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Felice Casorati – Dipingere il silenzio
La mostra di Mascherini come occasione per percorrere un itinerario d’autore dentro l’arte del Novecento espressa nella scultura ma anche nella pittura e nell’architettura
Comunicato stampa
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Un quadro che giustifica una grande mostra.
L’opera è il celebre Meriggio di Felice Casorati, un olio che non è soltanto l’opera più importante e più nota della collezione novecentesca del Museo Revoltella, quella che viene immancabilmente chiesta in prestito per tutte le mostre sul ‘900 italiano e che costituisce una delle attrazioni principali per chi si mette in viaggio verso Trieste alla scoperta di una galleria ancora troppo poco nota nel panorama dei musei italiani. E’ anche il dipinto-simbolo dell’appartenenza di Trieste alla cultura italiana.
Meriggio fu, infatti, acquistato alla Biennale del 1924, riprendendo una consuetudine di rapporti con l’istituzione veneziana attivi fin dalla prima edizione e interrotti solo dalla grande guerra. Pochi anni di pausa ma sufficienti per cambiare il mondo: Trieste, dopo secoli di dominio asburgico era passata al Regno d’Italia. La volontà di partecipare ad alto livello alla cultura nazionale, di misurare l’istituzione triestina con i più importanti musei italiani e, più in generale, la voglia di ricominciare a vivere normalmente, indusse i membri del primo Curatorio del dopoguerra a compiere il massimo sforzo per ottenere questo risultato, investendo più o meno la metà del bilancio del museo per pagare le 20.000 lire che erano il prezzo dell’opera.
Intorno a questo capolavoro, al Civico Museo Revoltella – Galleria d’arte moderna, fino al 4 novembre viene riproposta la mostra “Felice Casorati. Dipingere il silenzio”, già allestita a Ravenna, alla Loggetta lombardesca.
“Dipingere il silenzio” è curata da Claudia Gian Ferrari, Michela Scolaro e Claudio Spadoni e realizzata dal MAR (Museo d’arte della città di Ravenna). La riedizione triestina è promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Trieste e dal Civico Museo Revoltella nell’ambito del progetto “Il Novecento a Trieste” che prende il via dalla grande esposizione dedicata a ““Mascherini e la scultura europea del ‘900”, aperta nel Salone degli Incanti (l’ex Pescheria centrale, situata a due passi dal museo, sulla riva del mare) sino al 14 ottobre, in cui l’opera di Marcello Mascherini, grande scultore triestino di cui ricorre il centenario della nascita, viene messa a confronto con altri protagonisti della scultura del XX secolo: da Mestrovic a Selva, da Arturo Martini a Emilio Greco, da Marino Marini a Charles Despiau, da Luciano Minguzzi a Kenneth Armitage, ecc.
Altra novità: il riallestimento della collezione del Novecento al Museo Revoltella di Trieste. La ricca e originale collezione di opere del Novecento posseduta dal Museo Revoltella può rappresentare il contesto ideale per apprezzare appieno il valore della pittura di Casorati. Infatti, se il Meriggio è stato il primo acquisto importante del museo triestino subito dopo la fine della prima guerra mondiale e il passaggio della città all’Italia, nel corso degli anni Venti e Trenta, soprattutto sotto la direzione di Edgardo Sambo, pittore egli stesso, furono comprate opere importanti di Carlo Carrà (“Donna al mare”, 1931), Mario Sironi (“Il pastore” 1932), Felice Carena (“La finestra”, 1930), Arturo Martini (Bozzetto per il monumento al Duca d’Aosta), Giorgio de Chirico (“I gladiatori”, 1932), Piero Marussig (“Ritratto di fanciulla” 1932), Leonor Fini (“Giovinetto travestito da povero”, 1935), Francesco Messina (“Ritratto di Achille Funi”, 1928), Arturo Tosi (“Paesaggio”, 1935) ecc., che oggi costituiscono il “cuore” del percorso permanente del Museo Revoltella e uno spaccato molto interessante di arte italiana. Una rassegna ampliata e integrata da acquisti successivi e, ovviamente, dai maggiori autori triestini e friulani dell'epoca, caratterizzati da una complessità linguistica e da intrecci con le correnti d’oltralpe inevitabili in una terra di confine, ma nel contempo soggiogati dal classicismo italiano, come Carlo Sbisà, Vito Timmel, Ruggero Rovan, Arturo Nathan, Cesare Sofianopulo, Vittorio Bolaffio, ecc.
Con i suoi quattro piani e oltre 300 opere esposte, la galleria d’arte moderna del Museo Revoltella propone ai visitatori più attenti anche molto altro: un piano ospita una sessantina di preziose testimonianze del secondo Ottocento (che comprendono i nomi più celebrati come De Nittis, Palizzi, Induno, Ciardi, Nono, Favretto, Laurenti); proseguendo si incontrano alcuni protagonisti, italiani e stranieri, del primo decennio del ‘900 (Previati, von Stuck, Mancini, Cottet, Zuloaga, Troubetzkoy…) e, all’ultimo piano (spettacolare belvedere sul golfo e sulla città disegnato da Carlo Scarpa) una selezionata appendice che comprende il meglio dell'arte passata per le Biennali degli anni Cinquanta e Sessanta, da Afro a Vedova, da Santomaso a Moreni, da Fontana a Music, da Burri a Pomodoro. Anche qui una cinquantina di opere molto rappresentative dell'arte italiana contemporanea.
Tornando a Casorati, la mostra copre tutta la lunga carriera dell'artista, dagli esordi secessionisti di inizio ‘900 alle composizioni neoquattrocentiste, dal ‘realismo magico’ alle enigmatiche nature morte degli anni cinquanta.
Nel suo percorso artistico Casorati ha saputo tradurre in modo esemplare quasi tutte le più significative istanze della prima metà del secolo, attraversando le varie fasi poetiche in chiave secessionista, metafisica, novecentista e classicista, e interpretando i movimenti alla luce di una rigorosa attenzione alla struttura compositiva, alla misura e all’armonia dei valori plastici e cromatici. Gli esordi vicini all’esperienza simbolista sono riconoscibili nel Ritratto di Signora (Ritratto della sorella Elvira), esposto alla Biennale di Venezia del 1907 considerato il suo primo quadro. Alla fine della guerra (1915-18), periodo nel quale il suo lavoro artistico viene bruscamente interrotto per quattro anni, si trasferisce a Torino (1918) diventando un figura chiave del panorama artistico culturale della capoluogo piemontese. Nelle opere della maturità, come nel ritratto di Silvana Cenni (1922) il dettaglio decorativo viene sostituito da un preciso disegno e da un rigore formale ispirato alla pittura quattrocentesca, in particolare a Piero della Francesca.
Casorati dipinge in modo semplice, severo, in uno spazio prospettico sottolineato da un assoluto equilibro cromatico, come dimostra un capolavoro come Meriggio (1923) del Museo Revoltella.
Oltre ai ritratti femminili dai lineamenti affilati ed eleganti, colti in interni misteriosi in cui domina un dimensione di eternità come in La donna e l'armatura (1921) e in Fanciulla nuda (1921), l’artista novarese ha una speciale predilezione per le nature morte: scodelle, frutta, uova, semplici cose quotidiane diventano oggettivazione dei sentimenti umani. A partire dal 1928 la sua malinconica freddezza lascia spazio ad un disegno più fluido e ad una ricerca cromatica più intensa, dando ai dipinti nuove implicazioni emozionali evidenti in opere come Vocazione (1939).
La mostra è documentata da un catalogo edito da Electa Mondadori, con un ricco apparato iconografico, contributi critici di Anna Maria Chiara Donini, Claudia Gian Ferrari, Maria Mimita Lamberti, Michela Scolaro, Claudio Spadoni e una testimonianza di Francesco Casorati.
Le due mostre e le collezioni permanenti del museo si possono visitare con un BIGLIETTO UNICO di 10 Euro.
L’opera è il celebre Meriggio di Felice Casorati, un olio che non è soltanto l’opera più importante e più nota della collezione novecentesca del Museo Revoltella, quella che viene immancabilmente chiesta in prestito per tutte le mostre sul ‘900 italiano e che costituisce una delle attrazioni principali per chi si mette in viaggio verso Trieste alla scoperta di una galleria ancora troppo poco nota nel panorama dei musei italiani. E’ anche il dipinto-simbolo dell’appartenenza di Trieste alla cultura italiana.
Meriggio fu, infatti, acquistato alla Biennale del 1924, riprendendo una consuetudine di rapporti con l’istituzione veneziana attivi fin dalla prima edizione e interrotti solo dalla grande guerra. Pochi anni di pausa ma sufficienti per cambiare il mondo: Trieste, dopo secoli di dominio asburgico era passata al Regno d’Italia. La volontà di partecipare ad alto livello alla cultura nazionale, di misurare l’istituzione triestina con i più importanti musei italiani e, più in generale, la voglia di ricominciare a vivere normalmente, indusse i membri del primo Curatorio del dopoguerra a compiere il massimo sforzo per ottenere questo risultato, investendo più o meno la metà del bilancio del museo per pagare le 20.000 lire che erano il prezzo dell’opera.
Intorno a questo capolavoro, al Civico Museo Revoltella – Galleria d’arte moderna, fino al 4 novembre viene riproposta la mostra “Felice Casorati. Dipingere il silenzio”, già allestita a Ravenna, alla Loggetta lombardesca.
“Dipingere il silenzio” è curata da Claudia Gian Ferrari, Michela Scolaro e Claudio Spadoni e realizzata dal MAR (Museo d’arte della città di Ravenna). La riedizione triestina è promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Trieste e dal Civico Museo Revoltella nell’ambito del progetto “Il Novecento a Trieste” che prende il via dalla grande esposizione dedicata a ““Mascherini e la scultura europea del ‘900”, aperta nel Salone degli Incanti (l’ex Pescheria centrale, situata a due passi dal museo, sulla riva del mare) sino al 14 ottobre, in cui l’opera di Marcello Mascherini, grande scultore triestino di cui ricorre il centenario della nascita, viene messa a confronto con altri protagonisti della scultura del XX secolo: da Mestrovic a Selva, da Arturo Martini a Emilio Greco, da Marino Marini a Charles Despiau, da Luciano Minguzzi a Kenneth Armitage, ecc.
Altra novità: il riallestimento della collezione del Novecento al Museo Revoltella di Trieste. La ricca e originale collezione di opere del Novecento posseduta dal Museo Revoltella può rappresentare il contesto ideale per apprezzare appieno il valore della pittura di Casorati. Infatti, se il Meriggio è stato il primo acquisto importante del museo triestino subito dopo la fine della prima guerra mondiale e il passaggio della città all’Italia, nel corso degli anni Venti e Trenta, soprattutto sotto la direzione di Edgardo Sambo, pittore egli stesso, furono comprate opere importanti di Carlo Carrà (“Donna al mare”, 1931), Mario Sironi (“Il pastore” 1932), Felice Carena (“La finestra”, 1930), Arturo Martini (Bozzetto per il monumento al Duca d’Aosta), Giorgio de Chirico (“I gladiatori”, 1932), Piero Marussig (“Ritratto di fanciulla” 1932), Leonor Fini (“Giovinetto travestito da povero”, 1935), Francesco Messina (“Ritratto di Achille Funi”, 1928), Arturo Tosi (“Paesaggio”, 1935) ecc., che oggi costituiscono il “cuore” del percorso permanente del Museo Revoltella e uno spaccato molto interessante di arte italiana. Una rassegna ampliata e integrata da acquisti successivi e, ovviamente, dai maggiori autori triestini e friulani dell'epoca, caratterizzati da una complessità linguistica e da intrecci con le correnti d’oltralpe inevitabili in una terra di confine, ma nel contempo soggiogati dal classicismo italiano, come Carlo Sbisà, Vito Timmel, Ruggero Rovan, Arturo Nathan, Cesare Sofianopulo, Vittorio Bolaffio, ecc.
Con i suoi quattro piani e oltre 300 opere esposte, la galleria d’arte moderna del Museo Revoltella propone ai visitatori più attenti anche molto altro: un piano ospita una sessantina di preziose testimonianze del secondo Ottocento (che comprendono i nomi più celebrati come De Nittis, Palizzi, Induno, Ciardi, Nono, Favretto, Laurenti); proseguendo si incontrano alcuni protagonisti, italiani e stranieri, del primo decennio del ‘900 (Previati, von Stuck, Mancini, Cottet, Zuloaga, Troubetzkoy…) e, all’ultimo piano (spettacolare belvedere sul golfo e sulla città disegnato da Carlo Scarpa) una selezionata appendice che comprende il meglio dell'arte passata per le Biennali degli anni Cinquanta e Sessanta, da Afro a Vedova, da Santomaso a Moreni, da Fontana a Music, da Burri a Pomodoro. Anche qui una cinquantina di opere molto rappresentative dell'arte italiana contemporanea.
Tornando a Casorati, la mostra copre tutta la lunga carriera dell'artista, dagli esordi secessionisti di inizio ‘900 alle composizioni neoquattrocentiste, dal ‘realismo magico’ alle enigmatiche nature morte degli anni cinquanta.
Nel suo percorso artistico Casorati ha saputo tradurre in modo esemplare quasi tutte le più significative istanze della prima metà del secolo, attraversando le varie fasi poetiche in chiave secessionista, metafisica, novecentista e classicista, e interpretando i movimenti alla luce di una rigorosa attenzione alla struttura compositiva, alla misura e all’armonia dei valori plastici e cromatici. Gli esordi vicini all’esperienza simbolista sono riconoscibili nel Ritratto di Signora (Ritratto della sorella Elvira), esposto alla Biennale di Venezia del 1907 considerato il suo primo quadro. Alla fine della guerra (1915-18), periodo nel quale il suo lavoro artistico viene bruscamente interrotto per quattro anni, si trasferisce a Torino (1918) diventando un figura chiave del panorama artistico culturale della capoluogo piemontese. Nelle opere della maturità, come nel ritratto di Silvana Cenni (1922) il dettaglio decorativo viene sostituito da un preciso disegno e da un rigore formale ispirato alla pittura quattrocentesca, in particolare a Piero della Francesca.
Casorati dipinge in modo semplice, severo, in uno spazio prospettico sottolineato da un assoluto equilibro cromatico, come dimostra un capolavoro come Meriggio (1923) del Museo Revoltella.
Oltre ai ritratti femminili dai lineamenti affilati ed eleganti, colti in interni misteriosi in cui domina un dimensione di eternità come in La donna e l'armatura (1921) e in Fanciulla nuda (1921), l’artista novarese ha una speciale predilezione per le nature morte: scodelle, frutta, uova, semplici cose quotidiane diventano oggettivazione dei sentimenti umani. A partire dal 1928 la sua malinconica freddezza lascia spazio ad un disegno più fluido e ad una ricerca cromatica più intensa, dando ai dipinti nuove implicazioni emozionali evidenti in opere come Vocazione (1939).
La mostra è documentata da un catalogo edito da Electa Mondadori, con un ricco apparato iconografico, contributi critici di Anna Maria Chiara Donini, Claudia Gian Ferrari, Maria Mimita Lamberti, Michela Scolaro, Claudio Spadoni e una testimonianza di Francesco Casorati.
Le due mostre e le collezioni permanenti del museo si possono visitare con un BIGLIETTO UNICO di 10 Euro.
31
agosto 2007
Felice Casorati – Dipingere il silenzio
Dal 31 agosto al 04 novembre 2007
arte contemporanea
Location
CIVICO MUSEO REVOLTELLA – GALLERIA D’ARTE MODERNA
Trieste, Via Armando Diaz, 27, (Trieste)
Trieste, Via Armando Diaz, 27, (Trieste)
Biglietti
7 Euro (intero) 5 Euro (ridotto); 2,5 Euro (scolari)
Orario di apertura
9-18 (giorni feriali, chiuso il martedì); 10-18 (giorni festivi
Vernissage
31 Agosto 2007, ore 19
Editore
ELECTA
Ufficio stampa
STUDIO ESSECI
Ufficio stampa
ELECTA
Autore
Curatore