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Cesare Berlingeri – La pittura piegata
Nelle tele piegate del Maestro le superfici sovrapposte, dove la prima nasconde parzialmente la seconda, creano una struttura dalle combinazioni infinte producendo il rovesciamento e presentando il passaggio nell’occultamento creando il dialogo tra l’ombra e la luce
Comunicato stampa
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Cesare Berlingeri. Cinque Pensieri
Caro Cesare,
come in un gioco psicologico ho provato ad accostarmi ad una delle tue opere per vedere, chiudendo gli occhi, quali fossero state le prime cinque parole che mi sarebbero venute in mente..: Notturno, Il genio, Morbida sfumatura, Spazio-tempo, Segno ancestrale.
Notturno
La notte e' la prima associazione empatica che suscita in me la tua arte.
Mi piace pensare alle tue opere come ad una proiezione di cio' che l'uomo percepisce essere la notte.
Come un in omaggio alle divinita’notturne, questi quadri sanno essere un archetipo, una rappresentazione simbolica della notte.
Ma perche? Certo anche Tommaso Trini dovra’ aver avuto una impressione analoga se, davanti ad una tua opera, ha pensato ad un cuscino di ghiaccio per un monaco..e tu stesso poi, hai omaggiato Riike di un “cuscino della notte.…” e molto di poetico ed artistico vi e’ in tutto cio’ che lega concretamente l’uomo alle ore del sonno, alla “sostanza del sogno”; e mi viene in mente a questo proposito l’americana Amy Hotch, che usava proprio il materasso come supporto sul quale imprimere i suoi segni, i cromosomi “x” e “y”.
Ma oltre alla forma, e’ proprio la tua tela che, plasmata quasi, come materia divina, ricorda il “velo di Maya” , il velo che, nella tradizione ermetica, si dica separi il nostro mondo da quello delle cose alte, sublimi. E' un velo da dipanare, da squarciare, per poter “vedere”.
Certo il tuo blu, il tuo “piegare le stelle”, e’ un esplicito riferimento al notturno, ma, anche quando la tua scelta ricade su colori tutt’altro che notturni, l’effetto notte, per dirlo alla Truffaut, non sfuma …
Quand'anche ti affidi infatti a colori accesi come ad esempio il giallo, usi un giallo onirico, immateriale, visionario.. tonalita' quasi lisergiche, ma non allucinate, bensi’ dotate di una umana calda sensazione…colori che appartengono al mondo del sogno.
Quando Sheakspeare dice che siamo della stessa sostanza del sogno e che la nostra vita e’ cinta dal sogno, ci viene ad indicare proprio la presenza di questo cordone ombelicale che ci lega alla nostra vita vissuta nel subconscio..peccato non abbia mai potuto vedere un sogno piegato!
Finanche forse i segni, che a volte rivestono le tue opere, hanno un eco lontano…ancestrale. ..e questa percezione di distanza probabilmente si puo’ associare ad una sensazione notturna, la lontananza dal mondo e dalle cose, la perdita di coscienza, l’abbandono al grande viaggio.. quello che per i Celti era un sentiero fatto di brina... e, i tratteggi stellati che disegni nei tuoi "piegare le stelle", evocano in me proprio il ricordo di questo cammino.
Mi dicono peraltro, caro Maestro, che di prima mattina sei di pessimo umore.. Mi sorge a questo punto il dubbio che tu non sia davvero, un animale notturno…abituato come sei stato a lavorare nel mondo del teatro..dove si sa, il buio predomina, squarciato solo saltuariamente dai lampi di luce artificiale...
Per non contare gli orari, le ambientazioni e l'atmosfera che si respira dietro le quinte di un teatro.
Insomma Cesare, quanta notte c’e’ nelle tue opere?
Il genio.
I primi due riferimenti che mi vengono in mente analizzando i tuoi lavori sono Fontana e Pomodoro.
Penso a Fontana per il suo spazialismo, per la sua ricerca della “non dimensione”.
Il “buco” e il “taglio” infatti, sempre all'interno di un percorso di ricerca legato sia allo spazio che alla dimensione, mi pare che ben si possano accostare, alla “piegatura”.
Penso poi a Pomodoro ed alla sua ricerca sulla materia e dentro la materia, cosi' scoperta , svelata, e poi denudata in tutte le sue profondita', atomi e anatomie sintetiche, squarci di materia aperti a veder le stelle che concettulalmente si trova in totale antitesi con la tua poetica del velare... occultare... del sopire.... e questo gia basta a rivelare un'assonanza. Ma, proprio in quanto copri, veli, non e' forse che, per paradosso, denunci ed indichi l'occulto il nascosto, il mistero dentro e sotto la materia,…e quindi infine anche tu sveli e scopri? O magari come un demiurgo ti limiti a plasmare dei mondi nascosti?
E chissa' allora quante “isola che non c’e’”, regnano ormai per sempre protette dalle tue tele!
Credo che l’unicita’ della tua opera sia ormai un fatto conclamato ed indiscutibile.
Sei, ed ami definirti, un pittore, ma sai anche bene che la tua arte e’ un’esperimento liminale
al confine tra scultura e pittura, questo perche' vi e' molto plasmare nel tuo dipingere.
So che la parola "originale" non ti piace, ma la tua e' un'arte originale in quanto figlia di un' “idea originaria”, come l'intuizione figlia del dionisiaco e del apollineo.. perfetto esempio, quindi, di Arte.
Se per Nietsche l’arte e’ figlia proprio di un ragionamento apollineo che porta poi, ad un godimento dionisiaco; Immanuel Kant, nella Critica del Giudizio, ci spiega come appunto il genio artistico, sia il risultato di una felice combinazione di immaginazione ed intelletto e, l’artista geniale e’ colui il quale puo’ erigersi a modello per altri artisti che sopiscono latenti capacita’ innate…e, per i quali, la folgorazione di un attimo puo’ aprire sconfinati scenari.
In un secolo di avanguardie il quadro e' stato sostituito, trasformato, riempito di materia di ogni tipo, combustionato ecc..
Cio' che suscita in me ammirazione e' l'aver creato un quadro alfa, nuovo, diverso in tutto e per tutto, ma senza alcuna trasformazione alchemica, senza aggiungere ne togliere nulla al quadro in se' e per se' : solo tela e colore .
Pensi, che questo tuo nuovo modo di vedere il quadro per cosi' dire a tre dimensioni, piu forse una quarta della quale parleremo piu avanti, possa avere un seguito..credi che qualcuno possa sviluppare questo tuo stile senza cadere nella ripetizione, che ci sia anche un cammino diverso sulla strada da te tracciata..che magari ancora non si puo' intravedere?
Morbida sfumatura e spazio-tempo
Quando osservo le tue opere, il mio occhio va a pescare alcuni angoli, alcune pieghe.
Un giorno, un mio caro amico, un matematico, mi disse: sai Daniele dove sono gli anni sessanta? Eccoli qui..e sceso dalla vespa mi indico’ quella curva che sta esattamente sotto il sellino e sopra la pedalina..quella che corre lungo i lati.. tutto in una curva.. mi vennero alla mente..: l’angolo tondeggiante dei frigor d’importazione americana e le sue maniglie, i fanali della squalo Citroen, i mobili di desing, la forma dell’impugnatura delle macchine fotografiche dei paparazzi, il curvone che sale su per via Veneto... su su fino alle curve di Anita Ekberg e le dune di sabbia della spiaggia desolata della dolce vita e forse anche gli occhi di Pasolini erano fatti a forma di anni sessanta .
Queta e’ la forza dell’armonia del carattere della bellezza... sono particolari piccoli insignificanti ma che l’arte riesce a sublimare no? Ora nelle tue pieghe morbide e sfumate sicuramente non vi e' nulla di anni sessanta ma tanto di misterioso come di puro e di forte.. un’eco lontano che riporta al silenzio, ad una sorpresa nascosta.
Ma la corrispondenza piu forte e piu' immediata e' lo spazio che si piega su se stesso, la teoria della relativita' e l'esistenza di una quarta dimensione che ne consegue, il dibattito filosofico aperto dalla teoria della meccanica quantistica e, per postulato, l'esistenza di infiniti mondi paralleli.
Parlo di una tua opera come di una rappresentazione artistica che ricorda la curvatura spazio -temporale.
E' come se ogni strato delle tua opera rappresentasse una delle realta’ parallele, possibili, delle quali noi possiamo osservarne solo una, la facciata o diciamo, la parte apparente quella che appartiene alla nostra percezione cosciente ma che coesiste nello spazio e nel tempo con le infinite possibilita’.
Segno ancestrale
Talvolta incidi le tue opere con dei segni o piu raramente anche con delle scritte.
Il più delle volte si tratta di grafemi, segni elementari dove anche le parole si riducono solo al proprio significante.
I tuoi segni trovano una naturale empatia con le incisioni rupestri, legando cosi' con un filo ininterrotto gli artisiti dal paleolitico a noi.
Il paletnologo Leroy Gouhran dimostro' sorprendentemente, come effettivamente vi fosse questo filo conduttore che funge da collante tra le incisioni rupestri sparse dalle grotte siberiane a quelle di Lascaux passando per la Valcamonica e via così'. Dimostra cioè, come in granparte dell'Eurasia, vi fosse un sistema di codificazione simbolica comune.
Impossibile sapere se la natura di questi affreschi fosse religiosa, propiziatoria, divulgativa o di altra natura; ma cio' che sorpende e che stimola la mia fantasia e' che, data per certa l'esistenza di una memoria collettiva, questa si possa muovere sia nello spazio che, a maggior ragione, nel tempo, legando i tuoi segni e le tue incisioni con quelle dei primi "artisti". A tal proposito Victor Turner nella "foresta dei simboli", spiega proprio come ogni segno abbia un significato di rimando che gli appartiene in qualsiasi contesto. Un cerchio con un pallino in mezzo, per intenderci significherà sempre il centro, il punto di emanazione, il capovillaggio, il maestro e così via; la freccia sara' sempre legata alla virilita', alla caccia, ecc..
Sarebbe quindi bello leggere ed interpretare le tue incisioni come libro inconscio, pagina di una memoria collettiva, totem post – post - moderno.
In alcune tribu' africane, legate alla religione Copta, esistono ancora degli oggetti sacri di carattere totemico, chiamati "Tabòt". Sono dei contenitori sui quali sono incisi dei segni e che al loro interno celano una stoffa piegata.
Per quanto via sia un palese riferimento all'arca dell'alleanza ed alla Sacra Sindone mi sembra comunque interessante osservare questa corrispondenza.
Come nasce il tuo gesto, il tuo segno?
Daniele De Nisi
Caro Cesare,
come in un gioco psicologico ho provato ad accostarmi ad una delle tue opere per vedere, chiudendo gli occhi, quali fossero state le prime cinque parole che mi sarebbero venute in mente..: Notturno, Il genio, Morbida sfumatura, Spazio-tempo, Segno ancestrale.
Notturno
La notte e' la prima associazione empatica che suscita in me la tua arte.
Mi piace pensare alle tue opere come ad una proiezione di cio' che l'uomo percepisce essere la notte.
Come un in omaggio alle divinita’notturne, questi quadri sanno essere un archetipo, una rappresentazione simbolica della notte.
Ma perche? Certo anche Tommaso Trini dovra’ aver avuto una impressione analoga se, davanti ad una tua opera, ha pensato ad un cuscino di ghiaccio per un monaco..e tu stesso poi, hai omaggiato Riike di un “cuscino della notte.…” e molto di poetico ed artistico vi e’ in tutto cio’ che lega concretamente l’uomo alle ore del sonno, alla “sostanza del sogno”; e mi viene in mente a questo proposito l’americana Amy Hotch, che usava proprio il materasso come supporto sul quale imprimere i suoi segni, i cromosomi “x” e “y”.
Ma oltre alla forma, e’ proprio la tua tela che, plasmata quasi, come materia divina, ricorda il “velo di Maya” , il velo che, nella tradizione ermetica, si dica separi il nostro mondo da quello delle cose alte, sublimi. E' un velo da dipanare, da squarciare, per poter “vedere”.
Certo il tuo blu, il tuo “piegare le stelle”, e’ un esplicito riferimento al notturno, ma, anche quando la tua scelta ricade su colori tutt’altro che notturni, l’effetto notte, per dirlo alla Truffaut, non sfuma …
Quand'anche ti affidi infatti a colori accesi come ad esempio il giallo, usi un giallo onirico, immateriale, visionario.. tonalita' quasi lisergiche, ma non allucinate, bensi’ dotate di una umana calda sensazione…colori che appartengono al mondo del sogno.
Quando Sheakspeare dice che siamo della stessa sostanza del sogno e che la nostra vita e’ cinta dal sogno, ci viene ad indicare proprio la presenza di questo cordone ombelicale che ci lega alla nostra vita vissuta nel subconscio..peccato non abbia mai potuto vedere un sogno piegato!
Finanche forse i segni, che a volte rivestono le tue opere, hanno un eco lontano…ancestrale. ..e questa percezione di distanza probabilmente si puo’ associare ad una sensazione notturna, la lontananza dal mondo e dalle cose, la perdita di coscienza, l’abbandono al grande viaggio.. quello che per i Celti era un sentiero fatto di brina... e, i tratteggi stellati che disegni nei tuoi "piegare le stelle", evocano in me proprio il ricordo di questo cammino.
Mi dicono peraltro, caro Maestro, che di prima mattina sei di pessimo umore.. Mi sorge a questo punto il dubbio che tu non sia davvero, un animale notturno…abituato come sei stato a lavorare nel mondo del teatro..dove si sa, il buio predomina, squarciato solo saltuariamente dai lampi di luce artificiale...
Per non contare gli orari, le ambientazioni e l'atmosfera che si respira dietro le quinte di un teatro.
Insomma Cesare, quanta notte c’e’ nelle tue opere?
Il genio.
I primi due riferimenti che mi vengono in mente analizzando i tuoi lavori sono Fontana e Pomodoro.
Penso a Fontana per il suo spazialismo, per la sua ricerca della “non dimensione”.
Il “buco” e il “taglio” infatti, sempre all'interno di un percorso di ricerca legato sia allo spazio che alla dimensione, mi pare che ben si possano accostare, alla “piegatura”.
Penso poi a Pomodoro ed alla sua ricerca sulla materia e dentro la materia, cosi' scoperta , svelata, e poi denudata in tutte le sue profondita', atomi e anatomie sintetiche, squarci di materia aperti a veder le stelle che concettulalmente si trova in totale antitesi con la tua poetica del velare... occultare... del sopire.... e questo gia basta a rivelare un'assonanza. Ma, proprio in quanto copri, veli, non e' forse che, per paradosso, denunci ed indichi l'occulto il nascosto, il mistero dentro e sotto la materia,…e quindi infine anche tu sveli e scopri? O magari come un demiurgo ti limiti a plasmare dei mondi nascosti?
E chissa' allora quante “isola che non c’e’”, regnano ormai per sempre protette dalle tue tele!
Credo che l’unicita’ della tua opera sia ormai un fatto conclamato ed indiscutibile.
Sei, ed ami definirti, un pittore, ma sai anche bene che la tua arte e’ un’esperimento liminale
al confine tra scultura e pittura, questo perche' vi e' molto plasmare nel tuo dipingere.
So che la parola "originale" non ti piace, ma la tua e' un'arte originale in quanto figlia di un' “idea originaria”, come l'intuizione figlia del dionisiaco e del apollineo.. perfetto esempio, quindi, di Arte.
Se per Nietsche l’arte e’ figlia proprio di un ragionamento apollineo che porta poi, ad un godimento dionisiaco; Immanuel Kant, nella Critica del Giudizio, ci spiega come appunto il genio artistico, sia il risultato di una felice combinazione di immaginazione ed intelletto e, l’artista geniale e’ colui il quale puo’ erigersi a modello per altri artisti che sopiscono latenti capacita’ innate…e, per i quali, la folgorazione di un attimo puo’ aprire sconfinati scenari.
In un secolo di avanguardie il quadro e' stato sostituito, trasformato, riempito di materia di ogni tipo, combustionato ecc..
Cio' che suscita in me ammirazione e' l'aver creato un quadro alfa, nuovo, diverso in tutto e per tutto, ma senza alcuna trasformazione alchemica, senza aggiungere ne togliere nulla al quadro in se' e per se' : solo tela e colore .
Pensi, che questo tuo nuovo modo di vedere il quadro per cosi' dire a tre dimensioni, piu forse una quarta della quale parleremo piu avanti, possa avere un seguito..credi che qualcuno possa sviluppare questo tuo stile senza cadere nella ripetizione, che ci sia anche un cammino diverso sulla strada da te tracciata..che magari ancora non si puo' intravedere?
Morbida sfumatura e spazio-tempo
Quando osservo le tue opere, il mio occhio va a pescare alcuni angoli, alcune pieghe.
Un giorno, un mio caro amico, un matematico, mi disse: sai Daniele dove sono gli anni sessanta? Eccoli qui..e sceso dalla vespa mi indico’ quella curva che sta esattamente sotto il sellino e sopra la pedalina..quella che corre lungo i lati.. tutto in una curva.. mi vennero alla mente..: l’angolo tondeggiante dei frigor d’importazione americana e le sue maniglie, i fanali della squalo Citroen, i mobili di desing, la forma dell’impugnatura delle macchine fotografiche dei paparazzi, il curvone che sale su per via Veneto... su su fino alle curve di Anita Ekberg e le dune di sabbia della spiaggia desolata della dolce vita e forse anche gli occhi di Pasolini erano fatti a forma di anni sessanta .
Queta e’ la forza dell’armonia del carattere della bellezza... sono particolari piccoli insignificanti ma che l’arte riesce a sublimare no? Ora nelle tue pieghe morbide e sfumate sicuramente non vi e' nulla di anni sessanta ma tanto di misterioso come di puro e di forte.. un’eco lontano che riporta al silenzio, ad una sorpresa nascosta.
Ma la corrispondenza piu forte e piu' immediata e' lo spazio che si piega su se stesso, la teoria della relativita' e l'esistenza di una quarta dimensione che ne consegue, il dibattito filosofico aperto dalla teoria della meccanica quantistica e, per postulato, l'esistenza di infiniti mondi paralleli.
Parlo di una tua opera come di una rappresentazione artistica che ricorda la curvatura spazio -temporale.
E' come se ogni strato delle tua opera rappresentasse una delle realta’ parallele, possibili, delle quali noi possiamo osservarne solo una, la facciata o diciamo, la parte apparente quella che appartiene alla nostra percezione cosciente ma che coesiste nello spazio e nel tempo con le infinite possibilita’.
Segno ancestrale
Talvolta incidi le tue opere con dei segni o piu raramente anche con delle scritte.
Il più delle volte si tratta di grafemi, segni elementari dove anche le parole si riducono solo al proprio significante.
I tuoi segni trovano una naturale empatia con le incisioni rupestri, legando cosi' con un filo ininterrotto gli artisiti dal paleolitico a noi.
Il paletnologo Leroy Gouhran dimostro' sorprendentemente, come effettivamente vi fosse questo filo conduttore che funge da collante tra le incisioni rupestri sparse dalle grotte siberiane a quelle di Lascaux passando per la Valcamonica e via così'. Dimostra cioè, come in granparte dell'Eurasia, vi fosse un sistema di codificazione simbolica comune.
Impossibile sapere se la natura di questi affreschi fosse religiosa, propiziatoria, divulgativa o di altra natura; ma cio' che sorpende e che stimola la mia fantasia e' che, data per certa l'esistenza di una memoria collettiva, questa si possa muovere sia nello spazio che, a maggior ragione, nel tempo, legando i tuoi segni e le tue incisioni con quelle dei primi "artisti". A tal proposito Victor Turner nella "foresta dei simboli", spiega proprio come ogni segno abbia un significato di rimando che gli appartiene in qualsiasi contesto. Un cerchio con un pallino in mezzo, per intenderci significherà sempre il centro, il punto di emanazione, il capovillaggio, il maestro e così via; la freccia sara' sempre legata alla virilita', alla caccia, ecc..
Sarebbe quindi bello leggere ed interpretare le tue incisioni come libro inconscio, pagina di una memoria collettiva, totem post – post - moderno.
In alcune tribu' africane, legate alla religione Copta, esistono ancora degli oggetti sacri di carattere totemico, chiamati "Tabòt". Sono dei contenitori sui quali sono incisi dei segni e che al loro interno celano una stoffa piegata.
Per quanto via sia un palese riferimento all'arca dell'alleanza ed alla Sacra Sindone mi sembra comunque interessante osservare questa corrispondenza.
Come nasce il tuo gesto, il tuo segno?
Daniele De Nisi
20
luglio 2008
Cesare Berlingeri – La pittura piegata
Dal 20 luglio al 02 agosto 2008
arte contemporanea
Location
GALLERIA DE NISI
Roma, Via Marianna Dionigi, 43, (Roma)
Roma, Via Marianna Dionigi, 43, (Roma)
Orario di apertura
da lunedì a sabato ore 10-13 e 16-20
Vernissage
20 Luglio 2008, ore 20,00
Autore