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Altari mediterranei: Luigi Camarilla
Le Feste Musicali Jacopee, manifestazioni spirituali e culturali in occasione della Festa di san Giacomo inizieranno con l’apertura della mostra-installazione Altari mediterranei di Luigi Camarilla, introdotta dal prof. Guglielmo de Giovanni-Centelles, della Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere
Comunicato stampa
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Le Feste Musicali Jacopee, manifestazioni spirituali e culturali in occasione della Festa di san Giacomo presso la Basilica di San Giacomo in Augusta di Roma, avranno inizio domenica 13 luglio 2008 alle ore 17:00 con l’apertura della mostra-installazione Altari mediterranei di Luigi Camarilla, introdotta dal prof. Guglielmo de Giovanni-Centelles, della Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere.
Dell’opera di Camarilla ha scritto Vincenzo Consolo:
«Isola è il termine d’ogni viaggio, meta della più grande via per cui ha navigato la civiltà. È anelito e approdo, l’isola, remissione d’ogni incertezza, pena, è uperamento, scoperta, inizio della conoscenza. Ma isola è anche sosta breve, attesa, pausa in cui rinasce la fantasia dell’ignoto, il bisogno di varcare il limite, sondare nuove dimensioni. È metafora di questo nostro mondo: scoglio nella vastità del mare, granello nell’infinito spazio: grembo materno, schermo, siepe oltre la quale si fingono «interminati spazi e sovrumani silenzi».
In un’isola di fuoco, di ceneri e di lave, nell’eolico Stromboli di primordiale e minacciosa natura, di umile strenua misura umana, approda un giorno un ulisside in fuga dall’urbano labirinto d’ansia e smarrimento, nell’assillo di un intimo subbuglio, nel dolore d’un richiamo inascoltato. È un nostos l’approdo a Stromboli dell’artista Luigi Camarilla, un ritorno alle origini, alla memoria isolana, un necessario regressus nella profondità dell’esistenza e dell’anima. In questo stadio, placata l’ansia, nello spazio libero d’ogni segno di distorsione, inganno, nell’assoluta realtà del paesaggio «La sintesi del mondo era tutta là: cielo mare terra e fuoco» nella nuda verità empedoclea, il moderno naufrago ricomincia a pronunziare nuove parole, incidere nuovi segni, organizzare nuove frasi, svolgere uno straordinario racconto.
Costruisce, l’artista, un materico e poetico poema narrativo, un cammino verso il fuoco più alto scandito per trentadue stazioni, soste di contemplazione e conoscenza […] è una prodigiosa ascesi per icone, tabernacoli, tavole, retablos, gonfaloni di materiali nobili e luminosi – erosi relitti di barche, fichidindia fiammanti, pomici, ossidiane e azzurri di cobalto, rossi di granato, verdi di smeraldo… E apparizioni dell’isola di fuoco vagante in mare come le mitiche Simplegadi, cieli notturni in cui palpita un cuore di luna. Nell’ascesi si giunge quindi all’Altare dei quattro venti o a quello della Concentrazione: altari o preghiere oggettivate, macchine di preghiere che il vento muove come quelle dei monaci tibetani.
Il cammino finisce con le stazioni delle Invocazioni, del desiderio estremo, della contemplazione di notti profonde, dei cieli sereni dove l’eterna Luna dei poeti spande la sua tenera grazia, la sua luminosa quiete.»
Dell’opera di Camarilla ha scritto Vincenzo Consolo:
«Isola è il termine d’ogni viaggio, meta della più grande via per cui ha navigato la civiltà. È anelito e approdo, l’isola, remissione d’ogni incertezza, pena, è uperamento, scoperta, inizio della conoscenza. Ma isola è anche sosta breve, attesa, pausa in cui rinasce la fantasia dell’ignoto, il bisogno di varcare il limite, sondare nuove dimensioni. È metafora di questo nostro mondo: scoglio nella vastità del mare, granello nell’infinito spazio: grembo materno, schermo, siepe oltre la quale si fingono «interminati spazi e sovrumani silenzi».
In un’isola di fuoco, di ceneri e di lave, nell’eolico Stromboli di primordiale e minacciosa natura, di umile strenua misura umana, approda un giorno un ulisside in fuga dall’urbano labirinto d’ansia e smarrimento, nell’assillo di un intimo subbuglio, nel dolore d’un richiamo inascoltato. È un nostos l’approdo a Stromboli dell’artista Luigi Camarilla, un ritorno alle origini, alla memoria isolana, un necessario regressus nella profondità dell’esistenza e dell’anima. In questo stadio, placata l’ansia, nello spazio libero d’ogni segno di distorsione, inganno, nell’assoluta realtà del paesaggio «La sintesi del mondo era tutta là: cielo mare terra e fuoco» nella nuda verità empedoclea, il moderno naufrago ricomincia a pronunziare nuove parole, incidere nuovi segni, organizzare nuove frasi, svolgere uno straordinario racconto.
Costruisce, l’artista, un materico e poetico poema narrativo, un cammino verso il fuoco più alto scandito per trentadue stazioni, soste di contemplazione e conoscenza […] è una prodigiosa ascesi per icone, tabernacoli, tavole, retablos, gonfaloni di materiali nobili e luminosi – erosi relitti di barche, fichidindia fiammanti, pomici, ossidiane e azzurri di cobalto, rossi di granato, verdi di smeraldo… E apparizioni dell’isola di fuoco vagante in mare come le mitiche Simplegadi, cieli notturni in cui palpita un cuore di luna. Nell’ascesi si giunge quindi all’Altare dei quattro venti o a quello della Concentrazione: altari o preghiere oggettivate, macchine di preghiere che il vento muove come quelle dei monaci tibetani.
Il cammino finisce con le stazioni delle Invocazioni, del desiderio estremo, della contemplazione di notti profonde, dei cieli sereni dove l’eterna Luna dei poeti spande la sua tenera grazia, la sua luminosa quiete.»
13
luglio 2008
Altari mediterranei: Luigi Camarilla
Dal 13 al 25 luglio 2008
arte contemporanea
Location
BASILICA DI SAN GIACOMO IN AUGUSTA
Roma, Via Del Corso, 499, (Roma)
Roma, Via Del Corso, 499, (Roma)
Orario di apertura
8:30 – 12:00 e 16:30 – 19:15
Vernissage
13 Luglio 2008, ore 17:00
Sito web
www.luigicamarilla.it
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