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L’art c’est moi
una mostra che scaturisce da un preciso progetto editoriale: “L’arte c’est moi. Quindici interviste sull’arte contemporanea”
Comunicato stampa
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Si inaugura Lunedì 5 Marzo, all’interno della sezione “Invenzione di una mostra”, presso la galleria A.A.M. Architettura Arte Moderna, una mostra che scaturisce da un preciso progetto editoriale: “L’arte c’est moi. Quindici interviste sull’arte contemporanea”, Avagliano Editore.
L’originalità della mostra consiste nel considerare la personalità, le idee, la “visione del mondo” degli autori come fonte di primario interesse. Per questo a ogni opera è affiancato il fotoritratto dell’artista, e a ogni testo storico-critico il fotoritratto dell’autore.
In mostra sono esposte opere epocali della storia dell’arte contemporanea: alcuni storici “Gesti Tipici” di Sergio Lombardo, di cui uno dedicato a Enrico Mattei, nevralgico leader d’industria che avrebbe cambiato le sorti dell’Italia; uno “Schermo” monocromo di Fabio Mauri; l’ “Opera Ubiqua” di Gino De Dominicis; la “Sfera che cade” di Maurizio Mochetti; “I dreamed my genesis” di Gianfranco Baruchello; “Cancellazione d’artista” di Cesare Tacchi; “L’abitata”, una psico-mappa di Paola Gandolfi accanto al suo fotoritratto scisso; in anteprima assoluta a Roma, opere del newyorkese Ikè Udè sul tema scottante dell’identità di genere; opere del concettuale Joseph Kosuth e di Enzo Cucchi, esponente di spicco della Transavanguardia.
Tra i testi e manifesti chiave per l’arte contemporanea sono esposti: “Il teatro delle mostre” di Plinio De Martiis, il celebre libro-contenitore “Documenta” di Harald Szeemann; “Roma Anni 60” di Maurizio Calvesi accanto al suo ritratto da bambino disegnato a pastello dal futurista Giacomo Balla e altri volumi, tra cui “Minimalia” di Achille Bonito Oliva fino a “Arte Ipercontemporanea” di Simonetta Lux.
Capire l’arte contemporanea implica oggi una conoscenza diretta dei suoi protagonisti. Solo attraverso ognuno di loro è possibile un’accurata ricostruzione, da molteplici punti di vista, dei nodi teorici che caratterizzano la seconda metà del Novecento. Dal Futurismo in avanti, infatti, il soggetto/creatore è spesso essenziale e precede la comprensione dell’oggetto artistico. Non basta che l’opera d’arte si presenti con la sua inspiegabile forza feticistica e “auratica” a garantire la trasmissione del sapere. Nella prospettiva dell’autrice l’opera d’arte addirittura ambisce al ricongiungimento con l’autore e con la vitalità del contesto che lo ha generato. In particolare, nella proposta critica de “L’Arte c’est moi”, viene dato un ruolo chiave alla Roma degli Anni 60, in cui anche figure culturali apparentemente secondarie come quelle dello storico, del critico e del gallerista-mercante, riescono a guadagnare una posizione preminente e straordinaria.
La mostra costituisce l’occasione per visualizzare un intreccio di rapporti delicati e stratificati nel tempo, consolidati sia nel conflitto aperto che nella frequentazione amichevole, per esempio attraverso le conversazioni serali nei Caffè che hanno svolto un ruolo importante per l’arte contemporanea, il Caffè Rosati negli Anni 60 così come il Caffè della Pace negli Anni 80. Una storia dell’arte incrociata, dove i punti di vista circa uno stesso evento si moltiplicano per offrire diverse versioni dei medesimi fatti; e i fatti emergenti dal libro e dalla mostra sono quelli concentrati essenzialmente nei primissimi Anni 60: il passaggio fulminante di Duchamp a Roma, l’originalità della Scuola di Piazza del Popolo, la vittoria eclatante della Pop Art alla Biennale di Venezia, lo smacco dell’arte europea, l’onda lunga della Guerra fredda sulle vicende artistiche internazionali.
Miriam Mirolla è storica dell’arte contemporanea e docente di Teoria della Percezione all’Accademia di Belle Arti. Tra le sue più recenti pubblicazioni: “Arte del Novecento:1945-2001”, Mondadori Università e tra le mostre: “Four Italian masters of Contemporary Art”, Londra, 1995, “Art and research”, New York, 2005.
L’originalità della mostra consiste nel considerare la personalità, le idee, la “visione del mondo” degli autori come fonte di primario interesse. Per questo a ogni opera è affiancato il fotoritratto dell’artista, e a ogni testo storico-critico il fotoritratto dell’autore.
In mostra sono esposte opere epocali della storia dell’arte contemporanea: alcuni storici “Gesti Tipici” di Sergio Lombardo, di cui uno dedicato a Enrico Mattei, nevralgico leader d’industria che avrebbe cambiato le sorti dell’Italia; uno “Schermo” monocromo di Fabio Mauri; l’ “Opera Ubiqua” di Gino De Dominicis; la “Sfera che cade” di Maurizio Mochetti; “I dreamed my genesis” di Gianfranco Baruchello; “Cancellazione d’artista” di Cesare Tacchi; “L’abitata”, una psico-mappa di Paola Gandolfi accanto al suo fotoritratto scisso; in anteprima assoluta a Roma, opere del newyorkese Ikè Udè sul tema scottante dell’identità di genere; opere del concettuale Joseph Kosuth e di Enzo Cucchi, esponente di spicco della Transavanguardia.
Tra i testi e manifesti chiave per l’arte contemporanea sono esposti: “Il teatro delle mostre” di Plinio De Martiis, il celebre libro-contenitore “Documenta” di Harald Szeemann; “Roma Anni 60” di Maurizio Calvesi accanto al suo ritratto da bambino disegnato a pastello dal futurista Giacomo Balla e altri volumi, tra cui “Minimalia” di Achille Bonito Oliva fino a “Arte Ipercontemporanea” di Simonetta Lux.
Capire l’arte contemporanea implica oggi una conoscenza diretta dei suoi protagonisti. Solo attraverso ognuno di loro è possibile un’accurata ricostruzione, da molteplici punti di vista, dei nodi teorici che caratterizzano la seconda metà del Novecento. Dal Futurismo in avanti, infatti, il soggetto/creatore è spesso essenziale e precede la comprensione dell’oggetto artistico. Non basta che l’opera d’arte si presenti con la sua inspiegabile forza feticistica e “auratica” a garantire la trasmissione del sapere. Nella prospettiva dell’autrice l’opera d’arte addirittura ambisce al ricongiungimento con l’autore e con la vitalità del contesto che lo ha generato. In particolare, nella proposta critica de “L’Arte c’est moi”, viene dato un ruolo chiave alla Roma degli Anni 60, in cui anche figure culturali apparentemente secondarie come quelle dello storico, del critico e del gallerista-mercante, riescono a guadagnare una posizione preminente e straordinaria.
La mostra costituisce l’occasione per visualizzare un intreccio di rapporti delicati e stratificati nel tempo, consolidati sia nel conflitto aperto che nella frequentazione amichevole, per esempio attraverso le conversazioni serali nei Caffè che hanno svolto un ruolo importante per l’arte contemporanea, il Caffè Rosati negli Anni 60 così come il Caffè della Pace negli Anni 80. Una storia dell’arte incrociata, dove i punti di vista circa uno stesso evento si moltiplicano per offrire diverse versioni dei medesimi fatti; e i fatti emergenti dal libro e dalla mostra sono quelli concentrati essenzialmente nei primissimi Anni 60: il passaggio fulminante di Duchamp a Roma, l’originalità della Scuola di Piazza del Popolo, la vittoria eclatante della Pop Art alla Biennale di Venezia, lo smacco dell’arte europea, l’onda lunga della Guerra fredda sulle vicende artistiche internazionali.
Miriam Mirolla è storica dell’arte contemporanea e docente di Teoria della Percezione all’Accademia di Belle Arti. Tra le sue più recenti pubblicazioni: “Arte del Novecento:1945-2001”, Mondadori Università e tra le mostre: “Four Italian masters of Contemporary Art”, Londra, 1995, “Art and research”, New York, 2005.
05
marzo 2007
L’art c’est moi
Dal 05 marzo al 28 aprile 2007
arte contemporanea
Location
A.A.M. – ARCHITETTURA ARTE MODERNA
Roma, Via Dei Banchi Vecchi, 61, (Roma)
Roma, Via Dei Banchi Vecchi, 61, (Roma)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 16.00 alle 20.00 sabato e domenica inclusi
Editore
AVAGLIANO
Autore
Curatore