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52 Biennale. Padiglione israeliano
Ne I Guardiani della Soglia l’artista adopera diverse tecniche di comunicazione, includendo il disegno, la pittura, la scultura e l’architettura, al fine di trasformare l’edificio modernista del Padiglione d’Israele – che si sviluppa su tre piani – in uno spazio di virtuale fantasia, sfumando i confini tra interno ed esterno
Comunicato stampa
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Rappresentante dello Stato d’Israele alla Biennale di Venezia è l’artista Yehudith Sasportas, che espone un’installazione di grandi dimensioni: I Guardiani della Soglia.
Sasportas, figura di spicco nella scena internazionale dell’arte contemporanea oltre che vincitrice di numerosi premi, ha partecipato a svariate collettive a livello mondiale, ed ha esposto con individuali nelle più importanti gallerie e musei.
Ne ‘”I Guardiani della Soglia” l’artista adopera diverse tecniche di comunicazione, includendo il disegno, la pittura, la scultura e l’architettura, al fine di trasformare l’edificio modernista del Padiglione d’Israele, che si sviluppa su tre piani, in uno spazio di virtuale fantasia, sfumando i confini tra interno ed esterno.
“L’opera della Sasportas testimonia la sua affinità con l’architettura modernista, eco della personale visione utopica che l’artista ha assimilato nella sua infanzia in Israele” dice Suzanne Landau, curatrice del Padiglione d’Israele. “Lo spazio del Padiglione ai Giardini non solo risulta vicino al suo interesse per il modernismo, ma è diventato parte integrante del lavoro esposto”.
Al piano terra del Padiglione è posto uno schermo, e su di esso un disegno ricco di luce, di foreste e di spazi aperti, usato come unica fonte di luce in quello spazio buio.
Al primo piano viene proiettata in un “buco immaginario” nel muro l’immagine di un enigmatico panorama con uno stagno al centro, creando un’apparenza che essa si sviluppi al di là della superficie del muro.
Nei cancelli adiacenti sono esposti due disegni raffiguranti forme e costruzioni geometriche spezzate, nelle quali si scoprono le uniche immagini urbane dell’installazione.
Il riflesso dell’immagine dello stagno si rinviene in una grande scultura tridimensionale situata al piano superiore del Padiglione, dalla quale si levano aghi lunghi e sottili, mentre un disegno vicino rispecchia lo spazio aperto. Una facciata modernista e monumentale con finestre e disegni che raffigurano riflessi di alberi copre la parete più alta dell’edificio, che si erge lungo tutti e tre i piani.
L’installazione s’intreccia con gli elementi architettonici che servono come entrata ed uscita, i quali subentrano ai confini definiti dello spazio interno dell’edificio.
Nell’installazione “I Guardiani della Soglia” Sasportas giustappone svariati significati ed opposte identità: est ed ovest, natura e cultura, razionalità e spiritualità, includendo in essa le tensioni tra la struttura scultorea modernista e formale e la struttura pittorica emozionale.
L’interesse dell’artista per l’architettura moderna è evidenziato dalla meticolosa precisione nella costruzione delle porte, delle finestre e dei cancelli usando un linguaggio minimalista e rigoroso, in contrasto sia con lo spazio buio ed ombroso, sia con l’atmosfera misteriosa che si respira nel Padiglione, rendendolo evocativo dello spazio interno di una metaforica caverna.
Sasportas realizza ogni disegno miscelando tecniche diverse, in un processo di ‘ibridazione’.
Ogni opera è basata su un’esperienza concreta con la natura, affiancando un lavoro intuitivo basato sulla memoria a disegni di elementi organici: utilizza inoltre alcuni mezzi tecnologici che le consentono di creare abbinamenti multimediali al fine di rappresentare visualmente i suoni che lei stessa registra nella natura.
I suoi numerosi lavori sono dunque il risultato di una fusione tra vari approcci e molteplici risorse.
L’installazione è accompagnata da un catalogo in Inglese-Ebraico-Tedesco.
_____________________________________________
Yehudit Sasportas:
Guardians of the Threshold (I guardiani della soglia)
Suzanne Landau
L’edificio modernista in cemento del padiglione israeliano è stato trasformato, per la durata della Biennale di Venezia del 2007, in un guscio esterno che accoglie la complessa installazione di Yehudit Sasportas, The Guardians of the Threshold. Una simbiosi tra disegno, pittura, scultura e architettura, l’opera di quest’artista subordina a letture e interpretazioni stratificate lo spazio disponibile.
Fin dall’inizio il lavoro di Sasportas ha evidenziato un’attrazione verso l’architettura modernista, un’eco della sua “visione utopica” che l’artista ha assorbito durante la propria infanzia in Israele. Perciò, l’edificio del padiglione all’interno dei Giardini non soltanto appare in sintonia con l’interesse di Sasportas per il modernismo, ma diventa parte integrante dell’opera nel suo complesso. L’installazione è disseminata di elementi architettonici: la tenda all’entrata, la monumentale struttura (una facciata modernista con finestre e alberi) che copre il muro più alto dell’edificio dirimpetto all’entrata, i due ingressi con porte scorrevoli nel livello intermedio, il grande ingresso al livello superiore. Lo spazio reale, nettamente definito, del padiglione si è trasformato in uno spazio esterno opzionale; le porte e le finestre si sono aperte entro una sfera di fantasia, un apocalittico spazio virtuale.
Nel penetrare dentro il padiglione/installazione, avvolto nell’oscurità ed evocato mediante l’ombra degli alberi, si incontrano varie aperture che agiscono come fonti di luce: disegni che assorbono luce ed emettono luce e dipinti che raffigurano foreste, radure e montagne. Il “buco” proiettato su una parete del secondo piano apre alla visione di un enigmatico paesaggio con palude che si dissolve in una distante nebbia, forse al tramonto, forse all’alba. L’osservatore percepisce una scena illusionistica che si estende dietro al piano del muro e che propone l’immagine di un altro mondo, un punto di partenza. I due dipinti all’interno delle porte adiacenti mostrano le uniche immagini urbane dell’installazione. Le frammentate forme geometriche associate a sagome di quasi-edifici producono entropia, una metamorfosi in direzione di una realtà diversa, fantastica, e di altri scenari. Ridotta a tonalità nere, grigie e azzurre, la scala cromatica rafforza l’atmosfera notturna di tutta l’installazione.
L’immagine della palude riecheggia, al livello superiore, in una grande scultura rotonda tridimensionale che riflette una radura di foresta, raffigurata nel dipinto installato accanto ad essa. Dalla palude fuoriescono innumerevoli bastoncini/aghi sottili che suggeriscono l’idea di un mondo e di eventi subacquei. Le grandi aste sparse intorno alla palude sono forse aghi d’albero ingranditi, parti di radice, oppure lance a guardia della soglia, il subliminale, ma nel contempo giocano con l’impressione di un disegno tridimensionale di linee nello spazio.
Simili a strati di scavo, le fonti multiple dei disegni e dei dipinti di Sasportas si sovrappongono in un processo di ibridazione. I disegni ispirati alla memoria che l’artista ha della propria esperienza diretta della natura si mescolano con disegni realizzati intuitivamente, sulla base di un ricordo o di un altro disegno di natura morta eseguito in studio, e con altri disegni ancora tracciati con la mediazione tecnologica di fotografie scattate dall’artista e proiettate su schermo. Sasportas definisce la propria memoria “archivio dell’inconscio”, che si autoduplica rifrangendo e riflettendo immagini e scenari, volgendosi all’interno e all’esterno: un mondo interiore in cui i sogni e la realtà si mescolano e si fondono. L’installazione di Sasportas è una sintesi di molte identità duplici e significati dicotomici: est e ovest, natura (foresta) e cultura (architettura), razionale e spirituale. Incarna le tensioni tra la formale struttura scultorea modernista e le strutture pittoriche ed emotive, tra la retorica della disciplina intellettuale e il contenuto narrativo. Le composizioni, tecnicamente chiare, di forme rettangolari si contrappongono ai disegni e ai dipinti ma, allo stesso tempo, si fondono con essi – esito, questo, di un lungo processo di virtuosismo artigianale e fonte di un’esperienza spirituale e rivelatrice – per formare un’unità singola, attestando la totalità e l’eterogeneità postmoderna dell’approccio di Sasportas.
Sasportas, figura di spicco nella scena internazionale dell’arte contemporanea oltre che vincitrice di numerosi premi, ha partecipato a svariate collettive a livello mondiale, ed ha esposto con individuali nelle più importanti gallerie e musei.
Ne ‘”I Guardiani della Soglia” l’artista adopera diverse tecniche di comunicazione, includendo il disegno, la pittura, la scultura e l’architettura, al fine di trasformare l’edificio modernista del Padiglione d’Israele, che si sviluppa su tre piani, in uno spazio di virtuale fantasia, sfumando i confini tra interno ed esterno.
“L’opera della Sasportas testimonia la sua affinità con l’architettura modernista, eco della personale visione utopica che l’artista ha assimilato nella sua infanzia in Israele” dice Suzanne Landau, curatrice del Padiglione d’Israele. “Lo spazio del Padiglione ai Giardini non solo risulta vicino al suo interesse per il modernismo, ma è diventato parte integrante del lavoro esposto”.
Al piano terra del Padiglione è posto uno schermo, e su di esso un disegno ricco di luce, di foreste e di spazi aperti, usato come unica fonte di luce in quello spazio buio.
Al primo piano viene proiettata in un “buco immaginario” nel muro l’immagine di un enigmatico panorama con uno stagno al centro, creando un’apparenza che essa si sviluppi al di là della superficie del muro.
Nei cancelli adiacenti sono esposti due disegni raffiguranti forme e costruzioni geometriche spezzate, nelle quali si scoprono le uniche immagini urbane dell’installazione.
Il riflesso dell’immagine dello stagno si rinviene in una grande scultura tridimensionale situata al piano superiore del Padiglione, dalla quale si levano aghi lunghi e sottili, mentre un disegno vicino rispecchia lo spazio aperto. Una facciata modernista e monumentale con finestre e disegni che raffigurano riflessi di alberi copre la parete più alta dell’edificio, che si erge lungo tutti e tre i piani.
L’installazione s’intreccia con gli elementi architettonici che servono come entrata ed uscita, i quali subentrano ai confini definiti dello spazio interno dell’edificio.
Nell’installazione “I Guardiani della Soglia” Sasportas giustappone svariati significati ed opposte identità: est ed ovest, natura e cultura, razionalità e spiritualità, includendo in essa le tensioni tra la struttura scultorea modernista e formale e la struttura pittorica emozionale.
L’interesse dell’artista per l’architettura moderna è evidenziato dalla meticolosa precisione nella costruzione delle porte, delle finestre e dei cancelli usando un linguaggio minimalista e rigoroso, in contrasto sia con lo spazio buio ed ombroso, sia con l’atmosfera misteriosa che si respira nel Padiglione, rendendolo evocativo dello spazio interno di una metaforica caverna.
Sasportas realizza ogni disegno miscelando tecniche diverse, in un processo di ‘ibridazione’.
Ogni opera è basata su un’esperienza concreta con la natura, affiancando un lavoro intuitivo basato sulla memoria a disegni di elementi organici: utilizza inoltre alcuni mezzi tecnologici che le consentono di creare abbinamenti multimediali al fine di rappresentare visualmente i suoni che lei stessa registra nella natura.
I suoi numerosi lavori sono dunque il risultato di una fusione tra vari approcci e molteplici risorse.
L’installazione è accompagnata da un catalogo in Inglese-Ebraico-Tedesco.
_____________________________________________
Yehudit Sasportas:
Guardians of the Threshold (I guardiani della soglia)
Suzanne Landau
L’edificio modernista in cemento del padiglione israeliano è stato trasformato, per la durata della Biennale di Venezia del 2007, in un guscio esterno che accoglie la complessa installazione di Yehudit Sasportas, The Guardians of the Threshold. Una simbiosi tra disegno, pittura, scultura e architettura, l’opera di quest’artista subordina a letture e interpretazioni stratificate lo spazio disponibile.
Fin dall’inizio il lavoro di Sasportas ha evidenziato un’attrazione verso l’architettura modernista, un’eco della sua “visione utopica” che l’artista ha assorbito durante la propria infanzia in Israele. Perciò, l’edificio del padiglione all’interno dei Giardini non soltanto appare in sintonia con l’interesse di Sasportas per il modernismo, ma diventa parte integrante dell’opera nel suo complesso. L’installazione è disseminata di elementi architettonici: la tenda all’entrata, la monumentale struttura (una facciata modernista con finestre e alberi) che copre il muro più alto dell’edificio dirimpetto all’entrata, i due ingressi con porte scorrevoli nel livello intermedio, il grande ingresso al livello superiore. Lo spazio reale, nettamente definito, del padiglione si è trasformato in uno spazio esterno opzionale; le porte e le finestre si sono aperte entro una sfera di fantasia, un apocalittico spazio virtuale.
Nel penetrare dentro il padiglione/installazione, avvolto nell’oscurità ed evocato mediante l’ombra degli alberi, si incontrano varie aperture che agiscono come fonti di luce: disegni che assorbono luce ed emettono luce e dipinti che raffigurano foreste, radure e montagne. Il “buco” proiettato su una parete del secondo piano apre alla visione di un enigmatico paesaggio con palude che si dissolve in una distante nebbia, forse al tramonto, forse all’alba. L’osservatore percepisce una scena illusionistica che si estende dietro al piano del muro e che propone l’immagine di un altro mondo, un punto di partenza. I due dipinti all’interno delle porte adiacenti mostrano le uniche immagini urbane dell’installazione. Le frammentate forme geometriche associate a sagome di quasi-edifici producono entropia, una metamorfosi in direzione di una realtà diversa, fantastica, e di altri scenari. Ridotta a tonalità nere, grigie e azzurre, la scala cromatica rafforza l’atmosfera notturna di tutta l’installazione.
L’immagine della palude riecheggia, al livello superiore, in una grande scultura rotonda tridimensionale che riflette una radura di foresta, raffigurata nel dipinto installato accanto ad essa. Dalla palude fuoriescono innumerevoli bastoncini/aghi sottili che suggeriscono l’idea di un mondo e di eventi subacquei. Le grandi aste sparse intorno alla palude sono forse aghi d’albero ingranditi, parti di radice, oppure lance a guardia della soglia, il subliminale, ma nel contempo giocano con l’impressione di un disegno tridimensionale di linee nello spazio.
Simili a strati di scavo, le fonti multiple dei disegni e dei dipinti di Sasportas si sovrappongono in un processo di ibridazione. I disegni ispirati alla memoria che l’artista ha della propria esperienza diretta della natura si mescolano con disegni realizzati intuitivamente, sulla base di un ricordo o di un altro disegno di natura morta eseguito in studio, e con altri disegni ancora tracciati con la mediazione tecnologica di fotografie scattate dall’artista e proiettate su schermo. Sasportas definisce la propria memoria “archivio dell’inconscio”, che si autoduplica rifrangendo e riflettendo immagini e scenari, volgendosi all’interno e all’esterno: un mondo interiore in cui i sogni e la realtà si mescolano e si fondono. L’installazione di Sasportas è una sintesi di molte identità duplici e significati dicotomici: est e ovest, natura (foresta) e cultura (architettura), razionale e spirituale. Incarna le tensioni tra la formale struttura scultorea modernista e le strutture pittoriche ed emotive, tra la retorica della disciplina intellettuale e il contenuto narrativo. Le composizioni, tecnicamente chiare, di forme rettangolari si contrappongono ai disegni e ai dipinti ma, allo stesso tempo, si fondono con essi – esito, questo, di un lungo processo di virtuosismo artigianale e fonte di un’esperienza spirituale e rivelatrice – per formare un’unità singola, attestando la totalità e l’eterogeneità postmoderna dell’approccio di Sasportas.
07
giugno 2007
52 Biennale. Padiglione israeliano
Dal 07 giugno al 21 novembre 2007
arte contemporanea
Location
GIARDINI CASTELLO – PADIGLIONE ISRAELIANO
Venezia, Fondamenta dell'Arsenale, (Venezia)
Venezia, Fondamenta dell'Arsenale, (Venezia)
Orario di apertura
tutti i giorni 10-18. Lunedì chiuso
Vernissage
7 Giugno 2007, ore 13
Autore
Curatore