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Alberto Clerico – Cantieri passati e stupiti
Come le persone, le “cose” in cui la nostra mente frammenta l’Universo esprimono tutta la loro individualità solo nel momento in cui perdono la loro separatezza
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Alberto Clerico nasce durante i bombardamenti del 1944.
Sulla sua città, può dire di aver assistito fin dalla
nascita alla distruzione di una realtà solida, ordinata e
produttiva, seguita ben presto da una ricostruzione tanto
caotica quanto affascinante agli occhi di un bambino.
I suoi primi giardini d’infanzia furono le macerie del
suo quartiere che si coprivano di erbacce, oppure i prati
della periferia su cui vedeva sorgere, dietro a foreste
d’impalcature, palazzoni scoordinati e ben lontani
dall’idea di città: Parevano generati dalla Terra
stessa, come l’erba e le greggi che ancora vi pascolavano.
Forse per questo motivo non aderì mai completamente alla
rigidità delle definizioni: Ogni oggetto ed ogni parola
gli sembravano rimandare ad altre dimensioni, formando una
rete inestricabile di complicità e di rimandi .
Fin dai primissimi anni, scarabocchiare significava per lui
interagire con quel caos generativo capace di produrre forme
ad un ritmo mai visto. Fu però negli anni ’70 che
nacquero i primi disegni consapevoli, dove le forme della
Natura, dell’industria e dell’architettura cercavano
l’una nell’altra le loro radici. Uno stimolo
inesauribile gli veniva fornito da quel ambiente industriale
in continua trasformazione dove si svolse tutta la sua vita
lavorativa e che ancora non cessa di stupirlo.
A margine di questa ricerca scoprì, quasi per caso, la
fotografia: essa gli avrebbe permesso (così pensava
ingenuamente) di ritagliare queste analogie dalla stessa
realtà visiva. Si accorse ben presto, tuttavia, che la
presenza di un procedimento scientifico e di soggetti
facilmente riconoscibili rendevano ancora più misterioso
il rapporto tra il dato sensoriale e le scelte compositive
dell’autore. Come le persone, le “cose” in cui la
nostra mente frammenta l’Universo esprimono tutta la loro
individualità solo nel momento in cui perdono la loro
separatezza: gli oggetti ed i luoghi più banali diventano
così, per chi sappia vedere, crocevia di tutte le forze e
di tutti i messaggi. Gli oggetti più banali, ma anche i
più monumentali e retorici. Basta a volte una barriera,
un’impalcatura, un punto di vista inconsueto a far
crollare miseramente il rigido percorso semantico previsto
dagli ideatori: il monumento si ritrova nudo, sguarnito e
finalmente interpretabile come ogni altra cosa: tragico
nella sua finitezza, eroico nella sua volontà di
rappresentare il Tutto.
Alberto Clerico
1944: nasce durante i bombardamenti su Torino, da una
famiglia reduce da numerose emigrazioni.
1945/1956.: abita con la sua famiglia uno spezzone di casa
bombardata.
1956: vive la magia di una casa in costruzione e della
profusione di oggetti che il “boom economico” propone in
quegli anni producendo moltissimi disegni.
1959/1963: frequenta il liceo classico Massimo d’Azeglio
di Torino, appassionandosi alla cultura classica, alla
filosofia e soprattutto all’insegnamento della Storia
dell’Arte da parte del prof. Chicco.
Si rifiuta, tuttavia, di abbracciare una professione
intellettuale, attirato com’è dal mondo della cultura
materiale.
1972: viene assunto dalle Ferrovie dello Stato, dove si
occupa fino al 1992 dello smistamento dei materiali
siderurgici e dei carri merci alla Stazione Dora: la sua
vena creativa non potrebbe trovare ambiente più
stimolante. Contemporaneamente, s’insedia in un palazzo
storico del centro, che rappresenterà sempre l’altra
polarità del suo immaginario artistico. Continua a
disegnare febbrilmente ed inizia a comporre poesie.
1972: sedotto dalla magia meccanica degli apparecchi reflex,
comincia per caso a fotografare. E’ un vero colpo di
fulmine.
1984: prima mostra personale nel foyer del Movie Club in via
Principe Amedeo.
1985: corso avanzato di stampa fotografica con Giovanni
Tavano.
1987: inizia la collaborazione con Torino Fotografia,
partecipando alla prima biennale con uno spazio personale al
Palazzo a Vela.
1989: partecipa alla seconda biennale di Torino Fotografia
con uno spazio personale alla Cascina Marchesa, ottenendo
una lusinghiera segnalazione di Angelo Schwartz su
Repubblica.
1993: la sua espulsione dal palazzo storico insieme con gli
altri inquilini sconvolge il suo impegno artistico,
obbligandolo a vagare da una situazione provvisoria ad
un’altra.
1997/2000: occupa una capanna nelle Alpi Marittime francesi
sprovvista delle più elementari comodità, convogliando
la sua vena creativa nella stesura di numerosi racconti e di
una seconda raccolta di poesie, oltre che di saggi sulla
visione fotografica di cui i suoi scritti traboccano.
2001: grazie all’appoggio logistico offertogli da amici
affezionati, s’insedia in un complesso monumentale della
collina torinese, dove riprende finalmente la sua carriera
fotografica.
2005: partecipa alla mostra della collezione di Luisella
D’Alessandro “Gamberi di fiume” presso la Galleria
Carlina di Torino e lo Space for free di Milano.
2006: termina il primo volume di racconti e la terza
raccolta di poesie.
2007: inizia il secondo volume di racconti.
Sulla sua città, può dire di aver assistito fin dalla
nascita alla distruzione di una realtà solida, ordinata e
produttiva, seguita ben presto da una ricostruzione tanto
caotica quanto affascinante agli occhi di un bambino.
I suoi primi giardini d’infanzia furono le macerie del
suo quartiere che si coprivano di erbacce, oppure i prati
della periferia su cui vedeva sorgere, dietro a foreste
d’impalcature, palazzoni scoordinati e ben lontani
dall’idea di città: Parevano generati dalla Terra
stessa, come l’erba e le greggi che ancora vi pascolavano.
Forse per questo motivo non aderì mai completamente alla
rigidità delle definizioni: Ogni oggetto ed ogni parola
gli sembravano rimandare ad altre dimensioni, formando una
rete inestricabile di complicità e di rimandi .
Fin dai primissimi anni, scarabocchiare significava per lui
interagire con quel caos generativo capace di produrre forme
ad un ritmo mai visto. Fu però negli anni ’70 che
nacquero i primi disegni consapevoli, dove le forme della
Natura, dell’industria e dell’architettura cercavano
l’una nell’altra le loro radici. Uno stimolo
inesauribile gli veniva fornito da quel ambiente industriale
in continua trasformazione dove si svolse tutta la sua vita
lavorativa e che ancora non cessa di stupirlo.
A margine di questa ricerca scoprì, quasi per caso, la
fotografia: essa gli avrebbe permesso (così pensava
ingenuamente) di ritagliare queste analogie dalla stessa
realtà visiva. Si accorse ben presto, tuttavia, che la
presenza di un procedimento scientifico e di soggetti
facilmente riconoscibili rendevano ancora più misterioso
il rapporto tra il dato sensoriale e le scelte compositive
dell’autore. Come le persone, le “cose” in cui la
nostra mente frammenta l’Universo esprimono tutta la loro
individualità solo nel momento in cui perdono la loro
separatezza: gli oggetti ed i luoghi più banali diventano
così, per chi sappia vedere, crocevia di tutte le forze e
di tutti i messaggi. Gli oggetti più banali, ma anche i
più monumentali e retorici. Basta a volte una barriera,
un’impalcatura, un punto di vista inconsueto a far
crollare miseramente il rigido percorso semantico previsto
dagli ideatori: il monumento si ritrova nudo, sguarnito e
finalmente interpretabile come ogni altra cosa: tragico
nella sua finitezza, eroico nella sua volontà di
rappresentare il Tutto.
Alberto Clerico
1944: nasce durante i bombardamenti su Torino, da una
famiglia reduce da numerose emigrazioni.
1945/1956.: abita con la sua famiglia uno spezzone di casa
bombardata.
1956: vive la magia di una casa in costruzione e della
profusione di oggetti che il “boom economico” propone in
quegli anni producendo moltissimi disegni.
1959/1963: frequenta il liceo classico Massimo d’Azeglio
di Torino, appassionandosi alla cultura classica, alla
filosofia e soprattutto all’insegnamento della Storia
dell’Arte da parte del prof. Chicco.
Si rifiuta, tuttavia, di abbracciare una professione
intellettuale, attirato com’è dal mondo della cultura
materiale.
1972: viene assunto dalle Ferrovie dello Stato, dove si
occupa fino al 1992 dello smistamento dei materiali
siderurgici e dei carri merci alla Stazione Dora: la sua
vena creativa non potrebbe trovare ambiente più
stimolante. Contemporaneamente, s’insedia in un palazzo
storico del centro, che rappresenterà sempre l’altra
polarità del suo immaginario artistico. Continua a
disegnare febbrilmente ed inizia a comporre poesie.
1972: sedotto dalla magia meccanica degli apparecchi reflex,
comincia per caso a fotografare. E’ un vero colpo di
fulmine.
1984: prima mostra personale nel foyer del Movie Club in via
Principe Amedeo.
1985: corso avanzato di stampa fotografica con Giovanni
Tavano.
1987: inizia la collaborazione con Torino Fotografia,
partecipando alla prima biennale con uno spazio personale al
Palazzo a Vela.
1989: partecipa alla seconda biennale di Torino Fotografia
con uno spazio personale alla Cascina Marchesa, ottenendo
una lusinghiera segnalazione di Angelo Schwartz su
Repubblica.
1993: la sua espulsione dal palazzo storico insieme con gli
altri inquilini sconvolge il suo impegno artistico,
obbligandolo a vagare da una situazione provvisoria ad
un’altra.
1997/2000: occupa una capanna nelle Alpi Marittime francesi
sprovvista delle più elementari comodità, convogliando
la sua vena creativa nella stesura di numerosi racconti e di
una seconda raccolta di poesie, oltre che di saggi sulla
visione fotografica di cui i suoi scritti traboccano.
2001: grazie all’appoggio logistico offertogli da amici
affezionati, s’insedia in un complesso monumentale della
collina torinese, dove riprende finalmente la sua carriera
fotografica.
2005: partecipa alla mostra della collezione di Luisella
D’Alessandro “Gamberi di fiume” presso la Galleria
Carlina di Torino e lo Space for free di Milano.
2006: termina il primo volume di racconti e la terza
raccolta di poesie.
2007: inizia il secondo volume di racconti.
13
dicembre 2007
Alberto Clerico – Cantieri passati e stupiti
Dal 13 dicembre 2007 al 19 gennaio 2008
fotografia
Location
PHO-TO’ 35 GALLERY
Torino, Via Giuseppe Barbaroux, 35, (Torino)
Torino, Via Giuseppe Barbaroux, 35, (Torino)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato dalle 15 alle 19. Altrimenti su appuntamento
Vernissage
13 Dicembre 2007, dalle 18.30 alle 23
Autore