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Brescia nell’età della Maniera. Grandi cicli pittori della Pinacoteca Tosio Martinengo
Le opere selezionate appartengono alla collezione civica della Pinacoteca Tosio Martinengo e tornano ad essere esposte dopo i restauri di cui la maggior parte di esse necessitava
Comunicato stampa
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L’esposizione Brescia nell’età della Maniera. Grandi cicli pittori della Pinacoteca Tosio Martinengo si inserisce in un pluriennale programma di valorizzazione del patrimonio del museo bresciano, che ha preso avvio nel 2004 con il percorso “Da Raffaello a Ceruti. Capolavori della Pinacoteca Tosio Martinengo” ed è proseguito nel 2005 con “Tesori ritrovati. Da Romanino e Moretto a Ceruti”. Le due rassegne sono state motivo ed occasione per un’importante campagna di restauro, per il rinnovo degli spazi espositivi, degli elementi allestitivi e di quelli illuminotecnici. e per una attenta revisione e aggiornamento di tutti gli apparati didattici.
In entrambe le occasioni, gli studi condotti sulle opere sono stati raccolti nel catalogo di ciascuna mostra e i due volumi, unitamente a quello in uscita nelle prossime settimane, costituiscono i primi e fondanti capitoli di quella che intende configurarsi come una ricognizione completa ed esauriente del patrimonio della Pinacoteca, con l’obiettivo di realizzare nel prossimo futuro il catalogo generale del museo.
Gli ambiti tematici e cronologici della mostra che sarà allestita nella Pinacoteca dal 10 novembre 2007 al 4 maggio 2008 sono enunciati già nel titolo: Brescia nell’età della Maniera. Grandi cicli pittorici della Pinacoteca Tosio Martinengo porterà all’attenzione dei visitatori alcuni importanti cicli decorativi databili alla metà del Cinquecento, realizzati per palazzi pubblici e privati ed anche per edifici religiosi, che danno conto della qualità e complessità formale e iconografica raggiunte a Brescia in una stagione animata da un grande fervore di rinnovamento architettonico e urbanistico.
Ancora una volta, le opere selezionate appartengono alla collezione civica della Pinacoteca Tosio Martinengo e tornano ad essere esposte dopo i restauri di cui la maggior parte di esse necessitava, trovando sede in ambienti appositamente rinnovati e finora mai aperti al pubblico, creando quindi nuovi spazi museali all’interno dell’antico palazzo nobiliare.
Fra i cicli di maggior rilievo, si segnalano quelli, ad affresco, eseguiti da LATTANZIO GAMBARA (Brescia, 1530 circa -1574) per gli esterni delle case del Gambero e per gli ambienti del palazzo del Podestà. Nel primo, di commissione pubblica e databile al 1555 circa, l’ancor giovane Gambara (e all’epoca ancora collaboratore del Romanino) decorò le facciate delle case-bottega di contrada del Gambaro con soggetti tratti dalla mitologia, dalla storia romana e dall’Antico Testamento. Il tempo ed altre ingiurie hanno fatto sì che, dopo cinque secoli, di quella straordinaria impresa siano rimasti in loco solo alcuni brani (ancora visibili in città, dunque, su corso Palestro e via Gramsci), mentre di molti altri non resta che la testimonianza degli antichi cronisti. Ma le campagne di strappo promosse dalla Deputazione Municipale tra la metà e la fine dell’Ottocento hanno consegnato alla Pinacoteca otto scene, che mostrano bene come il pittore bresciano seppe cogliere appieno la lezione di alcuni grandi del suo tempo, come il Pordenone, Giulio Romano e il Parmigianino, fra i massimi protagonisti della nuova stagione della “Maniera”. L’altro ciclo decorativo, di qualche anno antecedente al cantiere delle case del Gambero, è il fregio affrescato per una sala del palazzo del Podestà (oggi palazzo Togni): nei sette frammenti pervenuti e conservati nella Pinacoteca Tosio Martinengo la sequenza di putti, giganti, sfingi, cavalli marini e altre bizzarre creature testimonia la predilizione di Lattanzio Gambara per le fantasiose escursioni ornamentali, eseguite con una condotta pittorica quasi spavalda.
Emblematiche del gusto antiquariale che caratterizzava la committenza civile bresciana alla metà del Cinquecento sono le otto tele eseguite dai fratelli GIULIO (Cremona, 1507 circa – 1573) e ANTONIO CAMPI (Cremona, 1523 – 1587 circa) per decorare la sala del Collegio dei Giudici nel
palazzo della Loggia. Il collegio dei giureconsulti - alla ricerca di un linguaggio che fosse alternativo a quello dei due massimi artisti bresciani (il Romanino e il Moretto) e aggiornato sulla nuova cultura manierista - si era rivolto nel 1549 alla già rinomata bottega cremonese dei Campi, commissionando la traduzione in pittura di episodi esemplari di saggia e rigorosa amministrazione della giustizia e applicazione della legge. Il programma iconografico svolto dai Campi – con un linguaggio più monumentale e classicista Giulio, più attento al preziosismo descrittivo e decorativo Antonio - mette in scena soggetti tratti dalla Bibbia e, soprattutto, dalla storia antica. La mostra consentirà di rivedere insieme, dopo oltre 150 anni, tutte le otto tele del ciclo: sarà infatti esposta, grazie al prestito concesso da Budapest, anche la tela raffigurante Il giudizio di Salomone, immessa sul mercato antiquario alla metà dell’Ottocento e venduta nel 1893 allo Szépmuvészeti Muzeum della città ungherese.
Di soggetto sacro è invece il ciclo realizzato negli anni ottanta del Cinquecento da PIETRO MARONE (Brescia, 1548 circa – 1603) e TOMMASO BONA (Brescia, 1548 – 1613) - due fra i numerosi artisti “postmoretteschi” - per decorare il soffitto dell’antica cattedrale cittadina di San Pietro Dom, che da lì a pochi anni (1604) fu demolita per lasciare posto alla costruzione del Duomo Nuovo. Nel 1581 i Deputati della Fabbrica del Duomo prendevano accordi con i due pittori bresciani affinché realizzassero sette dipinti ad olio, da inserire nella volta della navata maggiore. Le imponenti tele, tre di forma ovale e quattro di forma rettangolare, avevano per soggetto alcuni episodi della vita e i miracoli di San Pietro. I quattro dipinti oggi conservati nella Pinacoteca mostrano come Marone e Bona avessero ben presente la produzione del Gambara ma anche, negli audaci scorci architettonici e nella sapiente resa anatomica, i modelli di Paolo Veronese .
A queste opere, tutte di proprietà della Pinacoteca Tosio Martinengo, si è ritenuto di aggiungere eccezionalmente - oltre alla già citata tela del Campi proveniente da Budapest - i due affreschi raffiguranti Il serpente di bronzo e un Profeta, di proprietà privata, poiché sono le sole testimonianze ad oggi note della straordinaria decorazione che Lattanzio Gambara realizzò per il grande chiostro della cisterna nel monastero di Sant’Eufemia. Di non minore rilievo lo strappo, anch’esso del Gambara, con L’Abbondanza. Il dipinto, di proprietà del Museo del Castello Sforzesco di Milano, è l’unico brano rimasto in Italia del ciclo di casa Pedrocca, emigrato nella sua quasi totalità in Gran Bretagna alla fine dell’Ottocento e oggi parte delle collezioni reali inglesi.
L’esposizione, che resterà visibile al pubblico sino al 4 maggio 2008, trova una collocazione particolarmente adeguata nelle sale al piano terra della Pinacoteca, per la prima volta destinate a sede museale e aperte al pubblico. Gli ambienti sono stati appositamente recuperati, attrezzati e restaurati, riportando in luce gli affreschi dei soffitti, coevi alle opere della mostra e forse da attribuire alla mano di Pietro Rosa.
La mostra, promossa e organizzata dal Comune di Brescia-Musei Civici d’Arte Storia con la Fondazione Brescia Musei, è a cura di Elena Lucchesi Ragni e Renata Stradiotti, curatrici altresì del catalogo (Silvana editoriale).
In entrambe le occasioni, gli studi condotti sulle opere sono stati raccolti nel catalogo di ciascuna mostra e i due volumi, unitamente a quello in uscita nelle prossime settimane, costituiscono i primi e fondanti capitoli di quella che intende configurarsi come una ricognizione completa ed esauriente del patrimonio della Pinacoteca, con l’obiettivo di realizzare nel prossimo futuro il catalogo generale del museo.
Gli ambiti tematici e cronologici della mostra che sarà allestita nella Pinacoteca dal 10 novembre 2007 al 4 maggio 2008 sono enunciati già nel titolo: Brescia nell’età della Maniera. Grandi cicli pittorici della Pinacoteca Tosio Martinengo porterà all’attenzione dei visitatori alcuni importanti cicli decorativi databili alla metà del Cinquecento, realizzati per palazzi pubblici e privati ed anche per edifici religiosi, che danno conto della qualità e complessità formale e iconografica raggiunte a Brescia in una stagione animata da un grande fervore di rinnovamento architettonico e urbanistico.
Ancora una volta, le opere selezionate appartengono alla collezione civica della Pinacoteca Tosio Martinengo e tornano ad essere esposte dopo i restauri di cui la maggior parte di esse necessitava, trovando sede in ambienti appositamente rinnovati e finora mai aperti al pubblico, creando quindi nuovi spazi museali all’interno dell’antico palazzo nobiliare.
Fra i cicli di maggior rilievo, si segnalano quelli, ad affresco, eseguiti da LATTANZIO GAMBARA (Brescia, 1530 circa -1574) per gli esterni delle case del Gambero e per gli ambienti del palazzo del Podestà. Nel primo, di commissione pubblica e databile al 1555 circa, l’ancor giovane Gambara (e all’epoca ancora collaboratore del Romanino) decorò le facciate delle case-bottega di contrada del Gambaro con soggetti tratti dalla mitologia, dalla storia romana e dall’Antico Testamento. Il tempo ed altre ingiurie hanno fatto sì che, dopo cinque secoli, di quella straordinaria impresa siano rimasti in loco solo alcuni brani (ancora visibili in città, dunque, su corso Palestro e via Gramsci), mentre di molti altri non resta che la testimonianza degli antichi cronisti. Ma le campagne di strappo promosse dalla Deputazione Municipale tra la metà e la fine dell’Ottocento hanno consegnato alla Pinacoteca otto scene, che mostrano bene come il pittore bresciano seppe cogliere appieno la lezione di alcuni grandi del suo tempo, come il Pordenone, Giulio Romano e il Parmigianino, fra i massimi protagonisti della nuova stagione della “Maniera”. L’altro ciclo decorativo, di qualche anno antecedente al cantiere delle case del Gambero, è il fregio affrescato per una sala del palazzo del Podestà (oggi palazzo Togni): nei sette frammenti pervenuti e conservati nella Pinacoteca Tosio Martinengo la sequenza di putti, giganti, sfingi, cavalli marini e altre bizzarre creature testimonia la predilizione di Lattanzio Gambara per le fantasiose escursioni ornamentali, eseguite con una condotta pittorica quasi spavalda.
Emblematiche del gusto antiquariale che caratterizzava la committenza civile bresciana alla metà del Cinquecento sono le otto tele eseguite dai fratelli GIULIO (Cremona, 1507 circa – 1573) e ANTONIO CAMPI (Cremona, 1523 – 1587 circa) per decorare la sala del Collegio dei Giudici nel
palazzo della Loggia. Il collegio dei giureconsulti - alla ricerca di un linguaggio che fosse alternativo a quello dei due massimi artisti bresciani (il Romanino e il Moretto) e aggiornato sulla nuova cultura manierista - si era rivolto nel 1549 alla già rinomata bottega cremonese dei Campi, commissionando la traduzione in pittura di episodi esemplari di saggia e rigorosa amministrazione della giustizia e applicazione della legge. Il programma iconografico svolto dai Campi – con un linguaggio più monumentale e classicista Giulio, più attento al preziosismo descrittivo e decorativo Antonio - mette in scena soggetti tratti dalla Bibbia e, soprattutto, dalla storia antica. La mostra consentirà di rivedere insieme, dopo oltre 150 anni, tutte le otto tele del ciclo: sarà infatti esposta, grazie al prestito concesso da Budapest, anche la tela raffigurante Il giudizio di Salomone, immessa sul mercato antiquario alla metà dell’Ottocento e venduta nel 1893 allo Szépmuvészeti Muzeum della città ungherese.
Di soggetto sacro è invece il ciclo realizzato negli anni ottanta del Cinquecento da PIETRO MARONE (Brescia, 1548 circa – 1603) e TOMMASO BONA (Brescia, 1548 – 1613) - due fra i numerosi artisti “postmoretteschi” - per decorare il soffitto dell’antica cattedrale cittadina di San Pietro Dom, che da lì a pochi anni (1604) fu demolita per lasciare posto alla costruzione del Duomo Nuovo. Nel 1581 i Deputati della Fabbrica del Duomo prendevano accordi con i due pittori bresciani affinché realizzassero sette dipinti ad olio, da inserire nella volta della navata maggiore. Le imponenti tele, tre di forma ovale e quattro di forma rettangolare, avevano per soggetto alcuni episodi della vita e i miracoli di San Pietro. I quattro dipinti oggi conservati nella Pinacoteca mostrano come Marone e Bona avessero ben presente la produzione del Gambara ma anche, negli audaci scorci architettonici e nella sapiente resa anatomica, i modelli di Paolo Veronese .
A queste opere, tutte di proprietà della Pinacoteca Tosio Martinengo, si è ritenuto di aggiungere eccezionalmente - oltre alla già citata tela del Campi proveniente da Budapest - i due affreschi raffiguranti Il serpente di bronzo e un Profeta, di proprietà privata, poiché sono le sole testimonianze ad oggi note della straordinaria decorazione che Lattanzio Gambara realizzò per il grande chiostro della cisterna nel monastero di Sant’Eufemia. Di non minore rilievo lo strappo, anch’esso del Gambara, con L’Abbondanza. Il dipinto, di proprietà del Museo del Castello Sforzesco di Milano, è l’unico brano rimasto in Italia del ciclo di casa Pedrocca, emigrato nella sua quasi totalità in Gran Bretagna alla fine dell’Ottocento e oggi parte delle collezioni reali inglesi.
L’esposizione, che resterà visibile al pubblico sino al 4 maggio 2008, trova una collocazione particolarmente adeguata nelle sale al piano terra della Pinacoteca, per la prima volta destinate a sede museale e aperte al pubblico. Gli ambienti sono stati appositamente recuperati, attrezzati e restaurati, riportando in luce gli affreschi dei soffitti, coevi alle opere della mostra e forse da attribuire alla mano di Pietro Rosa.
La mostra, promossa e organizzata dal Comune di Brescia-Musei Civici d’Arte Storia con la Fondazione Brescia Musei, è a cura di Elena Lucchesi Ragni e Renata Stradiotti, curatrici altresì del catalogo (Silvana editoriale).
10
novembre 2007
Brescia nell’età della Maniera. Grandi cicli pittori della Pinacoteca Tosio Martinengo
Dal 10 novembre 2007 al 04 maggio 2008
arte antica
Location
PALAZZO MARTINENGO
Brescia, Via Dei Musei, 30, (Brescia)
Brescia, Via Dei Musei, 30, (Brescia)
Biglietti
intero 5 euro, ridotto 4 euro, scuole 3 euro, con didattica 4.50 euro. Il biglietto da’ diritto alla visita della Pinacoteca Tosio Martinengo e della mostra “Stefano Della Bella (1610-1664). Le incisioni della Pinacoteca Tosio Martinengo"
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 9.00 alle 19.00
Sito web
www.bresciamusei.com
Editore
SILVANA EDITORIALE
Autore
Curatore