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Il mio nome è nessuno. Incantamento,stupore e bellezza nell’arte dei semplici
Una rassegna di pittori così detti naive, ribattezzati “semplici”. La mostra si presenta anche, e con notevole decisione, come gesto perentorio, estetico e politico. Contrastando un’idea performativa e banalmente provocatoria dell’arte italiana degli ultimi decenni.
Comunicato stampa
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Esordisce il 5 luglio prossimo, a Domodossola, nella superba sede di Palazzo Silva, una mostra destinata a cambiare i confini dell'arte contemporanea. Si chiama !l mio nome è Nessuno, e possiede un sottotesto disarmante, esplicativo: Incantamento, stupore e bellezza nell'arte dei semplici.
Fino al 21 settembre si potrà assistere a una rassegna di pittori così detti naive, ribattezzati "semplici". La mostra si presenta anche, e con notevole decisione, come gesto perentorio, estetico e politico. Contrastando un'idea performativa e banalmente provocatoria dell'arte italiana degli ultimi decenni. Riscoprendo i valori del sogno rispetto a quelli del mercato, il desiderio in favore del glamour. Così questi artisti, "simili a spettri o a eroi delle favole, ci mostrano la fiamma sempiterna e primitiva dell'arte: il suo potere suggestivo, conturbante, mitologico. Ci sono gesti nostalgici,intimi, preziosi, per nulla omologati, di gente ai bordi della storia, fuori dal mondo, che proprio per questo conquista il perno del mondo, il suo più remoto segreto". La mostra è curata da Marcovinicio, ed è mediata da un catalogo programmatico con testi di Davide Brullo e di Silvia Pacassoni edito da Umberto Allemandi
Dio è morto, e con lui l’arte. Pressappoco è così. Gli artisti si metrano in base a un criterio di vendita, sulla loro testa viene affibbiata una taglia che ne identifica il valore. Nulla di scandaloso, per chi fa denari: l’arte è un prodotto di mercato. L’artista, cioè, da talento individuale è diventato una griffe, lo si compra perché qualcuno ci dice che comprarlo è un buon affare, perché farà fruttare al compratore di lì a qualche anno un lauto gruzzolo. Bizzarrie dell’epoca: l’arte non procura più un nutrimento spirituale, non evoca bellezza, ordine e senso. Simile a un qualsiasi altro prodotto “di consumo” – come un paio di scarpe, una borsetta particolare, un’automobile fiammante – vaga sull’onda anomala delle “mode”, e si muta da popolare in gioiello d’èlite. Non provoca il mito, ma asseconda la storia. Cioè: non è inevitabile, urgente, provocante, bensì accessoria, aleatoria, vacua. L’estetica, come direbbe il poeta premio Nobel Josif Brodskij, non fonda più l’etica dell’uomo e della storia, ma è schiava di pulsioni superficiali, destinate a svanire al primo battito di ciglia, al precoce passaggio stagionale delle rondini.
Dacché fare i guastafeste è un esercizio per molti versi facile e inutile, costruiamo qualcosa. Questa è una mostra scandalosa. L’esatto opposto dell’alchimia che regge, ad esempio, la Biennale di Venezia. Il mio nome è Nessuno è una mostra di artisti per lo ingenui, selvatici e nascosti, anonimi e misteriosi. Per far risorgere l’arte bisogna azzerarla, rivelandone il cuore, la polpa inalterabile e millenaria. Dopo tutto, è sempre stato così. Naïve vuol dire incantamento, stupore, bellezza pura, netta, semplice. Già, è attraverso un gesto semplice e perentorio che intendiamo scompaginare la storia dell’arte, far impazzire la Borsa dell’Arte. Oggi come ieri sono i segni problematici e primordiali a cambiare il tempo. Lo sapevano bene, per ripassare in memoria due nomi clamorosi, Paul Gauguin e Pablo Picasso, che studiarono alla corte dei naïve e dei reietti per ottenere il miracolo della semplicità, di una infantile, unica immediatezza. Così questi artisti occasionali, ispirati, per giunta illuminati, che vengono a noi nel mistero, simili a spettri o a eroi delle favole, ci mostrano la fiamma sempiterna e primitiva dell’arte: il suo potere suggestivo, conturbante, mitologico. Ci sono gesti nostalgici, intimi, preziosi, per nulla omologati, di gente ai bordi della storia, fuori dal mondo, che proprio per questo conquista il perno del mondo, il suo più remoto segreto.
L’opera di Momò Calascibetta presente alla mostra" Il Mio Nome E’ Nessuno".
"Minuetto di una domatrice di coccodrilli nel salone degli specchi di Villa Palagonia"
disegno a matita cm.160 x 180 - 2002
Il viaggio tra questi “nessuno”, tra questi artisti perduti e ritrovati, sommersi e salvati, anticonformisti perché non condizionati da alcuna moda, antimoderni, è anche un periplo alle origini dell’arte. Nel nome, sempre, è il senso. Nessuno si nominò Odisseo scampando alla furia di Polifemo. Nessuno è una zattera, un’occasione per salvarsi dal mondo di chi vuole annullare l’arte, tacitarne il potenziale esplosivo, perennemente scandaloso. Con una truppa di “nessuno” si rifonda l’arte. Perché gli artisti, quando vigorosi, come Odisseo, sono curiosi e corsari, avventurieri e pirati. Comunque, estremi, fino ai margini inesplorati della terra.
Fino al 21 settembre si potrà assistere a una rassegna di pittori così detti naive, ribattezzati "semplici". La mostra si presenta anche, e con notevole decisione, come gesto perentorio, estetico e politico. Contrastando un'idea performativa e banalmente provocatoria dell'arte italiana degli ultimi decenni. Riscoprendo i valori del sogno rispetto a quelli del mercato, il desiderio in favore del glamour. Così questi artisti, "simili a spettri o a eroi delle favole, ci mostrano la fiamma sempiterna e primitiva dell'arte: il suo potere suggestivo, conturbante, mitologico. Ci sono gesti nostalgici,intimi, preziosi, per nulla omologati, di gente ai bordi della storia, fuori dal mondo, che proprio per questo conquista il perno del mondo, il suo più remoto segreto". La mostra è curata da Marcovinicio, ed è mediata da un catalogo programmatico con testi di Davide Brullo e di Silvia Pacassoni edito da Umberto Allemandi
Dio è morto, e con lui l’arte. Pressappoco è così. Gli artisti si metrano in base a un criterio di vendita, sulla loro testa viene affibbiata una taglia che ne identifica il valore. Nulla di scandaloso, per chi fa denari: l’arte è un prodotto di mercato. L’artista, cioè, da talento individuale è diventato una griffe, lo si compra perché qualcuno ci dice che comprarlo è un buon affare, perché farà fruttare al compratore di lì a qualche anno un lauto gruzzolo. Bizzarrie dell’epoca: l’arte non procura più un nutrimento spirituale, non evoca bellezza, ordine e senso. Simile a un qualsiasi altro prodotto “di consumo” – come un paio di scarpe, una borsetta particolare, un’automobile fiammante – vaga sull’onda anomala delle “mode”, e si muta da popolare in gioiello d’èlite. Non provoca il mito, ma asseconda la storia. Cioè: non è inevitabile, urgente, provocante, bensì accessoria, aleatoria, vacua. L’estetica, come direbbe il poeta premio Nobel Josif Brodskij, non fonda più l’etica dell’uomo e della storia, ma è schiava di pulsioni superficiali, destinate a svanire al primo battito di ciglia, al precoce passaggio stagionale delle rondini.
Dacché fare i guastafeste è un esercizio per molti versi facile e inutile, costruiamo qualcosa. Questa è una mostra scandalosa. L’esatto opposto dell’alchimia che regge, ad esempio, la Biennale di Venezia. Il mio nome è Nessuno è una mostra di artisti per lo ingenui, selvatici e nascosti, anonimi e misteriosi. Per far risorgere l’arte bisogna azzerarla, rivelandone il cuore, la polpa inalterabile e millenaria. Dopo tutto, è sempre stato così. Naïve vuol dire incantamento, stupore, bellezza pura, netta, semplice. Già, è attraverso un gesto semplice e perentorio che intendiamo scompaginare la storia dell’arte, far impazzire la Borsa dell’Arte. Oggi come ieri sono i segni problematici e primordiali a cambiare il tempo. Lo sapevano bene, per ripassare in memoria due nomi clamorosi, Paul Gauguin e Pablo Picasso, che studiarono alla corte dei naïve e dei reietti per ottenere il miracolo della semplicità, di una infantile, unica immediatezza. Così questi artisti occasionali, ispirati, per giunta illuminati, che vengono a noi nel mistero, simili a spettri o a eroi delle favole, ci mostrano la fiamma sempiterna e primitiva dell’arte: il suo potere suggestivo, conturbante, mitologico. Ci sono gesti nostalgici, intimi, preziosi, per nulla omologati, di gente ai bordi della storia, fuori dal mondo, che proprio per questo conquista il perno del mondo, il suo più remoto segreto.
L’opera di Momò Calascibetta presente alla mostra" Il Mio Nome E’ Nessuno".
"Minuetto di una domatrice di coccodrilli nel salone degli specchi di Villa Palagonia"
disegno a matita cm.160 x 180 - 2002
Il viaggio tra questi “nessuno”, tra questi artisti perduti e ritrovati, sommersi e salvati, anticonformisti perché non condizionati da alcuna moda, antimoderni, è anche un periplo alle origini dell’arte. Nel nome, sempre, è il senso. Nessuno si nominò Odisseo scampando alla furia di Polifemo. Nessuno è una zattera, un’occasione per salvarsi dal mondo di chi vuole annullare l’arte, tacitarne il potenziale esplosivo, perennemente scandaloso. Con una truppa di “nessuno” si rifonda l’arte. Perché gli artisti, quando vigorosi, come Odisseo, sono curiosi e corsari, avventurieri e pirati. Comunque, estremi, fino ai margini inesplorati della terra.
06
luglio 2008
Il mio nome è nessuno. Incantamento,stupore e bellezza nell’arte dei semplici
Dal 06 luglio al 21 settembre 2008
arte contemporanea
Location
PALAZZO SILVA
Domodossola, Via Giambattista Paletta, (Verbano-cusio-ossola)
Domodossola, Via Giambattista Paletta, (Verbano-cusio-ossola)
Biglietti
€ 5
Orario di apertura
mar/ven h. 15.00/19.00; sab/dom h. 10.00/12.00 - 15.00/19.00
Vernissage
6 Luglio 2008, ore 18.30
Editore
ALLEMANDI
Curatore