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fino al 27.VII.2012 Markus Schinwald Milano, Galleria Gió Marconi
milano
Cosa c’entrano maestosi ritratti ottocenteschi dal volto incappucciato, deformato da drappi e bendaggi simili a protesi inquietanti con tre acquari, esposti in una grande sala dai toni bordeaux, contenenti tende rosse e quinte teatrali che sembrano aprirsi sul mistero degli abissi dell’inconscio?
opere rappresentano un complesso linguaggio di segni di un immaginario ibrido: in bilico tra sogni infantili, impulsi e istinti repressi e altre implicazioni simboliche sessuali adulte. Schinwald, dopo aver acquistato alcuni ritratti nelle aste minori, è intervenuto sui volti e sugli abiti dei personaggi, riqualificandoli sul piano formale, ed esprimendosi anche attraverso soluzioni mimetiche esilaranti che rivelano la sua passione per la moda. L’artista, dall’aria mite e i modi gentili, spiega: «Sono violazioni gentili, nulla di crudele. Non voglio torturare quei dipinti, come un chirurgo, piuttosto applico loro un bypass artificiale per tenerli in vita». Si passa poi dall’oscurità al bianco abbacinante delle pareti, entrando nell’altra sala, sul lato sinistro, al piano terra della galleria, dove ci si trova davanti a sette grandi libri a parete, aperti, dalle cui pieghe fanno capolino raffinate citazioni di organi sessuali femminili. Questi “messali”, fuori dal tempo, sono di un erotismo astratto e fanno da sfondo ideale ad una serie di sculture di gambe stilizzate, di contorsioniste abbarbicate sulle aste, che danno forma a movimenti congelati e ricordano, vagamente, quelli delle ballerine di Lap dance e Strip bar dei night club di Las Vegas, ma qui non c’è caos o trivialità: prevale il silenzio che spinge riflettere sulla metafisica del desidero, del mistero dell’Eros, del corpo solo evocato in eleganti forme che si espandono nello spazio.