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Luciano Maciotta
Le opere più recenti di Maciotta abbinano spesso l’indagine dello spazio mediante la sagomatura delle tele alla definizione di percorsi o di “disegni” generati attraverso il posizionamento di led che diventano strumenti d’espressione strettamente connaturati con presenze propriamente pittoriche
Comunicato stampa
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Maciotta è un artista milanese che vive a Monza e che per lungo tempo ha lavorato nei campi dell’elettrotecnica e dell’elettronica mettendo a frutto la laurea in Ingegneria elettrotecnica e occupando importanti ruoli manageriali sia in Italia che all’estero. Da alcuni anni, ha ripreso con maggiore assiduità a frequentare quel versante dei suoi interessi, peraltro mai del tutto accantonati, che fin dagli anni Sessanta (è nato nel 1943) lo avevano portato sui percorsi dell’arte e in particolare verso quel neoconcretismo che va dall’arte programmata alle tele sagomate di Enrico Castellani. Ambiti questi in cui evidente era l’attenzione alla luce e agli effetti possibili sulla superficie della tela e dentro lo spazio. La conoscenza approfondita dei fenomeni luminosi e degli apporti che la tecnologia più avanzata andava man mano proponendo ha portato l’artista a cercare una interazione tra luci naturali (ovviamente riflesse dai colori stesi sulle superfici) e possibili inserimenti di luci artificiali dentro il quadro. E con la scoperta del led (acronimo di Light Emitting Diode ovvero “Diodo ad emissione di Luce”) questa ipotesi è diventata realtà. Le opere più recenti di Maciotta, infatti, abbinano spesso l’indagine dello spazio mediante la sagomatura delle tele alla definizione di percorsi o di “disegni” generati attraverso il posizionamento di led che diventano strumenti d’espressione strettamente connaturati con presenze propriamente pittoriche.
Elisabetta Longari approfondisce con puntualità questi temi nel catalogo edito da Multigraf che accompagna queste mostre e sottolinea con grande chiarezza che “Maciotta adotta indubbiamente la luce come principale elemento espressivo, anche se non è mai presentata da sola; essa comunque mantiene la propria doppia valenza intrinseca: nel contempo si mostra come materia e come forma di smaterializzazione spirituale. E della stessa ambivalenza partecipa l’autore, che nasce ingegnere e che non smette di esserlo anche nell’arte, proponendo una figura d’artista, che, se dovessimo utilizzare categorie legate al passato, potremmo definire positivista e umanista al tempo stesso. Rifugge gli elementi “drammatizzanti” e fantasmagorici che la luce potrebbe portare con sé, opta invece per la creazione di uno spazio apollineo, ordinato, che a volte assume il carattere quasi di verifica matematica. Spesso pone a confronto una stesura dipinta con un determinato pigmento e la relativa luce colorata.”
E aggiunge che “Le sue forme nascono dall’ordine, non dal caos, sono spesso speculari e sempre armoniose. Esse s’ispirano frequentemente a immagini rubate a diversi ambiti scientifici, anche se a volte si richiamano a visioni naturalistiche che l’occhio “nudo” vede e riconosce facilmente, come il cielo stellato e la distribuzione topografica dei vulcani, è più usuale che invece vengano improntate a “figure” più astratte proprie della fisica, della chimica e della meccanica, per esempio frattali, spirali, ingranaggi e diagrammi… I quadri-oggetto di Maciotta invadono lo spazio e, riverberandosi, condizionano l’ambiente in cui sono immersi, mentre generano stupore nell’osservatore perchè modificano sottilmente la percezione dello spazio intorno. Anche se la luce di Maciotta non ha la radicalità degli interventi di Fontana o la qualità immersiva di quelli di Turrell, riesce comunque a manipolare anch’essa sottilmente lo spazio.”
Solo la visione diretta permette di comprende come questa commistione di naturale e artificiale possa essere efficace e di apprezzare una poetica che vive contemporaneamente di un medium di lunghissima tradizione come la pittura e di elementi propri di una tecnologia sempre più avanzata.
Le tre situazioni espositive, che si succederanno da giugno a novembre, sono diverse e proprio per questo si prestano a una ulteriore verifica della effettiva valenza artistica e innovativa di questi lavori a cui Maciotta si dedica da tempo.
Particolarmente affascinante sarà il dialogo-confronto tra queste opere, la Piazza del Duomo e l’interno del Campanile di Pietrasanta, in una lunga escursione temporale che porta dalle architetture di fine del Quattrocento (progettate dal fiorentino Donato Benti) fino agli interventi artistici di Maciotta chiaramente immersi nella contemporaneità
Elisabetta Longari approfondisce con puntualità questi temi nel catalogo edito da Multigraf che accompagna queste mostre e sottolinea con grande chiarezza che “Maciotta adotta indubbiamente la luce come principale elemento espressivo, anche se non è mai presentata da sola; essa comunque mantiene la propria doppia valenza intrinseca: nel contempo si mostra come materia e come forma di smaterializzazione spirituale. E della stessa ambivalenza partecipa l’autore, che nasce ingegnere e che non smette di esserlo anche nell’arte, proponendo una figura d’artista, che, se dovessimo utilizzare categorie legate al passato, potremmo definire positivista e umanista al tempo stesso. Rifugge gli elementi “drammatizzanti” e fantasmagorici che la luce potrebbe portare con sé, opta invece per la creazione di uno spazio apollineo, ordinato, che a volte assume il carattere quasi di verifica matematica. Spesso pone a confronto una stesura dipinta con un determinato pigmento e la relativa luce colorata.”
E aggiunge che “Le sue forme nascono dall’ordine, non dal caos, sono spesso speculari e sempre armoniose. Esse s’ispirano frequentemente a immagini rubate a diversi ambiti scientifici, anche se a volte si richiamano a visioni naturalistiche che l’occhio “nudo” vede e riconosce facilmente, come il cielo stellato e la distribuzione topografica dei vulcani, è più usuale che invece vengano improntate a “figure” più astratte proprie della fisica, della chimica e della meccanica, per esempio frattali, spirali, ingranaggi e diagrammi… I quadri-oggetto di Maciotta invadono lo spazio e, riverberandosi, condizionano l’ambiente in cui sono immersi, mentre generano stupore nell’osservatore perchè modificano sottilmente la percezione dello spazio intorno. Anche se la luce di Maciotta non ha la radicalità degli interventi di Fontana o la qualità immersiva di quelli di Turrell, riesce comunque a manipolare anch’essa sottilmente lo spazio.”
Solo la visione diretta permette di comprende come questa commistione di naturale e artificiale possa essere efficace e di apprezzare una poetica che vive contemporaneamente di un medium di lunghissima tradizione come la pittura e di elementi propri di una tecnologia sempre più avanzata.
Le tre situazioni espositive, che si succederanno da giugno a novembre, sono diverse e proprio per questo si prestano a una ulteriore verifica della effettiva valenza artistica e innovativa di questi lavori a cui Maciotta si dedica da tempo.
Particolarmente affascinante sarà il dialogo-confronto tra queste opere, la Piazza del Duomo e l’interno del Campanile di Pietrasanta, in una lunga escursione temporale che porta dalle architetture di fine del Quattrocento (progettate dal fiorentino Donato Benti) fino agli interventi artistici di Maciotta chiaramente immersi nella contemporaneità
31
maggio 2008
Luciano Maciotta
Dal 31 maggio al 30 giugno 2008
arte contemporanea
Location
DUOMO DI SAN MARTINO
Pietrasanta, Piazza Duomo, (Lucca)
Pietrasanta, Piazza Duomo, (Lucca)
Orario di apertura
17-20 / 21.30-24
Vernissage
31 Maggio 2008, dalle 18 alle 20
Ufficio stampa
UESSEARTE
Autore