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Paesaggi, Vedute e Capricci lombardi e veneti del ‘600 e ‘700 dalla collezione d’arte dell’Accademia Carrara di Bergamo
La pittura di paesaggio, genere poco considerato dalla letteratura artistica del XX secolo, sta riscontrando da alcuni decenni un crescente interesse da parte della critica e del pubblico
Comunicato stampa
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La pittura di paesaggio, genere poco considerato dalla letteratura artistica del XX secolo, sta riscontrando da alcuni decenni un crescente interesse da parte della critica e del pubblico. Lo dimostrano le numerose pubblicazioni specialistiche e le rassegne dedicate a tale genere quali “Marco Ricci e il paesaggio veneto del Settecento” presentata a Belluno nel 1993; “Luca Carlevarijs e la veduta veneziana del Settecento” svoltasi a Padova nel 1994 e la recente mostra di Brescia “Turner e gli Impressionisti. La grande storia del paesaggio moderno in Europa”, solo per citarne alcune.
Accanto ai temi nobili della pittura di storia, nei primi anni del XVII secolo si diffonde in Italia un progressivo interesse da parte dei grandi collezionisti nei confronti dei generi cosiddetti “minori” quali la natura morta, la battaglia, la scena di genere e il paesaggio. E’ proprio a Roma verso la fine del ‘500, in un periodo di forte tensione politico-religiosa e di grande fermento culturale, che inizia a delinearsi il nuovo soggetto artistico del Paesaggio inteso non più come complemento o sfondo di dipinti di historia, ma come opera d’arte autonoma godibile quale rappresentazione della natura a sé stante. Una delle prime espressioni, caratterizzata dalla visione di una natura emendata e ideale, legata a doppio filo alla corrente del classicismo, è la lunetta con Il riposo durante la fuga in Egitto dipinta da Annibale Carracci per la cappella di Palazzo Aldobrandini nel 1602, a cui faranno eco gli ariosi paesaggi laziali con scene mitologiche o episodi biblici dell’allievo Domenichino e di Francesco Albani. Furono però principalmente pittori “forestieri” francesi, olandesi, tedeschi e fiamminghi attivi nell’Urbe nella prima metà del XVII secolo (Paul Brill, Adam Elsheimer Nicolas Poussin, Claude Lorrain, Johann Anton Eismann, Pieter Mulier detto Cavalier Tempesta) a porre le basi per lo sviluppo e la diffusione del paesaggismo in Italia e a portare nel nord della penisola, in primis in Lombardia e in Veneto, questo genere pittorico che troverà ampio favore da parte della colta aristocrazia e della ricca nobiltà terriera aperte alle novità culturali e disponibili ad arredare i sontuosi palazzi anche con dipinti di natura morta, battaglia, prospettive, vedute e paesaggi.
La mostra, curata dall’intraprendente e giovane critico d’arte appena ventunenne Davide Dotti - già autore di una significativa rassegna di pittura antica tenutasi nell’estate del 2006 presso il Museo Civico di Sarnico sul lago d’Iseo - si pone l’obbiettivo di illustrare tramite 45 dipinti e 20 incisioni provenienti per la maggior parte dalla raccolta d’arte dell’Accademia Carrara di Bergamo lo sviluppo del paesaggismo, del vedutismo e del capriccio di fantasia in Lombardia e nel Veneto nei secoli XVII e XVIII. In mostra sono esposti i lavori dei più importanti interpreti di tali generi artistici e non mancano dei veri e propri capolavori quali due rarissime vedute di Venezia di Bernardo Canal, padre del Canaletto, ritrovate da Dotti nei depositi dell’Accademia Carrara dove erano conservate con la generica attribuzione alla “scuola del Canaletto”; il magnifico Paesaggio con archi rocciosi, cascata e cavalieri del veneziano Antonio Marini, unico dipinto conosciuto firmato per esteso dal maestro; una scenografica veduta di Vaprio d’Adda del pittore olandese attivo in Italia Gaspard van Wittel detto Vanvitelli, considerato dalla critica il padre del vedutismo italiano e l’incantevole Atrio di una villa con persone al passeggio del geniale artista Francesco Guardi. Dotti così la descrive: “è un’opera splendida per suggestione e scioltezza di tocco, carica di un’affascinante atmosfera vibrante di luce. Il Guardi dimostra in questa suadente teletta di possedere l’ineguagliabile capacità di rievocare su una superficie pittorica assai ridotta immagini di una vita vissuta e sognata, traducendole con un segno vivo, disinvolto e capriccioso, così personale e moderno da anticipare nelle nervose macchie di denso colore intriso di luce degli alberi taluni esiti della pittura impressionista e di quella dei macchiaioli italiani”.
Il percorso espositivo ideato dal curatore inizia con il bucolico Paesaggio con armenti di Pieter Mulier detto Cavalier Tempesta, a cui sono accostati il lavoro sopraccitato di Antonio Marini, il piacevole Paesaggio con pastori, gregge e fiume attribuito al Tavella, allievo del Mulier, e tre curiosissimi Paesaggi con santi del pittore-sacerdote Giuseppe Roncelli rintracciati da Dotti in una collezione privata bergamasca, significative aggiunte al suo esiguo catalogo composto da poco più di una decina di opere, che testimoniano la grande vena creativa di questo “minore” della Storia dell’Arte. Citiamo un breve estratto del saggio introduttivo al catalogo scritto dal curatore: “stupiscono per modernità e sensibilità cromatica gli sfondi naturali di queste tele nelle quali il Roncelli utilizza tinte vivacissime nei toni del violetto, dell’arancione e del bluette, inaspettate cromie “naif” che non trovano paragoni nella produzione pittorica a lui contemporanea e che riecheggiano il contatto con l’arte fiamminga e i ricordi degli sfondi paesaggistici infuocati dai dorati toni del tramonto dei grandi maestri del ‘500 veneto, da Giorgione a Tiziano”. Proseguendo lungo l’articolato percorso, si incontrano gli olii dei fratelli di origini tedesche, attivi a Bergamo dal 1680 circa, Johann Georg e Bernard Lucas Sanz (è presente l’interessante Paesaggio con Elia nutrito dal corvo, unica opera datata e firmata oggi conosciuta dell’artista proveniente dal Museo Civico Gianni Bellini di Sarnico), uno stupendo Paesaggio marino con cittadella e mercanti di Luca Carlevarijs, padre del vedutismo veneziano, vari paesaggi che immortalano con differente cifra pittorica e sensibilità artistica la campagna veneta eseguiti da Giuseppe Zais, Francesco Zuccarelli, Antonio Diziani e dall’enigmatico Francesco Antonio Canal. Di questo pittore è esposta per la prima volta la serie di tele dell’Accademia Carrara, unica nel suo genere, composta da sette paesaggi (quattro firmati e tre monogrammati). Come sottolinea Dotti, “sono queste le sole opere oggi note di questo sfuggente artista, con tutta probabilità membro di una famiglia patrizia veneziana che si dilettava nell’arte del dipingere, come altri ricchi e nobili collezionisti del tempo, non certo per denaro ma per sfizio o forse per noia. Francesco Antonio Canal, che secondo le ricerche d’archivio risulta non avesse nessun rapporto di parentela con la celebre famiglia di vedutisti, possiede un ampio bagaglio culturale aggiornato alla pittura veneta di paesaggio del ‘700, con spunti tratti principalmente dallo Zuccarelli, da Giuseppe Zais e da suo figlio Gaetano, coniugati in uno stile accademico e poco fantasioso, a volte ripetitivo, espresso quasi sempre con il medesimo schema compositivo. E’quella di Francesco Antonio Canal una personalità artistica estremamente singolare ed eccentrica ancora tutta da indagare che, nel curiosissimo dettaglio delle bagnanti rosa nel laghetto presente in una delle tele della serie, manifesta una sensibilità estetico-artistica oramai proiettata verso l’epoca romantica”. Infine, si ammirano due ovali raffiguranti Paesaggio con monaci in preghiera e Paesaggio con eremita donati recentemente da Daina de Valsecchi (2005) all’Accademia Carrara, già attribuiti al Magnasco e ricondotti alla mano dell’anconetano Antonio Francesco Peruzzini dal curatore.
Il percorso espositivo è completato da una sezione dedicata all’arte grafica in cui eccellevano i maestri veneziani del XVIII secolo. Tra le venti acqueforti selezionate figurano incisioni di Luca Carlevarijs, Michele Marieschi, Antonio Visentini, Antonio Canal detto Canaletto e Marco Ricci.
Il catalogo, edito da Silvana Editoriale, contiene anche le schede dei dipinti di paesaggio, veduta e capriccio dell’Accademia Carrara che non sono stati selezionati per l’esposizione (cat. n. 13a-13b-15- 25-26-29-31-32a-32b-33). Per la prima volta è stato realizzato il catalogo completo di tale patrimonio del Museo e lo studio critico-scientifico di ogni singola opera.
Il catalogo è accompagnato dall’introduzione “Paesaggi, vedute, capricci dipinti e incisi del Settecento veneziano” scritta dal Prof. Dario Succi, massimo esperto mondiale del paesaggio, della veduta e del capriccio veneto e veneziano del XVII e XVIII secolo.
Accanto ai temi nobili della pittura di storia, nei primi anni del XVII secolo si diffonde in Italia un progressivo interesse da parte dei grandi collezionisti nei confronti dei generi cosiddetti “minori” quali la natura morta, la battaglia, la scena di genere e il paesaggio. E’ proprio a Roma verso la fine del ‘500, in un periodo di forte tensione politico-religiosa e di grande fermento culturale, che inizia a delinearsi il nuovo soggetto artistico del Paesaggio inteso non più come complemento o sfondo di dipinti di historia, ma come opera d’arte autonoma godibile quale rappresentazione della natura a sé stante. Una delle prime espressioni, caratterizzata dalla visione di una natura emendata e ideale, legata a doppio filo alla corrente del classicismo, è la lunetta con Il riposo durante la fuga in Egitto dipinta da Annibale Carracci per la cappella di Palazzo Aldobrandini nel 1602, a cui faranno eco gli ariosi paesaggi laziali con scene mitologiche o episodi biblici dell’allievo Domenichino e di Francesco Albani. Furono però principalmente pittori “forestieri” francesi, olandesi, tedeschi e fiamminghi attivi nell’Urbe nella prima metà del XVII secolo (Paul Brill, Adam Elsheimer Nicolas Poussin, Claude Lorrain, Johann Anton Eismann, Pieter Mulier detto Cavalier Tempesta) a porre le basi per lo sviluppo e la diffusione del paesaggismo in Italia e a portare nel nord della penisola, in primis in Lombardia e in Veneto, questo genere pittorico che troverà ampio favore da parte della colta aristocrazia e della ricca nobiltà terriera aperte alle novità culturali e disponibili ad arredare i sontuosi palazzi anche con dipinti di natura morta, battaglia, prospettive, vedute e paesaggi.
La mostra, curata dall’intraprendente e giovane critico d’arte appena ventunenne Davide Dotti - già autore di una significativa rassegna di pittura antica tenutasi nell’estate del 2006 presso il Museo Civico di Sarnico sul lago d’Iseo - si pone l’obbiettivo di illustrare tramite 45 dipinti e 20 incisioni provenienti per la maggior parte dalla raccolta d’arte dell’Accademia Carrara di Bergamo lo sviluppo del paesaggismo, del vedutismo e del capriccio di fantasia in Lombardia e nel Veneto nei secoli XVII e XVIII. In mostra sono esposti i lavori dei più importanti interpreti di tali generi artistici e non mancano dei veri e propri capolavori quali due rarissime vedute di Venezia di Bernardo Canal, padre del Canaletto, ritrovate da Dotti nei depositi dell’Accademia Carrara dove erano conservate con la generica attribuzione alla “scuola del Canaletto”; il magnifico Paesaggio con archi rocciosi, cascata e cavalieri del veneziano Antonio Marini, unico dipinto conosciuto firmato per esteso dal maestro; una scenografica veduta di Vaprio d’Adda del pittore olandese attivo in Italia Gaspard van Wittel detto Vanvitelli, considerato dalla critica il padre del vedutismo italiano e l’incantevole Atrio di una villa con persone al passeggio del geniale artista Francesco Guardi. Dotti così la descrive: “è un’opera splendida per suggestione e scioltezza di tocco, carica di un’affascinante atmosfera vibrante di luce. Il Guardi dimostra in questa suadente teletta di possedere l’ineguagliabile capacità di rievocare su una superficie pittorica assai ridotta immagini di una vita vissuta e sognata, traducendole con un segno vivo, disinvolto e capriccioso, così personale e moderno da anticipare nelle nervose macchie di denso colore intriso di luce degli alberi taluni esiti della pittura impressionista e di quella dei macchiaioli italiani”.
Il percorso espositivo ideato dal curatore inizia con il bucolico Paesaggio con armenti di Pieter Mulier detto Cavalier Tempesta, a cui sono accostati il lavoro sopraccitato di Antonio Marini, il piacevole Paesaggio con pastori, gregge e fiume attribuito al Tavella, allievo del Mulier, e tre curiosissimi Paesaggi con santi del pittore-sacerdote Giuseppe Roncelli rintracciati da Dotti in una collezione privata bergamasca, significative aggiunte al suo esiguo catalogo composto da poco più di una decina di opere, che testimoniano la grande vena creativa di questo “minore” della Storia dell’Arte. Citiamo un breve estratto del saggio introduttivo al catalogo scritto dal curatore: “stupiscono per modernità e sensibilità cromatica gli sfondi naturali di queste tele nelle quali il Roncelli utilizza tinte vivacissime nei toni del violetto, dell’arancione e del bluette, inaspettate cromie “naif” che non trovano paragoni nella produzione pittorica a lui contemporanea e che riecheggiano il contatto con l’arte fiamminga e i ricordi degli sfondi paesaggistici infuocati dai dorati toni del tramonto dei grandi maestri del ‘500 veneto, da Giorgione a Tiziano”. Proseguendo lungo l’articolato percorso, si incontrano gli olii dei fratelli di origini tedesche, attivi a Bergamo dal 1680 circa, Johann Georg e Bernard Lucas Sanz (è presente l’interessante Paesaggio con Elia nutrito dal corvo, unica opera datata e firmata oggi conosciuta dell’artista proveniente dal Museo Civico Gianni Bellini di Sarnico), uno stupendo Paesaggio marino con cittadella e mercanti di Luca Carlevarijs, padre del vedutismo veneziano, vari paesaggi che immortalano con differente cifra pittorica e sensibilità artistica la campagna veneta eseguiti da Giuseppe Zais, Francesco Zuccarelli, Antonio Diziani e dall’enigmatico Francesco Antonio Canal. Di questo pittore è esposta per la prima volta la serie di tele dell’Accademia Carrara, unica nel suo genere, composta da sette paesaggi (quattro firmati e tre monogrammati). Come sottolinea Dotti, “sono queste le sole opere oggi note di questo sfuggente artista, con tutta probabilità membro di una famiglia patrizia veneziana che si dilettava nell’arte del dipingere, come altri ricchi e nobili collezionisti del tempo, non certo per denaro ma per sfizio o forse per noia. Francesco Antonio Canal, che secondo le ricerche d’archivio risulta non avesse nessun rapporto di parentela con la celebre famiglia di vedutisti, possiede un ampio bagaglio culturale aggiornato alla pittura veneta di paesaggio del ‘700, con spunti tratti principalmente dallo Zuccarelli, da Giuseppe Zais e da suo figlio Gaetano, coniugati in uno stile accademico e poco fantasioso, a volte ripetitivo, espresso quasi sempre con il medesimo schema compositivo. E’quella di Francesco Antonio Canal una personalità artistica estremamente singolare ed eccentrica ancora tutta da indagare che, nel curiosissimo dettaglio delle bagnanti rosa nel laghetto presente in una delle tele della serie, manifesta una sensibilità estetico-artistica oramai proiettata verso l’epoca romantica”. Infine, si ammirano due ovali raffiguranti Paesaggio con monaci in preghiera e Paesaggio con eremita donati recentemente da Daina de Valsecchi (2005) all’Accademia Carrara, già attribuiti al Magnasco e ricondotti alla mano dell’anconetano Antonio Francesco Peruzzini dal curatore.
Il percorso espositivo è completato da una sezione dedicata all’arte grafica in cui eccellevano i maestri veneziani del XVIII secolo. Tra le venti acqueforti selezionate figurano incisioni di Luca Carlevarijs, Michele Marieschi, Antonio Visentini, Antonio Canal detto Canaletto e Marco Ricci.
Il catalogo, edito da Silvana Editoriale, contiene anche le schede dei dipinti di paesaggio, veduta e capriccio dell’Accademia Carrara che non sono stati selezionati per l’esposizione (cat. n. 13a-13b-15- 25-26-29-31-32a-32b-33). Per la prima volta è stato realizzato il catalogo completo di tale patrimonio del Museo e lo studio critico-scientifico di ogni singola opera.
Il catalogo è accompagnato dall’introduzione “Paesaggi, vedute, capricci dipinti e incisi del Settecento veneziano” scritta dal Prof. Dario Succi, massimo esperto mondiale del paesaggio, della veduta e del capriccio veneto e veneziano del XVII e XVIII secolo.
18
maggio 2007
Paesaggi, Vedute e Capricci lombardi e veneti del ‘600 e ‘700 dalla collezione d’arte dell’Accademia Carrara di Bergamo
Dal 18 maggio al 10 giugno 2007
arte antica
disegno e grafica
disegno e grafica
Location
MUSEO CIVICO ERNESTO E TERESA DELLA TORRE
Treviglio, Via Dei Facchetti, 14, (Bergamo)
Treviglio, Via Dei Facchetti, 14, (Bergamo)
Orario di apertura
martedì e giovedì dalle 14.30 alle 17.30
Domenica dalle 15 alle 18
Editore
SILVANA EDITORIALE
Autore
Curatore