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L’arte non vuole pensieri?
Dibattito indetto dalla critica Maria Grazia Torri
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Il dibattito, aperto a tutti i pensatori, agli esperti, agli scrittori,ai curatori, ai critici, ai simpatizzanti, ai collezionisti, agli artisti, ai fans, ai premisti, ect…sarà ripreso in video da Romano Baratta e resterà agli atti della galleria.
Spunti di riflessione:
Assistiamo oggi a un fenomeno particolare: quello dell’escalation facile degli artisti. Ma quanti di loro, anche se con un attimo e un pizzico di fortuna sono destinati a rimanere?
Uno si sveglia una mattina, decide di diventare un artista e, in poco tempo, coadiuvato da tendenze e strutture di supporto che ormai il sistema dell’arte fornisce come il CEPU, realizza il suo sogno. Sempre più le opere sfornate dai neoartisti rasentano due casi limite. Da un lato fanno eco alla pubblicità (non come Warhol!), dall’altro all’encefalogramma piatto. C’è un eccesso di decorazione e una carenza di significato inversamente proporzionali l’uno all’altro. C’è una preoccupante latitanza di cose da dire.
Allora si verifica che è possibile diventare artista nei seguenti modi:
1) facendo cose molto grandi (funzionano ancora in certe gallerie);
2) facendo cose infinitamente gradevoli, piccine e decorative (funziona in altre gallerie);
3) facendo cose giocose come Disneyland in certi spazi-showroom, coffee trendy;
4) tirando fuori trovatine ine-ine un po’ dappertutto;
5) scimmiottando a più non posso la pubblicità;
6) nel disimpegno sociocorpo politico più totale.
Tutto o quasi tutto fa brodo, mai come oggi si perdono i confini tra la carriera dell’artista e quella del creativo. Se un tempo erano i materiali a essere messi a fuoco oggi è l’eccesso di chincaglieria, di fronzoli che appagano per un attimo gli occhi. L’arte che ha rinunciato a qualsiasi forma di critica o di pensiero, sta passivamente dentro al sistema dell’arte sottoponendosi a biennali, triennali quadriennali premi, fiere, bazar, durando sempre meno e impegnadosi sempre meno. E’ vero che ormai l’arte non vuole più pensieri? Che può anche durare solo lo spazio di un premio, di un colpo di fortuna un po’ come capita per una campagna pubblicitaria ben riuscita e poi tutto finisce lì? E non vi sembra che Milano abbia abdicato in questo modo al suo ruolo di ricerca e di motore di cultura? AL POSTER L’ARDUA SENTENZA!
Spunti di riflessione:
Assistiamo oggi a un fenomeno particolare: quello dell’escalation facile degli artisti. Ma quanti di loro, anche se con un attimo e un pizzico di fortuna sono destinati a rimanere?
Uno si sveglia una mattina, decide di diventare un artista e, in poco tempo, coadiuvato da tendenze e strutture di supporto che ormai il sistema dell’arte fornisce come il CEPU, realizza il suo sogno. Sempre più le opere sfornate dai neoartisti rasentano due casi limite. Da un lato fanno eco alla pubblicità (non come Warhol!), dall’altro all’encefalogramma piatto. C’è un eccesso di decorazione e una carenza di significato inversamente proporzionali l’uno all’altro. C’è una preoccupante latitanza di cose da dire.
Allora si verifica che è possibile diventare artista nei seguenti modi:
1) facendo cose molto grandi (funzionano ancora in certe gallerie);
2) facendo cose infinitamente gradevoli, piccine e decorative (funziona in altre gallerie);
3) facendo cose giocose come Disneyland in certi spazi-showroom, coffee trendy;
4) tirando fuori trovatine ine-ine un po’ dappertutto;
5) scimmiottando a più non posso la pubblicità;
6) nel disimpegno sociocorpo politico più totale.
Tutto o quasi tutto fa brodo, mai come oggi si perdono i confini tra la carriera dell’artista e quella del creativo. Se un tempo erano i materiali a essere messi a fuoco oggi è l’eccesso di chincaglieria, di fronzoli che appagano per un attimo gli occhi. L’arte che ha rinunciato a qualsiasi forma di critica o di pensiero, sta passivamente dentro al sistema dell’arte sottoponendosi a biennali, triennali quadriennali premi, fiere, bazar, durando sempre meno e impegnadosi sempre meno. E’ vero che ormai l’arte non vuole più pensieri? Che può anche durare solo lo spazio di un premio, di un colpo di fortuna un po’ come capita per una campagna pubblicitaria ben riuscita e poi tutto finisce lì? E non vi sembra che Milano abbia abdicato in questo modo al suo ruolo di ricerca e di motore di cultura? AL POSTER L’ARDUA SENTENZA!
20
febbraio 2007
L’arte non vuole pensieri?
20 febbraio 2007
arte contemporanea
Location
GALLERIA LUCIANO INGA-PIN
Milano, Via Pontaccio, 12a, (Milano)
Milano, Via Pontaccio, 12a, (Milano)
Vernissage
20 Febbraio 2007, ore 19