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Milanopoli. Un’indagine sulla città di Milano
Milanopoli è un’indagine sulla città di Milano, articolata in quattro tracce di ricerca. La mostra prende il nome dalla connessione esistente – a livello di toponomastica – tra il gioco del Monopoli e la città di Milano, che caratterizza il punto di partenza di uno dei lavori e rappresenta, più globalmente, l’intera mostra per l’approccio di mappatura, a diverso titolo, che i quattro percorsi condividono
Comunicato stampa
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Milanopoli è un’indagine sulla città di Milano, articolata in quattro tracce di ricerca.
La mostra prende il nome dalla connessione esistente – a livello di toponomastica – tra il gioco del Monopoli e la città di Milano, che caratterizza il punto di partenza di uno dei lavori e rappresenta, più globalmente, l’intera mostra per l’approccio di mappatura, a diverso titolo, che i quattro percorsi condividono. Nato come progetto di ricerca all’interno di un workshop sulla pratica curatoriale tenuto da Jens Hoffmann, Milanopoli è stato interamente pensato e realizzato dagli studenti del Biennio in arti visive e studi curatoriali, con la ricerca, spesso, di contatti e collaborazioni esterni a NABA.
Nell’eterogeneità delle quattro tracce si è vista coinvolta la città di Milano negli aspetti più disparati della sua realtà, passando dal complesso problema degli spazi abitativi ad un’analisi storica dei movimenti underground dal dopoguerra ad oggi; e ancora, dal coinvolgimento dell’associazionismo legato all’arte contemporanea fino alla creazione di un kit per un “turismo critico” verso l’estetica dello spazio pubblico urbano.
Terreno comune tra le ricerche è la mappa della città a terra – sintetica e semplificata nei nove colori del gioco da tavolo citato – come momento di incontro e punto di ritorno dei quattro progetti curatoriali.
PEER TO PEER
a cura di Matteo Lucchetti, Giulia Paciello, Mila Popdimitrova e Pietro Rossi
“Per Peer to Peer si intende, tecnicamente, una rete di due o più computer in cui tutti gli elaboratori occupano la stessa posizione gerarchica, una modalità normalmente conosciuta con il termine gruppo di lavoro, in antitesi alle reti in cui è presente un dominio centralizzato.”
Peer to Peer nasce come dispositivo nel quale convogliare una selezionata rappresentanza delle associazioni culturali milanesi legate all’arte contemporanea, col fine di attivare una riflessione sul rapporto esistente tra territorialità e associazionismo. Allontanandosi dall’idea di un’indagine esaustiva e scientificamente condotta, si è scelto di relazionarsi con le varie associazioni attraverso una metodologia ludica, invitandole a ripensare ad un’ipotetica ricollocazione all’interno delle nove zone amministrative della città di Milano; partizioni totalmente sconnesse da un’identità storica, di quartiere o di comunità. Il gioco – ispirato per forme e colori al Monopoli per il suo legame con la toponomastica meneghina – diventa un mezzo per far emergere una cartografia di Milano costruita attraverso l’attività delle associazioni, letta tramite un lavoro di tipo community based oppure rivolto ad una collettività non specifica, ma spesso frutto di una percezione della contemporaneità più diretta e meno mediata rispetto ai luoghi istituzionali.
Un approccio relazionale che continua fino all’ultima fase del progetto, con un coinvolgimento del pubblico per la creazione di una piattaforma on line, nella quale annullare qualsiasi divisione fittizia interna alla città e creare possibili "gruppi di lavoro" e altrettanti punti d'incontro.
EVERYTHING HAS ITS RIGHT PLACE
a cura di Paolo Caffoni, Arianna Carcano, Miriam Parra e Lorenzo Tamai
Le trame narrative delle città contemporanee non sono continue, perché patiscono distruzioni o trasformazioni caotiche, o semplicemente perché una pianificazione inadeguata lascia fra le maglie di spazio urbano alcune porzioni o particelle senza scopo. Sono luoghi accidentalmente residuali, di bassissima densità volumetrica, o costruzioni abbandonate da anni per i più vari motivi: politici, sociali ed economici.
L’idea guida del progetto è stata lavorare sull’elemento abitativo per ripopolare gli interstizi urbani attraverso una nuova soluzione tipologica: quella dell’”informalità abitativa”. Informale è la situazione abitativa caratterizzante l’abusivismo e il nomadismo moderno all’interno della città, una condizione di deriva che, applicata ad un “formalismo del diritto” ormai sedimentato ed astratto, si adegua alla nostra realtà. Ecco allora come in situazioni di emarginazione, l’informalità abitativa si costituisce come garanzia di un accesso al diritto all’abitare, altrimenti negato.
Il lavoro di alcuni artisti e designer elabora alternative atte a colmare quelle mancanze e quei vuoti che il piano di sviluppo modernista ha lasciato in eredità ai giorni nostri. Everything has its right place è infatti l’enunciazione di una condizione utopica irrisolta, la discrepanza fra un progetto e il suo esito. Il fallimento di una pianificazione globale che solo ora una serie di insorgenze locali sta cercando di risolvere.
ImagEtica
a cura di Anita Gazzani, Valentina Maggi e Jose Roberto Shwafaty Siquiera
ImagEtica è un progetto che non vuole proporre “un nuovo programma visivo” per la città, ma cerca di evidenziarne alcune caratteristiche, problemi, bellezze e situazioni.
Attraverso un approccio visuale e critico degli artisti, verrà creata una raccolta di materiali che simula il sabotaggio dei posti e delle idee di un possibile “turismo critico”.
Il display che abbiamo scelto per questo progetto è direttamente collegato con l’idea di informazione, guida, vendita e rivelazione di micro / macro situazioni nascoste. Può essere un luogo fisso, una sorta di piccolo archivio con i lavori e la relativa documentazione (simulando un ufficio informazioni), ma anche una sorta di mostra “portatile”: un info-kit stampato per turisti, distribuito agli aeroporti e alle stazioni ferroviarie, o in luoghi turistici e piazze. Può essere ristampato e quindi aggiornato e, grazie alla sue caratteristiche, essere visibile per un lungo lasso di tempo.
ImagEtica è pensata come un display pubblico di contro-informazione, consapevolezza, riflesso estetico e politico della città, quindi un tentativo di riflettere su Milano, la sua iconografia, i suoi interessi e programmi. Il tutto per esaminare la sua storia, il suo sviluppo sociale, il suo stato attuale ed il suo intricato funzionamento.
MOLE HILLS
a cura di Valentina Angeleri e Michele D’Aurizio
I movimenti undeground giovanili hanno agito nel sottosuolo dei sistemi dominanti, scavando come talpe verso il basso e lasciando sulla superficie della città cumuli di terra smossa. L'indagine qui presentata racconta questi cumuli - in inglese: mole-hills - nel panorama milanese dal secondo dopoguerra ad oggi, focalizzandosi sul rapporto tra movimenti e territorio urbano. Racconta l'uso - di volta in volta inedito - che bande di quartiere, teddy boys, beat, punk, writers hanno fatto della città. Racconta come le dimensioni minime degli alloggi nelle case di ringhiera abbiano portato gli abitanti a riversarsi in strada e ad identificarsi con l'identità del proprio quartiere; come l'edilizia popolare abbia sovvertito quella stessa identità, favorendo il formarsi di gruppi trasgressivi e spesso violenti come i Teddy Boys; e poi: come le invasioni del centro storico da parte dei primi beatnik, così come il primo ed unico esempio di comune metropolitana a Milano, siano stati brutalmente repressi; come il fenomeno punk, nato nelle periferie ma presto riversatosi nel centro cittadino, sia poi giunto a relegarsi in spazi chiusi destinati all'autoreferenzialità; e infine come oggi solo i writer continuino a dialogare con il territorio urbano, sebbene agendo sempre unicamente sulla superficie della città. "Mole-hills" è la storia di utopie collettive a cui Milano ha negato lo spazio vitale. E in quanto tale è un invito a uscire dalle tane e a riprendersi la città. Be underground but be it above ground.
La mostra prende il nome dalla connessione esistente – a livello di toponomastica – tra il gioco del Monopoli e la città di Milano, che caratterizza il punto di partenza di uno dei lavori e rappresenta, più globalmente, l’intera mostra per l’approccio di mappatura, a diverso titolo, che i quattro percorsi condividono. Nato come progetto di ricerca all’interno di un workshop sulla pratica curatoriale tenuto da Jens Hoffmann, Milanopoli è stato interamente pensato e realizzato dagli studenti del Biennio in arti visive e studi curatoriali, con la ricerca, spesso, di contatti e collaborazioni esterni a NABA.
Nell’eterogeneità delle quattro tracce si è vista coinvolta la città di Milano negli aspetti più disparati della sua realtà, passando dal complesso problema degli spazi abitativi ad un’analisi storica dei movimenti underground dal dopoguerra ad oggi; e ancora, dal coinvolgimento dell’associazionismo legato all’arte contemporanea fino alla creazione di un kit per un “turismo critico” verso l’estetica dello spazio pubblico urbano.
Terreno comune tra le ricerche è la mappa della città a terra – sintetica e semplificata nei nove colori del gioco da tavolo citato – come momento di incontro e punto di ritorno dei quattro progetti curatoriali.
PEER TO PEER
a cura di Matteo Lucchetti, Giulia Paciello, Mila Popdimitrova e Pietro Rossi
“Per Peer to Peer si intende, tecnicamente, una rete di due o più computer in cui tutti gli elaboratori occupano la stessa posizione gerarchica, una modalità normalmente conosciuta con il termine gruppo di lavoro, in antitesi alle reti in cui è presente un dominio centralizzato.”
Peer to Peer nasce come dispositivo nel quale convogliare una selezionata rappresentanza delle associazioni culturali milanesi legate all’arte contemporanea, col fine di attivare una riflessione sul rapporto esistente tra territorialità e associazionismo. Allontanandosi dall’idea di un’indagine esaustiva e scientificamente condotta, si è scelto di relazionarsi con le varie associazioni attraverso una metodologia ludica, invitandole a ripensare ad un’ipotetica ricollocazione all’interno delle nove zone amministrative della città di Milano; partizioni totalmente sconnesse da un’identità storica, di quartiere o di comunità. Il gioco – ispirato per forme e colori al Monopoli per il suo legame con la toponomastica meneghina – diventa un mezzo per far emergere una cartografia di Milano costruita attraverso l’attività delle associazioni, letta tramite un lavoro di tipo community based oppure rivolto ad una collettività non specifica, ma spesso frutto di una percezione della contemporaneità più diretta e meno mediata rispetto ai luoghi istituzionali.
Un approccio relazionale che continua fino all’ultima fase del progetto, con un coinvolgimento del pubblico per la creazione di una piattaforma on line, nella quale annullare qualsiasi divisione fittizia interna alla città e creare possibili "gruppi di lavoro" e altrettanti punti d'incontro.
EVERYTHING HAS ITS RIGHT PLACE
a cura di Paolo Caffoni, Arianna Carcano, Miriam Parra e Lorenzo Tamai
Le trame narrative delle città contemporanee non sono continue, perché patiscono distruzioni o trasformazioni caotiche, o semplicemente perché una pianificazione inadeguata lascia fra le maglie di spazio urbano alcune porzioni o particelle senza scopo. Sono luoghi accidentalmente residuali, di bassissima densità volumetrica, o costruzioni abbandonate da anni per i più vari motivi: politici, sociali ed economici.
L’idea guida del progetto è stata lavorare sull’elemento abitativo per ripopolare gli interstizi urbani attraverso una nuova soluzione tipologica: quella dell’”informalità abitativa”. Informale è la situazione abitativa caratterizzante l’abusivismo e il nomadismo moderno all’interno della città, una condizione di deriva che, applicata ad un “formalismo del diritto” ormai sedimentato ed astratto, si adegua alla nostra realtà. Ecco allora come in situazioni di emarginazione, l’informalità abitativa si costituisce come garanzia di un accesso al diritto all’abitare, altrimenti negato.
Il lavoro di alcuni artisti e designer elabora alternative atte a colmare quelle mancanze e quei vuoti che il piano di sviluppo modernista ha lasciato in eredità ai giorni nostri. Everything has its right place è infatti l’enunciazione di una condizione utopica irrisolta, la discrepanza fra un progetto e il suo esito. Il fallimento di una pianificazione globale che solo ora una serie di insorgenze locali sta cercando di risolvere.
ImagEtica
a cura di Anita Gazzani, Valentina Maggi e Jose Roberto Shwafaty Siquiera
ImagEtica è un progetto che non vuole proporre “un nuovo programma visivo” per la città, ma cerca di evidenziarne alcune caratteristiche, problemi, bellezze e situazioni.
Attraverso un approccio visuale e critico degli artisti, verrà creata una raccolta di materiali che simula il sabotaggio dei posti e delle idee di un possibile “turismo critico”.
Il display che abbiamo scelto per questo progetto è direttamente collegato con l’idea di informazione, guida, vendita e rivelazione di micro / macro situazioni nascoste. Può essere un luogo fisso, una sorta di piccolo archivio con i lavori e la relativa documentazione (simulando un ufficio informazioni), ma anche una sorta di mostra “portatile”: un info-kit stampato per turisti, distribuito agli aeroporti e alle stazioni ferroviarie, o in luoghi turistici e piazze. Può essere ristampato e quindi aggiornato e, grazie alla sue caratteristiche, essere visibile per un lungo lasso di tempo.
ImagEtica è pensata come un display pubblico di contro-informazione, consapevolezza, riflesso estetico e politico della città, quindi un tentativo di riflettere su Milano, la sua iconografia, i suoi interessi e programmi. Il tutto per esaminare la sua storia, il suo sviluppo sociale, il suo stato attuale ed il suo intricato funzionamento.
MOLE HILLS
a cura di Valentina Angeleri e Michele D’Aurizio
I movimenti undeground giovanili hanno agito nel sottosuolo dei sistemi dominanti, scavando come talpe verso il basso e lasciando sulla superficie della città cumuli di terra smossa. L'indagine qui presentata racconta questi cumuli - in inglese: mole-hills - nel panorama milanese dal secondo dopoguerra ad oggi, focalizzandosi sul rapporto tra movimenti e territorio urbano. Racconta l'uso - di volta in volta inedito - che bande di quartiere, teddy boys, beat, punk, writers hanno fatto della città. Racconta come le dimensioni minime degli alloggi nelle case di ringhiera abbiano portato gli abitanti a riversarsi in strada e ad identificarsi con l'identità del proprio quartiere; come l'edilizia popolare abbia sovvertito quella stessa identità, favorendo il formarsi di gruppi trasgressivi e spesso violenti come i Teddy Boys; e poi: come le invasioni del centro storico da parte dei primi beatnik, così come il primo ed unico esempio di comune metropolitana a Milano, siano stati brutalmente repressi; come il fenomeno punk, nato nelle periferie ma presto riversatosi nel centro cittadino, sia poi giunto a relegarsi in spazi chiusi destinati all'autoreferenzialità; e infine come oggi solo i writer continuino a dialogare con il territorio urbano, sebbene agendo sempre unicamente sulla superficie della città. "Mole-hills" è la storia di utopie collettive a cui Milano ha negato lo spazio vitale. E in quanto tale è un invito a uscire dalle tane e a riprendersi la città. Be underground but be it above ground.
09
maggio 2008
Milanopoli. Un’indagine sulla città di Milano
Dal 09 maggio al 06 giugno 2008
arte contemporanea
Location
NABA – NUOVA ACCADEMIA DI BELLE ARTI
Milano, Via Carlo Darwin, 20, (Milano)
Milano, Via Carlo Darwin, 20, (Milano)
Orario di apertura
lun-ven 17.00/19.00; o su appuntamento
Vernissage
9 Maggio 2008, ore 17
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