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Roxana Lupu – Con gli occhi di una donna
Tutte le opere vanno considerate come una sola, una stessa opera in continua mutazione, che si sdoppia come in un gioco di specchi, in cui si ritrova quel continuo avvicendarsi di parola e immagine, talvolta corpo, talvolta parola, evidente rappresentazione della metafora viva e del calligramma
Comunicato stampa
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Lo specchio infranto:
l’opera di Roxana Lupu
di Davide Tedeschini
Ho voluto definire così, con il sintagma specchio infranto quel rapporto tra due aree geografiche -Italia e Romania- che sono state al centro più che della polemica giornalistica, del nostro ‘esseri umani’ ed essere cristiani, stranamente ritrovati quando la Romania ormai nell’Unione europea, non si connotava più come qualcosa di convenzionalmente estraneo, l’essere extracomunità, per divenire anziché area geografica, area comunitaria. Come se, e questo penso che sia successo a tutti, quello specchio di noi stessi fosse andato in frantumi rivelando una sorta di mostro, tanto quanto è mostruosa la convenzionalità. Ma anche un sogno si definisce infranto quando come uno specchio, va in frantumi.
Come formazione autodidatta, la giovane artista oggi espone in uno di quei luoghi “non ben identificabili” di cui ho parlato in un mio libro e dove di regola nascono gli artisti. Tutte le sue opere vanno considerate come una sola, una stessa opera in continua mutazione, che si sdoppia come in un gioco di specchi, in cui si ritrova quel continuo avvicendarsi di parola e immagine, talvolta corpo, talvolta parola, evidente rappresentazione della metafora viva e del calligramma.
E insomma, ero contento di vedere quelle opere in questo centro per lo scambio interculturale italorumeno. Sopporto a stento quegli aridi salotti urbani, in cui tutto ha una lunga storia, le singole pietre con le loro etimologie, i mattoni, pure le panchine con le loro declinazioni prendono il sopravvento sull’opera e sui documenti degli artisti in esposizione. Non c’è spazio per un messaggio semplice, delicato; si arriva a considerare irrilevante comunicare la sofferenza, o forse di cattivo gusto, in confronto all’estetica della vetrina più pura e artefatta, quella in cui il packaging prende il sopravvento sull’opera, gusto che sta prendendo piede in tante citta italiane insieme all’etichetta coeva di ‘arte contemporanea’e che tradisce persone e innamorati dell’arte. E’ la cosiddetta Anestesia, l’ottundimento della vita collettiva e della partecipazione. Trionfa la vetrinizzazione sociale[1], il consumismo infelice, l'ideologia del successo che abolisce ogni giudizio, la promozione e conversione generalizzata dei cittadini in fruitori, utenti, clienti, passivi come spettatori televisivi (Sebaste, 2007). Mi piace incrociare la mia strada piuttosto, con quella di chi ha perso la strada.
Quando ho visto le opere di Roxana, una giovane artista in bilico a causa di quel rapporto ambiguo e ambivalente di cui parlavo all’inizio, artista che ha rotto lo specchio, mi è sembrato di conoscerla o di vedere un’amica che non vedevo da tanto tempo con la quale avessi parlato per ore di queste realtà. Vuoi perché è una donna, vuoi perché su alcuni suoi quadri aveva trascritto intere poesie e riflessioni sulla sua esperienza più sofferta, la perdita del padre rimasto in Romania, non ho potuto fare a meno di osservarla con occhi più attenti. Su altri quadri il corpo in continua metamorfosi mi ha guidato nella sua storia, come appendice di quei tableau magrittiani che imitano o riproducono carme figurati, (Manritte apprezzava Baudelaire e ne figurò i versi) in altri da interpretare come ‘sintomi’ in cui deflagra o lacera l’esperienza dello ‘sradicamento’ che è di origine affettiva. In altri quadri appare il ‘volto’ della sua dolcezza e della sua semplicità, come ‘suo volto’. Ma lo stesso volto è una quercia solitaria, un albero senza frutti, in attesa, sospesa come a chiedersi se c’è un ritorno, una speranza fallimentare come sole al tramonto: l’amore impossibile di chi non è corrisposto che simula nel caso della perdita del padre, l’amore incestuoso, nella disperato tentativo di riportarlo in vita.[2]
Ciò è rappresentato inconsciamente da una croce che penetra uno squarcio, mi viene in mente l’incredulità di San Tommaso di Caravaggio e una lunga serie di riferimenti contemporanei dei quali il più autorevole è Lucio Fontana con le sue Attese.
Ricordo di aver fatto un sogno simile, alla perdita di mia madre. Nel quadro di Roxana la censura tende a simbolizzare tutto ciò: la croce, il sacro (il padre) il taglio, la ferita (la figlia), analizzabile in termini freudiani, ma anche junghiani, visto un simbolo così forte come la croce che si presta a numerose interpretazioni. La trasversalità di un’arte del genere fa pensare ad un connubio evidente tra il surrealismo di Magritte e il simbolismo di Klee, naturalmente rivisitati al giorno d’oggi.
E’ l’autrice che ci racconta la sua storia il cui paradigma è rappresentato dalle mani che sfogliano un libro e che fanno da voce narrante alle metamorfosi dei corpi ‘nei paesaggi’…una lunga storia: il libro ha molte pagine, il libro è la vita.
La suggestione di ridare autorità a qualche ricordo, o a quello che doveva essere ma non è stato, a quelle cose importanti mai decadute, quelle questioni mai chiuse…fissarsi su 'qualcosa' e, lasciar perdere. Sfogliare le pagine di un libro. Raccontare una storia che non è accaduta, in maniera coattiva, ripetitiva.
In altri quadri i corpi talvolta neri, di cui sono rimosse le estremità come in una danse macabre esorcizzano: “…il terrore di fronte a quel limite assoluto dell’esistenza” che è la follia. “La testa che sarà cranio è già vuota, la follia è l’anticipo della morte”, scriveva Michel Foucault. Tanto è che in uno di quei corpi c’è l’intimo e la lingeri ad esorcizzare le paure o ricercare una femminilità in continua camaleontica metamorfosi come arma di difesa.
L’arte è tale solo se è vita, prossima alla vita, un suo prolungamento o un suo annesso: contigua alla vita, una sua impronta. Roxana Lupu è certamente un artista la cui retorica si pone nel campo della metonimia piuttosto che in quello della metafora.
Anche il vangelo, ce lo ricorda Ratzinger nel suo “Gesù di Nazareth”, è fondamentalmente metonimico e femminile con espressioni quali: il frutto del tuo seno. Negli ultimi quadri Roxana lo lascia intendere apertamente: il suo quadro è un volto, le sue labbra fiori, nasi farfalle….e in tale ottica rientra l’analisi di tutta la sua opera. I suoi paesaggi che sono lontani, con inquadrature molto lunghe e spesso con l’uso del colore nero che è tipico della rimozione: la sua famiglia, genitori, la sorella, familiari della terra natia.
L’opera non è solo un insieme di estetiche ma anche un documento d’esistenza. E’ una condizione necessaria affinché quella tela, quella grafia, quegli oggetti siano arte, trasudino esistenza. Era così anche per Cezanne, e per i padri fondatori dell’arte Moderna, i cui quadri appesi nei musei e paradossalmente decontestualizzati subiscono il danno del feticismo: che cosa sono quei quadri e cosa vogliono dire?
Ci si dimentica spesso del ‘senso’, l’emotività di quelle opere, mentre succede che il valore economico e formale prenda il sopravvento su quello del riconoscimento pubblico la cui responsabilità è dello Stato, non solo con l’allestimento di ‘stand’ piuttosto che gazebi o con la consegna di pseudo riconoscimenti, i cosiddetti diplomi di merito, ma anche e soprattutto di ‘veri’ contratti e ‘veri’ lavori, la cui assenza mi ha portato a teorizzare l’esistenza di una nuova “arte degenerata” che riguarda intimamente ognuno di noi, le nostre aspirazioni, i nostri sogni che spesso hanno il loro fascino solo se sono ingenui e rappresentati in maniera acerba. Caratteristiche tipiche dell’arte ‘fai da te’ e dell’autodidatta. Ma è sempre stato così anche per i maestri.:
Ecco, l’esperienza dell’autenticità è insegnamento dei maestri, che non esorcizzano l’emotività, lo smarrimento, la paura, la sofferenza. L’emotività muove il discorso e il pensiero, mentre l’intellettuale che la rimuove, che ne esclude il materiale pre-verbale, fa della cultura un’ennesima condizione di alienazione. Piangere di fronte a un quadro, guardare in faccia l’orrore, parlarne, vivere e raccontare queste esperienze, significa uscire dai ranghi degli intellettuali che parlano in realtà solo per tacere.[3]
Qualcosa però sembra muoversi se Boltanski ha curato l’allestimento del museo della memoria di Ustica in cui è stato rimontato e allestito il ‘vero’ aereo caduto nei mari di Ustica nel 1980, portando con sè tutto il suo equipaggio. Sembra che, per alcuni appartenenti dell’intelighenzia, solo da morti i cittadini comuni, possano lasciare le loro testimonianze, ma non è così.
Giovanni Paolo II nella sua fides et ratio fa intendere senza veli che l’amore cristiano confuta l’Illuminismo: solo amando il prossimo, rimuovendo l’odio e il pregiudizio che spesso alimentano il mondo dell’arte e dell’università, possiamo veramente conoscere e apprendere la verità. Ci rendiamo conto di quanto sia difficile vivere con uno sguardo perennemente rivolto agli altri, anche ai loro sogni. La rottura di quello specchio Italia-Romania ne è la conferma. Il frantumarsi dei sogni altrui come dei propri sogni né è la conferma.
Solo mettendoci nei panni di Roxana Lupu possiamo comprenderne la purezza e l’incorrutibilità delle sue opere, altrimenti non occupiamoci di arte, dedichiamoci ad altro, non facciamo inaridire questo mondo con stupide ed errate etichette accademiche e universitarie! La nostra esistenza non avrebbe senso se non come padri, madri, fratelli, innamorati.
BIBLIOGRAFIA
Sigmund Freud Saggi sull’Arte la letteratura e il linguaggio, Bollati Boringhieri, 1999.
Sergio Lombardo L’irruzione dell’arte nella realtà, R.P.A., N.S. A. XVIII, n.8, 1997, 5-12.
Sergio Lombardo Il sogno, una funzione biologica indicibile. Rivista di Psicologia dell’Arte, Anno II, n.2 1980.
Beppe Sebaste James Elkins, Dipinti e lacrime. Storie di gente che ha pianto davanti a un quadro. edizioni Bruno Mondadori, 2001, Recensione su l'Unità 7 maggio 2007.
Beppe Sebaste, Il dominio delle luci genera ombre, L’Unità p.26, Sabato 24 Marzo 2007.
Beppe Sebaste, Contro l'anestesia. L'ultimo libro di Giorgio Messori, l’Unità 27 aprile 2007
Beppe Sebaste, H.P. L’ultimo autista di Lady D, Einaudi, 2007.
Beppe Sebaste, La galleria dei fantasmi che chiedono giustizia per la strage impunita, in Il Venerdì, 15 giugno 2007, n.1004.
Giovanni Paolo II, Fides et Ratio, enciclica ed. paoline. 1998
Joseph Ratzinger Gesù di Nazareth, mondatori, 2007.
Davide Tedeschini, La Rimozione Silvetti, il museo privato-pubblico nell’area suburbana, Museo d’arte contemporanea, Associazione Arte Superficiale, 2007.
Davide Tedeschini, “Questa non è una tesi”. Alcune figure retoriche dell’arte moderna e contemporanea. Co.B.A. - Accademia di Belle Arti di Roma rel. Beppe Sebaste anno acc. 2006-7.
Davide Tedeschini, Percezione Latente Accademia di Belle Arti di Roma rel. Sergio Lombardo anno acc. 2004-5.
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[1] Titolo del bel libro di Vanni Codeluppi
[2]Sergio Lombardo L’irruzione dell’arte nella realtà, R.P.A., N.S. A. XVIII, n.8, 1997, 5-12.
[3] Qualcosa del genere, in Italia, è da anni il metodo di una studiosa di arte contemporanea e pedagogista, Anna D’Elia (insegna Pedagogia interculturale e dell’Arte all’Università di Foggia e all’Accademia di Belle Arti di Bari), che dopo il recente Nello specchio dell’arte. Figure autobiografiche (Meltemi) ci offre ora, sempre da Meltemi, il volume Per non voltare pagina. Raccontare l’orrore. Nonostante il titolo, sempre di arte e di estetica si tratta, ovvero d educazione alla sensibilità nel mondo delle immagini in un’epoca in cui, a quelle degli artisti contemporanei che l’autrice predilige (da Frida Kahlo a Nan Goldin, da Francis Bacon a Marina Abvramovic) si sovrappongono quelle degli eventi più atroci e della cronaca quotidiana, fatta di guerre, torture, sofferenze. Contro l’indifferenza (formula che accomuna i libri di D’Elia e di Elkins) l’autrice si sforza di analizzare, in un teatro di voci tra madre e figlia che ricorda un po’ la forma del “metalogo” introdotta da Gregory Bateson nella letteratura scientifica, temi come la vergogna (anche per colpe non commesse), il sentimento dell’esilio e dell’estraneità, il valore etico ed estetico della testimonianza. Beppe Sebaste, Contro l'anestesia. L'ultimo libro di Giorgio Messori, l’Unità 27 aprile 2007
l’opera di Roxana Lupu
di Davide Tedeschini
Ho voluto definire così, con il sintagma specchio infranto quel rapporto tra due aree geografiche -Italia e Romania- che sono state al centro più che della polemica giornalistica, del nostro ‘esseri umani’ ed essere cristiani, stranamente ritrovati quando la Romania ormai nell’Unione europea, non si connotava più come qualcosa di convenzionalmente estraneo, l’essere extracomunità, per divenire anziché area geografica, area comunitaria. Come se, e questo penso che sia successo a tutti, quello specchio di noi stessi fosse andato in frantumi rivelando una sorta di mostro, tanto quanto è mostruosa la convenzionalità. Ma anche un sogno si definisce infranto quando come uno specchio, va in frantumi.
Come formazione autodidatta, la giovane artista oggi espone in uno di quei luoghi “non ben identificabili” di cui ho parlato in un mio libro e dove di regola nascono gli artisti. Tutte le sue opere vanno considerate come una sola, una stessa opera in continua mutazione, che si sdoppia come in un gioco di specchi, in cui si ritrova quel continuo avvicendarsi di parola e immagine, talvolta corpo, talvolta parola, evidente rappresentazione della metafora viva e del calligramma.
E insomma, ero contento di vedere quelle opere in questo centro per lo scambio interculturale italorumeno. Sopporto a stento quegli aridi salotti urbani, in cui tutto ha una lunga storia, le singole pietre con le loro etimologie, i mattoni, pure le panchine con le loro declinazioni prendono il sopravvento sull’opera e sui documenti degli artisti in esposizione. Non c’è spazio per un messaggio semplice, delicato; si arriva a considerare irrilevante comunicare la sofferenza, o forse di cattivo gusto, in confronto all’estetica della vetrina più pura e artefatta, quella in cui il packaging prende il sopravvento sull’opera, gusto che sta prendendo piede in tante citta italiane insieme all’etichetta coeva di ‘arte contemporanea’e che tradisce persone e innamorati dell’arte. E’ la cosiddetta Anestesia, l’ottundimento della vita collettiva e della partecipazione. Trionfa la vetrinizzazione sociale[1], il consumismo infelice, l'ideologia del successo che abolisce ogni giudizio, la promozione e conversione generalizzata dei cittadini in fruitori, utenti, clienti, passivi come spettatori televisivi (Sebaste, 2007). Mi piace incrociare la mia strada piuttosto, con quella di chi ha perso la strada.
Quando ho visto le opere di Roxana, una giovane artista in bilico a causa di quel rapporto ambiguo e ambivalente di cui parlavo all’inizio, artista che ha rotto lo specchio, mi è sembrato di conoscerla o di vedere un’amica che non vedevo da tanto tempo con la quale avessi parlato per ore di queste realtà. Vuoi perché è una donna, vuoi perché su alcuni suoi quadri aveva trascritto intere poesie e riflessioni sulla sua esperienza più sofferta, la perdita del padre rimasto in Romania, non ho potuto fare a meno di osservarla con occhi più attenti. Su altri quadri il corpo in continua metamorfosi mi ha guidato nella sua storia, come appendice di quei tableau magrittiani che imitano o riproducono carme figurati, (Manritte apprezzava Baudelaire e ne figurò i versi) in altri da interpretare come ‘sintomi’ in cui deflagra o lacera l’esperienza dello ‘sradicamento’ che è di origine affettiva. In altri quadri appare il ‘volto’ della sua dolcezza e della sua semplicità, come ‘suo volto’. Ma lo stesso volto è una quercia solitaria, un albero senza frutti, in attesa, sospesa come a chiedersi se c’è un ritorno, una speranza fallimentare come sole al tramonto: l’amore impossibile di chi non è corrisposto che simula nel caso della perdita del padre, l’amore incestuoso, nella disperato tentativo di riportarlo in vita.[2]
Ciò è rappresentato inconsciamente da una croce che penetra uno squarcio, mi viene in mente l’incredulità di San Tommaso di Caravaggio e una lunga serie di riferimenti contemporanei dei quali il più autorevole è Lucio Fontana con le sue Attese.
Ricordo di aver fatto un sogno simile, alla perdita di mia madre. Nel quadro di Roxana la censura tende a simbolizzare tutto ciò: la croce, il sacro (il padre) il taglio, la ferita (la figlia), analizzabile in termini freudiani, ma anche junghiani, visto un simbolo così forte come la croce che si presta a numerose interpretazioni. La trasversalità di un’arte del genere fa pensare ad un connubio evidente tra il surrealismo di Magritte e il simbolismo di Klee, naturalmente rivisitati al giorno d’oggi.
E’ l’autrice che ci racconta la sua storia il cui paradigma è rappresentato dalle mani che sfogliano un libro e che fanno da voce narrante alle metamorfosi dei corpi ‘nei paesaggi’…una lunga storia: il libro ha molte pagine, il libro è la vita.
La suggestione di ridare autorità a qualche ricordo, o a quello che doveva essere ma non è stato, a quelle cose importanti mai decadute, quelle questioni mai chiuse…fissarsi su 'qualcosa' e, lasciar perdere. Sfogliare le pagine di un libro. Raccontare una storia che non è accaduta, in maniera coattiva, ripetitiva.
In altri quadri i corpi talvolta neri, di cui sono rimosse le estremità come in una danse macabre esorcizzano: “…il terrore di fronte a quel limite assoluto dell’esistenza” che è la follia. “La testa che sarà cranio è già vuota, la follia è l’anticipo della morte”, scriveva Michel Foucault. Tanto è che in uno di quei corpi c’è l’intimo e la lingeri ad esorcizzare le paure o ricercare una femminilità in continua camaleontica metamorfosi come arma di difesa.
L’arte è tale solo se è vita, prossima alla vita, un suo prolungamento o un suo annesso: contigua alla vita, una sua impronta. Roxana Lupu è certamente un artista la cui retorica si pone nel campo della metonimia piuttosto che in quello della metafora.
Anche il vangelo, ce lo ricorda Ratzinger nel suo “Gesù di Nazareth”, è fondamentalmente metonimico e femminile con espressioni quali: il frutto del tuo seno. Negli ultimi quadri Roxana lo lascia intendere apertamente: il suo quadro è un volto, le sue labbra fiori, nasi farfalle….e in tale ottica rientra l’analisi di tutta la sua opera. I suoi paesaggi che sono lontani, con inquadrature molto lunghe e spesso con l’uso del colore nero che è tipico della rimozione: la sua famiglia, genitori, la sorella, familiari della terra natia.
L’opera non è solo un insieme di estetiche ma anche un documento d’esistenza. E’ una condizione necessaria affinché quella tela, quella grafia, quegli oggetti siano arte, trasudino esistenza. Era così anche per Cezanne, e per i padri fondatori dell’arte Moderna, i cui quadri appesi nei musei e paradossalmente decontestualizzati subiscono il danno del feticismo: che cosa sono quei quadri e cosa vogliono dire?
Ci si dimentica spesso del ‘senso’, l’emotività di quelle opere, mentre succede che il valore economico e formale prenda il sopravvento su quello del riconoscimento pubblico la cui responsabilità è dello Stato, non solo con l’allestimento di ‘stand’ piuttosto che gazebi o con la consegna di pseudo riconoscimenti, i cosiddetti diplomi di merito, ma anche e soprattutto di ‘veri’ contratti e ‘veri’ lavori, la cui assenza mi ha portato a teorizzare l’esistenza di una nuova “arte degenerata” che riguarda intimamente ognuno di noi, le nostre aspirazioni, i nostri sogni che spesso hanno il loro fascino solo se sono ingenui e rappresentati in maniera acerba. Caratteristiche tipiche dell’arte ‘fai da te’ e dell’autodidatta. Ma è sempre stato così anche per i maestri.:
Ecco, l’esperienza dell’autenticità è insegnamento dei maestri, che non esorcizzano l’emotività, lo smarrimento, la paura, la sofferenza. L’emotività muove il discorso e il pensiero, mentre l’intellettuale che la rimuove, che ne esclude il materiale pre-verbale, fa della cultura un’ennesima condizione di alienazione. Piangere di fronte a un quadro, guardare in faccia l’orrore, parlarne, vivere e raccontare queste esperienze, significa uscire dai ranghi degli intellettuali che parlano in realtà solo per tacere.[3]
Qualcosa però sembra muoversi se Boltanski ha curato l’allestimento del museo della memoria di Ustica in cui è stato rimontato e allestito il ‘vero’ aereo caduto nei mari di Ustica nel 1980, portando con sè tutto il suo equipaggio. Sembra che, per alcuni appartenenti dell’intelighenzia, solo da morti i cittadini comuni, possano lasciare le loro testimonianze, ma non è così.
Giovanni Paolo II nella sua fides et ratio fa intendere senza veli che l’amore cristiano confuta l’Illuminismo: solo amando il prossimo, rimuovendo l’odio e il pregiudizio che spesso alimentano il mondo dell’arte e dell’università, possiamo veramente conoscere e apprendere la verità. Ci rendiamo conto di quanto sia difficile vivere con uno sguardo perennemente rivolto agli altri, anche ai loro sogni. La rottura di quello specchio Italia-Romania ne è la conferma. Il frantumarsi dei sogni altrui come dei propri sogni né è la conferma.
Solo mettendoci nei panni di Roxana Lupu possiamo comprenderne la purezza e l’incorrutibilità delle sue opere, altrimenti non occupiamoci di arte, dedichiamoci ad altro, non facciamo inaridire questo mondo con stupide ed errate etichette accademiche e universitarie! La nostra esistenza non avrebbe senso se non come padri, madri, fratelli, innamorati.
BIBLIOGRAFIA
Sigmund Freud Saggi sull’Arte la letteratura e il linguaggio, Bollati Boringhieri, 1999.
Sergio Lombardo L’irruzione dell’arte nella realtà, R.P.A., N.S. A. XVIII, n.8, 1997, 5-12.
Sergio Lombardo Il sogno, una funzione biologica indicibile. Rivista di Psicologia dell’Arte, Anno II, n.2 1980.
Beppe Sebaste James Elkins, Dipinti e lacrime. Storie di gente che ha pianto davanti a un quadro. edizioni Bruno Mondadori, 2001, Recensione su l'Unità 7 maggio 2007.
Beppe Sebaste, Il dominio delle luci genera ombre, L’Unità p.26, Sabato 24 Marzo 2007.
Beppe Sebaste, Contro l'anestesia. L'ultimo libro di Giorgio Messori, l’Unità 27 aprile 2007
Beppe Sebaste, H.P. L’ultimo autista di Lady D, Einaudi, 2007.
Beppe Sebaste, La galleria dei fantasmi che chiedono giustizia per la strage impunita, in Il Venerdì, 15 giugno 2007, n.1004.
Giovanni Paolo II, Fides et Ratio, enciclica ed. paoline. 1998
Joseph Ratzinger Gesù di Nazareth, mondatori, 2007.
Davide Tedeschini, La Rimozione Silvetti, il museo privato-pubblico nell’area suburbana, Museo d’arte contemporanea, Associazione Arte Superficiale, 2007.
Davide Tedeschini, “Questa non è una tesi”. Alcune figure retoriche dell’arte moderna e contemporanea. Co.B.A. - Accademia di Belle Arti di Roma rel. Beppe Sebaste anno acc. 2006-7.
Davide Tedeschini, Percezione Latente Accademia di Belle Arti di Roma rel. Sergio Lombardo anno acc. 2004-5.
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[1] Titolo del bel libro di Vanni Codeluppi
[2]Sergio Lombardo L’irruzione dell’arte nella realtà, R.P.A., N.S. A. XVIII, n.8, 1997, 5-12.
[3] Qualcosa del genere, in Italia, è da anni il metodo di una studiosa di arte contemporanea e pedagogista, Anna D’Elia (insegna Pedagogia interculturale e dell’Arte all’Università di Foggia e all’Accademia di Belle Arti di Bari), che dopo il recente Nello specchio dell’arte. Figure autobiografiche (Meltemi) ci offre ora, sempre da Meltemi, il volume Per non voltare pagina. Raccontare l’orrore. Nonostante il titolo, sempre di arte e di estetica si tratta, ovvero d educazione alla sensibilità nel mondo delle immagini in un’epoca in cui, a quelle degli artisti contemporanei che l’autrice predilige (da Frida Kahlo a Nan Goldin, da Francis Bacon a Marina Abvramovic) si sovrappongono quelle degli eventi più atroci e della cronaca quotidiana, fatta di guerre, torture, sofferenze. Contro l’indifferenza (formula che accomuna i libri di D’Elia e di Elkins) l’autrice si sforza di analizzare, in un teatro di voci tra madre e figlia che ricorda un po’ la forma del “metalogo” introdotta da Gregory Bateson nella letteratura scientifica, temi come la vergogna (anche per colpe non commesse), il sentimento dell’esilio e dell’estraneità, il valore etico ed estetico della testimonianza. Beppe Sebaste, Contro l'anestesia. L'ultimo libro di Giorgio Messori, l’Unità 27 aprile 2007
08
marzo 2008
Roxana Lupu – Con gli occhi di una donna
Dall'otto marzo all'otto aprile 2008
arte contemporanea
Location
CENTRO INTERCULTURALE ITALIA ROMANIA – CENTRO FLAIANO
Roma, Via Filoteo Alberini, 25, (Roma)
Roma, Via Filoteo Alberini, 25, (Roma)
Vernissage
8 Marzo 2008, ore 18.30
Autore
Curatore