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Vardi Kahana – One Family
A sessant’anni dalla tragedia dell’Olocausto Vardi Kahana racconta attraverso le sue immagini cosa è accaduto agli eredi di coloro che hanno vissuto la Shoa
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Si inaugurerà il prossimo 19 maggio One Family l’importante rassegna fotografica dell’artista Vardi Kahana, che il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato presenta in occasione del 60° anniversario di fondazione dello Stato d’Israele. Il percorso espositivo a cura di Marco Bazzini si potrà visitare sino al 15 giugno presso la Sala Teatro. A sessant’anni dalla tragedia dell’Olocausto Vardi Kahana racconta attraverso le sue immagini cosa è accaduto agli eredi di coloro che hanno vissuto la Shoa.
La mostra presenta un percorso iconografico compiuto dall’artista, nel corso di un decennio, attraverso confini geografici, ideologici e psicologici.
Alla prima generazione dei sopravvissuti all’Olocausto Vardi Kahana accosta una miriade di esperienze individuali e collettive, dai Kibbutzim ai coloni della Cisgiordania, dagli ortodossi di Tel Aviv ai secolari di Copenhagen, tutti accomunati dall’appartenenza ad un’unica famiglia. Il lavoro dell’artista evidenzia le diverse dinamiche dei legami familiari che si creano nei periodi in cui la necessità di sopravvivenza è bisogno primario.
Il punto di partenza della mostra è limmagine di Rivka, madre dell’artista, e delle sue due sorelle, Lea ed Ester. Sul loro braccio sinistro sono tatuati tre numeri consecutivi: A-7760, A-7761, A-7762, l'ordine in cui ad Auschwitz, nell'aprile del 1944, hanno aspettato in fila che fosse loro impresso il tatuaggio. A quel tempo non sapevano se sarebbero sopravvissute fino all'indomani: oggi vivono tutte e tre in Israele, nonne di trentuno nipoti.
Per ritrarre i suoi parenti l’artista ha viaggiato in Israele ed all’estero: dai Kibbutz socialisti della Shomer Hatzair nel nord, agli insediamenti in Giudea e Samaria, dagli insediamento di Susya, nelle colline a sud di Hebron, alla ricca Savyon; da Gerusalemme a Tel Aviv; da Bnei Brak a Copenaghen; da Petach Tikva a Cesarea. Un lavoro di documentazione fotografica che narra la storia di quattro generazioni protagoniste dell’esperienza esistenziale ebraico-israeliana.
Spostamenti fra "sinistra" e "destra", fra ultraortodossi e case di atei ed agnostici. Vardi Kahana nel suo lavoro evidenzia le dicotomie che si sono create all'interno della famiglia: “Nella mia relazione con i cugini -spiega l’artista- manca ormai quel senso di urgenza esistenziale che contrassegnava la relazione dei miei genitori con i suoi fratelli. Ma c'è di più: si è creato un divario politico e religioso che talvolta provoca una vera e propria spaccatura. La geografia è una metonimia per la voragine ideologica che separa i diversi rami della mia famiglia. Adesso che noi stessi siamo diventati genitori -prosegue Kahana- il bisogno di vicinanza della famiglia allargata è diminuito. E' vero che il divario ideologico ci allontana e cancella qualunque possibilità di un denominatore comune? A quanto pare si. Ci incontreremo in occasione delle feste e Dio non voglia, ai funerali. Nessun altro collante ci tiene più uniti“.
La mostra presenta un percorso iconografico compiuto dall’artista, nel corso di un decennio, attraverso confini geografici, ideologici e psicologici.
Alla prima generazione dei sopravvissuti all’Olocausto Vardi Kahana accosta una miriade di esperienze individuali e collettive, dai Kibbutzim ai coloni della Cisgiordania, dagli ortodossi di Tel Aviv ai secolari di Copenhagen, tutti accomunati dall’appartenenza ad un’unica famiglia. Il lavoro dell’artista evidenzia le diverse dinamiche dei legami familiari che si creano nei periodi in cui la necessità di sopravvivenza è bisogno primario.
Il punto di partenza della mostra è limmagine di Rivka, madre dell’artista, e delle sue due sorelle, Lea ed Ester. Sul loro braccio sinistro sono tatuati tre numeri consecutivi: A-7760, A-7761, A-7762, l'ordine in cui ad Auschwitz, nell'aprile del 1944, hanno aspettato in fila che fosse loro impresso il tatuaggio. A quel tempo non sapevano se sarebbero sopravvissute fino all'indomani: oggi vivono tutte e tre in Israele, nonne di trentuno nipoti.
Per ritrarre i suoi parenti l’artista ha viaggiato in Israele ed all’estero: dai Kibbutz socialisti della Shomer Hatzair nel nord, agli insediamenti in Giudea e Samaria, dagli insediamento di Susya, nelle colline a sud di Hebron, alla ricca Savyon; da Gerusalemme a Tel Aviv; da Bnei Brak a Copenaghen; da Petach Tikva a Cesarea. Un lavoro di documentazione fotografica che narra la storia di quattro generazioni protagoniste dell’esperienza esistenziale ebraico-israeliana.
Spostamenti fra "sinistra" e "destra", fra ultraortodossi e case di atei ed agnostici. Vardi Kahana nel suo lavoro evidenzia le dicotomie che si sono create all'interno della famiglia: “Nella mia relazione con i cugini -spiega l’artista- manca ormai quel senso di urgenza esistenziale che contrassegnava la relazione dei miei genitori con i suoi fratelli. Ma c'è di più: si è creato un divario politico e religioso che talvolta provoca una vera e propria spaccatura. La geografia è una metonimia per la voragine ideologica che separa i diversi rami della mia famiglia. Adesso che noi stessi siamo diventati genitori -prosegue Kahana- il bisogno di vicinanza della famiglia allargata è diminuito. E' vero che il divario ideologico ci allontana e cancella qualunque possibilità di un denominatore comune? A quanto pare si. Ci incontreremo in occasione delle feste e Dio non voglia, ai funerali. Nessun altro collante ci tiene più uniti“.
19
maggio 2008
Vardi Kahana – One Family
Dal 19 maggio al 15 giugno 2008
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
CENTRO PER L’ARTE CONTEMPORANEA LUIGI PECCI
Prato, Viale Della Repubblica, 277, (Prato)
Prato, Viale Della Repubblica, 277, (Prato)
Orario di apertura
10.00 -19.00, martedì chiuso
Vernissage
19 Maggio 2008, ore 19.00
Ufficio stampa
ROSI FONTANA
Autore
Curatore