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Cristiana Depedrini – CROmatica
Comunicato stampa
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Il teatro dell'inconscio - Mimmo Di Marzio
Parlando di se stesso, il grande Dino Buzzati un giorno scrisse: “Il fatto è que-sto: io mi trovo vittima di un crudele equivoco. Sono un pittore il quale, perhobby, durante un periodo alquanto prolungato, ha fatto anche lo scrittore e ilgiornalista. Il mondo invece crede che sia viceversa e le mie pitture quindi nonle può prendere sul serio. La pittura per me non è un hobby, ma il mestiere;hobby per me è scrivere. Ma dipingere e scrivere per me sono in fondo la stes-sa cosa. Che dipinga o che scriva, io perseguo il medesimo scopo, che è quel-lo di raccontare delle storie”. Davanti al lavoro di Cristiana Depedrini si hal'esatta conferma del potere narrativo della pittura, unico linguaggio artistico incui mondo esterno e mondo interno riescono a fondersi per comporre un pen-tagramma ideale della propria visione del mondo. E di se stessi. CristianaDepedrini ama la pittura e si può certamente affermare che ne sia ricambiata.Questa corrispondenza scaturisce dalle esplosioni di colore che accompagna-no le sue visioni scontrandovisi, come se la forza pulsionale del gesto faticas-se a essere contenuta entro i confini dell'immagine.Da un certo punto di vista, la sua potenza pittorica rievoca istinti vicini a quel-li del primo espressionismo tedesco come pure alla joie de vivre di matissianamemoria. Questa sorta di neoprimitivismo tuttavia malcela, nell'assetto compo-sitivo, codici e istanze strettamente legati alla poetica contemporanea. Learchitetture che sovrastano e su cui ondeggiano quasi sospese le sue folle ano-nime evocano solitudini metropolitane e questioni identitarie da tempo al cen-tro della ricerca artistica non solo pittorica. Nei suoi “racconti”, la Depedrini sifa spettatrice di un mondo surreale in cui realtà e sogno sembrano sovrappor-si non solo concettualmente ma anche in virtù di uno sfasamento dei pianicompositivi che, di fatto, ri-costruiscono la scena quasi come in un patchworkdi paesaggi differenti.Nei confronti dello spettatore, l'immagine crea uno spiazzamento mutando, aseconda del punto di osservazione, i rapporti tra figura e sfondo che spesso simescolano in un effetto di dissolvenza che richiama il linguaggio video.
L'effetto “frame” cinematografico, sempre presente sia nei paesaggi onirici sianella figura umana ripresa attraverso lo scorcio di dettagli e accessori, contra-sta felicemente col primato del disegno, vissuto anche nel grande formatosecondo i codici propri dell'”appunto”. La sintesi e la velocità del gesto rappresentano il vero leit motiv della sua operaal punto da contagiare fortemente la stessa pittura, mai esplorata nelle sueregole cromatiche ma sempre liberata in un graffitismo che privilegia il segnoe i colori primari. Il colore accompagna la visione ora con la forza della mate-ria ora liquefacendosi, ma sempre mantenendo codici fortemente “maschili”. L'artista sembra in questo modo voler annullare ogni scala di priorità tra sup-porto e pigmento ma lascia che i due elementi interagiscano quasi assecon-dando forze naturali. In questo processo il colore cessa di essere un vero colo-re per entrare a far parte diretta del segno e della materia.Nelle sue composizioni, i toni “selvaggi” contrastano spesso con una sottileironia che ritrae i soggetti come fossero gli attori di una grande tragicommedia.Quella della vita. Questo aspetto è particolarmente evidente nella serie del“Teatro” dove lo sguardo si concentra su particolari -scarpe, indumenti- chesdrammatizzano i codici sociali e introducono un argomento centrale di tuttoil XX secolo: il rapporto tra l'individuo e la società contemporanea. Nello spe-cifico questo rapporto si focalizza con l'incontro-confronto tra il singolo e lafolla, intesa come simbolo della contemporaneità metropolitana. Lo scenariodi questo dialogo è il teatro come sinonimo di mascheramento e finzione, maanche la città, vista come elemento che interagisce con l'individuo e lo influen-za costantemente. Il tema dell'identità viene di continuo riproposto dall'artista che agisce comeuna figura nascosta ma sempre presente nella folla, entrando così a fare partedi una dimensione virtuale. Della realtà che la circonda la Depedrini sembra inqualche modo voler cogliere gli aspetti meno rassicuranti, e i suoi volti ango-sciosamente anonimi vengono ad annidarsi in tutto ciò che prima aveva unaspetto familiare, o quantomeno inquadrabile e definibile. E in questo viene adessere perfettamente ricalcato il ruolo primario dell'artista, che vive in quelmutamento di prospettiva, in quella riconversione dello sguardo che da solo èin grado di cogliere i lati più profondi dell'esistenza.
Parlando di se stesso, il grande Dino Buzzati un giorno scrisse: “Il fatto è que-sto: io mi trovo vittima di un crudele equivoco. Sono un pittore il quale, perhobby, durante un periodo alquanto prolungato, ha fatto anche lo scrittore e ilgiornalista. Il mondo invece crede che sia viceversa e le mie pitture quindi nonle può prendere sul serio. La pittura per me non è un hobby, ma il mestiere;hobby per me è scrivere. Ma dipingere e scrivere per me sono in fondo la stes-sa cosa. Che dipinga o che scriva, io perseguo il medesimo scopo, che è quel-lo di raccontare delle storie”. Davanti al lavoro di Cristiana Depedrini si hal'esatta conferma del potere narrativo della pittura, unico linguaggio artistico incui mondo esterno e mondo interno riescono a fondersi per comporre un pen-tagramma ideale della propria visione del mondo. E di se stessi. CristianaDepedrini ama la pittura e si può certamente affermare che ne sia ricambiata.Questa corrispondenza scaturisce dalle esplosioni di colore che accompagna-no le sue visioni scontrandovisi, come se la forza pulsionale del gesto faticas-se a essere contenuta entro i confini dell'immagine.Da un certo punto di vista, la sua potenza pittorica rievoca istinti vicini a quel-li del primo espressionismo tedesco come pure alla joie de vivre di matissianamemoria. Questa sorta di neoprimitivismo tuttavia malcela, nell'assetto compo-sitivo, codici e istanze strettamente legati alla poetica contemporanea. Learchitetture che sovrastano e su cui ondeggiano quasi sospese le sue folle ano-nime evocano solitudini metropolitane e questioni identitarie da tempo al cen-tro della ricerca artistica non solo pittorica. Nei suoi “racconti”, la Depedrini sifa spettatrice di un mondo surreale in cui realtà e sogno sembrano sovrappor-si non solo concettualmente ma anche in virtù di uno sfasamento dei pianicompositivi che, di fatto, ri-costruiscono la scena quasi come in un patchworkdi paesaggi differenti.Nei confronti dello spettatore, l'immagine crea uno spiazzamento mutando, aseconda del punto di osservazione, i rapporti tra figura e sfondo che spesso simescolano in un effetto di dissolvenza che richiama il linguaggio video.
L'effetto “frame” cinematografico, sempre presente sia nei paesaggi onirici sianella figura umana ripresa attraverso lo scorcio di dettagli e accessori, contra-sta felicemente col primato del disegno, vissuto anche nel grande formatosecondo i codici propri dell'”appunto”. La sintesi e la velocità del gesto rappresentano il vero leit motiv della sua operaal punto da contagiare fortemente la stessa pittura, mai esplorata nelle sueregole cromatiche ma sempre liberata in un graffitismo che privilegia il segnoe i colori primari. Il colore accompagna la visione ora con la forza della mate-ria ora liquefacendosi, ma sempre mantenendo codici fortemente “maschili”. L'artista sembra in questo modo voler annullare ogni scala di priorità tra sup-porto e pigmento ma lascia che i due elementi interagiscano quasi assecon-dando forze naturali. In questo processo il colore cessa di essere un vero colo-re per entrare a far parte diretta del segno e della materia.Nelle sue composizioni, i toni “selvaggi” contrastano spesso con una sottileironia che ritrae i soggetti come fossero gli attori di una grande tragicommedia.Quella della vita. Questo aspetto è particolarmente evidente nella serie del“Teatro” dove lo sguardo si concentra su particolari -scarpe, indumenti- chesdrammatizzano i codici sociali e introducono un argomento centrale di tuttoil XX secolo: il rapporto tra l'individuo e la società contemporanea. Nello spe-cifico questo rapporto si focalizza con l'incontro-confronto tra il singolo e lafolla, intesa come simbolo della contemporaneità metropolitana. Lo scenariodi questo dialogo è il teatro come sinonimo di mascheramento e finzione, maanche la città, vista come elemento che interagisce con l'individuo e lo influen-za costantemente. Il tema dell'identità viene di continuo riproposto dall'artista che agisce comeuna figura nascosta ma sempre presente nella folla, entrando così a fare partedi una dimensione virtuale. Della realtà che la circonda la Depedrini sembra inqualche modo voler cogliere gli aspetti meno rassicuranti, e i suoi volti ango-sciosamente anonimi vengono ad annidarsi in tutto ciò che prima aveva unaspetto familiare, o quantomeno inquadrabile e definibile. E in questo viene adessere perfettamente ricalcato il ruolo primario dell'artista, che vive in quelmutamento di prospettiva, in quella riconversione dello sguardo che da solo èin grado di cogliere i lati più profondi dell'esistenza.
29
febbraio 2008
Cristiana Depedrini – CROmatica
Dal 29 febbraio al 29 marzo 2008
arte contemporanea
Location
B>GALLERY
Roma, Piazza Di Santa Cecilia, 16, (Roma)
Roma, Piazza Di Santa Cecilia, 16, (Roma)
Vernissage
29 Febbraio 2008, ore 19-24
Sito web
www.obraz.it
Autore
Curatore