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All’ombra della luce
otto artisti
Comunicato stampa
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ALL'OMBRA DELLA LUCE, DI EMILIANO CANALI
Il mondo viene creato dal nulla, dall' oscurità del Non-Essere: ciò è descritto e valorizzato dalle Religioni.
Dall'oscurità del "non-possibile" nasce, in primis, La Luce, il Bianco, diventando inevitabilmente "nemica" del Nulla, delle Tenebre, del Nero.
E' utile però sottolineare il fatto che, affinché le due realtà esistano, è indispensabile la presenza di entrambe, "dell'altro diverso da me". Senza i dovuti opposti non ci sarebbe dialettica, continuità atta a far conoscere la Bellezza dell'Essere e del Divenire, ma solo il dominio e la "tirannia" di una delle due entità.
Tale dialettica è ben presente nelle tradizioni religiose. Nel mondo ebraico, ad esempio, Jahvè crea la luce dalle tenebre, dunque non possiamo considerarle negative in quanto primordiale "dimora" di Dio.
La creazione della luce consente all'uomo di evolvere e di diventare sempre più sapiente.
Ma la luce, se eccessiva, può anche accecare: essa favorisce la contemplazione ma non può essere compresa del tutto poichè la dimensione umana è incapace di sostenere la vista della "totale pienezza". Necessariamente, la luce può condurre l'uomo alla cecità e quindi alle tenebre.
Il Dualismo tra il Bianco/Luce ed il Nero/Tenebra rappresenta un eterno conflitto, quello degli opposti assoluti, il Bene ed il Male; ma, nonostante il loro antagonismo, essi sono entrambi indispensabili per il completamento dell'"essere". Infatti, secondo la religione cinese, essi sono parti uniche dell'armonia cosmica (Yin e Yang).
Per quanto concerne, invece, la cultura giudaico cristiana, essi sono entità conflittuali, dove il Bianco è lo Spirito mentre il Nero è la Carne (nella accezione di peccato e corruzione), perennemente in guerra tra loro, dove il premio o la disfatta sono la Salvezza o la Condanna eterna.
Eppure lo Spirito e la Carne sono parti di un Tutto, l' Uomo.
Egli è invitato a salvare non solo lo spirito ma anche la carne che è realtà chiamata alla resurrezione.
Come risolvere tale infinito dualismo? A questa domanda cerca di rispondere il fare artistico, con la sua capacità di evidenziare altre "Strade" che possano condurre l'individuo a una piena comprensione del dilemma; le vie sono molte, ad ognuno spetta la libertà di scegliere quella più gradita, ma, certamente, esse non conducono verso la banalità dell'esistenza ma verso una più completa analisi dell'Enigma.
Gli otto artisti in mostra (Fabrizio Berardi, Daniele Camaioni, Gaetano Carboni, Francesca Di Eleonora, Marisa Marconi, Gabi Minedi, Massimiliano Orlandoni e Fabio Zazzetti) riproducono, attraverso la propria sensibilità e filosofia, tali concetti, a partire da fattori positivi, concreti, fino a evidenziare un'altra dimensione dove l'Oscuro è preponderante, sempre pronti a dialogare con la "miseria" del vivere. Fabrizio Berardi opera un procedimento creativo simile al grande maestro dello Spazialismo, Lucio Fontana. Mentre l'artista di Rosario di Santa Fè, con apparente gesto violento ledeva il quadro, provocandoli un taglio capace di far interagire lo spazio esistente con quello "ristretto" della tela, Berardi, grazie all'uso di più strati di cellofan, crea uno spazio nuovo, non presente nel contingente, abitato da figure fantasmagoriche ma anche da elementi astratti, simboli arcaici, cellule embrionali di un essere passato, che abitano il micro-mondo creato dall'artista nel quale ansima la primitiva appartenenza alla vita. Creare, questo è il grande sogno dell'uomo, ma se non si può realizzare in pieno si deve, comunque, provare.
Da qui parte la ricerca di Daniele Camaioni che concepisce l'arte come strumento per migliorare il processo creativo. L'artista, per mezzo della fotografia digitale e la scelta di soggetti del nostro quotidiano, crea una serie di mondi alternativi al nostro, dove, noi, comuni osservatori, siamo invitati a "camminare" nelle fantasiose nuove costruzioni "architettoniche" del moderno dio (Camaioni), il quale, però, non ha voluto privarci dell'ignoto-oscuro che si evince dalla sensazione d' instabilità dei suoi "monumenti": è proprio la percezione del pericolo di una inevitabile rovina la vera protagonista dei suoi lavori, l'atroce verità della precarietà dell'essere.
Siamo, allora, abbandonati a noi stessi? Non è il caso di essere pessimisti!
Nella nostra condizione molti hanno illuminato la strada, pagando,a volte, un caro prezzo, ".dall'alto ci verrà l'aiuto." dicono i salmisti, dal cielo, dalle "chiare menti", la notte oscura verrà spazzata via e, di tutto questo, ne è certo Gaetano Carboni, che con la sua raffinata pittura raffigura l'azione silente di enigmatici personaggi, da lui chiamati Profeti, i quali, con grazia e senza violenza, svelano i misteri del vivere. Sintomatico il fatto che, spesso, portano in mano una lanterna, simbolo, appunto, della luce che non acceca ma illumina le menti. Come antichi Dei vivono nella Perfezione, non sono santi, sono "illuminati" che hanno la facoltà di aprire il cielo, di farci intraprendere un percorso di saggezza. In Carboni tutto è grazia e armonia, a partire dalla certosina tecnica pittorica fino alla scelta compositiva del quadro.
Spesso, però, l'uomo è incapace di ascoltare il Cielo, preferisce rimanere ancorato alle sue paure, perché certe, piuttosto che abbandonarsi all'ignoto.
Delle nostre insicurezze vive la pittura di Francesca Di Eleonora, i cui personaggi, prevalentemente femminili, sono esseri incompleti, incapaci di dare la vita, quasi soffocati da bianche lenzuola impalpabili. In questo caso la predominanza del bianco, come affermava Jung, è sinonimo di sterilità. Le donne di Francesca, non potendo (o volendo?) dar vita, pervertono il loro cuore e corpo, diventando figure che ammaliano e uccidono; schiave delle loro pulsioni hanno corpo e mente legati da corde (qui è chiaro il riferimento a un "gioco" sadomasochista chiamato bondage), che simili a serpenti, stritolano quel poco di umano ancora presente.
Molti sono gli artisti che, in tempi passati, hanno cercato di raffigurare lo Spirito, penso a Oskar Kokoschka, il quale è riuscito nei suoi celebri quadri ad evidenziare l'aura del soggetto rappresentato, ma l'artista espressionista ha avuto necessità del tangibile (personaggi, paesaggi...), mentre Marisa Marconi con i suoi "giochi" di luce raffigura vere emanazioni di essenze spirituali; esse si "scontrano" con l'inevitabile oscurità del Nulla. La sua pittura è la rappresentazione simbolica di un eterno travaglio, del desiderio di "venire alla luce" che dovrebbe caratterizzare ogni singola individualità. Il lembo oscuro, come pesante feltro, cela una diversa identità, la quale fa intravedere il suo esserci, si divincola, vive dentro il buio pur non essendo parte di esso, interpella l'osservatore perché ha la libertà di farla vivere o morire.
Sempre del conflitto tra Bene e Male vive anche la pittura di Gabi Minedi, ma il dualismo tra le diverse possibilità è più evidente perché raffigura soggetti distinti; con abile ironia ridicolizza i nostri mostri nascosti. I suoi personaggi, moderni dottor Jekyll, sono buffi individui, coperti da copricapo ridicolo, all'apparenza innocui. Ma gli occhi, fissi su di noi, turbano e l'apparente innocenza è simile all'odore della pianta carnivora, attrae per uccidere. La pittura di Gabi Minedi vive di audaci contraddizioni: mentre da una parte il suo stile è ricco di colore, di vivacità gestuale, dall'altra parte, l'insieme realizzato è simile al suono soffocato di una vecchia tromba, emblema di un infinito male di vivere.
Come affrontare la nostra atavica incapacità di "volare"? come reagire alle nostre basse pulsioni? Dobbiamo imparare ad ascoltare le distinte voci che, in tutti i tempi, hanno interpellato la ferita umanità. Ecco che la Parola, edificante, rassicurante, saggia, può aiutarci ad intravedere altre strade, ma se essa non fosse più riconoscibile? Se avessimo perso la capacità di ascoltare il Mistero?
Questi sono i quesiti che Massimiliano Orlandoni vuole rappresentare. Le sue "pagine di taccuino arcaico" hanno impresso un codice linguistico oscuro, non appartenente al nostro idioma. Cosa ci vogliono dire? Quasi impossibili da decifrare, quelle pagine con la loro presenza ci incuriosiscono, invitano l'osservatore ad interrogarsi ma, consapevoli che la saggezza non basta, come la luce, essa viene riflessa dal supporto metallico. Inutile è lo sforzo.
Lasciati in balia di noi stessi unica certezza diventa la nostra umanità, difesa ed esaltata allo stremo, divinizzata al punto da non concederle nessuna forma di decadenza esteriore, sempre perfetta altrimenti inutile. Ma è veramente così?
Fabio Zazzetti è certo del contrario. Nella sua pittura, composta da rarefatte tonalità di inchiostri e vernici fosforescenti su PVC trasparente, si evince la nascosta putrefazione dell'anima. Le sue donne non ci invogliano con lo sguardo, non ci considerano e per questo ci stregano ancora di più; ma è con l'oscurità (nella notte, come in antiche fiabe, i mostri escono in cerca di vittime, il buio svela quello che normalmente il giorno e la sua luce tende a camuffare) che le intenzioni funeste si rivelano, il corpo si copre di putride piaghe, fosforescenze irreali: l'insieme ci parla di malattia e morte. A volte il soggetto rappresentato viene addirittura smembrato in varie sezioni, come a dirci che il rischio è di cadere in una confusione esistenziale, quasi schizofrenica, dove l'identità diventa la sola autentica vittima.
L'arte ha il potere di stravolgere le nostre certezze, proponendo comprensione non solo del bello e del buono ma anche del cattivo, dato che sua principale missione è quella di smascherare il nascosto,
l'inespresso e l'ermetico.
Il mondo viene creato dal nulla, dall' oscurità del Non-Essere: ciò è descritto e valorizzato dalle Religioni.
Dall'oscurità del "non-possibile" nasce, in primis, La Luce, il Bianco, diventando inevitabilmente "nemica" del Nulla, delle Tenebre, del Nero.
E' utile però sottolineare il fatto che, affinché le due realtà esistano, è indispensabile la presenza di entrambe, "dell'altro diverso da me". Senza i dovuti opposti non ci sarebbe dialettica, continuità atta a far conoscere la Bellezza dell'Essere e del Divenire, ma solo il dominio e la "tirannia" di una delle due entità.
Tale dialettica è ben presente nelle tradizioni religiose. Nel mondo ebraico, ad esempio, Jahvè crea la luce dalle tenebre, dunque non possiamo considerarle negative in quanto primordiale "dimora" di Dio.
La creazione della luce consente all'uomo di evolvere e di diventare sempre più sapiente.
Ma la luce, se eccessiva, può anche accecare: essa favorisce la contemplazione ma non può essere compresa del tutto poichè la dimensione umana è incapace di sostenere la vista della "totale pienezza". Necessariamente, la luce può condurre l'uomo alla cecità e quindi alle tenebre.
Il Dualismo tra il Bianco/Luce ed il Nero/Tenebra rappresenta un eterno conflitto, quello degli opposti assoluti, il Bene ed il Male; ma, nonostante il loro antagonismo, essi sono entrambi indispensabili per il completamento dell'"essere". Infatti, secondo la religione cinese, essi sono parti uniche dell'armonia cosmica (Yin e Yang).
Per quanto concerne, invece, la cultura giudaico cristiana, essi sono entità conflittuali, dove il Bianco è lo Spirito mentre il Nero è la Carne (nella accezione di peccato e corruzione), perennemente in guerra tra loro, dove il premio o la disfatta sono la Salvezza o la Condanna eterna.
Eppure lo Spirito e la Carne sono parti di un Tutto, l' Uomo.
Egli è invitato a salvare non solo lo spirito ma anche la carne che è realtà chiamata alla resurrezione.
Come risolvere tale infinito dualismo? A questa domanda cerca di rispondere il fare artistico, con la sua capacità di evidenziare altre "Strade" che possano condurre l'individuo a una piena comprensione del dilemma; le vie sono molte, ad ognuno spetta la libertà di scegliere quella più gradita, ma, certamente, esse non conducono verso la banalità dell'esistenza ma verso una più completa analisi dell'Enigma.
Gli otto artisti in mostra (Fabrizio Berardi, Daniele Camaioni, Gaetano Carboni, Francesca Di Eleonora, Marisa Marconi, Gabi Minedi, Massimiliano Orlandoni e Fabio Zazzetti) riproducono, attraverso la propria sensibilità e filosofia, tali concetti, a partire da fattori positivi, concreti, fino a evidenziare un'altra dimensione dove l'Oscuro è preponderante, sempre pronti a dialogare con la "miseria" del vivere. Fabrizio Berardi opera un procedimento creativo simile al grande maestro dello Spazialismo, Lucio Fontana. Mentre l'artista di Rosario di Santa Fè, con apparente gesto violento ledeva il quadro, provocandoli un taglio capace di far interagire lo spazio esistente con quello "ristretto" della tela, Berardi, grazie all'uso di più strati di cellofan, crea uno spazio nuovo, non presente nel contingente, abitato da figure fantasmagoriche ma anche da elementi astratti, simboli arcaici, cellule embrionali di un essere passato, che abitano il micro-mondo creato dall'artista nel quale ansima la primitiva appartenenza alla vita. Creare, questo è il grande sogno dell'uomo, ma se non si può realizzare in pieno si deve, comunque, provare.
Da qui parte la ricerca di Daniele Camaioni che concepisce l'arte come strumento per migliorare il processo creativo. L'artista, per mezzo della fotografia digitale e la scelta di soggetti del nostro quotidiano, crea una serie di mondi alternativi al nostro, dove, noi, comuni osservatori, siamo invitati a "camminare" nelle fantasiose nuove costruzioni "architettoniche" del moderno dio (Camaioni), il quale, però, non ha voluto privarci dell'ignoto-oscuro che si evince dalla sensazione d' instabilità dei suoi "monumenti": è proprio la percezione del pericolo di una inevitabile rovina la vera protagonista dei suoi lavori, l'atroce verità della precarietà dell'essere.
Siamo, allora, abbandonati a noi stessi? Non è il caso di essere pessimisti!
Nella nostra condizione molti hanno illuminato la strada, pagando,a volte, un caro prezzo, ".dall'alto ci verrà l'aiuto." dicono i salmisti, dal cielo, dalle "chiare menti", la notte oscura verrà spazzata via e, di tutto questo, ne è certo Gaetano Carboni, che con la sua raffinata pittura raffigura l'azione silente di enigmatici personaggi, da lui chiamati Profeti, i quali, con grazia e senza violenza, svelano i misteri del vivere. Sintomatico il fatto che, spesso, portano in mano una lanterna, simbolo, appunto, della luce che non acceca ma illumina le menti. Come antichi Dei vivono nella Perfezione, non sono santi, sono "illuminati" che hanno la facoltà di aprire il cielo, di farci intraprendere un percorso di saggezza. In Carboni tutto è grazia e armonia, a partire dalla certosina tecnica pittorica fino alla scelta compositiva del quadro.
Spesso, però, l'uomo è incapace di ascoltare il Cielo, preferisce rimanere ancorato alle sue paure, perché certe, piuttosto che abbandonarsi all'ignoto.
Delle nostre insicurezze vive la pittura di Francesca Di Eleonora, i cui personaggi, prevalentemente femminili, sono esseri incompleti, incapaci di dare la vita, quasi soffocati da bianche lenzuola impalpabili. In questo caso la predominanza del bianco, come affermava Jung, è sinonimo di sterilità. Le donne di Francesca, non potendo (o volendo?) dar vita, pervertono il loro cuore e corpo, diventando figure che ammaliano e uccidono; schiave delle loro pulsioni hanno corpo e mente legati da corde (qui è chiaro il riferimento a un "gioco" sadomasochista chiamato bondage), che simili a serpenti, stritolano quel poco di umano ancora presente.
Molti sono gli artisti che, in tempi passati, hanno cercato di raffigurare lo Spirito, penso a Oskar Kokoschka, il quale è riuscito nei suoi celebri quadri ad evidenziare l'aura del soggetto rappresentato, ma l'artista espressionista ha avuto necessità del tangibile (personaggi, paesaggi...), mentre Marisa Marconi con i suoi "giochi" di luce raffigura vere emanazioni di essenze spirituali; esse si "scontrano" con l'inevitabile oscurità del Nulla. La sua pittura è la rappresentazione simbolica di un eterno travaglio, del desiderio di "venire alla luce" che dovrebbe caratterizzare ogni singola individualità. Il lembo oscuro, come pesante feltro, cela una diversa identità, la quale fa intravedere il suo esserci, si divincola, vive dentro il buio pur non essendo parte di esso, interpella l'osservatore perché ha la libertà di farla vivere o morire.
Sempre del conflitto tra Bene e Male vive anche la pittura di Gabi Minedi, ma il dualismo tra le diverse possibilità è più evidente perché raffigura soggetti distinti; con abile ironia ridicolizza i nostri mostri nascosti. I suoi personaggi, moderni dottor Jekyll, sono buffi individui, coperti da copricapo ridicolo, all'apparenza innocui. Ma gli occhi, fissi su di noi, turbano e l'apparente innocenza è simile all'odore della pianta carnivora, attrae per uccidere. La pittura di Gabi Minedi vive di audaci contraddizioni: mentre da una parte il suo stile è ricco di colore, di vivacità gestuale, dall'altra parte, l'insieme realizzato è simile al suono soffocato di una vecchia tromba, emblema di un infinito male di vivere.
Come affrontare la nostra atavica incapacità di "volare"? come reagire alle nostre basse pulsioni? Dobbiamo imparare ad ascoltare le distinte voci che, in tutti i tempi, hanno interpellato la ferita umanità. Ecco che la Parola, edificante, rassicurante, saggia, può aiutarci ad intravedere altre strade, ma se essa non fosse più riconoscibile? Se avessimo perso la capacità di ascoltare il Mistero?
Questi sono i quesiti che Massimiliano Orlandoni vuole rappresentare. Le sue "pagine di taccuino arcaico" hanno impresso un codice linguistico oscuro, non appartenente al nostro idioma. Cosa ci vogliono dire? Quasi impossibili da decifrare, quelle pagine con la loro presenza ci incuriosiscono, invitano l'osservatore ad interrogarsi ma, consapevoli che la saggezza non basta, come la luce, essa viene riflessa dal supporto metallico. Inutile è lo sforzo.
Lasciati in balia di noi stessi unica certezza diventa la nostra umanità, difesa ed esaltata allo stremo, divinizzata al punto da non concederle nessuna forma di decadenza esteriore, sempre perfetta altrimenti inutile. Ma è veramente così?
Fabio Zazzetti è certo del contrario. Nella sua pittura, composta da rarefatte tonalità di inchiostri e vernici fosforescenti su PVC trasparente, si evince la nascosta putrefazione dell'anima. Le sue donne non ci invogliano con lo sguardo, non ci considerano e per questo ci stregano ancora di più; ma è con l'oscurità (nella notte, come in antiche fiabe, i mostri escono in cerca di vittime, il buio svela quello che normalmente il giorno e la sua luce tende a camuffare) che le intenzioni funeste si rivelano, il corpo si copre di putride piaghe, fosforescenze irreali: l'insieme ci parla di malattia e morte. A volte il soggetto rappresentato viene addirittura smembrato in varie sezioni, come a dirci che il rischio è di cadere in una confusione esistenziale, quasi schizofrenica, dove l'identità diventa la sola autentica vittima.
L'arte ha il potere di stravolgere le nostre certezze, proponendo comprensione non solo del bello e del buono ma anche del cattivo, dato che sua principale missione è quella di smascherare il nascosto,
l'inespresso e l'ermetico.
20
aprile 2007
All’ombra della luce
Dal 20 aprile al 15 maggio 2007
arte contemporanea
Location
AMBASCIATA DELLA REPUBBLICA SLOVACCA
Roma, Via Dei Colli Della Farnesina, (Roma)
Roma, Via Dei Colli Della Farnesina, (Roma)
Orario di apertura
su appuntamento
Vernissage
20 Aprile 2007, ore 20
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Curatore