16 ottobre 2012

Kunsthaus. A Torino

 
Un vecchio birrificio che diventa palcoscenico, galleria d'arte, spazio per rappresentazioni e, perché no, si conquista l'appeal di archeologia industriale rivalutata. Accade a Torino, con l'ex Birrificio Metzger rimesso a nuovo. Opening con una mostra di pittura e un futuro che guarda già avanti. Sostenuto da una città che di contemporaneo se ne intende. E che d'ora in poi avrà una nuova Kunsthaus

di

Vi avevamo raccontato, tempo fa, della nascita di un nuovo spazio a Torino, nelle vicinanze di Corso Regina Margherita, zona Francia, a nord della città. In realtà lo spazio era un work in progress dove erano stati chiamati alcuni artisti – con il progetto “Transition Zone” – a operare site specific per riconquistare, anche idealmente, l’ambiente.
Stiamo parlando dell’ex Birrificio Metzger di via Pierluigi Pinelli, edificio nato nel 1862, all’alba dell’unità d’Italia, diventato prima una ghiacciaia e laboratorio nel 1888, e successivamente ampliato dall’architetto Pietro Fenoglio nei primi anni del Novecento, secondo i canoni del Liberty più in voga in Italia. Dagli anni Settanta viene preso in gestione dalla casa produttrice Dreher e poi abbandonato. Oggi, grazie all’intervento del Comune di Torino e di un’associazione no-profit lo spazio dell’ex Birrificio torna a vivere, come una kunsthaus. E per cominciare apre le sue porte con una mostra di ricognizione, su quella che è stata la pittura italiana tra gli anni ’80 e ’90. Abbiamo intervistato Alessandro Novazio, direttore artistico del nuovo Centro di Cultura Contemporanea torinese, e abbiamo raccolto le dichiarazioni di Edoardo Di Mauro, curatore della seconda esposizione “Un’altra storia”.
Iniziamo dal principio: come è nata la nuova identità del vecchio Birrificio, quali sono stati gli avvenimenti che hanno portato a questa sua nuova vita?
Alessandro Novazio: «Semplicemente come tutte le cose che vengono bene. Da circa due anni eravamo alla ricerca di uno spazio adatto che potesse ospitare i nostri progetti uno sull’arte contemporanea e il secondo di alta formazione coreutica. Nel luglio 2012, passeggiando per la circoscrizione tre in via Pinelli a poche centinaio di metri da dove sono nato, sono stato attirato dal vecchio edificio con la grande ciminiera di mattoni rossi che mi aveva affascinato fin da piccolo. Sono entrato, ho visto l’architettura della grande sala al primo piano e ho capito che quella sarebbe stata la nostra nuova sede».

Una mostra di pittura negli spazi di un ex birrificio. Una sfida impegnativa. Quali sono state le difficoltà? Non c’è stato il rischio che lo spazio si “mangiasse” le opere?
Edoardo Di Mauro: «A dire il vero la pittura gioca un ruolo importante, dato il periodo preso in esame, ma un lato spettacolare della mostra è costituito dalle installazioni della grande sala che è certamente una delle attrazioni principali del CCC-T. Lo spazio classico a parete non è particolarmente esteso, in relazione alle dimensioni del contenitore, e nel salone centrale queste sono curve, per cui sarà possibile ammirare il lavoro di pittori quali Galliani, che interagiscono in maniera originale con l’ambiente, al di fuori dei canoni consueti. Non bisogna poi dimenticare come quel decennio non fu soltanto pittura, basti pensare ai Nuovi Futuristi, oggi in piena rivalutazione».

“Un’altra storia 2” mette in scena, in particolare, quelle che sono state alcune correnti italiane nate tra gli anni ’80 e ’90, tra cui quella denominata “Nuovi-nuovi”. Una storia che forse è stata, anche negli anni successivi, offuscata dalla Transavanguardia. C’è bisogno di una rivalutazione?
EDM: «La tesi complessiva che sviluppo, portata avanti già con la prima edizione de “Un’Altra Storia”, allestita nel 2011 a Como, Milano e Torino, dove prendevo in esame un periodo più ampio, dalla seconda metà degli anni ’80 ai giorni nostri, è che dopo la Transavanguardia, l’intero sistema italiano si è bloccato, da un lato per preservare i valori di quel movimento e dell’Arte Povera, dall’altro per lo scarso coraggio dimostrato dalle gallerie e da buona parte della critica nel proporre e sostenere concrete alternative. Questo ovviamente non significa, come fa a torto qualcuno, sminuire il valore indubbio di Arte Povera e Transavanguardia, ma sottolineare l’assoluta necessità di un ricambio generazionale che non è avvenuto. Le decine di nomi che un certo sistema ha proposto ad ondate, dai primi anni Novanta ad oggi, ha determinato la quasi totale assenza dell’ultima generazione italiana dalle grandi rassegne internazionali. I Nuovi Nuovi, che si sono avvalsi del supporto teorico di Renato Barilli, hanno sofferto, nei primi anni Ottanta, il miglior coordinamento e la maggiore sintesi offerta dalla Transavanguardia. Ma adesso è giunta per alcuni l’ora di una giusta rilettura. In mostra propongo opere di Bruno Benuzzi, Giorgio Zucchini e Wal».

Da chi e come sarà gestito lo spazio? Mi riferisco anche a finanziamenti, partnership con enti pubblici o privati. C’è già una programmazione a medio-lungo termine delle attività?
AN: «Lo spazio sarà gestito da un’associazione culturale no profit. La nostra filosofia non è quella di chiedere finanziamenti alla pubblica amministrazione, ma promuovere sinergie e in questo è stretta la collaborazione  con la Circoscrizione 3 presieduta da Claudio Cerrato e il comune di Torino. Stiamo anche cercando sponsor tra le istituzioni e privati, ma molte delle nostre attività nascono con la passione e l’autofinanziamento dei soci. Per quanto riguarda la programmazione abbiamo alcuni progetti stabili: per l’arte contemporanea la TAC (Turin Art Commission), che seleziona artisti non piemontesi e li aiuta a realizzare progetti in Piemonte, e la TACH (Turin Art City Hall), uno sportello evoluto che aiuta gli appassionati d’arte provenienti da fuori a entrare in contatto con la realtà artistica piemontese. Per quanto riguarda la danza ExelDance Project collabora da tempo con la Bolshoi Ballet Academy di Mosca con cui sviluppiamo corsi di formazione post universitaria per insegnanti e stage di preparazione professionale per danzatori».

A proposito di “un’altra storia”, viene in mente che anche mettere in piedi un centro culturale in una ex fabbrica dismessa è sì una storia “comune”, ma che mantiene sempre un lato di stupore, come se la rinascita di queste cattedrali industriali segnassero l’evoluzione della storia, non solo della cultura ma anche del costume, giusto?
EDM: «Certamente è così. L’Ex Birrificio Metzger è un luogo della memoria che è stato importante ridestare a nuova vita. Il sito è collocato a cavallo tra la zona del Liberty torinese, soprattutto via Cibrario e corso Francia, ed il singolare Borgo Vecchio del quartiere Campidoglio, storico insediamento operaio sviluppatosi tra il 1853 ed il 1919 e mantenutosi ad oggi pressoché inalterato, dove è insediato il Museo d’Arte Urbana. Il rammarico è che nessuno dei vari contenitori dismessi di cui disponeva Torino è stato recuperato per l’arte contemporanea, si sono perse molte occasioni».

Torino è una città già ricca di contemporaneo; come si porrà l’ex birrificio nel tessuto cittadino? Un ambiente meno “istituzionale” e più legato alla sperimentazione, uno spazio di respiro più europeo?
AN: «Sì, siamo un CCC un Centro di Cultura Contemporanea come il CCC di Barcellona o il Garage CCC di Mosca ecc. Il modello anche se riveduto e corretto è quello delle kunsthaus. Una casa per le arti, tutte le arti e tutto quello che è riconducibile al concetto di cultura contemporanea: design, moda, danza. Abbiamo spazi poli funzionali dove organizzare mostre, un teatro da più di 200 posti dove fare concerti, performance, teatro oltre che la danza naturalmente.  Una residenza che può ospitare fino a 15 artisti. Ad esempio da pochi giorni abbiamo riaperto la call di Permanente Dinamica, una rassegna per dare visibilità ai giovani artisti e che ha solo vernissage: gli artisti che decidono di partecipare posso lasciare le loro opere esposte a tempo indeterminato, da qui il fatto di essere “Permanente”, mentre la dinamicità è garantita dal fatto che ogni 15/20 giorni nuovi artisti si aggiungono ai precedenti dando vita a una grande installazione collettiva».

1 commento

  1. Ringraziando Exibart e Matteo Bergamini per l’articolo mi sento in dovere di citare tutti gli artisti che mi hanno accompagnato in questo evento, impossibile senza il loro entusiasmo e la loro disponibilità. Si tratta di Gianantonio Abate, Salvatore Anelli,Guglielmo Aschieri, Salvatore Astore, Bruno Benuzzi, Enzo Bersezio, Corrado Bonomi, Dario Brevi, Carmine Calvanese, Francesco Correggia, Ferruccio D’Angelo, Aldo Damioli, Domenico David, Filippo di Sambuy, Raffaello Ferrazzi, Franco Flaccavento, Omar Galliani, Riccardo Ghirardini, Gaetano Grillo, Ale Guzzetti, Ernesto Jannini, Marco Lavagetto, Mario Marucci, Andrea Massaioli, Iler Melioli, Vinicio Momoli, Giordano Montorsi, Pietro Mussini, Luciano Palmieri, Plumcake, Sergio Ragalzi, Marco Nereo Rotelli, Gianfranco Sergio, Eraldo Taliano, Nello Teodori, Vittorio Valente, Giorgio Zucchini, Wal

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui