini dell’invisibile
La mostra mette in dialogo due artisti: l’uno svizzero e l’altro italiano, articolandosi attorno a due topoi omonimamente e metaforicamente simili. Uno la claustra del Gottardo (ex bunker dell’esercito svizzero), l’altro il caveau dell’ex Banca del Gottardo, ora BSI, progettato dall’arch. Mario Botta. Esplorazione mitico-poetica che dalle profondità giunge alla sommità suggestiva del cielo.
Comunicato stampa
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La mostra di arte contemporanea “Immagini dell’invisibile. Jean Odermatt - Silvio Wolf”, a cura di Domenico Lucchini, mette in dialogo due artisti: l’uno svizzero (Jean Odermatt) e l’altro italiano (Silvio Wolf), articolandosi attorno a due topoi omonimamente e metaforicamente simili. Uno la claustra del Gottardo (ex bunker dell’esercito svizzero), l’altro il caveau dell’ex-Banca del Gottardo, ora banca BSI, progettato dall’architetto Mario Botta. Esplorazione mitico-poietica che dalle profondità giunge alla sommità suggestiva del cielo.
Il titolo di questa mostra è il punto d’avvio per uno sguardo su due orizzonti dell’esperienza e dell’arte di due fotografi ma non solo, Jean Odermatt e Silvio Wolf, che eccedono le forme della rappresentazione e, senza perdersi in opere e ombre evanescenti, si radicano nei processi simbolici della nostra sensibilità e dei suoi oggetti.
Jean Odermatt, di formazione sociologo, da 25 anni ha fatto del massiccio del San Gottardo, posto al centro delle Alpi e “tetto d’Europa”, il soggetto di una ricerca personale nella quale ha riversato strategie e tecniche artistiche che fan parte del suo bagaglio culturale: dalla fotografia, alla performance, alla land art, all’happening al teatro sperimentale.
Dall’alto della sua cittadella, la Claustra, sorta di monastero post moderno, ricavata dall’ex ridotto mai più utilizzato dell’esercito svizzero, Odermatt ha osservato e esplorato meticolosamente per un quarto di secolo, i mutamenti di questo paesaggio e territorio di confine, allo stesso tempo punto di incontro e di separazione dove convergono lingue e culture diverse, dove nascono i fiumi che si dirigono verso i quattro punti cardinali, dove le masse d’aria si scontrano l’una con l’altra.
Del suo composito progetto fanno parte un’infinita sequenza di scatti fotografici, a tutt’oggi un archivio di circa duecentocinquantamila immagini, chiosate spesso da brani tratti da diari arricchiti di riferimenti letterari, di memorie di vita vissuta, appunti di viaggio. Una paziente composizione nel tempo, una grande banca dati di immagini con cui Odermatt, nell’era della tecnologia e della comunicazione di massa, si interroga sul rapporto dell’uomo con la natura, con lo spazio vissuto come campo d’azione, luogo di eventi ma anche di ricordi, di tradizioni, leggende, sogno di ricostruzione di una memoria collettiva (“Sentiero di sogno” era intitolata una sua mostra realizzata nel 2003 dalla Galleria Gottardo di Lugano).
Luogo topico, ma in fondo anche “non luogo” in cui tramite il mezzo fotografico, Odermatt osserva l’aspetto esteriore della terra o del cielo, ma anche quello intimo, le sue viscere, facendolo apparire come organismo vivente nella sua mutevolezza nel corso del tempo, delle condizioni atmosferiche e della luce.
L’opera presentata a Roma è composta da una sorta di banco ottico che, come un libro, viene aperto lasciando scoprire sue fotografie di nuvole accompagnate da testi e commenti.
Jean Odermatt è nato a Lucerna nel 1948. Vive a Castagnola (Lugano).
Ha studiato letteratura tedesca e francese e si è laureato in sociologia ed etnologia all’Università di Zurigo. In seguito ha frequentato la London School of Radical Theatre di Londra e la Scuola d’arte Farbe&Form di Zurigo.
Sue mostre e happening sono state realizzate in Svizzera e all’estero. Ha realizzato diversi film e opere multimediali.
Attualmente è direttore del Laboratorio Cultura Visiva presso l’Università Professionale della Svizzera Italiana di Lugano (SUPSI).
Il titolo di questa mostra è il punto d’avvio per uno sguardo su due orizzonti dell’esperienza e dell’arte di due fotografi ma non solo, Jean Odermatt e Silvio Wolf, che eccedono le forme della rappresentazione e, senza perdersi in opere e ombre evanescenti, si radicano nei processi simbolici della nostra sensibilità e dei suoi oggetti.
Jean Odermatt, di formazione sociologo, da 25 anni ha fatto del massiccio del San Gottardo, posto al centro delle Alpi e “tetto d’Europa”, il soggetto di una ricerca personale nella quale ha riversato strategie e tecniche artistiche che fan parte del suo bagaglio culturale: dalla fotografia, alla performance, alla land art, all’happening al teatro sperimentale.
Dall’alto della sua cittadella, la Claustra, sorta di monastero post moderno, ricavata dall’ex ridotto mai più utilizzato dell’esercito svizzero, Odermatt ha osservato e esplorato meticolosamente per un quarto di secolo, i mutamenti di questo paesaggio e territorio di confine, allo stesso tempo punto di incontro e di separazione dove convergono lingue e culture diverse, dove nascono i fiumi che si dirigono verso i quattro punti cardinali, dove le masse d’aria si scontrano l’una con l’altra.
Del suo composito progetto fanno parte un’infinita sequenza di scatti fotografici, a tutt’oggi un archivio di circa duecentocinquantamila immagini, chiosate spesso da brani tratti da diari arricchiti di riferimenti letterari, di memorie di vita vissuta, appunti di viaggio. Una paziente composizione nel tempo, una grande banca dati di immagini con cui Odermatt, nell’era della tecnologia e della comunicazione di massa, si interroga sul rapporto dell’uomo con la natura, con lo spazio vissuto come campo d’azione, luogo di eventi ma anche di ricordi, di tradizioni, leggende, sogno di ricostruzione di una memoria collettiva (“Sentiero di sogno” era intitolata una sua mostra realizzata nel 2003 dalla Galleria Gottardo di Lugano).
Luogo topico, ma in fondo anche “non luogo” in cui tramite il mezzo fotografico, Odermatt osserva l’aspetto esteriore della terra o del cielo, ma anche quello intimo, le sue viscere, facendolo apparire come organismo vivente nella sua mutevolezza nel corso del tempo, delle condizioni atmosferiche e della luce.
L’opera presentata a Roma è composta da una sorta di banco ottico che, come un libro, viene aperto lasciando scoprire sue fotografie di nuvole accompagnate da testi e commenti.
Jean Odermatt è nato a Lucerna nel 1948. Vive a Castagnola (Lugano).
Ha studiato letteratura tedesca e francese e si è laureato in sociologia ed etnologia all’Università di Zurigo. In seguito ha frequentato la London School of Radical Theatre di Londra e la Scuola d’arte Farbe&Form di Zurigo.
Sue mostre e happening sono state realizzate in Svizzera e all’estero. Ha realizzato diversi film e opere multimediali.
Attualmente è direttore del Laboratorio Cultura Visiva presso l’Università Professionale della Svizzera Italiana di Lugano (SUPSI).
09
ottobre 2008
Jean Odermatt / Silvio Wolf – Immagini dell’invisibile
Dal 09 ottobre al 13 dicembre 2008
fotografia
Location
ISTITUTO SVIZZERO DI ROMA – SEDE DI VENEZIA
Venezia, Campo Santa Agnese (Dorsoduro), 810, (VENEZIA)
Venezia, Campo Santa Agnese (Dorsoduro), 810, (VENEZIA)
Orario di apertura
lunedì - venerdì 11.00 -13.00/15.00-18.00, sabato 14.00-18.00
Chiuso domenica e festivi.
Vernissage
9 Ottobre 2008, ore 19.00 alla presenza degli artisti e del curatore
Autore
Curatore