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Versus XIII
Versus conferma l’intento di mettere a confronto giovani artisti provenienti da località diverse. Le opere scelte si muovono fra varie tecniche artistiche, passando dalla fotografia alla pittura per rivolgersi poi a installazione e video, accostate senza connessioni prestabilite, come manifestazione di alcuni fra i più vari aspetti dell’attuale ricerca artistica
Comunicato stampa
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Giunta alla tredicesima edizione, Versus conferma l’intento di mettere a confronto giovani artisti provenienti da località diverse. Le opere scelte si muovono fra varie tecniche artistiche, passando dalla fotografia alla pittura per rivolgersi poi a installazione e video, accostate senza connessioni prestabilite, come manifestazione di alcuni fra i più vari aspetti dell’attuale ricerca artistica.
***
VERSUS XIII
a cura di Francesca Referza
Cinque artisti ciascuno con la propria identita`, la propria territorialita` e la propria ricerca. L`uno contro l`altro nel piu` totale rispetto della storia del progetto espositivo Versus.
Il torinese Mario Boschis e` forse l`artista che piu` direttamente si rifa` alla tradizione sia nella scelta del media, la pittura, sia in quella del soggetto scelto, il corpo femminile. Il corpo umano in Boschis non e` tuttavia piu` indagato in se` stesso, ma diventa piuttosto un paesaggio, un territorio delimitato in cui far convergere la solitudine ed il senso di isolamento propri dell`uomo contemporaneo. Con una pittura realistica che sembra aver preso le mosse dalla Nuova Oggettivita`, ma che ha anche qualche affinita` con quella dell`americano Philip Pearlstein, uno dei piu` importanti artisti della scuola Realista contemporanea, il corpo femminile di Boschis e` esplorato attraverso un realismo irreale, crudo e crudele che svela dietro la verita` della nudita` dei corpi la sostanziale ambiguita` delle scene ritratte. Donne nude colte negli attegiamenti piu` quotidiani, che non hanno tuttavia piu` nulla di erotico, ma che anzi semmai emanano tutta la malinconia di un futuro mondo possibile popolato da sole donne.
Diego Valentino o meglio Valentino Diego, come si fa chiamare lui con una disorientante inversione tra nome e cognome, e` un artista che lavora su un concetto paradossale: far coincidere gli opposti. Partendo da materiali di recupero, scatole di carta di varie dimensioni, rotoli, fogli di pvc, ecc., Valentino Diego costruisce strutture urbane e architettoniche all`apparenza del tutto realistiche, perfino nella riproduzione fotografica, eppure completamente effimere e quindi inabitabili. Degli ambienti reali, invece, attraverso una destrutturazione, sia concettuale che fisica del modo ordinario di viverli, mette in luce i punti critici, le ovvieta` e le contraddizioni in termini. E` in sostanza un artista che, con mezzi diversi, compresa la componente sonora, costruisce per distruggere, o meglio per analizzare, indagare, insomma relazionarsi con cio` che lo circonda in modo critico. Con un vissuto personale (il padre era fabbro) che lo ha messo da subito a contatto con i materiali piu` pesanti della tradizione scultorea, Valentino Diego, da artista, si e` alleggerito del peso della materia concentrandosi sull`aspetto piu` mentale del progetto artistico. Dotato della rara capacita` di mettersi in relazione diretta, non mediata con lo spazio in cui deve lavorare, Valentino Diego interagisce con gli ambienti attraverso interventi site specific di solito talmente efficaci da essere disorientanti rispetto alla comune percezione dell`opera d`arte. Proprio in questa direzione va Senza titolo (Borgo Rossini), l`intervento pensato appositamente per la galleria Velan di Torino. Valentino ha collocato, a 5 - 6 cm da terra, una serie di corde nere con le quali traccia nel quadrato a terra del pavimento, da noi considerata la quinta parete della galleria, la topografia urbana di una parte di Borgo Rossini. Vorrei sottolineare - spiega l`artista - l' idea che lo spazio esterno entra o meglio continua nella galleria, non tanto farne una riproduzione.
In questa intromissione/prosecuzione dello spazio urbano aperto in quello chiuso della galleria c`e` anche la provocazione di sottolineare da una parte la capacita` dell`artista che espone in galleria di fungere da osservatore privilegiato della societa` che lo circonda, dall`altro l`impossibilita` della gente comune di accedere ad una galleria, in questo caso, quasi letteralmente per via degli ostacoli fisici dati dalle corde a cui, chiunque entri in galleria, deve forzatamente prestare attenzione. Con un semplice intervento di tessitura di trame, Valentino Diego ha alterato la normale modalita` di fruizione libera del white cube della galleria. E` anche il lavoro che, nel modo piu` semplice possibile, cioe` nel suo costruirsi per linee e piani, si mette letteralmente in relazione diretta con lo spazio e con i lavori degli altri.
Matteo Fato, autore anche di video concepiti come una naturale estensione del disegno e della pittura, a Versus presenta tre lavori a china che testimoniano della sua continua crescita artistica. Partito da una pittura piuttosto accademica che si esercitava ripetutamente sul suo autoritratto, il segno di Matteo Fato e` come se si fosse liberato di tutto il superfluo. Tutto quello che stava dentro e fuori o intorno agli oggetti e alle cose di volta in volta ritratti e` stato eliminato. E` rimasta solo l`anima del disegno. Questa epurazione quasi spirituale del segno l`ha ottenuta dall`incontro, avvenuto ormai un anno fa, con la pittura tradizionale cinese. Da quel momento la manualita` fluida del suo tratto pittorico si e` finalmente liberata dagli orpelli coloristici e segnici che la soffocavano ed e` arrivata al risultato di una estrema rarefazione del segno, coniugata tuttavia ad una eccezionale morbidita` di movimento sul foglio bianco. I lavori in mostra appartengono all`ultimo ciclo a cui sta lavorando l`artista che indaga, dopo una serie di animali di grosse dimensioni, i corpi piu`piccoli eppure altrettanto perfetti degli insetti. Come un entomologo autodidatta, Fato traccia pochi segni morbidi a delineare strutture scheletriche, zampette ed antenne di insetti eccezionalmente lunghe, quasi come se fossero protesi artificiali. Irreali eppure completamente plausibili. Ad accentuare il movimento del segno della china, rigorosamente nera e solo come contrappunto visivo blu, contribuisce la geometria irregolare dei fogli. La visione dell`insetto infatti e` il risultato di una composizione di segni astratti che per via additiva, in una successione di un foglio all`altro, da l`immagine finale. L`impercettibile slittamento fuori asse dell`ultimo foglio rispetto ai primi due, da proprio l`idea di un movimento impercettibile dell`insetto. Quasi una potenziale minaccia di quest`ultimo di uscire dalla bidimensionalita` ed entrare nello spazio psicofisico di chi lo osserva.
Il mio incontro con Chiara Guarducci e` avvenuto in modo abbastanza casuale, anticipato in qualche modo da una conoscenza in comune che e` l`artista Marco Mazzi. Le immagini della Guarducci che ho scelto per Versus XIII sono alcuni scatti da lei fatti che, come mi ha confessato la stessa artista in una mail, costituivano una sorta di left_over messi in una cartella sul suo desktop in attesa di precise destinazioni. Sono, infatti, tutti incidenti di percorso. L`aver fatto cenno nella mail ad un suo presunto 'potere' di registrare a volte un mondo non-ordinario, insomma una sorta di sensibilità al paranormale, ha fatto si che la mia scelta cadesse su quattro scatti che, pur essendo relativi a situazioni del tutto diverse l`una dall`altra, sembrano, in un equilibrato gioco di luce ed ombre, evocare fortemente il tema della magia. Una magia in bianco e nero come le luci e le ombre di Light pvc, che si mescola al sacro come in Rosario, che parla della vita e della morte come in Bed cera e Burned Toast, con analogie molto poco esplicite nella singola foto, ma che nell`insieme si rafforzano e sembrano perfino troppo evidenti. Si percepisce l`energia magica della Guarducci da questi scatti. Si intuisce la sua capacita` di cogliere, in frammenti di tempo, visioni che per gli altri sarebbero del tutto indegne di una cronaca. Dunque quattro scatti per sottolineare la sensibilita` della Guarducci piu` che al paranormale al normale visto con occhi piu` attenti di altri al `caso` e alla `casualita`.
Paolo Meoni, artista che lavora con il video e la fotografia, presenta per la prima volta a Torino Unbend, installazione video composta da tre monitor. In Unbend - spiega l`artista - abbiamo una visione che segmenta lo schermo in 50 strisce che scorrono in modo orizzontale; tutte hanno la stessa durata e sono composte dagli stessi piani sequenza, ma differiscono fra loro nei tempi di partenza, dati in modo casuale nella timeline. Questo implica che la visione sia entropica e fortemente frammentata, ma ciò che ritengo sia più importante è quello che non accade, a differenza della visione cinematografica e cioè l'assenza del fuori campo, perché sempre anticipato in un altro punto della visione.- In effetti la tecnica dello slittamento diacronico delle immagini, ripetuta per 50 volte su un monitor ed a sua volta moltiplicata per tre in una visione che, data la contiguita` dei monitor e` praticamente una visione d`insieme, ingenera un effetto di totale straniamento che, unita al sonoro, da` quasi un disorientamento psicofisico. L`impossibilita` di fermare lo scorrimento delle immagini che entrano ed escono dal nostro campo visivo ad un ritmo che da l`illusione dell`accelerazione genera un senso di disagio acuito dalla somma di rumori confuse di cui non si rintraccia la fonte e che si sovrappongono come le strisce delle immagini. Come un`onda sull`altra dunque le strisce di paesaggio urbano e le onde sonore di rumore metropolitano hanno l`effetto di una confusione controllabile perche` in qualche modo riducibile a striscioline proprio come potrebbe essere ridotto un paesaggio disegnato su un foglio da un bambino munito di forbici. Aldila` della lettura tecnico-ludico (che il titolo del lavoro in qualche modo suggerisce), alla quale non e` estranea una componente estetica, c`e` in Unbend una critica forte a certa architettura straniante di periferia, frettolosa e sorda alle richieste di chi la abita e la vive, arrogante e sostanzialmente anonima, a Milano come a Rotterdam, a Cardiff come a Birmingham. Subumana piu` che suburbana.
Il torinese Mario Boschis, utilizza l’acrilico su tela per rappresentare ed esplorare il corpo femminile, che diviene, come scrive la curatrice nel testo in catalogo, “territorio in cui far convergere la solitudine ed il senso di isolamento propri dell’essere umano”.
Valentino Diego, artista romano, presenta Senza titolo (Borgo Rossini), installazione appositamente concepita per lo spazio espositivo, in cui attraverso l’utilizzo di corde traccia, a cinque centimetri dal pavimento, la topografia urbana del quartiere dove ha sede la galleria.
Il pescarese Matteo Fato nelle tre opere Senza Titolo sviluppa la sua ricerca artistica sull’analisi dei corpi degli insetti attraverso l’utilizzo della china, tracciando segni essenziali che raffigurano, non in maniera realistica ne` scientifica, i piccoli organismi.
I quattro scatti dell’artista fiorentina Chiara Guarducci, scelti dalla curatrice, rappresentano frammenti del quotidiano, che spesso non vengono colti, e che cercano di accompagnarci in una dimensione enigmatica e misteriosa che evoca la magia.
L’artista pratese Paolo Meoni in Unbend, video installazione composta da tre monitor, propone una riflessione sull’architettura di periferia e sul paesaggio industriale, generando, attraverso la frammentazione dell’immagine filmica, un effetto di straniamento e di disorientamento.
Mario Boschis, (TO, 1953) vive e lavora a Torino
Valentino Diego, (Cirie`, TO 1978) vive e lavora a Roma
Matteo Fato, (PE, 1979) vive e lavora a Pescara
Chiara Guarducci, (FI, 1973) vive e lavora a Firenze
Paolo Meoni, (Prato, PO, 1967) vive e lavora a Prato
***
VERSUS XIII
a cura di Francesca Referza
Cinque artisti ciascuno con la propria identita`, la propria territorialita` e la propria ricerca. L`uno contro l`altro nel piu` totale rispetto della storia del progetto espositivo Versus.
Il torinese Mario Boschis e` forse l`artista che piu` direttamente si rifa` alla tradizione sia nella scelta del media, la pittura, sia in quella del soggetto scelto, il corpo femminile. Il corpo umano in Boschis non e` tuttavia piu` indagato in se` stesso, ma diventa piuttosto un paesaggio, un territorio delimitato in cui far convergere la solitudine ed il senso di isolamento propri dell`uomo contemporaneo. Con una pittura realistica che sembra aver preso le mosse dalla Nuova Oggettivita`, ma che ha anche qualche affinita` con quella dell`americano Philip Pearlstein, uno dei piu` importanti artisti della scuola Realista contemporanea, il corpo femminile di Boschis e` esplorato attraverso un realismo irreale, crudo e crudele che svela dietro la verita` della nudita` dei corpi la sostanziale ambiguita` delle scene ritratte. Donne nude colte negli attegiamenti piu` quotidiani, che non hanno tuttavia piu` nulla di erotico, ma che anzi semmai emanano tutta la malinconia di un futuro mondo possibile popolato da sole donne.
Diego Valentino o meglio Valentino Diego, come si fa chiamare lui con una disorientante inversione tra nome e cognome, e` un artista che lavora su un concetto paradossale: far coincidere gli opposti. Partendo da materiali di recupero, scatole di carta di varie dimensioni, rotoli, fogli di pvc, ecc., Valentino Diego costruisce strutture urbane e architettoniche all`apparenza del tutto realistiche, perfino nella riproduzione fotografica, eppure completamente effimere e quindi inabitabili. Degli ambienti reali, invece, attraverso una destrutturazione, sia concettuale che fisica del modo ordinario di viverli, mette in luce i punti critici, le ovvieta` e le contraddizioni in termini. E` in sostanza un artista che, con mezzi diversi, compresa la componente sonora, costruisce per distruggere, o meglio per analizzare, indagare, insomma relazionarsi con cio` che lo circonda in modo critico. Con un vissuto personale (il padre era fabbro) che lo ha messo da subito a contatto con i materiali piu` pesanti della tradizione scultorea, Valentino Diego, da artista, si e` alleggerito del peso della materia concentrandosi sull`aspetto piu` mentale del progetto artistico. Dotato della rara capacita` di mettersi in relazione diretta, non mediata con lo spazio in cui deve lavorare, Valentino Diego interagisce con gli ambienti attraverso interventi site specific di solito talmente efficaci da essere disorientanti rispetto alla comune percezione dell`opera d`arte. Proprio in questa direzione va Senza titolo (Borgo Rossini), l`intervento pensato appositamente per la galleria Velan di Torino. Valentino ha collocato, a 5 - 6 cm da terra, una serie di corde nere con le quali traccia nel quadrato a terra del pavimento, da noi considerata la quinta parete della galleria, la topografia urbana di una parte di Borgo Rossini. Vorrei sottolineare - spiega l`artista - l' idea che lo spazio esterno entra o meglio continua nella galleria, non tanto farne una riproduzione.
In questa intromissione/prosecuzione dello spazio urbano aperto in quello chiuso della galleria c`e` anche la provocazione di sottolineare da una parte la capacita` dell`artista che espone in galleria di fungere da osservatore privilegiato della societa` che lo circonda, dall`altro l`impossibilita` della gente comune di accedere ad una galleria, in questo caso, quasi letteralmente per via degli ostacoli fisici dati dalle corde a cui, chiunque entri in galleria, deve forzatamente prestare attenzione. Con un semplice intervento di tessitura di trame, Valentino Diego ha alterato la normale modalita` di fruizione libera del white cube della galleria. E` anche il lavoro che, nel modo piu` semplice possibile, cioe` nel suo costruirsi per linee e piani, si mette letteralmente in relazione diretta con lo spazio e con i lavori degli altri.
Matteo Fato, autore anche di video concepiti come una naturale estensione del disegno e della pittura, a Versus presenta tre lavori a china che testimoniano della sua continua crescita artistica. Partito da una pittura piuttosto accademica che si esercitava ripetutamente sul suo autoritratto, il segno di Matteo Fato e` come se si fosse liberato di tutto il superfluo. Tutto quello che stava dentro e fuori o intorno agli oggetti e alle cose di volta in volta ritratti e` stato eliminato. E` rimasta solo l`anima del disegno. Questa epurazione quasi spirituale del segno l`ha ottenuta dall`incontro, avvenuto ormai un anno fa, con la pittura tradizionale cinese. Da quel momento la manualita` fluida del suo tratto pittorico si e` finalmente liberata dagli orpelli coloristici e segnici che la soffocavano ed e` arrivata al risultato di una estrema rarefazione del segno, coniugata tuttavia ad una eccezionale morbidita` di movimento sul foglio bianco. I lavori in mostra appartengono all`ultimo ciclo a cui sta lavorando l`artista che indaga, dopo una serie di animali di grosse dimensioni, i corpi piu`piccoli eppure altrettanto perfetti degli insetti. Come un entomologo autodidatta, Fato traccia pochi segni morbidi a delineare strutture scheletriche, zampette ed antenne di insetti eccezionalmente lunghe, quasi come se fossero protesi artificiali. Irreali eppure completamente plausibili. Ad accentuare il movimento del segno della china, rigorosamente nera e solo come contrappunto visivo blu, contribuisce la geometria irregolare dei fogli. La visione dell`insetto infatti e` il risultato di una composizione di segni astratti che per via additiva, in una successione di un foglio all`altro, da l`immagine finale. L`impercettibile slittamento fuori asse dell`ultimo foglio rispetto ai primi due, da proprio l`idea di un movimento impercettibile dell`insetto. Quasi una potenziale minaccia di quest`ultimo di uscire dalla bidimensionalita` ed entrare nello spazio psicofisico di chi lo osserva.
Il mio incontro con Chiara Guarducci e` avvenuto in modo abbastanza casuale, anticipato in qualche modo da una conoscenza in comune che e` l`artista Marco Mazzi. Le immagini della Guarducci che ho scelto per Versus XIII sono alcuni scatti da lei fatti che, come mi ha confessato la stessa artista in una mail, costituivano una sorta di left_over messi in una cartella sul suo desktop in attesa di precise destinazioni. Sono, infatti, tutti incidenti di percorso. L`aver fatto cenno nella mail ad un suo presunto 'potere' di registrare a volte un mondo non-ordinario, insomma una sorta di sensibilità al paranormale, ha fatto si che la mia scelta cadesse su quattro scatti che, pur essendo relativi a situazioni del tutto diverse l`una dall`altra, sembrano, in un equilibrato gioco di luce ed ombre, evocare fortemente il tema della magia. Una magia in bianco e nero come le luci e le ombre di Light pvc, che si mescola al sacro come in Rosario, che parla della vita e della morte come in Bed cera e Burned Toast, con analogie molto poco esplicite nella singola foto, ma che nell`insieme si rafforzano e sembrano perfino troppo evidenti. Si percepisce l`energia magica della Guarducci da questi scatti. Si intuisce la sua capacita` di cogliere, in frammenti di tempo, visioni che per gli altri sarebbero del tutto indegne di una cronaca. Dunque quattro scatti per sottolineare la sensibilita` della Guarducci piu` che al paranormale al normale visto con occhi piu` attenti di altri al `caso` e alla `casualita`.
Paolo Meoni, artista che lavora con il video e la fotografia, presenta per la prima volta a Torino Unbend, installazione video composta da tre monitor. In Unbend - spiega l`artista - abbiamo una visione che segmenta lo schermo in 50 strisce che scorrono in modo orizzontale; tutte hanno la stessa durata e sono composte dagli stessi piani sequenza, ma differiscono fra loro nei tempi di partenza, dati in modo casuale nella timeline. Questo implica che la visione sia entropica e fortemente frammentata, ma ciò che ritengo sia più importante è quello che non accade, a differenza della visione cinematografica e cioè l'assenza del fuori campo, perché sempre anticipato in un altro punto della visione.- In effetti la tecnica dello slittamento diacronico delle immagini, ripetuta per 50 volte su un monitor ed a sua volta moltiplicata per tre in una visione che, data la contiguita` dei monitor e` praticamente una visione d`insieme, ingenera un effetto di totale straniamento che, unita al sonoro, da` quasi un disorientamento psicofisico. L`impossibilita` di fermare lo scorrimento delle immagini che entrano ed escono dal nostro campo visivo ad un ritmo che da l`illusione dell`accelerazione genera un senso di disagio acuito dalla somma di rumori confuse di cui non si rintraccia la fonte e che si sovrappongono come le strisce delle immagini. Come un`onda sull`altra dunque le strisce di paesaggio urbano e le onde sonore di rumore metropolitano hanno l`effetto di una confusione controllabile perche` in qualche modo riducibile a striscioline proprio come potrebbe essere ridotto un paesaggio disegnato su un foglio da un bambino munito di forbici. Aldila` della lettura tecnico-ludico (che il titolo del lavoro in qualche modo suggerisce), alla quale non e` estranea una componente estetica, c`e` in Unbend una critica forte a certa architettura straniante di periferia, frettolosa e sorda alle richieste di chi la abita e la vive, arrogante e sostanzialmente anonima, a Milano come a Rotterdam, a Cardiff come a Birmingham. Subumana piu` che suburbana.
Il torinese Mario Boschis, utilizza l’acrilico su tela per rappresentare ed esplorare il corpo femminile, che diviene, come scrive la curatrice nel testo in catalogo, “territorio in cui far convergere la solitudine ed il senso di isolamento propri dell’essere umano”.
Valentino Diego, artista romano, presenta Senza titolo (Borgo Rossini), installazione appositamente concepita per lo spazio espositivo, in cui attraverso l’utilizzo di corde traccia, a cinque centimetri dal pavimento, la topografia urbana del quartiere dove ha sede la galleria.
Il pescarese Matteo Fato nelle tre opere Senza Titolo sviluppa la sua ricerca artistica sull’analisi dei corpi degli insetti attraverso l’utilizzo della china, tracciando segni essenziali che raffigurano, non in maniera realistica ne` scientifica, i piccoli organismi.
I quattro scatti dell’artista fiorentina Chiara Guarducci, scelti dalla curatrice, rappresentano frammenti del quotidiano, che spesso non vengono colti, e che cercano di accompagnarci in una dimensione enigmatica e misteriosa che evoca la magia.
L’artista pratese Paolo Meoni in Unbend, video installazione composta da tre monitor, propone una riflessione sull’architettura di periferia e sul paesaggio industriale, generando, attraverso la frammentazione dell’immagine filmica, un effetto di straniamento e di disorientamento.
Mario Boschis, (TO, 1953) vive e lavora a Torino
Valentino Diego, (Cirie`, TO 1978) vive e lavora a Roma
Matteo Fato, (PE, 1979) vive e lavora a Pescara
Chiara Guarducci, (FI, 1973) vive e lavora a Firenze
Paolo Meoni, (Prato, PO, 1967) vive e lavora a Prato
15
novembre 2007
Versus XIII
Dal 15 novembre al 14 dicembre 2007
giovane arte
Location
VELAN
Torino, Via Saluzzo, 64, (Torino)
Torino, Via Saluzzo, 64, (Torino)
Orario di apertura
da martedì a venerdì 16-19. Lunedì e sabato su appuntamento
Vernissage
15 Novembre 2007, ore 19
Autore
Curatore