Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Mirko Morello / Gianluca Sanvido
doppia personale
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Mirko Morello e Gianluca Sanvido sono due giovani artisti (entrambi diplomati all’Accademia di Belle Arti di Venezia nel corso di Scultura tradizionale del prof. Andrea Grassi) che hanno da poco concluso il loro percorso formativo. Lungi quindi dall’essersi arroccati su posizioni statiche e autoreferenziali, mostrano tutto il fervore dell’arte giovanile, ardente di sperimentazione e necessità di radicamento: l’eterna dinamica della storia della creatività, sospesa tra l’affondo nel passato e la tensione che porta ad emanciparsene rivive in entrambi in maniera quanto mai eloquente. Termini da sempre connessi allo status psicologico dell’artista sono il greco póthos o il latino desiderium, designanti l’insaziabile necessità di ritrovare qualcosa: l’arte che brucia è quella che cerca di ricondurre l’uomo a se stesso, alle sue pulsioni più profonde, alla radice stessa dell’essere creatura e creatore. Un contrasto questo insito soprattutto nella scultura: arte guida per secoli, è stata “superata” dalla pittura a partire dalla civiltà rinascimentale, non a caso spiritualmente pacificata e impregnata di neorazionalismo platonico. La scultura è un’arte più “selvaggia”, meno ordinatrice e più generativa: tende a Dio e all’uomo con uguale forza e ansia. Mirko Morello e Gianluca Sanvido, nell’entusiasmo creativo giovanile che li contraddistingue, ripercorrono alcuni dei sentieri più battuti e più profondi al contempo del fare artistico: lontani da rotture drastiche con il solco più germinativo della storia della nostra civiltà, riscoprono materiali caldi e naturali, ma anche temi e riflessioni tra i più radicati nel subconscio collettivo.
Gianluca Sanvido interviene candidamente in una discussione secolare quando sostiene con disarmante e semplice lucidità che l’artista nei secoli ha sempre studiato e rappresentato in modo realistico o idealizzato la figura umana, quasi lanciando una sfida a colui che per primo creò quest’opera. Altrettanto valga per l’avvicinamento da lui ricercato tra l’individuo uomo e il soggetto naturale dell’albero, unione nata spontanea partendo da un principio che li accomuna, l’unicità di ognuno di questi soggetti, entrambi massimo esempio naturale di equilibrio statico e compositivo. Il pensiero corre immediatamente alle infinite digressioni sul tema che si sono succedute nei secoli, dai miti classici dedicati a Dafne, Filemone e Bauci (per citare solo le più note) all’uomo-albero di Jeronimus Bosch nel Trittico delle Delizie, da L’Aurora di Paul Delvaux alla serie dedicata a questo tema da Piet Mondrian, in cui l’albero travalicava la sua consolidata similitudine con l’essere umano per avvicinarsi al concetto teosofico dell’arte stessa, trait d’union tra uomo e Dio.
Le sculture di Gianluca Sanvido (realizzate con materiali e tecniche che ci ricordano il buon fare artigianale che da sempre contraddistingue le nostre zone) vivono sospese tra pregnante analisi psicologica e radicamento in una natura avvertita come manifestazione di una forza divina e antica, rendendo il lavoro dell’artista estremamente emozionante già a livello epidermico. La tensione che anima la sua ricerca è prettamente spirituale: il suo uomo-albero è creato tra pieni e vuoti, presenza e assenza, e dimostra una naturale propensione verso la crescita in altezza, una collocazione innata intorno a quell’asse che da sempre connette il nostro primordiale affondo nel terreno-madre alla necessità di un’ascesi verso la dimensione celeste-paterna.
Mirko Morello muove da una linea discorsiva in certo senso complementare a quella che guida la ricerca del suo compagno di studi: strumenti di analisi delle complesse dinamiche del rapporto tra creatore e creazione, tra immersione riflessiva ed estroflessione visiva, diventa qui principalmente il volto. Nelle sculture bifronte quest’ultimo si sdoppia in un ritratto idealizzato di un viso saggio che fuoriesce dal
legno appena levigato, stretto in un indissolubile rapporto con la sua contro-anima sul lato opposto. Nelle fotografie è invece l’ autoritratto imprigionato in superfici vischiose a diventare protagonista della scena, lasciando in ogni caso l’analisi della fisiognomica e delle sue infinite possibilità espressive al centro di una ricerca abilmente sospesa tra ricordi dei grandi classici e tecniche innovative. Evidenti ad esempio i richiami all’importanza della superficie specchiante, sia nelle foto che nei volti moltiplicati, che tanta e prestigiosa parte ha avuto nel discorso pittorico dal quattrocento fiammingo in poi. Meno dichiarato, ma forse più accativante, il ricordo della scultura medievale (e del suo lungo asse prospettico che arriva a lambire le ricerche di Rodin e Medardo Rosso) nelle figure strappate a fatica dalla naturale fisicità del fondo, nei lineamenti che emergono tremuli dal legno e dal marmo, nell’ordinato sguardo dall’alto che osserva come da capitelli posti su alte colonne.
La comparsa di questi volti è un’evocazione ottenuta con tecnica sicura e corsiva, che porta ad emergere dalla materia e nella materia una semplificazione umana di grande impatto psicologico: incatenati al loro substrato fisico, o imprigionati in macchie viniliche, sono l’essenza di quell’essere umano intrappolato di cui parla l’artista. In questo eterno gioco tra immagine e specchio, realtà esterna e interna, Mirko Morello si affaccia, con disincanto e irruenta immediatezza, sulla definitiva impossibilità umana di uscire da quella sottile bava di noi stessi che appoggiamo sul mondo, separata e ancorata al nostro io più profondo e antico.
Carlo dal Pino
Gianluca Sanvido interviene candidamente in una discussione secolare quando sostiene con disarmante e semplice lucidità che l’artista nei secoli ha sempre studiato e rappresentato in modo realistico o idealizzato la figura umana, quasi lanciando una sfida a colui che per primo creò quest’opera. Altrettanto valga per l’avvicinamento da lui ricercato tra l’individuo uomo e il soggetto naturale dell’albero, unione nata spontanea partendo da un principio che li accomuna, l’unicità di ognuno di questi soggetti, entrambi massimo esempio naturale di equilibrio statico e compositivo. Il pensiero corre immediatamente alle infinite digressioni sul tema che si sono succedute nei secoli, dai miti classici dedicati a Dafne, Filemone e Bauci (per citare solo le più note) all’uomo-albero di Jeronimus Bosch nel Trittico delle Delizie, da L’Aurora di Paul Delvaux alla serie dedicata a questo tema da Piet Mondrian, in cui l’albero travalicava la sua consolidata similitudine con l’essere umano per avvicinarsi al concetto teosofico dell’arte stessa, trait d’union tra uomo e Dio.
Le sculture di Gianluca Sanvido (realizzate con materiali e tecniche che ci ricordano il buon fare artigianale che da sempre contraddistingue le nostre zone) vivono sospese tra pregnante analisi psicologica e radicamento in una natura avvertita come manifestazione di una forza divina e antica, rendendo il lavoro dell’artista estremamente emozionante già a livello epidermico. La tensione che anima la sua ricerca è prettamente spirituale: il suo uomo-albero è creato tra pieni e vuoti, presenza e assenza, e dimostra una naturale propensione verso la crescita in altezza, una collocazione innata intorno a quell’asse che da sempre connette il nostro primordiale affondo nel terreno-madre alla necessità di un’ascesi verso la dimensione celeste-paterna.
Mirko Morello muove da una linea discorsiva in certo senso complementare a quella che guida la ricerca del suo compagno di studi: strumenti di analisi delle complesse dinamiche del rapporto tra creatore e creazione, tra immersione riflessiva ed estroflessione visiva, diventa qui principalmente il volto. Nelle sculture bifronte quest’ultimo si sdoppia in un ritratto idealizzato di un viso saggio che fuoriesce dal
legno appena levigato, stretto in un indissolubile rapporto con la sua contro-anima sul lato opposto. Nelle fotografie è invece l’ autoritratto imprigionato in superfici vischiose a diventare protagonista della scena, lasciando in ogni caso l’analisi della fisiognomica e delle sue infinite possibilità espressive al centro di una ricerca abilmente sospesa tra ricordi dei grandi classici e tecniche innovative. Evidenti ad esempio i richiami all’importanza della superficie specchiante, sia nelle foto che nei volti moltiplicati, che tanta e prestigiosa parte ha avuto nel discorso pittorico dal quattrocento fiammingo in poi. Meno dichiarato, ma forse più accativante, il ricordo della scultura medievale (e del suo lungo asse prospettico che arriva a lambire le ricerche di Rodin e Medardo Rosso) nelle figure strappate a fatica dalla naturale fisicità del fondo, nei lineamenti che emergono tremuli dal legno e dal marmo, nell’ordinato sguardo dall’alto che osserva come da capitelli posti su alte colonne.
La comparsa di questi volti è un’evocazione ottenuta con tecnica sicura e corsiva, che porta ad emergere dalla materia e nella materia una semplificazione umana di grande impatto psicologico: incatenati al loro substrato fisico, o imprigionati in macchie viniliche, sono l’essenza di quell’essere umano intrappolato di cui parla l’artista. In questo eterno gioco tra immagine e specchio, realtà esterna e interna, Mirko Morello si affaccia, con disincanto e irruenta immediatezza, sulla definitiva impossibilità umana di uscire da quella sottile bava di noi stessi che appoggiamo sul mondo, separata e ancorata al nostro io più profondo e antico.
Carlo dal Pino
09
settembre 2007
Mirko Morello / Gianluca Sanvido
Dal 09 settembre al 09 ottobre 2007
giovane arte
Location
PROFILI D’ARTE
Padova, Via Xx Settembre, 34, (Padova)
Padova, Via Xx Settembre, 34, (Padova)
Vernissage
9 Settembre 2007, ore 18
Autore