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Antonio Basoli – Il viaggiatore che resta a casa
una mostra dedicata ad Antonio Basoli, figura protagonista nel clima neoclassico e di trapasso verso la sensibilità romantica europea
Comunicato stampa
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L’Accademia di Belle Arti di Bologna in collaborazione con l’Accademia Clementina, con la Soprintendenza per il Patrimonio storico, artistico e demoantropologico di Bologna, con la Pinacoteca di Bologna e con il Comune di Bologna dedica una mostra ad Antonio Basoli (Castelguelfo 1774-Bologna 1848), artista di cui essa possiede ventotto volumi di manoscritti e un corpus di oltre diecimila carte, tra acquarelli, disegni e incisioni, acquistati dopo la morte del Maestro (nel 1857) dall’Istituzione in cui egli aveva studiato e a lungo insegnato. Proprio questo significativo complesso di opere, in gran parte inedite, da tempo in corso di studio, catalogazione e restauro, costituisce il nucleo centrale dell’esposizione, in cui tuttavia saranno anche mostrati alcuni dipinti provenienti da collezioni pubbliche e private.
Antonio Basoli è figura protagonista nel clima neoclassico e di trapasso verso la sensibilità romantica europea. Durante gli anni degli studi nell’Accademia Clementina stringe amicizia con Pelagio Palagi, con cui frequenta in Bologna casa Aldrovandi, dimora fonte di idee variegate ed avanzate, fervido luogo di incontro di artisti ed intellettuali europei. Dà poi inizio ad una intensa attività di pittore di camere e di quadri da cavalletto in cui continuamente rielabora temi e motivi desunti dai repertori dell’insegnamento accademico (Palladio, Vignola, Bibiena), dalle antichità riscoperte (Piranesi in primis), dai libri di viaggi, dalle più recenti pubblicazioni di incisioni e di testi letterari (fu puntuale lettore di Walter Scott ed ebbe aggiornata conoscenza della produzione degli stampatori europei). Come scenografo è impegnato nei teatri bolognesi, della Romagna e delle Marche acquisendo una fama che gli procura prestigiose- sebbene rifiutate- commissioni all’estero. Come ornatista è ricercato dalla committenza aristocratica e borghese bolognese e anche triestina e friulana, per la risistemazione delle proprie dimore in chiave aggiornata sulle ultime tendenze del gusto. Da vedutista ritrae di Bologna molteplici aspetti, dando vita, per la prima volta nella storia della città, ad una immagine unitaria, immediata e affettuosamente vivace, destinata a durare a lungo come modello. Mentre si mostra sensibile anche verso l’arte della ideazione di giardini, va maturando una capacità inventiva e visionaria che lo induce sia a produrre aquerelli relativi a testi storici (la Bibbia, l’Orlando Furioso, le Favole di Esopo), sia a ricreare in magnifiche carte acquerellate luoghi esotici e fantastici, frutto dell’utopistico anelito a ridisegnare il mondo, percorrendolo nell’itinerario immaginario ed estremo del viaggiatore che resta a casa (Basoli, come, Ludovico Carracci, come Guercino e Giuseppe Maria Crespi, come Giorgio Morandi, viaggiò pochissimo).
Non va infine dimenticata l’attività di docente svolta per oltre quarant’anni a partire dalla rifondazione napoleonica dell’Accademia che aprì alla Decorazione quelle prospettive moderne che egli seppe interpretare e trasmettere a più generazioni di allievi.
L’Accademia di Belle Arti di Bologna rende merito alla sua rara devozione di insegnante con una mostra che, esponendo per la prima volta una selezione organica dei materiali delle opere da lui conservate fino alla morte, affronta anche talune problematiche mai dipanate dalle esegesi dell’opera del Maestro.
Oltre alle opere di proprietà dell’Accademia di Belle Arti in mostra saranno esposte opere provenienti da:
Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio, Bologna; Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, Bologna; Pinacoteca Nazionale, Bologna; Fondazione Giorgio Cini, Venezia; Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Riccione. Inoltre, opere provenienti da collezioni private italiane.
Catalogo con testi di: A. Borgogelli, V. Bruni, E. Busmanti, F. Ceccarelli, A. Emiliani, F. Farneti, E. Frattarolo, D. Lenzi, P.Lenzini, F. Lui, A. Marchi, A.M.Matteucci, S.Medde, C.Nicosia, V.Riccardi Scassellati, A.M.Riccomini.
Allestimento mostra: M.Brattella
Percorsi didattici a cura del Corso di Comunicazione e Didattica dell’Arte dell’Accademia di Belle Arti di Bologna
**
Fabia Farneti, Vincenza Riccardi Scassellati
Vita e opere di Antonio Basoli
La principale fonte per conoscere le vicende umane e professionali di Antonio Basoli è l’autobiografia Vita artistica di Basoli Antonio / Cattalogo delle opere eseguite e suoi prezzi1.
Nel testo sono registrati sinteticamente tutti i dati necessari per ricostruirne il percorso, a partire dalla nascita, avvenuta a Castel Guelfo, paese del contado bolognese, il 18 aprile del 1774.
Non mancano notazioni sulla vita famigliare e sull’educazione severa ma amorevole ricevuta dal padre Lelio, uomo estroso che lavora come ornatista e trasmette al figlio l’interesse per la pittura nonché un talento che si svela precocemente.
Mandato a Bologna per intraprendere il corso regolare degli studi, nel 1782 viene iscritto alle scuole Pie dove segue le lezioni con ottimi risultati, approfondendo contemporaneamente la preparazione nel disegno e le cognizioni di prospettiva. Quando torna a casa aiuta il padre nelle decorazioni “alla raffaella” che realizza per i notabili locali, fra cui i Malvezzi, signori del territorio guelfese che saranno anche i primi committenti del giovane all’esordio della sua carriera in città.
Terminate le scuole primarie, prende lezioni dallo scenografo Vincenzo Mazza, in vista dell’iscrizione, nel 1786, ai corsi di Architettura dell’Accademia Clementina, il cui insegnamento si fonda sull’esempio della tradizione bibienesca – della quale il Mazza è un continuatore- oltre che sui canoni della trattatistica cinquecentesca. Nelle aule lo ritrova come docente assieme agli artisti che saranno fondamentali per il completamento della sua formazione: l’architetto Angelo Venturoli, insegnante di architettura, prospettiva e ornato e il pittore Petronio Fancelli, maestro nella tecnica della decorazione degli interni; entra poi in relazione con Vincenzo Martinelli che sarà per lui un consigliere prezioso nella pittura di paesaggio.
Segue le lezioni con un’assiduità e un profitto che sono riconosciuti dall’assegnazione del premio Fiori (detto “di frequenza”) per il progetto di un Mausoleo di invenzione, nel 1791; nel contempo pratica le biblioteche, dando inizio a una consuetudine che manterrà per tutta la vita, spinto da un interesse onnivoro che gli fa accostare testi di ogni argomento. Oltre alle opere di Ferdinando Bibiena, del Palladio e del Vignola proposte nell’ambito dell’educazione accademica, conosce le incisioni di Piranesi, i disegni di Mauro Tesi, gli ornamenti di Giocondo Albertolli e poi, via via, i repertori di antichità, i libri di viaggi, le stampe di genere e di paesaggio, le raccolte più aggiornate di decorazioni e di arredi, la letteratura classica e contemporanea, i trattati di architettura e quelli di storia e di scienze.
Da tutto quanto legge comincia presto a trarre lucidi e copie, che conserva per farne una personale raccolta di materiali a cui attingere idee per la sua molteplice attività, spaziante dalla decorazione degli interni alla scenografia, alla pittura di paesaggio, all’illustrazione. Le prime scoperte le compie (dal 1788) nella biblioteca di palazzo Aldrovandi, accanto ai giovani Pelagio Palagi e Domenico Corsini coi quali in seguito condividerà più di una esperienza di lavoro; nella nobile dimora entra in contatto anche con l’ambiente di cultura illuminista e massonica che fa capo al conte Carlo Filippo -mecenate e moderno imprenditore- comprendente personaggi che saranno decisivi a Bologna negli anni del potere francese in cui Basoli riscuoterà i successi iniziali. Durante il tempo delle vacanze prosegue con il padre la pratica nella decorazione di camere; nel 1787 dipinge per il teatro di Castel Guelfo la sua prima scena e, subito dopo, comincia a frequentare lo scenografo Mauro Braccioli per acquisire le competenze tecniche necessarie in questo settore.
Al seguito di Petronio Fancelli lavora presso importanti committenti quali i Tanari, i Gozzadini, i Taruffi (per il cui teatro privato realizza anche due scene) ed inizia a guadagnare a sufficienza da poter vivere autonomamente.
Alla conclusione degli studi accademici, nel 1794, si emancipa anche dai maestri che l’hanno formato nella pratica del mestiere e dà avvio a una carriera destinata a immediata fortuna presso un’ampia clientela. Si mette in società con il compagno di studi Domenico Corsini per soddisfare le molte richieste che arrivano dalla città e dal circondario, presto incrementate dall’ondata di rinnovamento che segue l’ingresso dei Francesi a Bologna nel giugno 1796 e coinvolge ogni aspetto della vita sociale, stimolando anche il desiderio di ammodernare le abitazioni secondo il gusto attuale. Significativo per il giovane esordiente (benché l’opera non venga realizzata) è l’incarico che gli giunge, dal regime appena insediato, di decorare una sala del palazzo Pubblico, per la quale Basoli progetta una stanza a tenda di tipologia militaresca. L’entratura nella società napoleonica si concretizza in importanti commissioni che toccano anche la dimora del ministro Aldini e quella del conte Marescalchi; ma la sua clientela è subito estesa ai diversi ceti sociali: quello nobiliare degli Aldrovandi e degli Albergati e quello delle professioni e dei commerci per cui decora interi quartieri, attingendo alle tematiche più aggiornate, come le invenzioni messe in atto per l’avvocato Monti o per Onofrio Muratori. In contemporanea comincia a lavorare per i teatri bolognesi,con un progetto di ristrutturazione del Casali Zagnoni e con alcune scene per il Marsigli Rossi, denominato al tempo teatro Civico.
In questo momento iniziale collaborano con lui come figuristi, nelle diverse occasioni, Giuseppe Ramenghi, Pelagio Palagi, Pietro Fancelli, Giuseppe Guizzardi, Bartolomeo Valiani, svolgendo un ruolo che poi passerà definitivamente al fratello Francesco.
Nel 1798 si interrompe la società con Corsini che Basoli accusa di pigrizia, evidenziando, per converso, le proprie doti di sollecitudine e puntualità che gli procurano l’apprezzamento di una committenza sempre più ampia.
Nel 1801, per il tramite di Onofrio Muratori si reca a Trieste, dove si ferma sei mesi a decorare le abitazioni dei Romano e dei Perez, ricchi commercianti di quella città. Si tratta di un’esperienza fondamentale (a cominciare dal viaggio che è il primo da lui intrapreso) sia per i contatti con un centro cosmopolita in cui si stava affermando il linguaggio neoclassico, sia per la conoscenza di artisti di varia provenienza, quali l’ornatista veneziano Giuseppe Borsato e il vedutista francese Louis-Francois Cassas. In questa occasione gli giungono anche proposte di lavoro per Vienna e per l’America, da lui rifiutate. L’anno successivo riceve dal Friuli due importanti commissioni: a Spilimbergo nelle case Marsoni e Pellegrini (questa progettata dal bolognese Ercole Gasparini) e a Cavasso nel palazzo Polcenigo, dove realizza alcune delle sue fantasie più affascinanti, sfortunatamente perdute come le opere triestine.
Mentre attende a queste imprese, gli perviene, attraverso l’impresario bolognese Casali, una proposta di lavoro come scenografo per il teatro Imperiale di Pietroburgo, dove dovrebbe raggiungere, con il fratello Luigi, il collega Domenico Corsini. L’iniziativa però non va in porto e Basoli, tornato in patria, continua qui, a pieno ritmo, il lavoro di decoratore di camere e di scenografo.
Nel 1803 comincia l’attività nel teatro Comunale con scene per l’opera di Sebastiano Nasolini La vendetta di Nino e per il ballo Caterina di Coluga.
Alla fine dello stesso anno viene assunto come aggiunto alla cattedra di Ornato, retta da Leandro Marconi, presso l’Accademia Nazionale appena fondata a Bologna nell’ambito della riforma napoleonica dell’istruzione pubblica. All’insegnamento si dedicherà da questo momento con grande dedizione, coltivando anche nel suo studio privato gli allievi che lo affiancheranno nella professione. La stabilità ottenuta col nuovo incarico e il benessere economico prodotto dalla fortunata carriera lo spingono a chiamare a vivere con sé e con il fratello Luigi, già da qualche tempo a Bologna, la sorella Maria e il fratello minore Francesco, ai quali si unirà la madre quando nel 1815 si sposerà l’ultimo figlio rimasto con lei dopo la morte del marito. Basoli può così costituire quella famiglia alla quale –ricevendo in cambio una devota assistenza- riserverà costanti attenzioni per tutta la vita, senza mai pensare di formarsene una propria, anzi respingendo fermamente l’idea di prender moglie per non rischiare di distrarsi (a suo dire) dai propri interessi di studio e di lavoro.
Nel 1805, ancora in collaborazione con l’architetto Gasparini, affronta una tematica per lui inconsueta elaborando un progetto di trasformazione della villa Albergati di Zola in residenza Reale. Poco dopo parte alla volta di Roma per compiervi l’esperienza fondamentale del contatto diretto con le antichità e i paesaggi che già conosce attraverso i libri e le stampe. Un viaggio di quattro mesi che lo porta a visitare nel percorso luoghi artistici di primaria importanza e resta indimenticabile per la lunga permanenza nella capitale in compagnia dell’amico Giuseppe Nadi - studente di Architettura dell’Accademia bolognese che vi stava compiendo il soggiorno dell’ “Alunnato”- e di due guide autorevoli quali l’archeologo Filippo Schiassi e l’epigrafista Domenico Mandini.
Tornato a casa carico dei libri acquistati e di taccuini pieni di disegni e di appunti, affronta con nuove idee gli impegni di lavoro che si fanno sempre più pressanti. Incrementa anche l’attività per i teatri, realizzando in successione: le decorazioni per il Felicini nel 1807 e per il Marsigli e il Comunale nel 1808; le numerose scene per l’Accademia dei Filodrammaturghi, per il Comunale e per il teatrino di casa Poggi nel 1808-09; le scene e il sipario per il teatro di Macerata nel 1810.
Avvia un altro settore di attività, quello dell’incisione, a cui tocca non solo il successo immediato, ma pure il merito di diffondere e conservare la fama dell’autore. Basoli si dedica a questa iniziativa con grande cura occupandosi dei materiali, delle tecniche e della distribuzione e affida all’allievo Francesco Cocchi (associato all’impresa fino al 1815) il compito di trarre dai propri dipinti i disegni che poi saranno incisi dai fratelli o da altri giovani, scolari di Francesco Rosaspina.
Il risultato è la Raccolta di prospettive seri, rustiche e di paesaggio, centodue fogli pubblicati in volume unico con data 1810 e in tre volumi separati con data 1812. Stimolato anche dal riscontro economico, Basoli produrrà in seguito altre sillogi della propria opera, sempre valendosi dei fratelli per l’incisione a contorno e all’acquatinta, e stamperà nel corso degli anni: Guarnizioni diverse di maniera antica (1814), Porte della città di Bologna (1817), Esemplare di Elementi d’Ornato che contiene lo studio della pianta d’acanto (1817), Collezione di varie scene teatrali (1821), Compartimenti di camere (1827), Vedute pittoresche della città di Bologna (1833), Definizioni geometriche (1837), Raccolta di diversi ornamenti (1838); l’ultima opera grafica, l’Alfabeto pittorico del 1839, sarà pubblicata in litografia da Vincenzo Marchi.
Nel 1812 dipinge una scena per il teatro del Corso, dando inizio a una collaborazione che durerà per sette anni. Nel 1814 realizza la decorazione interna e il sipario nell’appena edificato teatro Contavalli, per cui anche inventerà scene fino al 1822 . Intanto gli ornati prodotti dalla sua bottega -in cui dirige i fratelli e numerosi subalterni- vengono richiesti da sempre nuovi committenti: sono ancora le antiche famiglie (i Ranuzzi, i Pepoli, i Lambertini), i banchieri e i generali; ma è soprattutto presso il ceto degli artigiani e dei negozianti che il suo credito va aumentando, grazie alla capacità di interpretarne con efficacia il gusto e le esigenze.
Nel 1815, con la restaurazione del governo papale, cambia il nome dell’Accademia -che diviene Pontificia- e muta un poco l’assetto didattico, per cui Basoli diviene titolare della cattedra autonoma di Elementi di ornato. L’anno seguente, la diffusione dell’opera a stampa gli frutta il primo riconoscimento ufficiale: la nomina a socio d’onore dell’Accademia di Firenze, cui seguono negli anni quelle delle Accademie di San Luca in Roma, di Torino, di Venezia.
Certo si devono parimenti alla fama procurata dalle incisioni le proposte per lavori teatrali che gli giungono da Roma nel 1815 e da Napoli (per il tramite di Gioacchino Rossini) nel 1818, entrambe rifiutate per non mancare ai doveri della scuola, ma soprattutto per l’innata riluttanza ad allontanarsi dall’ambiente domestico. Stimolato, probabilmente, dai lavori impegnativi realizzati l’anno precedente per il teatro Comunale, nel 1818 intraprende l’ultimo dei suoi pochi viaggi per conoscere a Milano lo scenografo Alessandro Sanquirico. Nell’occasione, oltre a visitare l’amico Palagi che è pittore presso quella corte, trae,come al solito, gran messe di appunti e di schizzi, questa volta anche di argomento scenotecnico .Tra il 1818 e il ‘20 affronta nuovamente incarichi importanti nel teatro del Corso e, in seguito, nel Comunale. Alcune critiche malevole alle scene qui realizzate inducono Basoli –profondamente ferito nell’orgoglio- a cessare ogni attività per questo teatro, ritenendo responsabile dell’insuccesso la ristrutturazione del palcoscenico attuatavi dall’architetto municipale Giuseppe Tubertini. Di fatto l’impegno nei teatri diminuisce, fino a cessare nel 1822, dopo il progetto per la decorazione del teatro di Sant’Arcangelo, mentre nello stesso periodo vengono create alcune delle decorazioni di interni più significative: quelle per il palazzo Ercolani e per la villa Marescalchi e poi per il palazzo Baciocchi, per la villa “Panglossiana”, per il casino Pirotti, e per la propria casa, acquistata nel 1823 in borgo Paglia, preso l’Accademia.
Dal 1825 si dedica con grande lena alla pittura da cavalletto, che in passato ha avuto una parte secondaria, anche se l’ha coltivata fin da ragazzo, prima dipingendo quadretti di paesaggio e di fiori, poi realizzando la versione ad olio di certe sue invenzioni destinate alle scene e alle decorazioni murali. D’ora in avanti, per circa un decennio dà vita a una produzione intensa di straordinarie vedute bolognesi che realizza nello studio -valendosi di decine di disegni presi dal vero- e poi fa tradurre agli allievi e ai fratelli nella versione all’acquatinta; mentre il progetto di un sipario per il teatro di Pietroburgo e una solenne decorazione in palazzo Bentivoglio concludono, rispettivamente nel 1827 e nel ’28, la carriera di scenografo e quella di ornatista, pur se qualche disegno sarà ancora prodotto, in questo campo, fino al 1834.
La riduzione degli impegni gli consente di dedicare più tempo alla lettura di poemi e di romanzi, da cui trae ispirazione per nuovi soggetti pittorici. Nascono così gli acquarelli per l’Orlando furioso dell’Ariosto e per l’Apocalisse e le idee per dipinti ad olio di argomento sacro,storico e letterario.
Nel 1834, in seguito al passaggio di Leandro Marconi sulla cattedra di Architettura, diviene docente di Ornato, ottenendo finalmente la titolarità della materia della quale,fino a quel momento, ha potuto insegnare solo la parte elementare. Si applica subito alla stesura delle Lezioni teorico pratiche per la scuola di Ornato, in cui compendia tutte le sue conoscenze, organizzandole in una sorta di enciclopedia di tutto quanto necessario al buon pittore ornatista; la redazione dei cinque tomi manoscritti termina nel 1843, seguita dalla compilazione, negli anni 1845-47, del volume sulle Lezioni di paesaggio dove vengono sintetizzate le nozioni e le idee riguardanti questo genere, a Basoli molto caro.
Nel febbraio del 1837 subisce in strada un’aggressione che gli procura seri danni fisici, fra cui la perdita dell’occhio destro, causa di gravi conseguenze sulla sua attività che, dopo questo episodio, si riduce ulteriormente, rallentando pure in Accademia e concentrandosi soprattutto all’interno dello studio. Qui Basoli, senza cessare la documentazione sulla cultura più recente che lo porta ad interessarsi, ora, di antichità medievali, medita sui temi sempre più eruditi e complessi che sono oggetto anche delle ultime lezioni ed elabora opere che possono definirsi la sintesi di tutto quanto è andato leggendo, copiando e inventando nel corso della sua carriera: i disegni e i dipinti sulle parti del mondo, sui colossi, sui quattro elementi, sui grandi monumenti dell’antichità, su luoghi esotici di mitica collocazione; le illustrazioni per le favole di Esopo.
La sua ultima creazione, una serie di acquarelli monocromi intitolata Vedute panoramatiche di tutto il globo, ricompone le suggestioni di un’intera vita, dai testi studiati in gioventù agli spettacoli di cosmorami seguiti assiduamente nella maturità. Basoli vi attende dal 1846 fino alla morte che, per l’aggravarsi dei problemi cardiaci e respiratori di cui soffriva da tempo, sopraggiunge il 30 maggio 1848.
Nello studio rimangono decine di dipinti, la biblioteca di arte e di letteratura, le raccolte di disegni, lucidi e scritti di varia natura che l’artista ha accumulato nel corso della vita.
Ereditato dai fratelli, questo patrimonio variegato, dopo la morte di Luigi nel 1849, viene catalogato da Francesco che nel 1855 lo propone per l’acquisto all’Accademia. In seguito al parere favorevole espresso dalla commissione appositamente nominata -composta dagli ex allievi di Basoli Francesco Cocchi, Giuseppe Badiali, Giuseppe Manfredini, Onofrio Zanotti- e dopo lunghe trattative, nel 1857 viene acquistato il nucleo dei disegni e degli scritti, giudicato particolarmente interessante ai fini didattici.
Composto da centoquattro tra volumi e cartelle contenenti oltre diecimila disegni, da ventiquattro raccolte di stampe e da ventotto di manoscritti, il fondo, tuttora conservato presso l’Accademia di Belle Arti, comprende materiali diversi per tecnica e per tipologia. Si va dai ”segnacci” al tratto schizzati per fissare le idee, ai ”lucidi” ricavati dai repertori, alle morbide ombreggiature dell’acquarello sulle immagini copiate da altri autori, alle campiture policrome dei progetti per la decorazioni, in un insieme che documenta l’intera attività dell’artista nelle sue molteplici inclinazioni e nell’evolversi dei suoi interessi, offrendo altresì una imprescindibile chiave di lettura per comprendere le fonti e la genesi delle opere. Dalle carte e dalla stessa struttura della raccolta affiorano pure significative indicazioni per far luce sulla personalità dell’uomo, che appare ordinato e meticoloso fino alle pedanteria, ma anche prontamente ricettivo degli stimoli più disparati che lo raggiungono nel chiuso del suo studio. Gli elenchi di ogni tipo da lui compilati, i ripetuti cambiamenti operati nella catalogazione dei materiali grafici, le successive stesure di testi dedicati ai medesimi temi lo descrivono alla ricerca della sistematizzazione definitiva di ogni conoscenza, quella che sembra volere trasmettere agli allievi negli ultimi anni e voler rappresentare nelle opere della fase finale. D’altra parte, il moltiplicarsi degli interessi e dei settori di attività gli è di ostacolo ad organizzare in modo organico il suo stesso lavoro; accanto ai volumi omogenei dedicati a temi precisamente connotati, come le antichità o i paesaggi tratti dai repertori delle stampe, e accanto a quelli destinati specificamente a documentare la professione nell’ornato e nella scenografia, prevalgono i volumi nei quali le invenzioni si mescolano alle copie, i tratti decisi degli schizzi si accostano alla grafia ripetitiva delle rassegne di oggetti e di dettagli ornamentali, e le matite sottili si alternano agli inchiostri ombreggiati per tratteggiare quel mondo fatto di intuizione e di riproduzione, di fantasia e di studio nel quale Basoli è, senza distinzione di generi, insieme ornatista, scenografo e pittore di paesaggio.
Antonio Basoli è figura protagonista nel clima neoclassico e di trapasso verso la sensibilità romantica europea. Durante gli anni degli studi nell’Accademia Clementina stringe amicizia con Pelagio Palagi, con cui frequenta in Bologna casa Aldrovandi, dimora fonte di idee variegate ed avanzate, fervido luogo di incontro di artisti ed intellettuali europei. Dà poi inizio ad una intensa attività di pittore di camere e di quadri da cavalletto in cui continuamente rielabora temi e motivi desunti dai repertori dell’insegnamento accademico (Palladio, Vignola, Bibiena), dalle antichità riscoperte (Piranesi in primis), dai libri di viaggi, dalle più recenti pubblicazioni di incisioni e di testi letterari (fu puntuale lettore di Walter Scott ed ebbe aggiornata conoscenza della produzione degli stampatori europei). Come scenografo è impegnato nei teatri bolognesi, della Romagna e delle Marche acquisendo una fama che gli procura prestigiose- sebbene rifiutate- commissioni all’estero. Come ornatista è ricercato dalla committenza aristocratica e borghese bolognese e anche triestina e friulana, per la risistemazione delle proprie dimore in chiave aggiornata sulle ultime tendenze del gusto. Da vedutista ritrae di Bologna molteplici aspetti, dando vita, per la prima volta nella storia della città, ad una immagine unitaria, immediata e affettuosamente vivace, destinata a durare a lungo come modello. Mentre si mostra sensibile anche verso l’arte della ideazione di giardini, va maturando una capacità inventiva e visionaria che lo induce sia a produrre aquerelli relativi a testi storici (la Bibbia, l’Orlando Furioso, le Favole di Esopo), sia a ricreare in magnifiche carte acquerellate luoghi esotici e fantastici, frutto dell’utopistico anelito a ridisegnare il mondo, percorrendolo nell’itinerario immaginario ed estremo del viaggiatore che resta a casa (Basoli, come, Ludovico Carracci, come Guercino e Giuseppe Maria Crespi, come Giorgio Morandi, viaggiò pochissimo).
Non va infine dimenticata l’attività di docente svolta per oltre quarant’anni a partire dalla rifondazione napoleonica dell’Accademia che aprì alla Decorazione quelle prospettive moderne che egli seppe interpretare e trasmettere a più generazioni di allievi.
L’Accademia di Belle Arti di Bologna rende merito alla sua rara devozione di insegnante con una mostra che, esponendo per la prima volta una selezione organica dei materiali delle opere da lui conservate fino alla morte, affronta anche talune problematiche mai dipanate dalle esegesi dell’opera del Maestro.
Oltre alle opere di proprietà dell’Accademia di Belle Arti in mostra saranno esposte opere provenienti da:
Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio, Bologna; Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, Bologna; Pinacoteca Nazionale, Bologna; Fondazione Giorgio Cini, Venezia; Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Riccione. Inoltre, opere provenienti da collezioni private italiane.
Catalogo con testi di: A. Borgogelli, V. Bruni, E. Busmanti, F. Ceccarelli, A. Emiliani, F. Farneti, E. Frattarolo, D. Lenzi, P.Lenzini, F. Lui, A. Marchi, A.M.Matteucci, S.Medde, C.Nicosia, V.Riccardi Scassellati, A.M.Riccomini.
Allestimento mostra: M.Brattella
Percorsi didattici a cura del Corso di Comunicazione e Didattica dell’Arte dell’Accademia di Belle Arti di Bologna
**
Fabia Farneti, Vincenza Riccardi Scassellati
Vita e opere di Antonio Basoli
La principale fonte per conoscere le vicende umane e professionali di Antonio Basoli è l’autobiografia Vita artistica di Basoli Antonio / Cattalogo delle opere eseguite e suoi prezzi1.
Nel testo sono registrati sinteticamente tutti i dati necessari per ricostruirne il percorso, a partire dalla nascita, avvenuta a Castel Guelfo, paese del contado bolognese, il 18 aprile del 1774.
Non mancano notazioni sulla vita famigliare e sull’educazione severa ma amorevole ricevuta dal padre Lelio, uomo estroso che lavora come ornatista e trasmette al figlio l’interesse per la pittura nonché un talento che si svela precocemente.
Mandato a Bologna per intraprendere il corso regolare degli studi, nel 1782 viene iscritto alle scuole Pie dove segue le lezioni con ottimi risultati, approfondendo contemporaneamente la preparazione nel disegno e le cognizioni di prospettiva. Quando torna a casa aiuta il padre nelle decorazioni “alla raffaella” che realizza per i notabili locali, fra cui i Malvezzi, signori del territorio guelfese che saranno anche i primi committenti del giovane all’esordio della sua carriera in città.
Terminate le scuole primarie, prende lezioni dallo scenografo Vincenzo Mazza, in vista dell’iscrizione, nel 1786, ai corsi di Architettura dell’Accademia Clementina, il cui insegnamento si fonda sull’esempio della tradizione bibienesca – della quale il Mazza è un continuatore- oltre che sui canoni della trattatistica cinquecentesca. Nelle aule lo ritrova come docente assieme agli artisti che saranno fondamentali per il completamento della sua formazione: l’architetto Angelo Venturoli, insegnante di architettura, prospettiva e ornato e il pittore Petronio Fancelli, maestro nella tecnica della decorazione degli interni; entra poi in relazione con Vincenzo Martinelli che sarà per lui un consigliere prezioso nella pittura di paesaggio.
Segue le lezioni con un’assiduità e un profitto che sono riconosciuti dall’assegnazione del premio Fiori (detto “di frequenza”) per il progetto di un Mausoleo di invenzione, nel 1791; nel contempo pratica le biblioteche, dando inizio a una consuetudine che manterrà per tutta la vita, spinto da un interesse onnivoro che gli fa accostare testi di ogni argomento. Oltre alle opere di Ferdinando Bibiena, del Palladio e del Vignola proposte nell’ambito dell’educazione accademica, conosce le incisioni di Piranesi, i disegni di Mauro Tesi, gli ornamenti di Giocondo Albertolli e poi, via via, i repertori di antichità, i libri di viaggi, le stampe di genere e di paesaggio, le raccolte più aggiornate di decorazioni e di arredi, la letteratura classica e contemporanea, i trattati di architettura e quelli di storia e di scienze.
Da tutto quanto legge comincia presto a trarre lucidi e copie, che conserva per farne una personale raccolta di materiali a cui attingere idee per la sua molteplice attività, spaziante dalla decorazione degli interni alla scenografia, alla pittura di paesaggio, all’illustrazione. Le prime scoperte le compie (dal 1788) nella biblioteca di palazzo Aldrovandi, accanto ai giovani Pelagio Palagi e Domenico Corsini coi quali in seguito condividerà più di una esperienza di lavoro; nella nobile dimora entra in contatto anche con l’ambiente di cultura illuminista e massonica che fa capo al conte Carlo Filippo -mecenate e moderno imprenditore- comprendente personaggi che saranno decisivi a Bologna negli anni del potere francese in cui Basoli riscuoterà i successi iniziali. Durante il tempo delle vacanze prosegue con il padre la pratica nella decorazione di camere; nel 1787 dipinge per il teatro di Castel Guelfo la sua prima scena e, subito dopo, comincia a frequentare lo scenografo Mauro Braccioli per acquisire le competenze tecniche necessarie in questo settore.
Al seguito di Petronio Fancelli lavora presso importanti committenti quali i Tanari, i Gozzadini, i Taruffi (per il cui teatro privato realizza anche due scene) ed inizia a guadagnare a sufficienza da poter vivere autonomamente.
Alla conclusione degli studi accademici, nel 1794, si emancipa anche dai maestri che l’hanno formato nella pratica del mestiere e dà avvio a una carriera destinata a immediata fortuna presso un’ampia clientela. Si mette in società con il compagno di studi Domenico Corsini per soddisfare le molte richieste che arrivano dalla città e dal circondario, presto incrementate dall’ondata di rinnovamento che segue l’ingresso dei Francesi a Bologna nel giugno 1796 e coinvolge ogni aspetto della vita sociale, stimolando anche il desiderio di ammodernare le abitazioni secondo il gusto attuale. Significativo per il giovane esordiente (benché l’opera non venga realizzata) è l’incarico che gli giunge, dal regime appena insediato, di decorare una sala del palazzo Pubblico, per la quale Basoli progetta una stanza a tenda di tipologia militaresca. L’entratura nella società napoleonica si concretizza in importanti commissioni che toccano anche la dimora del ministro Aldini e quella del conte Marescalchi; ma la sua clientela è subito estesa ai diversi ceti sociali: quello nobiliare degli Aldrovandi e degli Albergati e quello delle professioni e dei commerci per cui decora interi quartieri, attingendo alle tematiche più aggiornate, come le invenzioni messe in atto per l’avvocato Monti o per Onofrio Muratori. In contemporanea comincia a lavorare per i teatri bolognesi,con un progetto di ristrutturazione del Casali Zagnoni e con alcune scene per il Marsigli Rossi, denominato al tempo teatro Civico.
In questo momento iniziale collaborano con lui come figuristi, nelle diverse occasioni, Giuseppe Ramenghi, Pelagio Palagi, Pietro Fancelli, Giuseppe Guizzardi, Bartolomeo Valiani, svolgendo un ruolo che poi passerà definitivamente al fratello Francesco.
Nel 1798 si interrompe la società con Corsini che Basoli accusa di pigrizia, evidenziando, per converso, le proprie doti di sollecitudine e puntualità che gli procurano l’apprezzamento di una committenza sempre più ampia.
Nel 1801, per il tramite di Onofrio Muratori si reca a Trieste, dove si ferma sei mesi a decorare le abitazioni dei Romano e dei Perez, ricchi commercianti di quella città. Si tratta di un’esperienza fondamentale (a cominciare dal viaggio che è il primo da lui intrapreso) sia per i contatti con un centro cosmopolita in cui si stava affermando il linguaggio neoclassico, sia per la conoscenza di artisti di varia provenienza, quali l’ornatista veneziano Giuseppe Borsato e il vedutista francese Louis-Francois Cassas. In questa occasione gli giungono anche proposte di lavoro per Vienna e per l’America, da lui rifiutate. L’anno successivo riceve dal Friuli due importanti commissioni: a Spilimbergo nelle case Marsoni e Pellegrini (questa progettata dal bolognese Ercole Gasparini) e a Cavasso nel palazzo Polcenigo, dove realizza alcune delle sue fantasie più affascinanti, sfortunatamente perdute come le opere triestine.
Mentre attende a queste imprese, gli perviene, attraverso l’impresario bolognese Casali, una proposta di lavoro come scenografo per il teatro Imperiale di Pietroburgo, dove dovrebbe raggiungere, con il fratello Luigi, il collega Domenico Corsini. L’iniziativa però non va in porto e Basoli, tornato in patria, continua qui, a pieno ritmo, il lavoro di decoratore di camere e di scenografo.
Nel 1803 comincia l’attività nel teatro Comunale con scene per l’opera di Sebastiano Nasolini La vendetta di Nino e per il ballo Caterina di Coluga.
Alla fine dello stesso anno viene assunto come aggiunto alla cattedra di Ornato, retta da Leandro Marconi, presso l’Accademia Nazionale appena fondata a Bologna nell’ambito della riforma napoleonica dell’istruzione pubblica. All’insegnamento si dedicherà da questo momento con grande dedizione, coltivando anche nel suo studio privato gli allievi che lo affiancheranno nella professione. La stabilità ottenuta col nuovo incarico e il benessere economico prodotto dalla fortunata carriera lo spingono a chiamare a vivere con sé e con il fratello Luigi, già da qualche tempo a Bologna, la sorella Maria e il fratello minore Francesco, ai quali si unirà la madre quando nel 1815 si sposerà l’ultimo figlio rimasto con lei dopo la morte del marito. Basoli può così costituire quella famiglia alla quale –ricevendo in cambio una devota assistenza- riserverà costanti attenzioni per tutta la vita, senza mai pensare di formarsene una propria, anzi respingendo fermamente l’idea di prender moglie per non rischiare di distrarsi (a suo dire) dai propri interessi di studio e di lavoro.
Nel 1805, ancora in collaborazione con l’architetto Gasparini, affronta una tematica per lui inconsueta elaborando un progetto di trasformazione della villa Albergati di Zola in residenza Reale. Poco dopo parte alla volta di Roma per compiervi l’esperienza fondamentale del contatto diretto con le antichità e i paesaggi che già conosce attraverso i libri e le stampe. Un viaggio di quattro mesi che lo porta a visitare nel percorso luoghi artistici di primaria importanza e resta indimenticabile per la lunga permanenza nella capitale in compagnia dell’amico Giuseppe Nadi - studente di Architettura dell’Accademia bolognese che vi stava compiendo il soggiorno dell’ “Alunnato”- e di due guide autorevoli quali l’archeologo Filippo Schiassi e l’epigrafista Domenico Mandini.
Tornato a casa carico dei libri acquistati e di taccuini pieni di disegni e di appunti, affronta con nuove idee gli impegni di lavoro che si fanno sempre più pressanti. Incrementa anche l’attività per i teatri, realizzando in successione: le decorazioni per il Felicini nel 1807 e per il Marsigli e il Comunale nel 1808; le numerose scene per l’Accademia dei Filodrammaturghi, per il Comunale e per il teatrino di casa Poggi nel 1808-09; le scene e il sipario per il teatro di Macerata nel 1810.
Avvia un altro settore di attività, quello dell’incisione, a cui tocca non solo il successo immediato, ma pure il merito di diffondere e conservare la fama dell’autore. Basoli si dedica a questa iniziativa con grande cura occupandosi dei materiali, delle tecniche e della distribuzione e affida all’allievo Francesco Cocchi (associato all’impresa fino al 1815) il compito di trarre dai propri dipinti i disegni che poi saranno incisi dai fratelli o da altri giovani, scolari di Francesco Rosaspina.
Il risultato è la Raccolta di prospettive seri, rustiche e di paesaggio, centodue fogli pubblicati in volume unico con data 1810 e in tre volumi separati con data 1812. Stimolato anche dal riscontro economico, Basoli produrrà in seguito altre sillogi della propria opera, sempre valendosi dei fratelli per l’incisione a contorno e all’acquatinta, e stamperà nel corso degli anni: Guarnizioni diverse di maniera antica (1814), Porte della città di Bologna (1817), Esemplare di Elementi d’Ornato che contiene lo studio della pianta d’acanto (1817), Collezione di varie scene teatrali (1821), Compartimenti di camere (1827), Vedute pittoresche della città di Bologna (1833), Definizioni geometriche (1837), Raccolta di diversi ornamenti (1838); l’ultima opera grafica, l’Alfabeto pittorico del 1839, sarà pubblicata in litografia da Vincenzo Marchi.
Nel 1812 dipinge una scena per il teatro del Corso, dando inizio a una collaborazione che durerà per sette anni. Nel 1814 realizza la decorazione interna e il sipario nell’appena edificato teatro Contavalli, per cui anche inventerà scene fino al 1822 . Intanto gli ornati prodotti dalla sua bottega -in cui dirige i fratelli e numerosi subalterni- vengono richiesti da sempre nuovi committenti: sono ancora le antiche famiglie (i Ranuzzi, i Pepoli, i Lambertini), i banchieri e i generali; ma è soprattutto presso il ceto degli artigiani e dei negozianti che il suo credito va aumentando, grazie alla capacità di interpretarne con efficacia il gusto e le esigenze.
Nel 1815, con la restaurazione del governo papale, cambia il nome dell’Accademia -che diviene Pontificia- e muta un poco l’assetto didattico, per cui Basoli diviene titolare della cattedra autonoma di Elementi di ornato. L’anno seguente, la diffusione dell’opera a stampa gli frutta il primo riconoscimento ufficiale: la nomina a socio d’onore dell’Accademia di Firenze, cui seguono negli anni quelle delle Accademie di San Luca in Roma, di Torino, di Venezia.
Certo si devono parimenti alla fama procurata dalle incisioni le proposte per lavori teatrali che gli giungono da Roma nel 1815 e da Napoli (per il tramite di Gioacchino Rossini) nel 1818, entrambe rifiutate per non mancare ai doveri della scuola, ma soprattutto per l’innata riluttanza ad allontanarsi dall’ambiente domestico. Stimolato, probabilmente, dai lavori impegnativi realizzati l’anno precedente per il teatro Comunale, nel 1818 intraprende l’ultimo dei suoi pochi viaggi per conoscere a Milano lo scenografo Alessandro Sanquirico. Nell’occasione, oltre a visitare l’amico Palagi che è pittore presso quella corte, trae,come al solito, gran messe di appunti e di schizzi, questa volta anche di argomento scenotecnico .Tra il 1818 e il ‘20 affronta nuovamente incarichi importanti nel teatro del Corso e, in seguito, nel Comunale. Alcune critiche malevole alle scene qui realizzate inducono Basoli –profondamente ferito nell’orgoglio- a cessare ogni attività per questo teatro, ritenendo responsabile dell’insuccesso la ristrutturazione del palcoscenico attuatavi dall’architetto municipale Giuseppe Tubertini. Di fatto l’impegno nei teatri diminuisce, fino a cessare nel 1822, dopo il progetto per la decorazione del teatro di Sant’Arcangelo, mentre nello stesso periodo vengono create alcune delle decorazioni di interni più significative: quelle per il palazzo Ercolani e per la villa Marescalchi e poi per il palazzo Baciocchi, per la villa “Panglossiana”, per il casino Pirotti, e per la propria casa, acquistata nel 1823 in borgo Paglia, preso l’Accademia.
Dal 1825 si dedica con grande lena alla pittura da cavalletto, che in passato ha avuto una parte secondaria, anche se l’ha coltivata fin da ragazzo, prima dipingendo quadretti di paesaggio e di fiori, poi realizzando la versione ad olio di certe sue invenzioni destinate alle scene e alle decorazioni murali. D’ora in avanti, per circa un decennio dà vita a una produzione intensa di straordinarie vedute bolognesi che realizza nello studio -valendosi di decine di disegni presi dal vero- e poi fa tradurre agli allievi e ai fratelli nella versione all’acquatinta; mentre il progetto di un sipario per il teatro di Pietroburgo e una solenne decorazione in palazzo Bentivoglio concludono, rispettivamente nel 1827 e nel ’28, la carriera di scenografo e quella di ornatista, pur se qualche disegno sarà ancora prodotto, in questo campo, fino al 1834.
La riduzione degli impegni gli consente di dedicare più tempo alla lettura di poemi e di romanzi, da cui trae ispirazione per nuovi soggetti pittorici. Nascono così gli acquarelli per l’Orlando furioso dell’Ariosto e per l’Apocalisse e le idee per dipinti ad olio di argomento sacro,storico e letterario.
Nel 1834, in seguito al passaggio di Leandro Marconi sulla cattedra di Architettura, diviene docente di Ornato, ottenendo finalmente la titolarità della materia della quale,fino a quel momento, ha potuto insegnare solo la parte elementare. Si applica subito alla stesura delle Lezioni teorico pratiche per la scuola di Ornato, in cui compendia tutte le sue conoscenze, organizzandole in una sorta di enciclopedia di tutto quanto necessario al buon pittore ornatista; la redazione dei cinque tomi manoscritti termina nel 1843, seguita dalla compilazione, negli anni 1845-47, del volume sulle Lezioni di paesaggio dove vengono sintetizzate le nozioni e le idee riguardanti questo genere, a Basoli molto caro.
Nel febbraio del 1837 subisce in strada un’aggressione che gli procura seri danni fisici, fra cui la perdita dell’occhio destro, causa di gravi conseguenze sulla sua attività che, dopo questo episodio, si riduce ulteriormente, rallentando pure in Accademia e concentrandosi soprattutto all’interno dello studio. Qui Basoli, senza cessare la documentazione sulla cultura più recente che lo porta ad interessarsi, ora, di antichità medievali, medita sui temi sempre più eruditi e complessi che sono oggetto anche delle ultime lezioni ed elabora opere che possono definirsi la sintesi di tutto quanto è andato leggendo, copiando e inventando nel corso della sua carriera: i disegni e i dipinti sulle parti del mondo, sui colossi, sui quattro elementi, sui grandi monumenti dell’antichità, su luoghi esotici di mitica collocazione; le illustrazioni per le favole di Esopo.
La sua ultima creazione, una serie di acquarelli monocromi intitolata Vedute panoramatiche di tutto il globo, ricompone le suggestioni di un’intera vita, dai testi studiati in gioventù agli spettacoli di cosmorami seguiti assiduamente nella maturità. Basoli vi attende dal 1846 fino alla morte che, per l’aggravarsi dei problemi cardiaci e respiratori di cui soffriva da tempo, sopraggiunge il 30 maggio 1848.
Nello studio rimangono decine di dipinti, la biblioteca di arte e di letteratura, le raccolte di disegni, lucidi e scritti di varia natura che l’artista ha accumulato nel corso della vita.
Ereditato dai fratelli, questo patrimonio variegato, dopo la morte di Luigi nel 1849, viene catalogato da Francesco che nel 1855 lo propone per l’acquisto all’Accademia. In seguito al parere favorevole espresso dalla commissione appositamente nominata -composta dagli ex allievi di Basoli Francesco Cocchi, Giuseppe Badiali, Giuseppe Manfredini, Onofrio Zanotti- e dopo lunghe trattative, nel 1857 viene acquistato il nucleo dei disegni e degli scritti, giudicato particolarmente interessante ai fini didattici.
Composto da centoquattro tra volumi e cartelle contenenti oltre diecimila disegni, da ventiquattro raccolte di stampe e da ventotto di manoscritti, il fondo, tuttora conservato presso l’Accademia di Belle Arti, comprende materiali diversi per tecnica e per tipologia. Si va dai ”segnacci” al tratto schizzati per fissare le idee, ai ”lucidi” ricavati dai repertori, alle morbide ombreggiature dell’acquarello sulle immagini copiate da altri autori, alle campiture policrome dei progetti per la decorazioni, in un insieme che documenta l’intera attività dell’artista nelle sue molteplici inclinazioni e nell’evolversi dei suoi interessi, offrendo altresì una imprescindibile chiave di lettura per comprendere le fonti e la genesi delle opere. Dalle carte e dalla stessa struttura della raccolta affiorano pure significative indicazioni per far luce sulla personalità dell’uomo, che appare ordinato e meticoloso fino alle pedanteria, ma anche prontamente ricettivo degli stimoli più disparati che lo raggiungono nel chiuso del suo studio. Gli elenchi di ogni tipo da lui compilati, i ripetuti cambiamenti operati nella catalogazione dei materiali grafici, le successive stesure di testi dedicati ai medesimi temi lo descrivono alla ricerca della sistematizzazione definitiva di ogni conoscenza, quella che sembra volere trasmettere agli allievi negli ultimi anni e voler rappresentare nelle opere della fase finale. D’altra parte, il moltiplicarsi degli interessi e dei settori di attività gli è di ostacolo ad organizzare in modo organico il suo stesso lavoro; accanto ai volumi omogenei dedicati a temi precisamente connotati, come le antichità o i paesaggi tratti dai repertori delle stampe, e accanto a quelli destinati specificamente a documentare la professione nell’ornato e nella scenografia, prevalgono i volumi nei quali le invenzioni si mescolano alle copie, i tratti decisi degli schizzi si accostano alla grafia ripetitiva delle rassegne di oggetti e di dettagli ornamentali, e le matite sottili si alternano agli inchiostri ombreggiati per tratteggiare quel mondo fatto di intuizione e di riproduzione, di fantasia e di studio nel quale Basoli è, senza distinzione di generi, insieme ornatista, scenografo e pittore di paesaggio.
15
marzo 2008
Antonio Basoli – Il viaggiatore che resta a casa
Dal 15 marzo al 31 maggio 2008
arte moderna
Location
PINACOTECA NAZIONALE DI BOLOGNA
Bologna, Via Delle Belle Arti, 56, (Bologna)
Bologna, Via Delle Belle Arti, 56, (Bologna)
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