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Elisabetta Falqui – Ritratti e Mezzi busti
Ritratti e Mezzi busti è il principio di una raccolta di donne e uomini che, nel progetto dell’autrice, non ha fine. È composto da foto che, accompagnate dal titolo, rappresentano la proiezione dello status ideale della persona ritratta; mentre le grandi lettere, in virtù di quanto sopra scritto a proposito dell’identità che si esaurisce nel detto, contengono il ritratto autentico, l’unico possibile nella società in cui il corpo è, teoricamente, manipolabile all’infinito come un abito a cui compete di fare il monaco
Comunicato stampa
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Ritratti e Mezzi busti è il principio di una raccolta di donne e uomini che, nel progetto dell'autrice, non ha fine. È composto da foto che, accompagnate dal titolo, rappresentano la proiezione dello status ideale della persona ritratta; mentre le grandi lettere, in virtù di quanto sopra scritto a proposito dell'identità che si esaurisce nel detto, contengono il ritratto autentico, l'unico possibile nella società in cui il corpo è, teoricamente, manipolabile all'infinito come un abito a cui compete di fare il monaco.
La graziosa ironia con la quale l'autrice definisce "personaggi" i da lei amati protagonisti delle foto e con la quale accoglie i loro desideri ('ché c'è chi gioca con il suo lavoro, chi con quello sognato, chi con l'egocentrismo, un tratto del carattere, un'aspirazione all'eccellenza) ci proietta per un attimo in un gioco di specchi nel quale il "nostro" mondo si confonde con un "Second life" extra-rete ma fornisce anche una chiave di lettura che rende sorprendentemente delicata questa galleria di parole e volti.
La ritrattistica è la forma di rappresentazione più vicina all'idea di imitazione della realtà in ogni epoca: in questa, il progetto di Elisabetta Falqui si iscrive secondo criteri spensieratamente post-moderni. La maniera curata, patinata delle foto è la stessa di Obfashion e, come in quel progetto, è citazione del linguaggio pubblicitario: in questo senso lo jus imaginum - che era appunto un diritto, quello, riservato agli aristocratici romani, di "farsi il busto" da tramandare ai posteri - esercitato è certamente la divertita rivendicazione di ogni personaggio al proprio quarto d'ora di celebrità, dovuto per privilegio di nascita ad ogni cittadino di un regime democratico.
Ma il corpo è irriducibile, è un testo che non si piega alla manipolazione del senso neppure (anzi, a maggior ragione, semmai!) se viene fisicamente modificato e consegnarlo nelle mani di un fotografo significa affidargli l'anima e sfidare il tempo. Già in Obfashion l'ironia demistificatoria del progetto a tratti, come in "Francesca", doveva accettare di confrontarsi con l'espressione di una malinconia non del tutto dominata; in Ritratti e Mezzi busti la sovrapposizione di maschere, lettere e definizioni sostiene il gioco ma insieme suggerisce la volontà di tutelare l'intimo, l'anima (la nominiamo assertivamente per la seconda volta: ma allora esiste?) dei personaggi nascondendola, come nella mistica orientale, dentro un labirinto nel quale al volto corrispondono lettere che hanno un significato legato all'essenza dell'uomo che ha quel volto al quale corrispondono lettere che hanno un significato legato all'essenza dell'uomo che ha quel volto e via proseguendo dentro il pozzo del senso, allo scopo di non farci coinvolgere nelle storie di questi visi, considerandoli come meri fatti geografici, insiemi di curve, rilievi, anse e demandando alle parole e alle lettere il nucleo profondo, in realtà indicibile, il cuore che racchiude storia e aspirazioni.
Le lettere dunque contengono e proteggono davvero un ritratto…. (dal testo di Maria Paola Falqui)
"Introducing"
Quel che di noi rimane
sarà solo quel che di noi
la gente vuole ricordare
portando dentro un'idea diversa
cucendoci addosso una vita
che invece era stata una partita persa
Quel che di noi resta
saranno solo immaginarie gesta
mostrate in eterno come la parte migliore
e messi di profilo e senza alcun sentore
delle poche righe dure e scolpite
solo per noi alla fine
su una nera lastra di diorite.
(dal testo di Lorena Piccapietra)
Dopo l'esperienza astratta in cui le molteplici ed ineffabili sensazioni si disperdevano libere dalla costrizione della forma, in composizioni cromatiche convulse e segni grafici profondi, Elisabetta Falqui incanala le pulsioni creative verso un formalismo concreto, verso il materiale, il tangibile, evidente in tutta la sua solidità plastica monumentale, definito nei suoi contorni e nei suoi colori. Croci, stelle, oggetti da toccare, da indossare, da adorare diventano i veri protagonisti su cui riversare ansia di possesso e dove trovare un superficiale rimedio al senso di alienazione spirituale.
Ora, quasi muovendosi concettualmente in senso inverso rispetto all'esperienza astrattista, Elisabetta Falqui cerca nella Forma il luogo entro cui trattenere quanto possibile la realtà mutevole e inafferrabile nella sua essenza spirituale e nella sua identità.
Nella serie dei Ritratti e Mezzi busti, l'oggetto della sua ultima speculazione artistica è proprio l'identità, concetto astratto e indefinibile nella sua interezza.
L'identità, che si confonde nel logorante scorrere del tempo e negli automatismi della vita quotidiana, cerca una sua forma e una sua celebrazione attraverso la fisionomia dei personaggi….
(dal testo di Elisabetta Vespa)
La graziosa ironia con la quale l'autrice definisce "personaggi" i da lei amati protagonisti delle foto e con la quale accoglie i loro desideri ('ché c'è chi gioca con il suo lavoro, chi con quello sognato, chi con l'egocentrismo, un tratto del carattere, un'aspirazione all'eccellenza) ci proietta per un attimo in un gioco di specchi nel quale il "nostro" mondo si confonde con un "Second life" extra-rete ma fornisce anche una chiave di lettura che rende sorprendentemente delicata questa galleria di parole e volti.
La ritrattistica è la forma di rappresentazione più vicina all'idea di imitazione della realtà in ogni epoca: in questa, il progetto di Elisabetta Falqui si iscrive secondo criteri spensieratamente post-moderni. La maniera curata, patinata delle foto è la stessa di Obfashion e, come in quel progetto, è citazione del linguaggio pubblicitario: in questo senso lo jus imaginum - che era appunto un diritto, quello, riservato agli aristocratici romani, di "farsi il busto" da tramandare ai posteri - esercitato è certamente la divertita rivendicazione di ogni personaggio al proprio quarto d'ora di celebrità, dovuto per privilegio di nascita ad ogni cittadino di un regime democratico.
Ma il corpo è irriducibile, è un testo che non si piega alla manipolazione del senso neppure (anzi, a maggior ragione, semmai!) se viene fisicamente modificato e consegnarlo nelle mani di un fotografo significa affidargli l'anima e sfidare il tempo. Già in Obfashion l'ironia demistificatoria del progetto a tratti, come in "Francesca", doveva accettare di confrontarsi con l'espressione di una malinconia non del tutto dominata; in Ritratti e Mezzi busti la sovrapposizione di maschere, lettere e definizioni sostiene il gioco ma insieme suggerisce la volontà di tutelare l'intimo, l'anima (la nominiamo assertivamente per la seconda volta: ma allora esiste?) dei personaggi nascondendola, come nella mistica orientale, dentro un labirinto nel quale al volto corrispondono lettere che hanno un significato legato all'essenza dell'uomo che ha quel volto al quale corrispondono lettere che hanno un significato legato all'essenza dell'uomo che ha quel volto e via proseguendo dentro il pozzo del senso, allo scopo di non farci coinvolgere nelle storie di questi visi, considerandoli come meri fatti geografici, insiemi di curve, rilievi, anse e demandando alle parole e alle lettere il nucleo profondo, in realtà indicibile, il cuore che racchiude storia e aspirazioni.
Le lettere dunque contengono e proteggono davvero un ritratto…. (dal testo di Maria Paola Falqui)
"Introducing"
Quel che di noi rimane
sarà solo quel che di noi
la gente vuole ricordare
portando dentro un'idea diversa
cucendoci addosso una vita
che invece era stata una partita persa
Quel che di noi resta
saranno solo immaginarie gesta
mostrate in eterno come la parte migliore
e messi di profilo e senza alcun sentore
delle poche righe dure e scolpite
solo per noi alla fine
su una nera lastra di diorite.
(dal testo di Lorena Piccapietra)
Dopo l'esperienza astratta in cui le molteplici ed ineffabili sensazioni si disperdevano libere dalla costrizione della forma, in composizioni cromatiche convulse e segni grafici profondi, Elisabetta Falqui incanala le pulsioni creative verso un formalismo concreto, verso il materiale, il tangibile, evidente in tutta la sua solidità plastica monumentale, definito nei suoi contorni e nei suoi colori. Croci, stelle, oggetti da toccare, da indossare, da adorare diventano i veri protagonisti su cui riversare ansia di possesso e dove trovare un superficiale rimedio al senso di alienazione spirituale.
Ora, quasi muovendosi concettualmente in senso inverso rispetto all'esperienza astrattista, Elisabetta Falqui cerca nella Forma il luogo entro cui trattenere quanto possibile la realtà mutevole e inafferrabile nella sua essenza spirituale e nella sua identità.
Nella serie dei Ritratti e Mezzi busti, l'oggetto della sua ultima speculazione artistica è proprio l'identità, concetto astratto e indefinibile nella sua interezza.
L'identità, che si confonde nel logorante scorrere del tempo e negli automatismi della vita quotidiana, cerca una sua forma e una sua celebrazione attraverso la fisionomia dei personaggi….
(dal testo di Elisabetta Vespa)
30
marzo 2008
Elisabetta Falqui – Ritratti e Mezzi busti
Dal 30 marzo al 05 maggio 2008
arte contemporanea
Location
CASTELLO ESPOSITIVO – TERRAZZA BASTIONE DI SAINT REMY
Cagliari, Bastione San Remy, (Cagliari)
Cagliari, Bastione San Remy, (Cagliari)
Vernissage
30 Marzo 2008, ore 11.30
Autore