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Andrea Mazzucato / Enrico Fanton – Acqua terra fuoco aria
Due percorsi artistici differenti, con stili e tecniche distinte accomunati da una ricerca autentica e consapevole che li porta a un livello espressivo di alto profilo stilistico
Comunicato stampa
Segnala l'evento
UN’ESPERIENZA DIDATTICO-LABORATORIALE ED ESPOSITIVA CHE CONTINUA.
Il percorso di quest’anno: ACQUA, TERRA, FUOCO, ARIA - Andrea Mazzucato, Enrico Fanton.
di Miriam Gagnor
Ci risiamo. Eccoci nuovamente a proporvi il nostro appuntamento annuale, caratterizzato da:
l’incontro fra l’arte contemporanea e i bambini, attraverso attività ed esperienze che li vedano non solo fruitori ma anche protagonisti dell’esperienza creativa dell’arte;
la proposta di artisti da far conoscere, oltre che al nostro pubblico infantile, anche ad un pubblico più vasto, tramite l’attività espositiva e critica.
L’anno scorso sia l’attività espositiva che quella didattico-laboratoriale vertevano su di un protagonista della storia internazionale dell’arte contemporanea, Mario Schifano. I risultati sono stati brillanti, sia per la qualità della mostra Mario Schifano. Tracce di arte contemporanea, che ha permesso ad un pubblico non solo locale di entrare in vivo contatto con opere significative e spesso poco conosciute dell’artista romano, sia per il livello delle opere prodotte dai bambini e dai ragazzi, esposte nella mostra ALtitudine al guardare, ispirate alle tecniche e alle suggestioni di una loro nuova interessante conoscenza: Mario, il loro amico Mario... Schifano.
Il progetto dello scorso anno ha dunque svolto una fertile funzione rompighiaccio. Essendo la prima esperienza del genere, l’attività si è svolta in particolare con 4 classi di una Scuola elementare di Marcon Centro e con il gruppo di ragazzi diversamente abili Gabbianella. Il
riscontro è stato tale che quest’anno la richiesta di poter godere di un progetto attivo sull’arte contemporanea è partita dalle scuole stesse e con numeri addirittura quintuplicati. I conti sono presto fatti e ci riempiono di soddisfazione: quest’anno il progetto ha coinvolto 15 classi, dalla scuola dell’infanzia alla primaria (dai 4 ai 10 anni) di tutto il territorio comunale, nonchè il gruppo Gabbianella.
Tutto ciò a conferma di quanto, nel settore culturale, sia essenziale la continuità ... non iniziative isolate ed episodiche, ma percorsi mirati, ispirati a una strategia complessiva, che possa continuare nel tempo e divenire punto di riferimento permanente.
La metodologia e le scelte di fondo che abbiamo seguito nel progetto di quest’anno si caratterizzano per la continuità con gli elementi che più hanno fatto successo l’anno scorso, rispondendo ad una domanda autentica che esiste tra la popolazione scolastica, gli insegnanti e le famiglie: l’approccio attivo all’arte, la conoscenza attraverso il fare e il divertimento, l’approfondire incontrando gli artisti e le loro opere dal vero.
Vi è però anche un elemento di novità: lo scorso anno proponevamo un pezzo di storia dell’arte italiana e non solo, quest’anno proponiamo la freschezza di due giovani artisti emergenti veneti - Andrea Mazzucato ed Enrico Fanton - caratterizzati da una piena e convinta pratica del piacere della pittura. Due percorsi artistici assolutamente differenti, due formazioni diverse, con stili e tecniche molto distinti ma accomunati da una ricerca autentica, urgente, pressante e consapevole che li porta a un livello espressivo di alto profilo stilistico.
ANDREA MAZZUCATO
La caratteristica saliente di questo ventisettenne, che vive ad Este, è un uso peculiare, assolutamente notevole, elegante, personale, del collage. Un collage in cui il materiale fondante sono fotografie da lui stesso scattate, che costituiscono la base strutturale delle sue opere, su cui poi l’artista interviene, dopo un riflettuto processo di elaborazione di tipo diremmo strutturalistico, con la pittura ad olio. Una pittura, a quel punto, pienamente “pittorica”, libera nella sua matericità, nei suoi colori, nelle sue tecniche, che si esprime potentemente in modo autonomo, con sapienza tecnica e non solo per “calibrare” armoniosamente le fotografie col resto del quadro.
Così come in modo pieno è utilizzata la fotografia nelle sua specificità: mai banalmente frontale, mediofocale ma sempre in funzione pienamente espressiva, sfruttandola al massimo per la molteplicità di angolazioni, di ottiche, di prospettive, di ampiezze focali, persino di distorsioni grandangolari che può fornire. Una frantumazione in prospettive differenti, quasi una “polivisione”.
Uno sguardo assolutamente nitido, pulito, quello di Mazzucato, nonostante l’affastellarsi di piani diversi, di prospettive esasperate, di verticalità estreme nei suoi temi metropolitani.
Il suo, si potrebbe definire uno sguardo cartesiano. Uno strano paradosso, di primo acchitto. Ma poi ci si rende conto che paradossale non lo è per niente. E ciò grazie al dna costitutivo delle opere di Mazzucato: il comporre i soggetti - che sono sempre figurativi, riconoscibili - in una struttura data da rapporti architettonico-matematici che danno ai quadri di questo giovane artista quel loro particolare senso ritmico, una sorta di contemporanea musicalità. Curiosamente, Mazzucato è anche musicista, fa parte di un gruppo di musica alternativa dove suona la batteria.
Una disarmonica armonia, quella presente nei quadri di questo artista, che ci comunica un sottile senso di solitudine contemporanea, un universo denso di architetture, costruzioni, automobili, insegne pubblicitarie, scritte, logo, paesaggi in cui l’uomo però è il grande assente. Paesaggi innevati in cui una natura immutabile e orizzontale da campagna veneta, fissata sotto una coltre bianca, non può però esistere senza automobili o edifici industriali. Strade, paesaggi, grattacieli come sospesi nel tempo, in una enorme confusione metropolitana molto ben strutturata, progettata. Opere che esprimono stratificazioni di civiltà anche attraverso il livello percettivo dato dal continuum del quadro, realizzato anche a livello materico dalla stratificazione collage/pittura.
Tra gli interessi fondamentali di questo giovane pittore, fin dagli anni del liceo artistico, non a caso ha un posto preponderante l’architettura: “...Al liceo artistico decisi di prendere l’indirizzo architettonico, mi piaceva la pulizia, il bianco del foglio, la costruzione dello spazio, poter rappresentare una possibile surreale fantasia strutturale grazie ad infinite precise regole... Mi piacevano le forme algide, con struttura squadrata, ferme ed in splendido contrasto con l’ambiente circostante, semplici e funzionali, pulite...”
Anche la grafica nel suo percorso è evidentemente importante (nella sua formazione, c’è la Scuola internazionale di grafica di Venezia), che rappresenta anche il lavoro che gli dà il pane (in una nota azienda di abbigliamento), oltre a molte suggestioni creative e alla possibilità di viaggiare continuamente, di fare fotografie a universi lontani che poi ci ricomunica rielaborandole nei suoi quadri. Ma il suo è pienamente, dal punto di vista artistico, e non solo professionale, un interesse per la grafica DA PITTORE.
“.. La sera quando torno a casa, ancora sveglio creativamente, incollo. Faccio collage, creo situazioni fantastiche e surreali (...), non fotocopio non ingrandisco e soprattutto non uso il computer. Un lavoro di pazienza (...) mescolo fotografia, collage e colore ad olio. Rappresento metropoli come Tokyo, New York, Berlino, San Francisco, ecc, partendo da “composizioni manuali” di fotografie fatte da me stesso. Intersecando gusto architettonico e grafico, realizzo un’immagine surreale dove cerco di trasmettere la stessa sensazione che si ha quando si è lì. Sono quadri veloci, freschi, immediati, materici. (...) Comprendono un po’ il mio modo d’essere ed il mio bagaglio formativo, assemblo grafica e segno istintivo dei colori ad olio, all’architettura della fotografia sormontata, scomposta e ricomposta...”
Non v’è dubbio che uno dei suoi maggiori talenti è riuscire a comunicarci l’essenza di mondi lontani o di universi astratti, condensandone il nucleo, pur multiforme, in un unico sguardo “essenzializzato”, fatto però di tanti sguardi e di tanta pittura.
Le suggestioni che ci rimangono dopo la visione delle sue opere sono altrettanto complesse, con rimandi a una robusta cultura iconografica. Naturalmente, non possiamo non andare con la mente ai collage dadaisti, come ci ha suggerito il prof. Dierna in seguito ad una prima visione delle opere di Mazzucato, sia “... per il tipo di accumulazione degli oggetti, ma anche per il tema della città come aggregazione disordinata, basti pensare a collages precisi, come “Metropolis (1923) di Paul Citroen (case alte, grattacieli, stazioni ferroviarie in ferrovetro ... tutto però assemblato secondo linee verticali), che avrà anche un suo seguito nei costruttivisti polacchi (“Città moderna” (1928) di Kazimier Podsadeki: case svettanti, con aggiunta di treni e motociclette). Ma soprattutto la pubblicità che accompagnò l’uscita del film di Walter Ruttmann, “Berlino, sinfonia di una metropoli” (1927), con fotomontaggi di grattacieli sbilenchi (i costruttivisti amavano molto le costruzioni sulla diagonale) ...”. In effetti in tal senso non possiamo non pensare ai cortometraggi del periodo formalista del grande Joris Ivens (si pensi a “die Brücke “). Curiosa interessante rete tra fotografia e cinema...
Nel video destinato ai bambini - una sessione di lavoro in cui vediamo l’artista all’opera, che è stata utile durante i nostri laboratori con le scuole - ha realizzato l’opera Autunno, esplicitando la sua tecnica usuale di foto-collage-pittura a olio con spatola. Ha utilizzato, per il tema “Terra”, un soggetto per lui piuttosto inusuale: degli alberi autunnali, senza segni di tecnologia umana.
Dipinge nella sua casa da single, sul tavolone del soggiorno, spazio dove tiene anche un ordinatissimo archivio delle sue immagini fotografiche.
Mostre collettive
2006, Theleterial, Castelfranco Veneto, Galleria Art e Media
2006, Profilo d’Arte - Mostra d’arte contemporanea - Brescia, Palazzo Poncarali
2006, Profilo d’Arte - Mostra d’arte contemporanea - Reggio Emilia,
2006, Profilo d’Arte - Mostra d’arte contemporanea – Roma,
2006, Profilo d’Arte - Mostra d’arte contemporanea – Ferrara, Palazzo Nagliati
2006, Profilo d’Arte - Mostra d’arte contemporanea – Torino,
2006, Profilo d’Arte - Mostra d’arte contemporanea – Milano, Società del Giardino
ENRICO FANTON
Enrico Fanton, trentatreenne nato a Padova, residente a Mira, impiantista chimico, autodidatta, papà da un anno, si è incontrato con la pittura nei primi anni Novanta.
La produzione di questo giovane artista veneto è caratterizzata da un’accesa, assoluta sete di sperimentazione che lo porta a percorrere stili molto diversi tra di loro. Per le sue tele, predilige i grandi formati. Per quanto concerne i materiali, si è confrontato con colori ad olio, acrilici, gesso, polveri. Proprio a proposito di polveri, una delle sue linee di ricerca ha prediletto il loro utilizzo nelle tonalità calde dell’oro, del bronzo, del rame.
Riferimenti artistici e formativi? “... la pittura di Pollock, il gesto di Hartung, le opere di Basquiat, e i mosaici veneziani, sono stati in tempi diversi, rivelatori e necessari per arricchire il mio bagaglio pittorico...”
La sua pittura astratta è caratterizzata soprattutto da un percorso istintivo e gestuale. Nella sua multiforme produzione, si possono riscontrare comunque dei nuclei di ricerca su temi, materiali, tecniche, colori: l’astrattismo come scelta dominante fin dagli esordi, dripping su sfondi geometrici o su sfondi monocromi in cui la pennellata di Fanton campeggia con evidenza nella sua gestualità, così come il suo intervento gestuale è incisivo nelle serie in cui s’intersecano o corrono paralleleamente colori diversi stesi a rilievo oppure con delle sorte di graffiature realizzate con le dita, dall’emozionante impatto visivo.
Sovente questo artista si esprime con contaminazioni tra materiali pittorici e tecniche che normalmente non vengono usati insieme, ad esempio acrilico con olio, composizioni materiche stese con spatola, uso delle mani, e anche puntate nel figurativo, come nelle forme antropomorfe realizzate con le polveri dorate ed evidentemente ispirate ai mosaici veneziani, la cui caratteristica però è la predominanza delle linee curve. Oppure come nella più recente produzione, in cui linee soprattutto curve, dall’accentuata musicalità, campeggiano in fondi oscuri o estremamente colorati, con riferimenti alla musica anche nelle tematiche. Va detto che Enrico Fanton è anche musicista autodidatta, clarinettista e trombettista. Suona con la banda di Spinea.
La maggior parte delle opere di Enrico Fanton esposte nella nostra mostra, sono state pensate e realizzate appositamente, ispirandosi al tema dei quattro elementi : acqua, aria, terra e fuoco.
Così, accanto ad alcuni quadri significativi della sua passata produzione, vedremo una nuova serie caratterizzata dall’acrilico colato. I colori sono brillanti, suadenti, magnetici. Colori che comunicano una forte carica che potremmo definire energetica, la cui spettacolarità acchiappa l’osservatore e lo porta fin dentro alla texture dell’opera. Una percezione elementare, basica, immediata, totalmente pittorica, che si rifà anche all’immediatezza del gesto artistico di Fanton, alla sua fertile subitanea istintualità. Un’istintualità che, soprattutto negli ultimi tempi, rimane nella fase di realizzazione dell’opera ma che è sempre più “pensata”, frutto di una preparazione mentale a monte più elaborata e lasciata maturare.
Appositamente per i bambini e per il video a loro destinato ha creato un’opera in seguito alla suggestione datagli dagli spruzzi spray su di un sacco per la spazzatura messo a terra per riparare il pavimento durante il lavoro di coloritura di una cornice. Ha intelato infatti un grande sacco nero di plastica, e l’ha utilizzato come tela, lavorandovi sopra prima con vari spray in bomboletta, poi con dripping di acrilici e infine intervenendo con le mani.
Dipinge nel garage di casa, che è diventato il suo studio.
Mostre personali
Dal 1999 esposizione permanente, Monaco di Baviera, Cafè Lido
2005, Spinea (Ve), Bar-Caffè Sior Intento
2005, Spinea (Ve), Oratorio Villa Simion
Mostre collettive
2004, Gruppo Theleterial, Mira (Ve), Al Cerchio
2004, Gruppo Theleterial, Firenze, galleria Art Point Black
2005, Gruppo Theleterial, Piombino Dese, laboratorio Fabrika
2005, Gruppo Theleterial, Verona, Gallery Studio
2006, Gruppo Theleterial, Castelfranco Veneto, Galleria Art&Media
2007, Photo Art Music, Castelfranco Veneto, Galleria Art&Media
DIARIO DI UN’AVVENTURA CREATIVA: laboratori, incontri ed esperienze con i bambini e i ragazzi
di Elena Fido
Quest'anno abbiamo proposto due percorsi distinti: uno per le terze, le quarte e le quinte elementari e l'altro per le materne e il primo ciclo delle elementari.
Il primo incontro era uguale per tutti.
Si trattava di fare un disegno utilizzando dei fogli con formati particolari: rotondo, quadrato, lungo e stretto, triangolare, irregolare..., l'obiettivo era quello di stimolare la creatività dei bambini e di farli uscire dalla schiavitù dell' A4, un formato molto utilizzato nella scuola, soprattutto per motivi di comodità (è venduto in risme ad un prezzo conveniente e si può stampare o fotocopiare).
Come ci aspettavamo i ragazzi delle elementari sono stati quelli che hanno avuto più difficoltà e hanno dimostrato di essere già condizionati dall'uso di fogli sempre della stessa misura.
In molti casi hanno utilizzato il foglio ragionando come e fosse un A4, in generale hanno scelto fogli medio-grandi.
Un bambino in quinta ha disegnato un paesaggio “classico”: un prato con alberi e orizzonte, su di un foglio quadrato.
Quando ci siamo fermati a riflettere su come era andata l'esperienza mi ha detto “non ho fatto fatica a disegnare ma mi mancavano due pezzi del foglio, qui e qui” e intanto mimava la forma precisa di un'A4.
Quello del formato non è un problema da poco perchè come diceva Bruno Munari:
“Nei primi anni della sua vita, l'individuo si forma e resterà tale per tutta la sua vita. Dipende dagli educatori se questa persona sarà poi una persona creativa o se sarà un semplice ripetitore di codici. Dipende da questi primissimi anni, dall'esperienza e dalla memorizzazione dei dati, se l'individuo sarà libero o condizionato. Gli adulti dovrebbero rendersi conto di questa grandissima responsabilità dalla quale dipende il futuro della società umana.
(...)
L'individuo in età infantile non deve essere soffocato da imposizioni, costretto in schemi non suoi, spinto a copiare dei modelli. Uno dei modi più diffusi per annullare ogni possibile atto di creatività, sta nel far fare, a questi individui e a questa età, per esempio un disegno su tema, uguale per tutti, da realizzare con, strumenti uguali per tutti, pennarelli o colori a tempera.”
Bruno Munari, FANTASIA,1979
una volta superato il primo impatto, il cambio di forma ha aperto a possibilità inesplorate con risultati anche sorprendenti.
E poi un proliferare di pizze, bolle, paesaggi tondi con cieli a cupola e prati a semicerchio...
Quando anche nel secondo incontro, abbiamo proposto gli stessi formati i ragazzi si sono mossi subito con più disinvoltura, dimostrando di aver fatto tesoro dell'esperienza precedente.
C'è stato chi ha osservato cosa avevano fatto i compagni e ha provato a riproporlo e chi ha voluto sperimentare tutto.
Per i piccoli il gioco è risultato più semplice. I fogli sono stati considerati da subito nella loro forma: in prima elementare i maschietti si sono lanciati nella riproduzione degli scudetti del calcio (Milan e Inter), alla materna sono comparsi omini molto slanciati sui fogli lunghi e stretti considerati nel senso della altezza, tanti ritratti di mamme sui formati rotondi o quadrati, non sono mancati neppure giochi geometrici ispirati ai pittori contemporanei, proposti in precedenza dalle maestre (Mondrian).
I bambini si sono sentiti liberi di scegliere fogli grandissimi ma anche piccolissimi (alcuni quasi francobolli).
Al termine dell'incontro abbiamo fatto vedere ai bambini e ai ragazzi come grandi artisti contemporanei (da Picasso a Schifano) hanno utilizzato il formato in relazione al contenuto del quadro.
Il secondo incontro prevedeva il frottage per i grandi e la storia del pittore Jackson Pollock per i piccoli.
Partiamo con i grandi.
Il frottage: tecnica ideata negli anno Venti, consiste nello strofinare una matita sopra un foglio appoggiato su una superficie ruvida come ad esempio una pietra, un asse di legno, in modo da ricavarne forme accidentali, casuali che evochino immagini fantastiche o riproducano un effetto di superficie. Da piccoli si faceva con le 10 lire.
Sembra una cosa noiosa ma in realtà consente di creare degli effetti straordinari.
Questo tipo di laboratorio nasce da un'idea di Munari, noi abbiamo voluto riproporlo insistendo sullo spirito originario:
“Non è l'oggetto che va conservato ma il modo, il metodo progettuale, l'esperienza modificabile pronta a produrre ancora secondo i modelli che si presentano. La mente deve essere pronta, libera ed elastica, non deve conservare alcun modello se non a scopo culturale e di studio.(...) Come per la ricerca e la sperimentazione che non devono essere finalizzate fino a che non si conoscano tutti i risultati.”
Bruno Munari, FANTASIA,1979
quindi abbiamo fatto ralizzare un disegno solo dopo aver sperimentato i molti effetti possibili. I ragazzi hanno risposto con grande entusiasmo. Il tempo si è rivelato insufficiente e avrebbero continuato volentieri con le prove.
In quest'epoca di “scatoloni fabbriconi” e di “Art- Attack” ai bambini viene chiesto essenzialmente di essere dei bravi esecutori. Dalla materia prima al prodotto finito, devono seguire istruzioni dettagliate, in una sorta di catena di montaggio della fantasia che non lascia spazio alla sperimentazione.
Noi, invece, ci riconosciamo in Gianni Rodari quando ricorda che
“«Creatività» è sinonimo di «pensiero divergente», cioè capace di rompere continuamente gli schemi dell'esperienza. E' «creativa» una mente sempre al lavoro, sempre a far domande, a scoprire problemi dove gli altri trovano risposte soddisfacenti, a suo agio nelle situazioni fluide nelle quali gli altri fiutano solo pericoli, capace di giudizi autonomi e indipendenti (anche dal padre, dal professore e dalla società), che rifiuta il codificato, che rimanipola oggetti e concetti senza lasciarsi inibire dai conformismi. Tutte queste qualità si manifestano nel processo creativo. E questo processo - udite! udite! - ha un carattere giocoso: sempre: anche se sono in ballo le «matematiche severe»... “
Gianni Rodari, Grammatica della fantasia, 1973
I piccoli hanno fatto una esperienza di Action-painting.
Dopo aver ascoltato la storia di come il pittore Jackson Pollock si fosse ispirato ai riti sciamanici dei nativi americani, hanno provato anche loro a lasciarsi trasportare dalla danza e dalla musica per dipingere grandi tele schizzando il colore utilizzando la tecnica del dripping. L'effetto è stato liberatorio e l'entusiasmo tantissimo. Uuna tipologia particolare di bambine (piccoline, spesso vestite di rosa, pettinate in modo vezzoso) ha dato il meglio di sé: brandendo il pennello con estrema violenza e decisione sono riuscite a far arrivare il colore in posti che avevamo trascurato di proteggere, (in quanto a nostro avviso irraggiungibili ad es. il soffitto). Il tutto sotto lo sguardo allibito, e anche un po' preoccupato dei maschietti.
Durante il terzo incontro abbiamo dipinto à la maniere de Andrea Mazzucato ed Enrico Fanton.
I grandi hanno fatto una esperienza di collage e pittura con spatole e olio, mentre i piccoli hanno sperimentato le colature di colore con lo smalto acrilico.
I bambini e le bambine delle materne e del primo ciclo delle elementari si sono lasciati prendere dal laboratorio. Li abbiamo lasciati liberi di sperimentare, di mescolare i colori, di cambiare la direzione dello sgocciolamento e anche di scegliere di non sgocciolare. I risultati sono spettacolari.
In una scuola abbiamo dovuto “litigare” con le ausiliarie perchè volevano a tutti i costi portarsi a casa i quadri realizzati dai bambini (anche pagandoli!)
La difficoltà maggiore con i bambini più grandi è stata quella di far capire che potevano realizzare la loro opera come volevano usando liberamente le foto e il colore. È stato un continuo di :”È giusto così?” “Va bene?”, “posso fare questo?”
Il fatto che i bambini facciano fatica a gestire la libertà, in questo caso creativa, ci invita a riflettere su come tutti noi (animatori, istituzioni, famiglia, società) li stiamo educando.
Bambini con giornate fitte di impegni, con una vita organizzata al decimo di secondo, passivi e imprigionati in un mondo sempre più adulto (non a caso l'Italia è il paese più vecchio del mondo), si sentono costretti a rispondere ad un modello anche quando non viene richiesto.
A questo punto mi piace ricordare che anche i bambini e le bambine dovrebbero godere di alcuni diritti naturali, fondamentali, di cui si è fatto portavoce Gianfanco Zavalloni
IL DIRITTO ALL'OZIO
a vivere momenti di tempo non programmato dagli adulti
IL DIRITTO A SPORCARSI
a giocare con la sabbia, la terra, l'erba, le foglie, l'acqua, i sassi, i rametti e i colori
IL DIRITTO AGLI ODORI
a percepire il gusto degli odori, riconoscere i profumi offerti dalla natura
IL DIRITTO AL DIALOGO
ad ascoltatore e poter prendere la parola, interloquire e dialogare
IL DIRITTO ALL'USO DELLE MANI
a piantare chiodi, segare e raspare legni, scartavetrare, incollare, plasmare la creta, legare corde,accendere un fuoco
IL DIRITTO AD UN "BUON INIZIO"
a mangiare cibi sani fin dalla nascita, bere acqua pulita e respirare aria pura
IL DIRITTO ALLA STRADA
a giocare in piazza liberamente, a camminare per le strade
IL DIRITTO AL SELVAGGIO
a costruire un rifugio-gioco nei boschetti, ad avere canneti in cui nascondersi, alberi su cui arrampicarsi
IL DIRITTO AL SILENZIO
ad ascoltare il soffio del vento, il canto degli uccelli, il gorgogliare dell'acqua
IL DIRITTO ALLE SFUMATURE
a vedere il sorgere del sole e il suo tramonto, ad ammirare, nella notte, la luna e le stelle
Gianfranco Zavalloni
Per restare in tema con i diritti naturali, un problema che è sorto con i bambini è stato quello di proteggere i loro indumenti dal contatto con i colori. Le maestre sono state bravissime: abbiamo assistito a sovrascarpe di calzini vecchi, di scotch (colorato), tripli strati di calzini, camicie e camicioni (anche di pile!) per finire al pit-stop con cambio integrale...
In generale il bilancio che possiamo fare di quest'esperienza è positivo.
I bambini sono stati attenti, entusiasti, produttivi hanno saputo mettersi in gioco senza giudicare, non ci sono stati buoni e cattivi, bravi e incapaci, ognuno ha saputo e potuto esprimersi in libertà.
Ci siamo divertiti, abbiamo riso, ci siamo arrabbiati, entusiasmati, stupiti, è stata versata anche qualche lacrima ma ci siamo sempre lasciati da amici ... che altro dire se non: GRAZIE!
“Un antico proverbio cinese dice: l'unica costante del mondo è la mutazione, se uno cerca di fermarla si ferma lui e invecchia male. Fino a un certo punto gli adulti dovrebbero insegnare ai bambini, poi dovrebbero imparare da loro a conoscere il mondo.
Il mondo reale, non quello artificiale degli affari.”
Bruno Munari
Il percorso di quest’anno: ACQUA, TERRA, FUOCO, ARIA - Andrea Mazzucato, Enrico Fanton.
di Miriam Gagnor
Ci risiamo. Eccoci nuovamente a proporvi il nostro appuntamento annuale, caratterizzato da:
l’incontro fra l’arte contemporanea e i bambini, attraverso attività ed esperienze che li vedano non solo fruitori ma anche protagonisti dell’esperienza creativa dell’arte;
la proposta di artisti da far conoscere, oltre che al nostro pubblico infantile, anche ad un pubblico più vasto, tramite l’attività espositiva e critica.
L’anno scorso sia l’attività espositiva che quella didattico-laboratoriale vertevano su di un protagonista della storia internazionale dell’arte contemporanea, Mario Schifano. I risultati sono stati brillanti, sia per la qualità della mostra Mario Schifano. Tracce di arte contemporanea, che ha permesso ad un pubblico non solo locale di entrare in vivo contatto con opere significative e spesso poco conosciute dell’artista romano, sia per il livello delle opere prodotte dai bambini e dai ragazzi, esposte nella mostra ALtitudine al guardare, ispirate alle tecniche e alle suggestioni di una loro nuova interessante conoscenza: Mario, il loro amico Mario... Schifano.
Il progetto dello scorso anno ha dunque svolto una fertile funzione rompighiaccio. Essendo la prima esperienza del genere, l’attività si è svolta in particolare con 4 classi di una Scuola elementare di Marcon Centro e con il gruppo di ragazzi diversamente abili Gabbianella. Il
riscontro è stato tale che quest’anno la richiesta di poter godere di un progetto attivo sull’arte contemporanea è partita dalle scuole stesse e con numeri addirittura quintuplicati. I conti sono presto fatti e ci riempiono di soddisfazione: quest’anno il progetto ha coinvolto 15 classi, dalla scuola dell’infanzia alla primaria (dai 4 ai 10 anni) di tutto il territorio comunale, nonchè il gruppo Gabbianella.
Tutto ciò a conferma di quanto, nel settore culturale, sia essenziale la continuità ... non iniziative isolate ed episodiche, ma percorsi mirati, ispirati a una strategia complessiva, che possa continuare nel tempo e divenire punto di riferimento permanente.
La metodologia e le scelte di fondo che abbiamo seguito nel progetto di quest’anno si caratterizzano per la continuità con gli elementi che più hanno fatto successo l’anno scorso, rispondendo ad una domanda autentica che esiste tra la popolazione scolastica, gli insegnanti e le famiglie: l’approccio attivo all’arte, la conoscenza attraverso il fare e il divertimento, l’approfondire incontrando gli artisti e le loro opere dal vero.
Vi è però anche un elemento di novità: lo scorso anno proponevamo un pezzo di storia dell’arte italiana e non solo, quest’anno proponiamo la freschezza di due giovani artisti emergenti veneti - Andrea Mazzucato ed Enrico Fanton - caratterizzati da una piena e convinta pratica del piacere della pittura. Due percorsi artistici assolutamente differenti, due formazioni diverse, con stili e tecniche molto distinti ma accomunati da una ricerca autentica, urgente, pressante e consapevole che li porta a un livello espressivo di alto profilo stilistico.
ANDREA MAZZUCATO
La caratteristica saliente di questo ventisettenne, che vive ad Este, è un uso peculiare, assolutamente notevole, elegante, personale, del collage. Un collage in cui il materiale fondante sono fotografie da lui stesso scattate, che costituiscono la base strutturale delle sue opere, su cui poi l’artista interviene, dopo un riflettuto processo di elaborazione di tipo diremmo strutturalistico, con la pittura ad olio. Una pittura, a quel punto, pienamente “pittorica”, libera nella sua matericità, nei suoi colori, nelle sue tecniche, che si esprime potentemente in modo autonomo, con sapienza tecnica e non solo per “calibrare” armoniosamente le fotografie col resto del quadro.
Così come in modo pieno è utilizzata la fotografia nelle sua specificità: mai banalmente frontale, mediofocale ma sempre in funzione pienamente espressiva, sfruttandola al massimo per la molteplicità di angolazioni, di ottiche, di prospettive, di ampiezze focali, persino di distorsioni grandangolari che può fornire. Una frantumazione in prospettive differenti, quasi una “polivisione”.
Uno sguardo assolutamente nitido, pulito, quello di Mazzucato, nonostante l’affastellarsi di piani diversi, di prospettive esasperate, di verticalità estreme nei suoi temi metropolitani.
Il suo, si potrebbe definire uno sguardo cartesiano. Uno strano paradosso, di primo acchitto. Ma poi ci si rende conto che paradossale non lo è per niente. E ciò grazie al dna costitutivo delle opere di Mazzucato: il comporre i soggetti - che sono sempre figurativi, riconoscibili - in una struttura data da rapporti architettonico-matematici che danno ai quadri di questo giovane artista quel loro particolare senso ritmico, una sorta di contemporanea musicalità. Curiosamente, Mazzucato è anche musicista, fa parte di un gruppo di musica alternativa dove suona la batteria.
Una disarmonica armonia, quella presente nei quadri di questo artista, che ci comunica un sottile senso di solitudine contemporanea, un universo denso di architetture, costruzioni, automobili, insegne pubblicitarie, scritte, logo, paesaggi in cui l’uomo però è il grande assente. Paesaggi innevati in cui una natura immutabile e orizzontale da campagna veneta, fissata sotto una coltre bianca, non può però esistere senza automobili o edifici industriali. Strade, paesaggi, grattacieli come sospesi nel tempo, in una enorme confusione metropolitana molto ben strutturata, progettata. Opere che esprimono stratificazioni di civiltà anche attraverso il livello percettivo dato dal continuum del quadro, realizzato anche a livello materico dalla stratificazione collage/pittura.
Tra gli interessi fondamentali di questo giovane pittore, fin dagli anni del liceo artistico, non a caso ha un posto preponderante l’architettura: “...Al liceo artistico decisi di prendere l’indirizzo architettonico, mi piaceva la pulizia, il bianco del foglio, la costruzione dello spazio, poter rappresentare una possibile surreale fantasia strutturale grazie ad infinite precise regole... Mi piacevano le forme algide, con struttura squadrata, ferme ed in splendido contrasto con l’ambiente circostante, semplici e funzionali, pulite...”
Anche la grafica nel suo percorso è evidentemente importante (nella sua formazione, c’è la Scuola internazionale di grafica di Venezia), che rappresenta anche il lavoro che gli dà il pane (in una nota azienda di abbigliamento), oltre a molte suggestioni creative e alla possibilità di viaggiare continuamente, di fare fotografie a universi lontani che poi ci ricomunica rielaborandole nei suoi quadri. Ma il suo è pienamente, dal punto di vista artistico, e non solo professionale, un interesse per la grafica DA PITTORE.
“.. La sera quando torno a casa, ancora sveglio creativamente, incollo. Faccio collage, creo situazioni fantastiche e surreali (...), non fotocopio non ingrandisco e soprattutto non uso il computer. Un lavoro di pazienza (...) mescolo fotografia, collage e colore ad olio. Rappresento metropoli come Tokyo, New York, Berlino, San Francisco, ecc, partendo da “composizioni manuali” di fotografie fatte da me stesso. Intersecando gusto architettonico e grafico, realizzo un’immagine surreale dove cerco di trasmettere la stessa sensazione che si ha quando si è lì. Sono quadri veloci, freschi, immediati, materici. (...) Comprendono un po’ il mio modo d’essere ed il mio bagaglio formativo, assemblo grafica e segno istintivo dei colori ad olio, all’architettura della fotografia sormontata, scomposta e ricomposta...”
Non v’è dubbio che uno dei suoi maggiori talenti è riuscire a comunicarci l’essenza di mondi lontani o di universi astratti, condensandone il nucleo, pur multiforme, in un unico sguardo “essenzializzato”, fatto però di tanti sguardi e di tanta pittura.
Le suggestioni che ci rimangono dopo la visione delle sue opere sono altrettanto complesse, con rimandi a una robusta cultura iconografica. Naturalmente, non possiamo non andare con la mente ai collage dadaisti, come ci ha suggerito il prof. Dierna in seguito ad una prima visione delle opere di Mazzucato, sia “... per il tipo di accumulazione degli oggetti, ma anche per il tema della città come aggregazione disordinata, basti pensare a collages precisi, come “Metropolis (1923) di Paul Citroen (case alte, grattacieli, stazioni ferroviarie in ferrovetro ... tutto però assemblato secondo linee verticali), che avrà anche un suo seguito nei costruttivisti polacchi (“Città moderna” (1928) di Kazimier Podsadeki: case svettanti, con aggiunta di treni e motociclette). Ma soprattutto la pubblicità che accompagnò l’uscita del film di Walter Ruttmann, “Berlino, sinfonia di una metropoli” (1927), con fotomontaggi di grattacieli sbilenchi (i costruttivisti amavano molto le costruzioni sulla diagonale) ...”. In effetti in tal senso non possiamo non pensare ai cortometraggi del periodo formalista del grande Joris Ivens (si pensi a “die Brücke “). Curiosa interessante rete tra fotografia e cinema...
Nel video destinato ai bambini - una sessione di lavoro in cui vediamo l’artista all’opera, che è stata utile durante i nostri laboratori con le scuole - ha realizzato l’opera Autunno, esplicitando la sua tecnica usuale di foto-collage-pittura a olio con spatola. Ha utilizzato, per il tema “Terra”, un soggetto per lui piuttosto inusuale: degli alberi autunnali, senza segni di tecnologia umana.
Dipinge nella sua casa da single, sul tavolone del soggiorno, spazio dove tiene anche un ordinatissimo archivio delle sue immagini fotografiche.
Mostre collettive
2006, Theleterial, Castelfranco Veneto, Galleria Art e Media
2006, Profilo d’Arte - Mostra d’arte contemporanea - Brescia, Palazzo Poncarali
2006, Profilo d’Arte - Mostra d’arte contemporanea - Reggio Emilia,
2006, Profilo d’Arte - Mostra d’arte contemporanea – Roma,
2006, Profilo d’Arte - Mostra d’arte contemporanea – Ferrara, Palazzo Nagliati
2006, Profilo d’Arte - Mostra d’arte contemporanea – Torino,
2006, Profilo d’Arte - Mostra d’arte contemporanea – Milano, Società del Giardino
ENRICO FANTON
Enrico Fanton, trentatreenne nato a Padova, residente a Mira, impiantista chimico, autodidatta, papà da un anno, si è incontrato con la pittura nei primi anni Novanta.
La produzione di questo giovane artista veneto è caratterizzata da un’accesa, assoluta sete di sperimentazione che lo porta a percorrere stili molto diversi tra di loro. Per le sue tele, predilige i grandi formati. Per quanto concerne i materiali, si è confrontato con colori ad olio, acrilici, gesso, polveri. Proprio a proposito di polveri, una delle sue linee di ricerca ha prediletto il loro utilizzo nelle tonalità calde dell’oro, del bronzo, del rame.
Riferimenti artistici e formativi? “... la pittura di Pollock, il gesto di Hartung, le opere di Basquiat, e i mosaici veneziani, sono stati in tempi diversi, rivelatori e necessari per arricchire il mio bagaglio pittorico...”
La sua pittura astratta è caratterizzata soprattutto da un percorso istintivo e gestuale. Nella sua multiforme produzione, si possono riscontrare comunque dei nuclei di ricerca su temi, materiali, tecniche, colori: l’astrattismo come scelta dominante fin dagli esordi, dripping su sfondi geometrici o su sfondi monocromi in cui la pennellata di Fanton campeggia con evidenza nella sua gestualità, così come il suo intervento gestuale è incisivo nelle serie in cui s’intersecano o corrono paralleleamente colori diversi stesi a rilievo oppure con delle sorte di graffiature realizzate con le dita, dall’emozionante impatto visivo.
Sovente questo artista si esprime con contaminazioni tra materiali pittorici e tecniche che normalmente non vengono usati insieme, ad esempio acrilico con olio, composizioni materiche stese con spatola, uso delle mani, e anche puntate nel figurativo, come nelle forme antropomorfe realizzate con le polveri dorate ed evidentemente ispirate ai mosaici veneziani, la cui caratteristica però è la predominanza delle linee curve. Oppure come nella più recente produzione, in cui linee soprattutto curve, dall’accentuata musicalità, campeggiano in fondi oscuri o estremamente colorati, con riferimenti alla musica anche nelle tematiche. Va detto che Enrico Fanton è anche musicista autodidatta, clarinettista e trombettista. Suona con la banda di Spinea.
La maggior parte delle opere di Enrico Fanton esposte nella nostra mostra, sono state pensate e realizzate appositamente, ispirandosi al tema dei quattro elementi : acqua, aria, terra e fuoco.
Così, accanto ad alcuni quadri significativi della sua passata produzione, vedremo una nuova serie caratterizzata dall’acrilico colato. I colori sono brillanti, suadenti, magnetici. Colori che comunicano una forte carica che potremmo definire energetica, la cui spettacolarità acchiappa l’osservatore e lo porta fin dentro alla texture dell’opera. Una percezione elementare, basica, immediata, totalmente pittorica, che si rifà anche all’immediatezza del gesto artistico di Fanton, alla sua fertile subitanea istintualità. Un’istintualità che, soprattutto negli ultimi tempi, rimane nella fase di realizzazione dell’opera ma che è sempre più “pensata”, frutto di una preparazione mentale a monte più elaborata e lasciata maturare.
Appositamente per i bambini e per il video a loro destinato ha creato un’opera in seguito alla suggestione datagli dagli spruzzi spray su di un sacco per la spazzatura messo a terra per riparare il pavimento durante il lavoro di coloritura di una cornice. Ha intelato infatti un grande sacco nero di plastica, e l’ha utilizzato come tela, lavorandovi sopra prima con vari spray in bomboletta, poi con dripping di acrilici e infine intervenendo con le mani.
Dipinge nel garage di casa, che è diventato il suo studio.
Mostre personali
Dal 1999 esposizione permanente, Monaco di Baviera, Cafè Lido
2005, Spinea (Ve), Bar-Caffè Sior Intento
2005, Spinea (Ve), Oratorio Villa Simion
Mostre collettive
2004, Gruppo Theleterial, Mira (Ve), Al Cerchio
2004, Gruppo Theleterial, Firenze, galleria Art Point Black
2005, Gruppo Theleterial, Piombino Dese, laboratorio Fabrika
2005, Gruppo Theleterial, Verona, Gallery Studio
2006, Gruppo Theleterial, Castelfranco Veneto, Galleria Art&Media
2007, Photo Art Music, Castelfranco Veneto, Galleria Art&Media
DIARIO DI UN’AVVENTURA CREATIVA: laboratori, incontri ed esperienze con i bambini e i ragazzi
di Elena Fido
Quest'anno abbiamo proposto due percorsi distinti: uno per le terze, le quarte e le quinte elementari e l'altro per le materne e il primo ciclo delle elementari.
Il primo incontro era uguale per tutti.
Si trattava di fare un disegno utilizzando dei fogli con formati particolari: rotondo, quadrato, lungo e stretto, triangolare, irregolare..., l'obiettivo era quello di stimolare la creatività dei bambini e di farli uscire dalla schiavitù dell' A4, un formato molto utilizzato nella scuola, soprattutto per motivi di comodità (è venduto in risme ad un prezzo conveniente e si può stampare o fotocopiare).
Come ci aspettavamo i ragazzi delle elementari sono stati quelli che hanno avuto più difficoltà e hanno dimostrato di essere già condizionati dall'uso di fogli sempre della stessa misura.
In molti casi hanno utilizzato il foglio ragionando come e fosse un A4, in generale hanno scelto fogli medio-grandi.
Un bambino in quinta ha disegnato un paesaggio “classico”: un prato con alberi e orizzonte, su di un foglio quadrato.
Quando ci siamo fermati a riflettere su come era andata l'esperienza mi ha detto “non ho fatto fatica a disegnare ma mi mancavano due pezzi del foglio, qui e qui” e intanto mimava la forma precisa di un'A4.
Quello del formato non è un problema da poco perchè come diceva Bruno Munari:
“Nei primi anni della sua vita, l'individuo si forma e resterà tale per tutta la sua vita. Dipende dagli educatori se questa persona sarà poi una persona creativa o se sarà un semplice ripetitore di codici. Dipende da questi primissimi anni, dall'esperienza e dalla memorizzazione dei dati, se l'individuo sarà libero o condizionato. Gli adulti dovrebbero rendersi conto di questa grandissima responsabilità dalla quale dipende il futuro della società umana.
(...)
L'individuo in età infantile non deve essere soffocato da imposizioni, costretto in schemi non suoi, spinto a copiare dei modelli. Uno dei modi più diffusi per annullare ogni possibile atto di creatività, sta nel far fare, a questi individui e a questa età, per esempio un disegno su tema, uguale per tutti, da realizzare con, strumenti uguali per tutti, pennarelli o colori a tempera.”
Bruno Munari, FANTASIA,1979
una volta superato il primo impatto, il cambio di forma ha aperto a possibilità inesplorate con risultati anche sorprendenti.
E poi un proliferare di pizze, bolle, paesaggi tondi con cieli a cupola e prati a semicerchio...
Quando anche nel secondo incontro, abbiamo proposto gli stessi formati i ragazzi si sono mossi subito con più disinvoltura, dimostrando di aver fatto tesoro dell'esperienza precedente.
C'è stato chi ha osservato cosa avevano fatto i compagni e ha provato a riproporlo e chi ha voluto sperimentare tutto.
Per i piccoli il gioco è risultato più semplice. I fogli sono stati considerati da subito nella loro forma: in prima elementare i maschietti si sono lanciati nella riproduzione degli scudetti del calcio (Milan e Inter), alla materna sono comparsi omini molto slanciati sui fogli lunghi e stretti considerati nel senso della altezza, tanti ritratti di mamme sui formati rotondi o quadrati, non sono mancati neppure giochi geometrici ispirati ai pittori contemporanei, proposti in precedenza dalle maestre (Mondrian).
I bambini si sono sentiti liberi di scegliere fogli grandissimi ma anche piccolissimi (alcuni quasi francobolli).
Al termine dell'incontro abbiamo fatto vedere ai bambini e ai ragazzi come grandi artisti contemporanei (da Picasso a Schifano) hanno utilizzato il formato in relazione al contenuto del quadro.
Il secondo incontro prevedeva il frottage per i grandi e la storia del pittore Jackson Pollock per i piccoli.
Partiamo con i grandi.
Il frottage: tecnica ideata negli anno Venti, consiste nello strofinare una matita sopra un foglio appoggiato su una superficie ruvida come ad esempio una pietra, un asse di legno, in modo da ricavarne forme accidentali, casuali che evochino immagini fantastiche o riproducano un effetto di superficie. Da piccoli si faceva con le 10 lire.
Sembra una cosa noiosa ma in realtà consente di creare degli effetti straordinari.
Questo tipo di laboratorio nasce da un'idea di Munari, noi abbiamo voluto riproporlo insistendo sullo spirito originario:
“Non è l'oggetto che va conservato ma il modo, il metodo progettuale, l'esperienza modificabile pronta a produrre ancora secondo i modelli che si presentano. La mente deve essere pronta, libera ed elastica, non deve conservare alcun modello se non a scopo culturale e di studio.(...) Come per la ricerca e la sperimentazione che non devono essere finalizzate fino a che non si conoscano tutti i risultati.”
Bruno Munari, FANTASIA,1979
quindi abbiamo fatto ralizzare un disegno solo dopo aver sperimentato i molti effetti possibili. I ragazzi hanno risposto con grande entusiasmo. Il tempo si è rivelato insufficiente e avrebbero continuato volentieri con le prove.
In quest'epoca di “scatoloni fabbriconi” e di “Art- Attack” ai bambini viene chiesto essenzialmente di essere dei bravi esecutori. Dalla materia prima al prodotto finito, devono seguire istruzioni dettagliate, in una sorta di catena di montaggio della fantasia che non lascia spazio alla sperimentazione.
Noi, invece, ci riconosciamo in Gianni Rodari quando ricorda che
“«Creatività» è sinonimo di «pensiero divergente», cioè capace di rompere continuamente gli schemi dell'esperienza. E' «creativa» una mente sempre al lavoro, sempre a far domande, a scoprire problemi dove gli altri trovano risposte soddisfacenti, a suo agio nelle situazioni fluide nelle quali gli altri fiutano solo pericoli, capace di giudizi autonomi e indipendenti (anche dal padre, dal professore e dalla società), che rifiuta il codificato, che rimanipola oggetti e concetti senza lasciarsi inibire dai conformismi. Tutte queste qualità si manifestano nel processo creativo. E questo processo - udite! udite! - ha un carattere giocoso: sempre: anche se sono in ballo le «matematiche severe»... “
Gianni Rodari, Grammatica della fantasia, 1973
I piccoli hanno fatto una esperienza di Action-painting.
Dopo aver ascoltato la storia di come il pittore Jackson Pollock si fosse ispirato ai riti sciamanici dei nativi americani, hanno provato anche loro a lasciarsi trasportare dalla danza e dalla musica per dipingere grandi tele schizzando il colore utilizzando la tecnica del dripping. L'effetto è stato liberatorio e l'entusiasmo tantissimo. Uuna tipologia particolare di bambine (piccoline, spesso vestite di rosa, pettinate in modo vezzoso) ha dato il meglio di sé: brandendo il pennello con estrema violenza e decisione sono riuscite a far arrivare il colore in posti che avevamo trascurato di proteggere, (in quanto a nostro avviso irraggiungibili ad es. il soffitto). Il tutto sotto lo sguardo allibito, e anche un po' preoccupato dei maschietti.
Durante il terzo incontro abbiamo dipinto à la maniere de Andrea Mazzucato ed Enrico Fanton.
I grandi hanno fatto una esperienza di collage e pittura con spatole e olio, mentre i piccoli hanno sperimentato le colature di colore con lo smalto acrilico.
I bambini e le bambine delle materne e del primo ciclo delle elementari si sono lasciati prendere dal laboratorio. Li abbiamo lasciati liberi di sperimentare, di mescolare i colori, di cambiare la direzione dello sgocciolamento e anche di scegliere di non sgocciolare. I risultati sono spettacolari.
In una scuola abbiamo dovuto “litigare” con le ausiliarie perchè volevano a tutti i costi portarsi a casa i quadri realizzati dai bambini (anche pagandoli!)
La difficoltà maggiore con i bambini più grandi è stata quella di far capire che potevano realizzare la loro opera come volevano usando liberamente le foto e il colore. È stato un continuo di :”È giusto così?” “Va bene?”, “posso fare questo?”
Il fatto che i bambini facciano fatica a gestire la libertà, in questo caso creativa, ci invita a riflettere su come tutti noi (animatori, istituzioni, famiglia, società) li stiamo educando.
Bambini con giornate fitte di impegni, con una vita organizzata al decimo di secondo, passivi e imprigionati in un mondo sempre più adulto (non a caso l'Italia è il paese più vecchio del mondo), si sentono costretti a rispondere ad un modello anche quando non viene richiesto.
A questo punto mi piace ricordare che anche i bambini e le bambine dovrebbero godere di alcuni diritti naturali, fondamentali, di cui si è fatto portavoce Gianfanco Zavalloni
IL DIRITTO ALL'OZIO
a vivere momenti di tempo non programmato dagli adulti
IL DIRITTO A SPORCARSI
a giocare con la sabbia, la terra, l'erba, le foglie, l'acqua, i sassi, i rametti e i colori
IL DIRITTO AGLI ODORI
a percepire il gusto degli odori, riconoscere i profumi offerti dalla natura
IL DIRITTO AL DIALOGO
ad ascoltatore e poter prendere la parola, interloquire e dialogare
IL DIRITTO ALL'USO DELLE MANI
a piantare chiodi, segare e raspare legni, scartavetrare, incollare, plasmare la creta, legare corde,accendere un fuoco
IL DIRITTO AD UN "BUON INIZIO"
a mangiare cibi sani fin dalla nascita, bere acqua pulita e respirare aria pura
IL DIRITTO ALLA STRADA
a giocare in piazza liberamente, a camminare per le strade
IL DIRITTO AL SELVAGGIO
a costruire un rifugio-gioco nei boschetti, ad avere canneti in cui nascondersi, alberi su cui arrampicarsi
IL DIRITTO AL SILENZIO
ad ascoltare il soffio del vento, il canto degli uccelli, il gorgogliare dell'acqua
IL DIRITTO ALLE SFUMATURE
a vedere il sorgere del sole e il suo tramonto, ad ammirare, nella notte, la luna e le stelle
Gianfranco Zavalloni
Per restare in tema con i diritti naturali, un problema che è sorto con i bambini è stato quello di proteggere i loro indumenti dal contatto con i colori. Le maestre sono state bravissime: abbiamo assistito a sovrascarpe di calzini vecchi, di scotch (colorato), tripli strati di calzini, camicie e camicioni (anche di pile!) per finire al pit-stop con cambio integrale...
In generale il bilancio che possiamo fare di quest'esperienza è positivo.
I bambini sono stati attenti, entusiasti, produttivi hanno saputo mettersi in gioco senza giudicare, non ci sono stati buoni e cattivi, bravi e incapaci, ognuno ha saputo e potuto esprimersi in libertà.
Ci siamo divertiti, abbiamo riso, ci siamo arrabbiati, entusiasmati, stupiti, è stata versata anche qualche lacrima ma ci siamo sempre lasciati da amici ... che altro dire se non: GRAZIE!
“Un antico proverbio cinese dice: l'unica costante del mondo è la mutazione, se uno cerca di fermarla si ferma lui e invecchia male. Fino a un certo punto gli adulti dovrebbero insegnare ai bambini, poi dovrebbero imparare da loro a conoscere il mondo.
Il mondo reale, non quello artificiale degli affari.”
Bruno Munari
06
aprile 2007
Andrea Mazzucato / Enrico Fanton – Acqua terra fuoco aria
Dal 06 al 24 aprile 2007
arte contemporanea
Location
CENTRO CULTURALE DE ANDRE’
Marcon, Piazza Iv Novembre, 2, (Venezia)
Marcon, Piazza Iv Novembre, 2, (Venezia)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato 9.00-13.00/15.00-19.00
Vernissage
6 Aprile 2007, ore 16:45
Autore
Curatore