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Luca Longhi – Una bottega del Cinquecento a Ravenna
Una mostra dedicata Luca Longhi (Ravenna, 1507-1580) nel Quinto centenario dalla nascita. Fu interprete di punta, insieme a Innocenzo da Imola, Biagio Pupini, Bartolomeo Ramenghi, Girolamo Marchesida Cotignola, del Classicismo di Romagna
Comunicato stampa
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Nel 1507 nasceva a Ravenna Luca Longhi (Ravenna, 1507-1580), interprete di punta,insieme a Innocenzo da Imola, Biagio Pupini, Bartolomeo Ramenghi, Girolamo Marchesida Cotignola, di quella stagione artistica meglio conosciuta come il Classicismo di Romagnache sull’onda delle fortune di Raffaello, divulgate dal bulino di Marcantonio Raimondi e diMarco Dente, avrebbe introdotto in provincia le cifre di quel canone di bellezza, diispirazione neoplatonica, iconizzato dall’Urbinate.Nella ricorrenza del V Centenario dalla Nascita, il Comune di Ravenna, l’Assessorato allaCultura e il Museo d’Arte della Città, promuovono una mostra presso la LoggettaLombardesca con il contributo di Romagna Acque e BCC Credito Cooperativo ravennatee imolese nel periodo dal 14 ottobre 2007 al 6 gennaio 2008, curata da Nadia Ceroni,Alberta Fabbri e Claudio Spadoni, per ricordare il profilo di un pittore che segnò, grazieanche alla sua operosa bottega, la storia del gusto nel territorio per quasi un secolo. Eattraverso una selezione di opere, la mostra intende intrecciare il racconto del suo percorsopagina 1 di 3
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grazie all’accostamento di dipinti altrimenti non visibili e restituire così il patrimonio civicoalla complessa e inesausta rete di rimandi, derivazioni e aperture verso nuove letture. Aduna breve guida, invece, sono affidate le tracce per un percorso tra chiese e musei delterritorio, dove ancora si conservano opere di Longhi e della sua bottega.Era il 1548 quando Giorgio Vasari, incaricato del Compianto per l’Abbazia dei monaci diClasse, aveva avuto occasione di frequentare per un paio di mesi l’ambiente ravennate.Vent’anni più tardi, nelle Vite del 1568, ricorderà l’incontro con Luca Longhi in unadigressione, nella vita di Francesco Primaticcio, sottolineando il temperamento assiduo emolto diligente e di bel giudizio. Apprezzamento che gli valse notorietà, oltre a una primacollocazione critica e storiografica, con qualche riserva rispetto al fatto che sarebbe riuscitorarissimo se solo fosse uscito dalla sua città. Troppo smaltato, troppo composto, troppomisurato per convincere l’Aretino che sull’ellisse della serpentina aveva costruito la propriasintassi. Luca Longhi apparteneva a un’altra generazione, quella che si era formata all’idealeclassico di Raffaello la cui penetrazione in Romagna era assicurata, oltre che dall’ampiadiffusione a stampa delle incisioni di Marcantonio Raimondi e di Marco Dente, dall’Estasidi Santa Cecilia giunta a Bologna per San Giovanni in Monte. L’impianto arcaizzante delleprime opere mostra il debito verso la cultura dell’epoca influenzata da Marco Palmezzano,Nicolò Rondinelli e Francesco Zaganelli da Cotignola. Le esitazioni degli esordi, mitigate dauna gentilezza – cromatica e sentimentale – che trovava in Francesco Francia e nella culturadi corte bentivolesca l’antefatto più significativo, si sciolgono nelle opere della maturità incui l’aspirazione ad una misura composta trova il suo naturale sbocco nel clima diraffaellismo dilagante. La compiutezza classica dell’Urbinate, al cui magistero si accostadirettamente con un’esercitazione sulla Santa Cecilia, trova in Longhi un’adesione personaleche neanche il sacco di Roma, nel 1527, e la conseguente crisi irreversibile di quella misuraaurea, avrebbe potuto scalfire. La maniera incalza e Vasari ne è il più convinto assertore.Quando i due si incontrano, nei primi mesi del 1548, qualcosa cambia nonostante perLonghi il linguaggio estenuato e ingioiellato di Vasari dovesse risultare oltremodo capzioso.La declaratoria per il ravennate non doveva aggiungere nulla alla vocazione devozionale deldipinto, e se nella ritrattistica sapeva trovare accenti di ponderata penetrazione psicologica,nella pala d’altare non rinuncerà mai al governo trinitario delle sacre conversazioni. Lacomposizione certo si complica e passata la metà del secolo registra aggiornamenti verso lamaniera talora anche con vere e proprie citazioni. Nel settimo decennio fortuna e consensolo avevano reso tra i più accreditati presso la curia ravennate, centro di potere effettivoobbediente al Legato Pontificio, tanto che l’aumento delle commesse doveva imporreun’organizzazione più complessa della bottega. Sono i tempi dell’apprendistato dei figliFrancesco (Ravenna, 1544-1618) e Barbara (Ravenna, 1552-1638). Quando gli effetti dellaControriforma avranno penetrazione capillare con le prescrizioni del Cardinal Paleotti sucome redigere le immagini sacre (1583), i Longhi juniores saranno già in linea, con unasensibilità austera e vocazionalmente normativa. Già negli ultimi anni dell’attività di Luca siregistra un ulteriore sforzo di aggiornamento sulla maniera bolognese di Prospero Fontana,che deve avere anch’egli soggiornato a Ravenna se alla sua mano sono da assegnare lefigure dello sfondo del Compianto di Vasari, e, più marcatamente di Lorenzo Sabbatini e diOrazio Samacchini. Le forme si fanno più tornite e i visi acquistano volumetrie traslucide equasi metalliche. In Francesco si accentua la tendenza verso la retorica del gesto, anche non mancano impacci che lo mostrano scopertamente teatrale. Nell’organizzazione dellabottega, di cui Francesco diventa titolare alla morte del padre, Barbara assicura laproduzione dei capoletto, per lo più derivati dagli adattamenti paterni di modellicorreggeschi e parmigianineschi. E se manca il fare in grande della coetanea Lavinia Fontana,non doveva sfuggire una certa curiosità verso la pittrice bolognese, avvertita comeparadigma per il consenso che sapeva suscitare. Tuttavia in Barbara prevale una sensibilitàdelicata e cólta verso i temi delle sacre conversazioni o delle vergini protomartiri – è il casodi santa Caterina d’Alessandria cui attribuisce la propria identità con gesto laterale ma diindubbio orgoglio – che le valse la meraviglia dello stesso Vasari.Il piano della mostra prevede oltre quaranta opere comprese quelle già presenti nellecollezioni permanenti. Si tratta di una contenuta selezione tra i dipinti reperibili sulterritorio, compatibilmente con le condizioni di conservazione, e nel rispetto delle opere adornamento degli altari e delle chiese a cui si rinvia direttamente per percorsi individuali, allascoperta dei luoghi che ospitano opere di Luca e Francesco Longhi. In occasione dellamostra è prevista l’uscita di una guida pensata come traccia di lettura all’opera di LucaLonghi e della sua bottega, e corredata di itinerari che partono da Ravenna, con unpercorso cittadino tra le chiese del centro storico fino a Sant’Alberto, e proseguono inRomagna, nelle direzioni di Cervia, Rimini, Santarcangelo, Cesena, Bertinoro,Forlimpopoli, Forlì, Terra del Sole, Castrocaro, Faenza e Argenta. In larga parte sono pale atutt’oggi situate agli altari per i quali sono state commissionate. Altari spesso in penombra,custodi di una Biblia Pauperum ricca di modelli figurativi e varianti che hanno formato ilsedimento dell’immaginario di questo territorio.
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grazie all’accostamento di dipinti altrimenti non visibili e restituire così il patrimonio civicoalla complessa e inesausta rete di rimandi, derivazioni e aperture verso nuove letture. Aduna breve guida, invece, sono affidate le tracce per un percorso tra chiese e musei delterritorio, dove ancora si conservano opere di Longhi e della sua bottega.Era il 1548 quando Giorgio Vasari, incaricato del Compianto per l’Abbazia dei monaci diClasse, aveva avuto occasione di frequentare per un paio di mesi l’ambiente ravennate.Vent’anni più tardi, nelle Vite del 1568, ricorderà l’incontro con Luca Longhi in unadigressione, nella vita di Francesco Primaticcio, sottolineando il temperamento assiduo emolto diligente e di bel giudizio. Apprezzamento che gli valse notorietà, oltre a una primacollocazione critica e storiografica, con qualche riserva rispetto al fatto che sarebbe riuscitorarissimo se solo fosse uscito dalla sua città. Troppo smaltato, troppo composto, troppomisurato per convincere l’Aretino che sull’ellisse della serpentina aveva costruito la propriasintassi. Luca Longhi apparteneva a un’altra generazione, quella che si era formata all’idealeclassico di Raffaello la cui penetrazione in Romagna era assicurata, oltre che dall’ampiadiffusione a stampa delle incisioni di Marcantonio Raimondi e di Marco Dente, dall’Estasidi Santa Cecilia giunta a Bologna per San Giovanni in Monte. L’impianto arcaizzante delleprime opere mostra il debito verso la cultura dell’epoca influenzata da Marco Palmezzano,Nicolò Rondinelli e Francesco Zaganelli da Cotignola. Le esitazioni degli esordi, mitigate dauna gentilezza – cromatica e sentimentale – che trovava in Francesco Francia e nella culturadi corte bentivolesca l’antefatto più significativo, si sciolgono nelle opere della maturità incui l’aspirazione ad una misura composta trova il suo naturale sbocco nel clima diraffaellismo dilagante. La compiutezza classica dell’Urbinate, al cui magistero si accostadirettamente con un’esercitazione sulla Santa Cecilia, trova in Longhi un’adesione personaleche neanche il sacco di Roma, nel 1527, e la conseguente crisi irreversibile di quella misuraaurea, avrebbe potuto scalfire. La maniera incalza e Vasari ne è il più convinto assertore.Quando i due si incontrano, nei primi mesi del 1548, qualcosa cambia nonostante perLonghi il linguaggio estenuato e ingioiellato di Vasari dovesse risultare oltremodo capzioso.La declaratoria per il ravennate non doveva aggiungere nulla alla vocazione devozionale deldipinto, e se nella ritrattistica sapeva trovare accenti di ponderata penetrazione psicologica,nella pala d’altare non rinuncerà mai al governo trinitario delle sacre conversazioni. Lacomposizione certo si complica e passata la metà del secolo registra aggiornamenti verso lamaniera talora anche con vere e proprie citazioni. Nel settimo decennio fortuna e consensolo avevano reso tra i più accreditati presso la curia ravennate, centro di potere effettivoobbediente al Legato Pontificio, tanto che l’aumento delle commesse doveva imporreun’organizzazione più complessa della bottega. Sono i tempi dell’apprendistato dei figliFrancesco (Ravenna, 1544-1618) e Barbara (Ravenna, 1552-1638). Quando gli effetti dellaControriforma avranno penetrazione capillare con le prescrizioni del Cardinal Paleotti sucome redigere le immagini sacre (1583), i Longhi juniores saranno già in linea, con unasensibilità austera e vocazionalmente normativa. Già negli ultimi anni dell’attività di Luca siregistra un ulteriore sforzo di aggiornamento sulla maniera bolognese di Prospero Fontana,che deve avere anch’egli soggiornato a Ravenna se alla sua mano sono da assegnare lefigure dello sfondo del Compianto di Vasari, e, più marcatamente di Lorenzo Sabbatini e diOrazio Samacchini. Le forme si fanno più tornite e i visi acquistano volumetrie traslucide equasi metalliche. In Francesco si accentua la tendenza verso la retorica del gesto, anche non mancano impacci che lo mostrano scopertamente teatrale. Nell’organizzazione dellabottega, di cui Francesco diventa titolare alla morte del padre, Barbara assicura laproduzione dei capoletto, per lo più derivati dagli adattamenti paterni di modellicorreggeschi e parmigianineschi. E se manca il fare in grande della coetanea Lavinia Fontana,non doveva sfuggire una certa curiosità verso la pittrice bolognese, avvertita comeparadigma per il consenso che sapeva suscitare. Tuttavia in Barbara prevale una sensibilitàdelicata e cólta verso i temi delle sacre conversazioni o delle vergini protomartiri – è il casodi santa Caterina d’Alessandria cui attribuisce la propria identità con gesto laterale ma diindubbio orgoglio – che le valse la meraviglia dello stesso Vasari.Il piano della mostra prevede oltre quaranta opere comprese quelle già presenti nellecollezioni permanenti. Si tratta di una contenuta selezione tra i dipinti reperibili sulterritorio, compatibilmente con le condizioni di conservazione, e nel rispetto delle opere adornamento degli altari e delle chiese a cui si rinvia direttamente per percorsi individuali, allascoperta dei luoghi che ospitano opere di Luca e Francesco Longhi. In occasione dellamostra è prevista l’uscita di una guida pensata come traccia di lettura all’opera di LucaLonghi e della sua bottega, e corredata di itinerari che partono da Ravenna, con unpercorso cittadino tra le chiese del centro storico fino a Sant’Alberto, e proseguono inRomagna, nelle direzioni di Cervia, Rimini, Santarcangelo, Cesena, Bertinoro,Forlimpopoli, Forlì, Terra del Sole, Castrocaro, Faenza e Argenta. In larga parte sono pale atutt’oggi situate agli altari per i quali sono state commissionate. Altari spesso in penombra,custodi di una Biblia Pauperum ricca di modelli figurativi e varianti che hanno formato ilsedimento dell’immaginario di questo territorio.
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ottobre 2007
Luca Longhi – Una bottega del Cinquecento a Ravenna
Dal 13 ottobre 2007 al 06 gennaio 2008
arte moderna
Location
MAR – MUSEO D’ARTE DELLA CITTA’
Ravenna, Via Di Roma, 13, (Ravenna)
Ravenna, Via Di Roma, 13, (Ravenna)
Biglietti
Pinacoteca + mostra intero 3 euro, ridotto 2 euro
Orario di apertura
martedì, giovedì, venerdì e sabato: 9.00 - 13.30, 15.00 - 18.00. mercoledì: 9.00 - 13.30. domenica: 10.00 - 17.00. chiuso il lunedì, 1 novembre, Natale e Capodanno
Vernissage
13 Ottobre 2007, ore 18.00
Autore
Curatore