Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Oliviero Rainaldi – Su Carta
In mostra ventuno lavori su carta del maestro che coprono la maggior parte dell’arco temporale di attività di Rainaldi, e che rappresentano le principali fasi del lavoro dell’artista
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La galleria Rossoquarantuno presenta la mostra di Oliviero Rainaldi Su Carta. Saranno presentati ventuno lavori su carta del maestro che coprono la maggior parte dell’arco temporale di attività di Rainaldi, e che rappresentano le principali fasi del lavoro dell’artista. Dai celeberrimi Gisant di inizio anni novanta, fino ai lavori dedicati al ciclo dei Fenomeni dell’ultimo periodo. La mostra si colloca in un momento di grande interesse per l’opera di Oliviero Rainaldi: dopo l’antologica curata da Danilo Eccher presso le sale di Palazzo Venezia a Roma, è in preparazione una importante mostra in Brasile, presso il Museo Brasiliano di Scultura (MuBE), a San Paolo (Dicembre 2008 - Gennaio 2009).In occasione dell’esposizione pugliese sarà pubblicato un catalogo di 64 pagine con un testo critico di Piero Boccuzzi.
Biografia
Oliviero Rainaldi nasce a Caramanico Terme nel 1956, vive e lavora a Roma.
Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Venezia con Emilio Vedova. Dopo aver interrotto gli studi per alcuni anni, dedicati principalmente alla grafica ed al lavoro, si diploma all’Accademia di Belle Arti dell’Aquila con Fabio Mauri. Tra il 1998-1999 approfondisce il suo personale interesse per il rapporto tra Arte e Liturgia seguendo il biennio di studi presso L’Istituto Teologico Sant’Anselmo dei Benedettini a Roma, tenuto dal liturgista Crispino Valenziano.
Fin dagli esordi nel 1976, l’opera di Rainaldi è incentrata sulla figura umana, analizzata attraverso i diversi linguaggi del disegno e della grafica, della pittura e della scultura. Dopo avere iniziato con composizioni di carattere velatamente narrativo, attorno agli anni 90 passa alla rappresentazione di figure isolate, fissate attraverso un segno lineare nella loro essenzialità ideale, in cui corpi e frammenti di corpi manifestano sottili e sotterranei congiungimenti con le culture arcaiche e medievali. Come nei cicli di opere Gisant, Caduti, Battesimi Umani o più di recente Conversazioni e Vergini.
Il suo lavoro è stato presentato in rassegne d’arte e spazi museali in Italia ed all’estero, quali ad esempio Prospect ‘93 allo Schirn Kunstalle di Francoforte; Otis Parson, Los Angeles; Polk Museum, Florida; GAM, Bologna; Museum National Jakarta, Indonesia; Mezzanine Gallery, Metropolitan Museum of Art, New York; Mucsarnok Kunstalle Budapest.
Importanti personali gli sono state dedicate dalla Fondazione Staurós italiana a San Gabriele (Teramo) nel 1999 e dalla Galleria D’Arte Moderna di Bologna a Villa Delle Rose, nel 2003.
Tra novembre e dicembre 2006, una importante mostra delle sue opere, comprensiva di lavori recenti ed opere storiche dal 1988, si è tenuta nelle Sale del Mappamondo e dell’Appartamento Barbo di Palazzo Venezia a Roma.
Dal 2000 ad oggi ha realizzato gli arredi liturgici di varie Chiese di Roma e di Terni e ha lavorato a varie commissioni ecclesiastiche; è stato insignito da Papa Giovanni Paolo II del titolo di Accademico della Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi del Pantheon.
Sue opere sono presenti in importanti istituzioni pubbliche internazionali, come ad esempio Caduti nel Palazzo dell’ONU di Ginevra, Battesimi Umani nel Palazzo Municipale di Stoccolma, sede del Premio Nobel, e nella Collezione del Ministero degli Affari Esteri.
The Tribute, un’installazione scultorea di bronzo e acqua di grandi dimensioni, è stata di recente commissionata dal Frederik Meijer Gardens & Sculpture Park di Grand Rapids, in Michigan (USA), divenendo la scultura simbolo di questa prestigiosa e storica collezione di sculture all’aperto.
Realizza il Peace Summit Award conferito agli uomini di pace individuati tra le personalità del mondo della cultura e dello spettacolo.
Premio conferito il 13 dicembre 2007 agli attori George Clooney e Don Cheadle, da parte di Mikhail Gorbachev e Walter Veltroni.
Nel 2008 realizza per la Diocesi di Terni il Premio San Valentino 2008, opera in bronzo donata a Kerry Kennedy, Presidente della Robert F.Kennedy Foundation of Europe e al Cardinale Alfonso Lopes Trujillo, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia.
Ora sta realizzando il Premio Impresa 2008 per l’Istituto al Commercio Estero che sarà conferito alla migliore impresa italiana all’estero, il 22 Aprile a San Paolo del Brasile.
OLIVIERO RAINALDI di Piero Boccuzzi
Nel 1988 un fiore appare nella pittura di Oliviero Rainaldi: è un fiore bituminoso, oscuro, quasi funereo. Il gambo e le foglie che lo decorano sono della stessa tonalità pece del bocciolo. La “rosa” ondeggia, si lascia cullare dal vuoto nel vuoto, cade dolcemente fino a sistemarsi giù, in fondo all’opera. Sul foglio bianco, quasi a rappresentare un epitaffio, è la sua firma posta a modo di croce, di simbolo distintivo. È l’inizio di un nuovo cammino che ha la consapevolezza del rinnovamento e la certezza della sepoltura del passato. Sembrerebbe un necrologio pensato da chi possiede la forza progettuale per definire il proprio futuro. Il fiore accompagna l’anima che transita da una forma di esistenza a un’altra, lasciandola posare un’ultima volta sul corpo da cui si è liberata per confortare l’accaduto, trattenendosi pochi istanti, per poi riprendere, sostenuta dal vento, il cammino. La sua prima importante mostra Summae (1987), dedicata alla scolastica di Tommaso d’Aquino, si rivela come un’occasione per l’inizio delle riflessioni sulla dottrina della trasmigrazione dell’anima; dottrina che diventerà base teorica per la realizzazione di Seelenwanderung, ciclo esposto per la prima volta a Roma nel 1988. A questo periodo risale, come Rainaldi stesso ha più volte sottolineato, l’abbandono delle pratiche sperimentali, che lo avevano collocato ai margini del Minimalismo e dell’Arte Povera, e il conseguente recupero delle tecniche scultoree tradizionali che delinea un avvicinamento a temi riconosciuti come universali. Prima di accostarsi al nuovo è necessario affrontare un’ultima volta il passato per potersene liberare definitivamente, momento essenziale con cui avviene realmente il distacco, la separazione dalle cose terrene e materiali. Tutto parte dall’osservazione dell’arte funeraria degli antichi egizi che, secondo Platone e Erodoto, furono i primi tra le popolazioni antiche a credere nella dottrina della trasmigrazione delle anime. Rainaldi elabora un corpo disteso, prospetticamente diverso che “possiede una strana tensione tra la mancanza di vita di un cadavere e il sonno eterno di un essere vivente”1, come opportunamente ha sottolineato James Putnam, e che richiama alla memoria i monumenti funebri nord europei dell’epoca medioevale. Gisant, “giacente” è il termine con cui titola questi lavori. La pratica scultorea funeraria è arricchita dall’idea di fertilità e di rinnovamento della vita che richiama il concetto di trasmigrazione. In Gisant è anche manifesto il dualismo tra la vita e la morte: sono presenti il desiderio di un contatto divino e la necessità celeste di procreare. A far parte dello stesso ciclo artistico è una testa, un bassorilievo, che ricorda quelle ritrovate nella tomba del Re Sety nella Valle dei Re: ha gli occhi e la bocca chiusi, una serena espressione le illumina il viso. Staccata dal resto del corpo, questa diviene simbolo distintivo di un essere umano che può ora essere capace di instaurare un rapporto con l’assoluto e valorizzare i significati della sessualità e della morale incarnata. Tre di queste teste sono state utilizzate nel 1993, in una imponente istallazione presso la Shirn Kunsthalle di Francoforte dedicata alla riflessione, al “pulsare infinitesimale dell’anima in relazione all’incommensurabilità dell’universo”2. Nelle successive fasi artistiche Battesimi Umani (1994) e Caduti (1995), sono evidenti i richiami ai primi dieci capitoli del Genesi. Con il rito del battesimo si consacra, suggella e raffigura la fede; il tema della creazione del mondo e degli esseri umani, pare ora confluire in quello del rinnovamento spirituale-battesimale. Rainaldi sceglie di rappresentare la iniziazione di un uomo adulto per enfatizzare la complessità di una consapevolezza matura e urgente, illuminata da una profonda riflessione razionale. Nell’adulto il battesimo assume dunque tonalità distinte che evocano riferimenti evangelici e autobiografici. La “rigenerazione battesimale” diventa occasione di rinnovamento vitale ed esistenziale: il tema della fertilità viene ora sublimato nella dimensione spirituale. Oltre al riferimento biblico, “Battesimi Umani vuole parlare della vita nella sua essenza lontano dai frastuoni e dagli effetti pirotecnici”3: si tratta di un invito ad una riflessione sulla attuale situazione storica e sull’ingresso, del genere umano, nel nuovo millennio. Battesimi Umani propone la rinascita dell’uomo in quanto umanista contemporaneo che cerca la verità attraverso il recupero di valori intellettuali. L’uomo deve sentirsi partecipe di una “nova aetas” attraverso la riscoperta della “virtus” (tema che approfondirà successivamente in Vergini), secondo una concezione quattrocentesca che considerava l’umanità come un corpo organico sottoposto a cicli naturali di morte e rifioritura. Rinnovarsi per l’uomo contemporaneo significa attribuire alla dimensione spirituale una rinvigorita forza con cui essere in grado di progettare il domani. Questo stato di serenità è anche il frutto di un singolare recupero dei classici liberati da tutte quelle deformazioni critiche che ne avevano condizionato la lettura sia in campo filosofico che in quello artistico. Anche per Caduti la fonte di influenza si rivela l’Antico Testamento, l’episodio è quello dell’esilio di Adamo e Eva dall’Eden. Le forme a cui dà vita hanno il capo chino, sembrano pietrificate nel loro dolore, immobili, assorte nei loro pensieri, spesso solo confortate dall’idea di una espiazione lontana. In Caduti l’uomo rivela la propria labilità ontologica che fonda, da un lato l’apertura della libertà umana, dall’altro il dramma della scelta morale. Se nei Battesimi Umani l’uomo e la donna apparivano uno di fronte all’altro liberi e pronti al dialogo, in Caduti è chiara una compromissione che li rende complici nel peccato. Entrambi i cicli rappresentano, con una esemplificazione del reale, il genere umano, la società odierna. Questo continuo colloquio aperto con l’assoluto, con la propria coscienza che si concretizza con il costante rapporto con la quotidianità, rivelerebbe una specifica condotta morale simile all’idea che la dottrina cattolica ha del santo, riconosciuto in quanto tale dalla presenza in lui dello Spirito Santo, dell’illuminazione, della saggezza dentro della realtà mondana. L’uomo si rivela nel suo agire quotidiano mantenendo una condotta che viene presa d’esempio dalla comunità. Le sue abitudini, il suo costume, il suo modo di rapportarsi contribuisce a costruire sui valori comuni una diversa forma di società in cui il rispetto per la dignità umana e il resistere alla tentazione dell’egoismo e della violenza formano un modello esemplare, un Santo (1999). Per Rainaldi il dialogo è lo strumento principe per decifrare e orientarsi nella costruzione valoriale della morale e della contestualità della esistenza concreta e fattuale. Esistono due forme di dialogo: quella privata, in cui l’interlocutore è il trascendente, e quella pubblica che si concretizza nella dialogicità umana: “Senza conversazione o famigliaritade impossibile è a conoscere gli uomini”4 afferma Dante Alighieri nel Convivio. Uno tra i primi quadri delle Conversazioni, ciclo a cui si dedicherà tra il 2000 e il 2003, rappresenta due uomini che si contendono un drappo; uno preme per avvicinarsi, per far valere le proprie ragioni, l’altro ostacola l’avvicinamento difendendo la propria posizione. La rappresentazione racconta, in maniera molto precisa e dettagliata, gli umori dei contendenti e la loro lealtà per l’avversario. Il rispetto per l’antagonista diventa il vero soggetto che occupa la scena, il cuore dell’opera. In altre opere si osserva una figura che medita circondata da tessuti che la isolano da facili distrazioni, con la testa china e resa mentre ascolta. La più importante di queste, ritrae il figlio di Dio in grembo alla Madonna che fissa intensamente un teschio, presagio della sua fine tra gli uomini. Il tema della rinascita viene rappresentato nella concezione della risurrezione in quanto superamento della morte. In questo caso, vita e morte vengono contestualizzati nel quadro del rapporto tra madre e figlio. Sembra quasi che il simbolo della fertilità, Maria madre, presenti già il seme del futuro: la morte, significata dal teschio. Questa circolarità, che già non è dualismo, rappresenta la traiettoria esistenziale di tutti gli esseri umani, concretizzata nella scelta morale inaugurata dalla caduta, dalla libertà. Il dramma viene quindi a essere trasposto al piano di un’esistenza concretamente impegnata nel quotidiano. L’ultima fase di questa premonizione viene raccontata in Ultima Cena (2007), un’opera monumentale che descrive le ultime ore passate da Gesù con gli Apostoli prima della cattura e della crocifissione. L’artista abruzzese erige una scena a forte impatto evocativo che risolve la propria drammaticità con la fisicità della rappresentazione da cui si evince un poderoso sbandamento nei commensali causato dal dipanarsi dell’evento. La figura dominante è quella di Cristo a cui si contrappone Giuda: il tema affrontato è quello del tradimento e della reticenza. Rainaldi sembra non essere influenzato dalla precedente iconografia disseminata nel corso del tempo; la complessità dell’opera e del racconto viaggiano di pari passo con l’esemplificazione scenica, tutto è volutamente omesso eppure ogni elemento è presente; sembrerebbe di assistere ad una rappresentazione del teatro epico brechtiano: i personaggi si muovono in funzione di uno spazio idealmente circoscritto e visivamente assente in cui è avvertita la solennità del momento. Danilo Eccher reputa non a caso la poetica di Oliviero Rainaldi “commovente per quella sua incosciente spregiudicatezza linguistica che lo porta a correre lungo i bordi, a danzare sul baratro; commovente per quel profondo valore spirituale che gli consente di affrontare narrazioni impossibili”5, sistemandola ai limiti fra “pittura e scultura, fra figurazione e astrazione, fra la puntigliosità della ricerca e l’indeterminatezza dell’emozione”6. Tra le Conversazioni (2000/2003) e Ultima Cena (2007), Rainaldi continua la sua ricerca interessandosi alla bellezza e alla virtù. Interrogandosi su questi punti, al di là dei presupposti platonici, indirizza la propria indagine recuperando il concetto di bellezza greca e di virtù romana ricontestualizzandoli nella società attuale. La rielaborazione del classico, alla luce delle influenze dei dipinti delle donne alla toilette di Edgar Degas e Pierre Bonnard, recupera i modelli morali e umani di un mondo passato, riconoscendone la lontananza e la diversità. Le Vergini (2005) sono state presentate per la prima volta a Roma in occasione di una sua personale a Palazzo Venezia a novembre 2006. Alla staticità scultorea delle Vergini, alla loro estatica bellezza, alla loro immobilità virtuosa si contrappongono i Fenomeni (2007), un gruppo di disegni, in cui l’eleganza della messa in scena viene espressa nella sua forma più alta e poetica da una compagine di acrobati. Si assiste a una costante attenzione verso il partner, alle fasi di un continuo ed elegante corteggiamento, a uno scambio di pensieri che tiene costante l’equilibrio e richiama il tema della dialogicità. La conversazione che ne segue sprigiona vitalità inconsueta diramando nell’aria una sensazione di sicurezza e affidabilità che profuma l’atmosfera. In cielo, liberi, ma uniti da un forte e sentito bisogno reciproco, questi atleti danno vita a una serie spettacolare e inesauribile di acrobazie: le idee ondeggiano sicure, emancipate e certe della forza delle braccia che con vigore assicurano la propria presenza e il proprio appoggio alle coreografie. Queste ultime si liberano nell’aria e si lasciano cullare da un soffio di vento; lo stesso che nel 1988 aveva accarezzato quel fiore a cui Oliviero Rainaldi aveva affidato la propria rinascita, la sua anima.
Biografia
Oliviero Rainaldi nasce a Caramanico Terme nel 1956, vive e lavora a Roma.
Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Venezia con Emilio Vedova. Dopo aver interrotto gli studi per alcuni anni, dedicati principalmente alla grafica ed al lavoro, si diploma all’Accademia di Belle Arti dell’Aquila con Fabio Mauri. Tra il 1998-1999 approfondisce il suo personale interesse per il rapporto tra Arte e Liturgia seguendo il biennio di studi presso L’Istituto Teologico Sant’Anselmo dei Benedettini a Roma, tenuto dal liturgista Crispino Valenziano.
Fin dagli esordi nel 1976, l’opera di Rainaldi è incentrata sulla figura umana, analizzata attraverso i diversi linguaggi del disegno e della grafica, della pittura e della scultura. Dopo avere iniziato con composizioni di carattere velatamente narrativo, attorno agli anni 90 passa alla rappresentazione di figure isolate, fissate attraverso un segno lineare nella loro essenzialità ideale, in cui corpi e frammenti di corpi manifestano sottili e sotterranei congiungimenti con le culture arcaiche e medievali. Come nei cicli di opere Gisant, Caduti, Battesimi Umani o più di recente Conversazioni e Vergini.
Il suo lavoro è stato presentato in rassegne d’arte e spazi museali in Italia ed all’estero, quali ad esempio Prospect ‘93 allo Schirn Kunstalle di Francoforte; Otis Parson, Los Angeles; Polk Museum, Florida; GAM, Bologna; Museum National Jakarta, Indonesia; Mezzanine Gallery, Metropolitan Museum of Art, New York; Mucsarnok Kunstalle Budapest.
Importanti personali gli sono state dedicate dalla Fondazione Staurós italiana a San Gabriele (Teramo) nel 1999 e dalla Galleria D’Arte Moderna di Bologna a Villa Delle Rose, nel 2003.
Tra novembre e dicembre 2006, una importante mostra delle sue opere, comprensiva di lavori recenti ed opere storiche dal 1988, si è tenuta nelle Sale del Mappamondo e dell’Appartamento Barbo di Palazzo Venezia a Roma.
Dal 2000 ad oggi ha realizzato gli arredi liturgici di varie Chiese di Roma e di Terni e ha lavorato a varie commissioni ecclesiastiche; è stato insignito da Papa Giovanni Paolo II del titolo di Accademico della Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi del Pantheon.
Sue opere sono presenti in importanti istituzioni pubbliche internazionali, come ad esempio Caduti nel Palazzo dell’ONU di Ginevra, Battesimi Umani nel Palazzo Municipale di Stoccolma, sede del Premio Nobel, e nella Collezione del Ministero degli Affari Esteri.
The Tribute, un’installazione scultorea di bronzo e acqua di grandi dimensioni, è stata di recente commissionata dal Frederik Meijer Gardens & Sculpture Park di Grand Rapids, in Michigan (USA), divenendo la scultura simbolo di questa prestigiosa e storica collezione di sculture all’aperto.
Realizza il Peace Summit Award conferito agli uomini di pace individuati tra le personalità del mondo della cultura e dello spettacolo.
Premio conferito il 13 dicembre 2007 agli attori George Clooney e Don Cheadle, da parte di Mikhail Gorbachev e Walter Veltroni.
Nel 2008 realizza per la Diocesi di Terni il Premio San Valentino 2008, opera in bronzo donata a Kerry Kennedy, Presidente della Robert F.Kennedy Foundation of Europe e al Cardinale Alfonso Lopes Trujillo, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia.
Ora sta realizzando il Premio Impresa 2008 per l’Istituto al Commercio Estero che sarà conferito alla migliore impresa italiana all’estero, il 22 Aprile a San Paolo del Brasile.
OLIVIERO RAINALDI di Piero Boccuzzi
Nel 1988 un fiore appare nella pittura di Oliviero Rainaldi: è un fiore bituminoso, oscuro, quasi funereo. Il gambo e le foglie che lo decorano sono della stessa tonalità pece del bocciolo. La “rosa” ondeggia, si lascia cullare dal vuoto nel vuoto, cade dolcemente fino a sistemarsi giù, in fondo all’opera. Sul foglio bianco, quasi a rappresentare un epitaffio, è la sua firma posta a modo di croce, di simbolo distintivo. È l’inizio di un nuovo cammino che ha la consapevolezza del rinnovamento e la certezza della sepoltura del passato. Sembrerebbe un necrologio pensato da chi possiede la forza progettuale per definire il proprio futuro. Il fiore accompagna l’anima che transita da una forma di esistenza a un’altra, lasciandola posare un’ultima volta sul corpo da cui si è liberata per confortare l’accaduto, trattenendosi pochi istanti, per poi riprendere, sostenuta dal vento, il cammino. La sua prima importante mostra Summae (1987), dedicata alla scolastica di Tommaso d’Aquino, si rivela come un’occasione per l’inizio delle riflessioni sulla dottrina della trasmigrazione dell’anima; dottrina che diventerà base teorica per la realizzazione di Seelenwanderung, ciclo esposto per la prima volta a Roma nel 1988. A questo periodo risale, come Rainaldi stesso ha più volte sottolineato, l’abbandono delle pratiche sperimentali, che lo avevano collocato ai margini del Minimalismo e dell’Arte Povera, e il conseguente recupero delle tecniche scultoree tradizionali che delinea un avvicinamento a temi riconosciuti come universali. Prima di accostarsi al nuovo è necessario affrontare un’ultima volta il passato per potersene liberare definitivamente, momento essenziale con cui avviene realmente il distacco, la separazione dalle cose terrene e materiali. Tutto parte dall’osservazione dell’arte funeraria degli antichi egizi che, secondo Platone e Erodoto, furono i primi tra le popolazioni antiche a credere nella dottrina della trasmigrazione delle anime. Rainaldi elabora un corpo disteso, prospetticamente diverso che “possiede una strana tensione tra la mancanza di vita di un cadavere e il sonno eterno di un essere vivente”1, come opportunamente ha sottolineato James Putnam, e che richiama alla memoria i monumenti funebri nord europei dell’epoca medioevale. Gisant, “giacente” è il termine con cui titola questi lavori. La pratica scultorea funeraria è arricchita dall’idea di fertilità e di rinnovamento della vita che richiama il concetto di trasmigrazione. In Gisant è anche manifesto il dualismo tra la vita e la morte: sono presenti il desiderio di un contatto divino e la necessità celeste di procreare. A far parte dello stesso ciclo artistico è una testa, un bassorilievo, che ricorda quelle ritrovate nella tomba del Re Sety nella Valle dei Re: ha gli occhi e la bocca chiusi, una serena espressione le illumina il viso. Staccata dal resto del corpo, questa diviene simbolo distintivo di un essere umano che può ora essere capace di instaurare un rapporto con l’assoluto e valorizzare i significati della sessualità e della morale incarnata. Tre di queste teste sono state utilizzate nel 1993, in una imponente istallazione presso la Shirn Kunsthalle di Francoforte dedicata alla riflessione, al “pulsare infinitesimale dell’anima in relazione all’incommensurabilità dell’universo”2. Nelle successive fasi artistiche Battesimi Umani (1994) e Caduti (1995), sono evidenti i richiami ai primi dieci capitoli del Genesi. Con il rito del battesimo si consacra, suggella e raffigura la fede; il tema della creazione del mondo e degli esseri umani, pare ora confluire in quello del rinnovamento spirituale-battesimale. Rainaldi sceglie di rappresentare la iniziazione di un uomo adulto per enfatizzare la complessità di una consapevolezza matura e urgente, illuminata da una profonda riflessione razionale. Nell’adulto il battesimo assume dunque tonalità distinte che evocano riferimenti evangelici e autobiografici. La “rigenerazione battesimale” diventa occasione di rinnovamento vitale ed esistenziale: il tema della fertilità viene ora sublimato nella dimensione spirituale. Oltre al riferimento biblico, “Battesimi Umani vuole parlare della vita nella sua essenza lontano dai frastuoni e dagli effetti pirotecnici”3: si tratta di un invito ad una riflessione sulla attuale situazione storica e sull’ingresso, del genere umano, nel nuovo millennio. Battesimi Umani propone la rinascita dell’uomo in quanto umanista contemporaneo che cerca la verità attraverso il recupero di valori intellettuali. L’uomo deve sentirsi partecipe di una “nova aetas” attraverso la riscoperta della “virtus” (tema che approfondirà successivamente in Vergini), secondo una concezione quattrocentesca che considerava l’umanità come un corpo organico sottoposto a cicli naturali di morte e rifioritura. Rinnovarsi per l’uomo contemporaneo significa attribuire alla dimensione spirituale una rinvigorita forza con cui essere in grado di progettare il domani. Questo stato di serenità è anche il frutto di un singolare recupero dei classici liberati da tutte quelle deformazioni critiche che ne avevano condizionato la lettura sia in campo filosofico che in quello artistico. Anche per Caduti la fonte di influenza si rivela l’Antico Testamento, l’episodio è quello dell’esilio di Adamo e Eva dall’Eden. Le forme a cui dà vita hanno il capo chino, sembrano pietrificate nel loro dolore, immobili, assorte nei loro pensieri, spesso solo confortate dall’idea di una espiazione lontana. In Caduti l’uomo rivela la propria labilità ontologica che fonda, da un lato l’apertura della libertà umana, dall’altro il dramma della scelta morale. Se nei Battesimi Umani l’uomo e la donna apparivano uno di fronte all’altro liberi e pronti al dialogo, in Caduti è chiara una compromissione che li rende complici nel peccato. Entrambi i cicli rappresentano, con una esemplificazione del reale, il genere umano, la società odierna. Questo continuo colloquio aperto con l’assoluto, con la propria coscienza che si concretizza con il costante rapporto con la quotidianità, rivelerebbe una specifica condotta morale simile all’idea che la dottrina cattolica ha del santo, riconosciuto in quanto tale dalla presenza in lui dello Spirito Santo, dell’illuminazione, della saggezza dentro della realtà mondana. L’uomo si rivela nel suo agire quotidiano mantenendo una condotta che viene presa d’esempio dalla comunità. Le sue abitudini, il suo costume, il suo modo di rapportarsi contribuisce a costruire sui valori comuni una diversa forma di società in cui il rispetto per la dignità umana e il resistere alla tentazione dell’egoismo e della violenza formano un modello esemplare, un Santo (1999). Per Rainaldi il dialogo è lo strumento principe per decifrare e orientarsi nella costruzione valoriale della morale e della contestualità della esistenza concreta e fattuale. Esistono due forme di dialogo: quella privata, in cui l’interlocutore è il trascendente, e quella pubblica che si concretizza nella dialogicità umana: “Senza conversazione o famigliaritade impossibile è a conoscere gli uomini”4 afferma Dante Alighieri nel Convivio. Uno tra i primi quadri delle Conversazioni, ciclo a cui si dedicherà tra il 2000 e il 2003, rappresenta due uomini che si contendono un drappo; uno preme per avvicinarsi, per far valere le proprie ragioni, l’altro ostacola l’avvicinamento difendendo la propria posizione. La rappresentazione racconta, in maniera molto precisa e dettagliata, gli umori dei contendenti e la loro lealtà per l’avversario. Il rispetto per l’antagonista diventa il vero soggetto che occupa la scena, il cuore dell’opera. In altre opere si osserva una figura che medita circondata da tessuti che la isolano da facili distrazioni, con la testa china e resa mentre ascolta. La più importante di queste, ritrae il figlio di Dio in grembo alla Madonna che fissa intensamente un teschio, presagio della sua fine tra gli uomini. Il tema della rinascita viene rappresentato nella concezione della risurrezione in quanto superamento della morte. In questo caso, vita e morte vengono contestualizzati nel quadro del rapporto tra madre e figlio. Sembra quasi che il simbolo della fertilità, Maria madre, presenti già il seme del futuro: la morte, significata dal teschio. Questa circolarità, che già non è dualismo, rappresenta la traiettoria esistenziale di tutti gli esseri umani, concretizzata nella scelta morale inaugurata dalla caduta, dalla libertà. Il dramma viene quindi a essere trasposto al piano di un’esistenza concretamente impegnata nel quotidiano. L’ultima fase di questa premonizione viene raccontata in Ultima Cena (2007), un’opera monumentale che descrive le ultime ore passate da Gesù con gli Apostoli prima della cattura e della crocifissione. L’artista abruzzese erige una scena a forte impatto evocativo che risolve la propria drammaticità con la fisicità della rappresentazione da cui si evince un poderoso sbandamento nei commensali causato dal dipanarsi dell’evento. La figura dominante è quella di Cristo a cui si contrappone Giuda: il tema affrontato è quello del tradimento e della reticenza. Rainaldi sembra non essere influenzato dalla precedente iconografia disseminata nel corso del tempo; la complessità dell’opera e del racconto viaggiano di pari passo con l’esemplificazione scenica, tutto è volutamente omesso eppure ogni elemento è presente; sembrerebbe di assistere ad una rappresentazione del teatro epico brechtiano: i personaggi si muovono in funzione di uno spazio idealmente circoscritto e visivamente assente in cui è avvertita la solennità del momento. Danilo Eccher reputa non a caso la poetica di Oliviero Rainaldi “commovente per quella sua incosciente spregiudicatezza linguistica che lo porta a correre lungo i bordi, a danzare sul baratro; commovente per quel profondo valore spirituale che gli consente di affrontare narrazioni impossibili”5, sistemandola ai limiti fra “pittura e scultura, fra figurazione e astrazione, fra la puntigliosità della ricerca e l’indeterminatezza dell’emozione”6. Tra le Conversazioni (2000/2003) e Ultima Cena (2007), Rainaldi continua la sua ricerca interessandosi alla bellezza e alla virtù. Interrogandosi su questi punti, al di là dei presupposti platonici, indirizza la propria indagine recuperando il concetto di bellezza greca e di virtù romana ricontestualizzandoli nella società attuale. La rielaborazione del classico, alla luce delle influenze dei dipinti delle donne alla toilette di Edgar Degas e Pierre Bonnard, recupera i modelli morali e umani di un mondo passato, riconoscendone la lontananza e la diversità. Le Vergini (2005) sono state presentate per la prima volta a Roma in occasione di una sua personale a Palazzo Venezia a novembre 2006. Alla staticità scultorea delle Vergini, alla loro estatica bellezza, alla loro immobilità virtuosa si contrappongono i Fenomeni (2007), un gruppo di disegni, in cui l’eleganza della messa in scena viene espressa nella sua forma più alta e poetica da una compagine di acrobati. Si assiste a una costante attenzione verso il partner, alle fasi di un continuo ed elegante corteggiamento, a uno scambio di pensieri che tiene costante l’equilibrio e richiama il tema della dialogicità. La conversazione che ne segue sprigiona vitalità inconsueta diramando nell’aria una sensazione di sicurezza e affidabilità che profuma l’atmosfera. In cielo, liberi, ma uniti da un forte e sentito bisogno reciproco, questi atleti danno vita a una serie spettacolare e inesauribile di acrobazie: le idee ondeggiano sicure, emancipate e certe della forza delle braccia che con vigore assicurano la propria presenza e il proprio appoggio alle coreografie. Queste ultime si liberano nell’aria e si lasciano cullare da un soffio di vento; lo stesso che nel 1988 aveva accarezzato quel fiore a cui Oliviero Rainaldi aveva affidato la propria rinascita, la sua anima.
31
maggio 2008
Oliviero Rainaldi – Su Carta
Dal 31 maggio al 15 luglio 2008
disegno e grafica
Location
ROSSOQUARANTUNO
Trani, Via Delle Crociate, 41, (Bari)
Trani, Via Delle Crociate, 41, (Bari)
Orario di apertura
10.30/13 e 18/21
Vernissage
31 Maggio 2008, ore 19
Sito web
www.olivierorainaldi.net
Autore