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Oltre l’immagine. Le due anime dell’astrazione
una riflessione sulle molteplici possibilità di declinazione del linguaggio visivo astratto
Comunicato stampa
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La mostra che si inaugura venerdì 2 marzo presso la Galleria Ricerca d’Arte è una riflessione sulle molteplici possibilità di declinazione del linguaggio visivo astratto. Prendendo in esame un’area geografica ed un periodo circoscritti, l’Italia anni ’50-’60, i curatori della rassegna si propongono, da una parte, di rappresentare la varietà delle ricerche intraprese utilizzando il linguaggio dell’astrazione, dall’altra, di dimostrare come tale linguaggio fosse ancora fortemente vitale nella seconda metà del secolo. “Non uno ma molti astrattismi” scrive Silvia Pegoraro in catalogo, un’affermazione puntualmente confermata dalle opere in esposizione: la poetica informale di Scialoja, Afro, Boille, Strazza, Carmi e Avenali; l’Arte Programmata, Cinetica e Optical di Getulio Alviani e Edoardo Landi. In mezzo, tanti felici esempi di combinazioni-passaggio tra queste due opposte tendenze: Dorazio, Turcato, Bonalumi, Nativi, Chevrier, M. e B. Conte, Crippa, Pace, Raspi e una piccola rassegna sulla scultura del periodo.
“Oltre l’immagine. Le due anime dell’astrazione”, la mostra che Ricerca d’Arte ospiterà nella nuova sede di Via Giulia 180 a partire da venerdì 2 marzo è una riflessione intorno al linguaggio visivo che domina l’arte del XX secolo: l’astrazione. Prendendo in esame un’area geografica ed un periodo ben precisi, l’Italia tra fine anni ‘40 e metà dei ‘60, G. Bertolami, F. Bonanno e R. Cecora, curatori della mostra, allestiscono un percorso finalizzato ad evidenziare le molteplici possibilità di declinazione di un linguaggio adottato dalle avanguardie storiche agli inizi del ‘900 ma ancora fresco, vitale e idoneo a supportare ricerche artistiche di grande originalità nella seconda metà del secolo. “Non uno ma molti astrattismi”, scrive Silvia Pegoraro nel brillante saggio in catalogo, individuando il nocciolo della questione che alla mostra preme affrontare. Quali furono dunque le anime dell’astrazione e quali gli artisti che in Italia negli anni del dopoguerra e del boom economico si riconobbero in esse? Le due direzioni antagoniste dell’astrattismo storico, quella espressivo-simbolica che nasce con Kandiskij e Klee e quella matematico-razionale tracciata da Mondrian e Malevic, continuano ad essere un imprescindibile punto di riferimento anche negli anni che interessano la mostra.
L’astrazione di tipo espressivo-simbolico rivive nell’esperienza dell’Informale, testimoniata da una serie di opere realizzate tra il 1955 e i primi anni ‘60 da Scialoja, il primo artista europeo ad avere conoscenza diretta dell’espressionismo americano, Afro, Boille, Strazza, Carmi ed Avenali. Dipinti nei quali trionfa l’emblema della poetica informale: la macchia ovvero l’elemento pittorico casuale privo di una forma definita ma ad alto potenziale evocativo ed espressivo. Gli artisti che bandiscono la forma in favore del segno, che utilizzano le materie più disparate e trattano il colore alla stregua di qualsiasi altra materia, conferendogli peso e spessore attraverso una stesura stratificata effettuata con le dita, la spatola o il coltello teorizzano l’identificazione dell’artista con la propria opera mediante il gesto del dipingere. E mettendo al centro della loro ricerca il fare dell’artista creano quell’arte in progress dalla quale discenderanno le successive esperienze di body art e performance in cui il concetto di opera d’arte si identifica con quello di artista all’opera.
A rappresentare l’altro polo dell’astrattismo, quello matematico-razionale, la mostra di Ricerca d’Arte sceglie alcuni esempi di Arte Programmata, Cinetica e Optical, l’arte degli anni straordinari del boom economico e che meglio di ogni altra ne incarna lo spirito di entusiasmo e fiducia nella possibilità di cambiare il mondo attraverso un percorso di generale modernizzazione. Studiando con metodologia di tipo scientifico i fenomeni della percezione visiva ed utilizzando un linguaggio di segni e materiali elementari, gli artisti di questo orientamento elaborano strutture nelle quali l’introduzione programmata del movimento, reale o virtuale, crea un effetto di variabilità percettiva. L’osservatore si trova pertanto coinvolto in giochi ottici nei quali è spesso chiamato a svolgere un ruolo attivo. Così Getulio Alviani, uno dei maggiori esponenti dell’Arte Programmata e Optical europea anni ‘60-’70, geniale ideatore di inconfondibili opere in alluminio che consentono la presentazione della luce come evento interattivo: la luce esiste solo nell’interazione con lo sguardo dello spettatore. E, sulla stessa linea, Edoardo Laudi, appartenente allo storico Gruppo N fondato a Padova nel ’59.
Felici esempi di combinazioni-passaggio tra le due opposte tendenze sono le opere di Ferdinando Chevrier, Michelangelo e Bruno Conte, Roberto Crippa, Achille Pace, Piero Raspi e Gualtiero Nativi, autore di una Composizione del ’47 che è l’opera più antica della mostra. Ambiguo anche il segno di Dorazio e Turcato in opere descritte da Silvia Pegoraro in felice equilibrio “tra dissoluzione della geometria e costruzione di geometrie delicatissime fatte di fitte o diafane costruzioni segniche”. Così come costantemente sospeso tra pittura e scultura, rigore geometrico ed organicismo appare il lavoro di Agostino Bonalumi, l’inventore delle estroflessioni.
L’omaggio di Ricerca d’arte alla vitalità dell’astrattismo italiano nel ventennio ’50-’60 è completato dalle “peripezie attorno al peso e alla leggerezza della materia” di alcuni significativi scultori del periodo: Nicola Carrino, Federico Brook, Carlo Lorenzetti, Teodosio Magnoni, Pasquale Santoro.
“Oltre l’immagine. Le due anime dell’astrazione”, la mostra che Ricerca d’Arte ospiterà nella nuova sede di Via Giulia 180 a partire da venerdì 2 marzo è una riflessione intorno al linguaggio visivo che domina l’arte del XX secolo: l’astrazione. Prendendo in esame un’area geografica ed un periodo ben precisi, l’Italia tra fine anni ‘40 e metà dei ‘60, G. Bertolami, F. Bonanno e R. Cecora, curatori della mostra, allestiscono un percorso finalizzato ad evidenziare le molteplici possibilità di declinazione di un linguaggio adottato dalle avanguardie storiche agli inizi del ‘900 ma ancora fresco, vitale e idoneo a supportare ricerche artistiche di grande originalità nella seconda metà del secolo. “Non uno ma molti astrattismi”, scrive Silvia Pegoraro nel brillante saggio in catalogo, individuando il nocciolo della questione che alla mostra preme affrontare. Quali furono dunque le anime dell’astrazione e quali gli artisti che in Italia negli anni del dopoguerra e del boom economico si riconobbero in esse? Le due direzioni antagoniste dell’astrattismo storico, quella espressivo-simbolica che nasce con Kandiskij e Klee e quella matematico-razionale tracciata da Mondrian e Malevic, continuano ad essere un imprescindibile punto di riferimento anche negli anni che interessano la mostra.
L’astrazione di tipo espressivo-simbolico rivive nell’esperienza dell’Informale, testimoniata da una serie di opere realizzate tra il 1955 e i primi anni ‘60 da Scialoja, il primo artista europeo ad avere conoscenza diretta dell’espressionismo americano, Afro, Boille, Strazza, Carmi ed Avenali. Dipinti nei quali trionfa l’emblema della poetica informale: la macchia ovvero l’elemento pittorico casuale privo di una forma definita ma ad alto potenziale evocativo ed espressivo. Gli artisti che bandiscono la forma in favore del segno, che utilizzano le materie più disparate e trattano il colore alla stregua di qualsiasi altra materia, conferendogli peso e spessore attraverso una stesura stratificata effettuata con le dita, la spatola o il coltello teorizzano l’identificazione dell’artista con la propria opera mediante il gesto del dipingere. E mettendo al centro della loro ricerca il fare dell’artista creano quell’arte in progress dalla quale discenderanno le successive esperienze di body art e performance in cui il concetto di opera d’arte si identifica con quello di artista all’opera.
A rappresentare l’altro polo dell’astrattismo, quello matematico-razionale, la mostra di Ricerca d’Arte sceglie alcuni esempi di Arte Programmata, Cinetica e Optical, l’arte degli anni straordinari del boom economico e che meglio di ogni altra ne incarna lo spirito di entusiasmo e fiducia nella possibilità di cambiare il mondo attraverso un percorso di generale modernizzazione. Studiando con metodologia di tipo scientifico i fenomeni della percezione visiva ed utilizzando un linguaggio di segni e materiali elementari, gli artisti di questo orientamento elaborano strutture nelle quali l’introduzione programmata del movimento, reale o virtuale, crea un effetto di variabilità percettiva. L’osservatore si trova pertanto coinvolto in giochi ottici nei quali è spesso chiamato a svolgere un ruolo attivo. Così Getulio Alviani, uno dei maggiori esponenti dell’Arte Programmata e Optical europea anni ‘60-’70, geniale ideatore di inconfondibili opere in alluminio che consentono la presentazione della luce come evento interattivo: la luce esiste solo nell’interazione con lo sguardo dello spettatore. E, sulla stessa linea, Edoardo Laudi, appartenente allo storico Gruppo N fondato a Padova nel ’59.
Felici esempi di combinazioni-passaggio tra le due opposte tendenze sono le opere di Ferdinando Chevrier, Michelangelo e Bruno Conte, Roberto Crippa, Achille Pace, Piero Raspi e Gualtiero Nativi, autore di una Composizione del ’47 che è l’opera più antica della mostra. Ambiguo anche il segno di Dorazio e Turcato in opere descritte da Silvia Pegoraro in felice equilibrio “tra dissoluzione della geometria e costruzione di geometrie delicatissime fatte di fitte o diafane costruzioni segniche”. Così come costantemente sospeso tra pittura e scultura, rigore geometrico ed organicismo appare il lavoro di Agostino Bonalumi, l’inventore delle estroflessioni.
L’omaggio di Ricerca d’arte alla vitalità dell’astrattismo italiano nel ventennio ’50-’60 è completato dalle “peripezie attorno al peso e alla leggerezza della materia” di alcuni significativi scultori del periodo: Nicola Carrino, Federico Brook, Carlo Lorenzetti, Teodosio Magnoni, Pasquale Santoro.
02
marzo 2007
Oltre l’immagine. Le due anime dell’astrazione
Dal 02 marzo al 14 aprile 2007
arte contemporanea
Location
GALLERIA RICERCA D’ARTE
Roma, Via Di Monserrato, 121/a, (Roma)
Roma, Via Di Monserrato, 121/a, (Roma)
Orario di apertura
10.30-13.00 /16.30-20.00
Chiuso il lunedì mattina e nei giorni festivi
Vernissage
2 Marzo 2007, ore 18
Ufficio stampa
SCARLETT MATASSI
Autore
Curatore