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Debora Hirsch – BR-101
BR-101 di Debora Hirsch è un lavoro fotografico, ma è anche un percorso tra contraddizioni e paradossi di un paese che l’artista conosce bene per esservi nata e cresciuta. E’ un lavoro che esprime uno sguardo particolare: quello di chi, avendo lasciato il paese d’origine, ha sperimentato la distanza, gli scambi; di chi ha conosciuto stili di vita e culture diverse e nel confronto si è potuto rendere conto delle convenzioni tra le quali si è formato
Comunicato stampa
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Giovedì 10 aprile 2008 alle ore 18.30 presso la Sala Roberto Olivetti di Roma, si inaugura "BR-101", mostra personale di Debora Hirsch, realizzata nell'ambito del Festival della Fotografia di Roma che in questa edizione ha come titolo "Vedere la normalità. La fotografia racconta il quotidiano".
BR-101 è la strada principale del Brasile. Si tratta di una strada federale che, correndo parallela al mare, taglia longitudinalmente l'intero paese attraversando i diversi stati che lo compongono. Pur avendo un nome che la connota nel suo insieme, la BR-101 viene denominata diversamente in ogni stato che attraversa. Sulla BR-101 circolano ogni giorno automobili, pullman, automezzi di ogni genere: un viavai di genti e di umori, una transumanza senza fine di persone spinte da motivi diversi. Vi transitano gli abitanti di San Paolo che escono dalla città alla ricerca di piacevolezza sulle spiagge della costa; ma la percorrono anche coloro che, spinti dalla necessità, lasciano il nord del paese, più arretrato, e intraprendono viaggi della speranza verso il sud più sviluppato e benestante.
BR-101 di Debora Hirsch è un lavoro fotografico, ma è anche un percorso tra contraddizioni e paradossi di un paese che l'artista conosce bene per esservi nata e cresciuta. E' un lavoro che esprime uno sguardo particolare: quello di chi, avendo lasciato il paese d'origine, ha sperimentato la distanza, gli scambi; di chi ha conosciuto stili di vita e culture diverse e nel confronto si è potuto rendere conto delle convenzioni tra le quali si è formato. Debora Hirsch ha infatti lasciato San Paolo anni orsono, ha vissuto in Europa, e la lontananza, la dislocazione le hanno consentito di osservare il proprio paese con sguardo rinnovato, partecipe e distante al contempo. Ed ora non può più fare a meno di interrogarsi. Lo fa dunque attraverso BR-101: una serie di immagini che a prima vista possono parere semplici scene di vita ordinaria. Si tratta in effetti, del risultato di situazioni trovate tra le innumerevoli che compongono il panorama quotidiano di alcune città lambite da questa strada. Per anni, nell'ambito dei suoi andirivieni, l'artista ha fotografato scene "qualsiasi" nel Brasile di oggi, la varia umanità affaccendata nella routine d'ogni giorno: personaggi comuni dediti ad attività e azioni normali, in ambienti domestici o per strada: una tata con un bimbo, una coppia di fianco a un uscio, operai al lavoro, una donna incinta, bambini. Ma poi, nel corso del tempo, quelle fotografie Hirsch le ha rivisitate, ne ha individuato gli elementi essenziali, le componenti strutturali, i segni nei quali più evidentemente si manifestava una contingenza significativa. Proprio come nella nostra mente, dove poche delle immagini che si susseguono e accavallano nel traffico veloce della quotidianità sono destinate a riemergere, e anche quelle, nel tempo, finiranno probabilmente per fondersi tra loro, così nel lavoro di Debora Hirsch un grande numero di scatti realizzati in momenti diversi, vicini o distanti tra loro, viene scomposto, i frammenti trasposti, ricomposti in contesti nuovi.
Per chi le guarda, in quelle immagini si avverte una vaga risonanza, come se nel riorganizzale Hirsch vi avesse immesso un ordine particolare: vi riecheggia qualcosa del nostro passato profondo; un passato che noi conosciamo attraverso la tradizione storico-artistica occidentale di cui siamo depositari. La sensazione è che Hirsch, della realtà che la circonda, colga le medesime strutture visive che si presentavano agli artisti di un tempo. In realtà l'artista, a quel bagaglio condiviso di conoscenze, fa ricorso con discrezione, ma con grande consapevolezza. Hirsch registra dunque le immagini per poi isolarle, e sottrae azioni e circostanze al loro sfondo o alla loro necessità, alla logica o ai casi che nella realtà ne determinavano lo svolgersi in un contesto dato. Così facendo, per contrasto, questa logica emerge con rinnovata evidenza. Ciò che da questo lavoro si percepisce del Brasile è un sistema sociale organico e preciso, dedito al mantenimento dello status quo, dotato di ruoli determinati, di leggi ferree capillarmente presenti sebbene tendenzialmente sottintese; una situazione di forti divisioni sociali ed economiche. Così una casa borghese è una sorta di microcosmo autonomo in cui il lusso esibito, il barocchismo ridondante dominano gli ambienti, e tra mobili e soprammobili, dentro dorate cornici, troneggiano grandi quadri che testimoniano l'attaccamento alla tradizione. In una casa di questo genere una baby sitter con bimbo al collo non si muoverebbe mai disinvoltamente nell'ala padronale, ma resterebbe nei meno visibili ambienti di servizio; in sala da pranzo il desco elegante sarebbe destinato unicamente a persone di adeguato stato sociale. Invece; invece nelle immagini di Debora Hirsch la baby sitter, sottratta al suo destino d'invisibilità, cammina veloce sui lucidi pavimenti intarsiati del corridoio, tra specchi, abajours e lampade di cristallo. E tre meninos de rua stanziano accanto a una ricca tavola imbandita, e guardano fuori attraverso la porta a vetri. In una cornice tutta riccioli la contemporaneità fa capolino con le sue disarmonie: Hirsch vi ha inserito un paesaggio anonimo con strada dissestata. Mentre in una biblioteca campeggia incongrua una struttura instabile, apparentemente effimera.
Negli esterni le incongruenze sono frutto di un'insistenza sottile. Le figure sono state fotografate nello stesso ambiente in cui le vediamo, ma singolarmente e in momenti diversi; Hirsch invece le riunisce, in qualche caso dislocandole. Due operai dotati di tute e giubbetti segnaletici arancione si trovano su una spiaggia sabbiosa, ma sembrano piuttosto intenti a un lavoro di manutenzione stradale. In una strada lastricata di pietre sta un gruppo di bambini vestiti tutti uguale, studenti di una stessa scuola. Di fianco a loro, nell'indifferenza, c'è un uomo a terra: chi è? è vivo? Dorme? Si tratta di presenze realissime, concrete, "quasi" plausibili ma non proprio, e come dotate di un sovrappiù d'intensità; ma nello stesso tempo in qualche modo aleatorie. Insistenza e vaghezza insieme. Ognuna di queste immagini è frutto di decine, talvolta di centinaia di scatti. E' come se, per meglio rappresentare la realtà che le interessa, Debora Hirsch avesse voluto superare i limiti fisici e temporali di una fotografia, il suo essere contingente. Come se avesse cercato di concentrare, nello spazio limitato di un'unica immagine, il massimo possibile di senso; per mostrare, del paese che ha lasciato, ciò che l'occhio viziato dal déjà vu dell'abitudine rischia di non vedere più: un sistema sociale che si deve riformare in direzione di modelli di convivenza più equi, un assetto economico instabile che influenza fortemente l'esistenza di buona parte della popolazione, condannandola a oscillazioni incontrollabili, a cambi di marcia e di velocità. Il video Uphill dà forma sensibile a questo continuo cambio di marcia, rendendo visibile il moto perpetuo, la velocità nella discesa e lo sforzo necessario per la risalita. Scenario del video è l'area scoscesa del 'Pelourinho', a San Salvador in Bahia, dove fino al 1835 gli schiavi venivano torturati. L'assetto attuale non è che l'effetto dell'eredità postcoloniale di una società ancora in fase di transizione. Urge una nuova apertura. Ma alla transizione si oppongono forze che dallo status quo traggono vantaggio.
BR-101 presenta due video installazioni, Last Supper accompagnata da tredici c-print e Uphill, nonché dodici fotografie inedite. Per l'occasione sarà pubblicato un catalogo edizioni Nero, con un testo di Gabi Scardi ed un'intervista di Maria Alicata a Debora Hirsch.
BR-101 è la strada principale del Brasile. Si tratta di una strada federale che, correndo parallela al mare, taglia longitudinalmente l'intero paese attraversando i diversi stati che lo compongono. Pur avendo un nome che la connota nel suo insieme, la BR-101 viene denominata diversamente in ogni stato che attraversa. Sulla BR-101 circolano ogni giorno automobili, pullman, automezzi di ogni genere: un viavai di genti e di umori, una transumanza senza fine di persone spinte da motivi diversi. Vi transitano gli abitanti di San Paolo che escono dalla città alla ricerca di piacevolezza sulle spiagge della costa; ma la percorrono anche coloro che, spinti dalla necessità, lasciano il nord del paese, più arretrato, e intraprendono viaggi della speranza verso il sud più sviluppato e benestante.
BR-101 di Debora Hirsch è un lavoro fotografico, ma è anche un percorso tra contraddizioni e paradossi di un paese che l'artista conosce bene per esservi nata e cresciuta. E' un lavoro che esprime uno sguardo particolare: quello di chi, avendo lasciato il paese d'origine, ha sperimentato la distanza, gli scambi; di chi ha conosciuto stili di vita e culture diverse e nel confronto si è potuto rendere conto delle convenzioni tra le quali si è formato. Debora Hirsch ha infatti lasciato San Paolo anni orsono, ha vissuto in Europa, e la lontananza, la dislocazione le hanno consentito di osservare il proprio paese con sguardo rinnovato, partecipe e distante al contempo. Ed ora non può più fare a meno di interrogarsi. Lo fa dunque attraverso BR-101: una serie di immagini che a prima vista possono parere semplici scene di vita ordinaria. Si tratta in effetti, del risultato di situazioni trovate tra le innumerevoli che compongono il panorama quotidiano di alcune città lambite da questa strada. Per anni, nell'ambito dei suoi andirivieni, l'artista ha fotografato scene "qualsiasi" nel Brasile di oggi, la varia umanità affaccendata nella routine d'ogni giorno: personaggi comuni dediti ad attività e azioni normali, in ambienti domestici o per strada: una tata con un bimbo, una coppia di fianco a un uscio, operai al lavoro, una donna incinta, bambini. Ma poi, nel corso del tempo, quelle fotografie Hirsch le ha rivisitate, ne ha individuato gli elementi essenziali, le componenti strutturali, i segni nei quali più evidentemente si manifestava una contingenza significativa. Proprio come nella nostra mente, dove poche delle immagini che si susseguono e accavallano nel traffico veloce della quotidianità sono destinate a riemergere, e anche quelle, nel tempo, finiranno probabilmente per fondersi tra loro, così nel lavoro di Debora Hirsch un grande numero di scatti realizzati in momenti diversi, vicini o distanti tra loro, viene scomposto, i frammenti trasposti, ricomposti in contesti nuovi.
Per chi le guarda, in quelle immagini si avverte una vaga risonanza, come se nel riorganizzale Hirsch vi avesse immesso un ordine particolare: vi riecheggia qualcosa del nostro passato profondo; un passato che noi conosciamo attraverso la tradizione storico-artistica occidentale di cui siamo depositari. La sensazione è che Hirsch, della realtà che la circonda, colga le medesime strutture visive che si presentavano agli artisti di un tempo. In realtà l'artista, a quel bagaglio condiviso di conoscenze, fa ricorso con discrezione, ma con grande consapevolezza. Hirsch registra dunque le immagini per poi isolarle, e sottrae azioni e circostanze al loro sfondo o alla loro necessità, alla logica o ai casi che nella realtà ne determinavano lo svolgersi in un contesto dato. Così facendo, per contrasto, questa logica emerge con rinnovata evidenza. Ciò che da questo lavoro si percepisce del Brasile è un sistema sociale organico e preciso, dedito al mantenimento dello status quo, dotato di ruoli determinati, di leggi ferree capillarmente presenti sebbene tendenzialmente sottintese; una situazione di forti divisioni sociali ed economiche. Così una casa borghese è una sorta di microcosmo autonomo in cui il lusso esibito, il barocchismo ridondante dominano gli ambienti, e tra mobili e soprammobili, dentro dorate cornici, troneggiano grandi quadri che testimoniano l'attaccamento alla tradizione. In una casa di questo genere una baby sitter con bimbo al collo non si muoverebbe mai disinvoltamente nell'ala padronale, ma resterebbe nei meno visibili ambienti di servizio; in sala da pranzo il desco elegante sarebbe destinato unicamente a persone di adeguato stato sociale. Invece; invece nelle immagini di Debora Hirsch la baby sitter, sottratta al suo destino d'invisibilità, cammina veloce sui lucidi pavimenti intarsiati del corridoio, tra specchi, abajours e lampade di cristallo. E tre meninos de rua stanziano accanto a una ricca tavola imbandita, e guardano fuori attraverso la porta a vetri. In una cornice tutta riccioli la contemporaneità fa capolino con le sue disarmonie: Hirsch vi ha inserito un paesaggio anonimo con strada dissestata. Mentre in una biblioteca campeggia incongrua una struttura instabile, apparentemente effimera.
Negli esterni le incongruenze sono frutto di un'insistenza sottile. Le figure sono state fotografate nello stesso ambiente in cui le vediamo, ma singolarmente e in momenti diversi; Hirsch invece le riunisce, in qualche caso dislocandole. Due operai dotati di tute e giubbetti segnaletici arancione si trovano su una spiaggia sabbiosa, ma sembrano piuttosto intenti a un lavoro di manutenzione stradale. In una strada lastricata di pietre sta un gruppo di bambini vestiti tutti uguale, studenti di una stessa scuola. Di fianco a loro, nell'indifferenza, c'è un uomo a terra: chi è? è vivo? Dorme? Si tratta di presenze realissime, concrete, "quasi" plausibili ma non proprio, e come dotate di un sovrappiù d'intensità; ma nello stesso tempo in qualche modo aleatorie. Insistenza e vaghezza insieme. Ognuna di queste immagini è frutto di decine, talvolta di centinaia di scatti. E' come se, per meglio rappresentare la realtà che le interessa, Debora Hirsch avesse voluto superare i limiti fisici e temporali di una fotografia, il suo essere contingente. Come se avesse cercato di concentrare, nello spazio limitato di un'unica immagine, il massimo possibile di senso; per mostrare, del paese che ha lasciato, ciò che l'occhio viziato dal déjà vu dell'abitudine rischia di non vedere più: un sistema sociale che si deve riformare in direzione di modelli di convivenza più equi, un assetto economico instabile che influenza fortemente l'esistenza di buona parte della popolazione, condannandola a oscillazioni incontrollabili, a cambi di marcia e di velocità. Il video Uphill dà forma sensibile a questo continuo cambio di marcia, rendendo visibile il moto perpetuo, la velocità nella discesa e lo sforzo necessario per la risalita. Scenario del video è l'area scoscesa del 'Pelourinho', a San Salvador in Bahia, dove fino al 1835 gli schiavi venivano torturati. L'assetto attuale non è che l'effetto dell'eredità postcoloniale di una società ancora in fase di transizione. Urge una nuova apertura. Ma alla transizione si oppongono forze che dallo status quo traggono vantaggio.
BR-101 presenta due video installazioni, Last Supper accompagnata da tredici c-print e Uphill, nonché dodici fotografie inedite. Per l'occasione sarà pubblicato un catalogo edizioni Nero, con un testo di Gabi Scardi ed un'intervista di Maria Alicata a Debora Hirsch.
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aprile 2008
Debora Hirsch – BR-101
Dal 10 aprile al 09 maggio 2008
fotografia
Location
FONDAZIONE ADRIANO OLIVETTI
Roma, Via Giuseppe Zanardelli, 34, (Roma)
Roma, Via Giuseppe Zanardelli, 34, (Roma)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 13.30 e dalle 14.30 fino alle 18.00
Vernissage
10 Aprile 2008, ore 18.30
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