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Libro d’arabeschi
Disegni ritrovati di un collezionista del Seicento
Comunicato stampa
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La mostra, curata da Simonetta Prosperi Valenti Rodinò, è promossa dall'Assessorato alla Cultura della Città di Palermo in collaborazione con l'Istituto nazionale per la Grafica ed è prodotta da campodivolo.
Libro d'arabeschi ed altri ornati è il titolo che sembra – attraverso fonti documentate – essere stato attribuito al volume ritrovato circa dieci anni fa nei ricchi fondi manoscritti della Biblioteca Comunale di Palermo grazie alle ricerche di Vincenzo Abbate, direttore della Galleria Regionale di Palazzo Abatellis e attento studioso del collezionismo seicentesco.
“Un'iniziativa di eccezionale valore culturale – dice il Sindaco Diego Cammarata – che vede protagoniste le istituzioni comunali, Biblioteca e Galleria d'Arte Moderna, accanto a prestigiosi istituti statali e importanti studiosi. La città di Palermo è orgogliosa di aver dato un contributo così straordinario all'arricchimento del patrimonio artistico”.
Dopo il suo rinvenimento, il volume è stato sottoposto ad un accurato intervento presso il Laboratorio di restauro di opere d’arte su carta dell’Istituto Nazionale per la Grafica di Roma diretto da Fabio Fiorani: i disegni, staccati dal volume, sono stati restaurati e verranno in seguito risistemati nella loro originaria collocazione, per non disperdere la preziosa traccia della provenienza. È stato così possibile evidenziare singolarmente i fogli, e rendere fattibile l’esposizione di una selezione di oltre 120 raffinatissimi disegni, opere collezionate da Resta con l'ambizioso progetto di “ricostruire l’evoluzione del decoro in Italia dalla fine del Quattrocento sino ai suoi tempi, nelle molteplici applicazioni, dall’ornato architettonico all’oreficeria, con una attenzione particolare alla fortuna della grottesca nell’arte romana del Cinquecento”.
Parallelamente al restauro, Simonetta Prosperi Valenti Rodinò, docente dell'Università di Roma Tor Vergata, nota studiosa del disegno italiano del Cinque, Sei e Settecento, ha approfondito tutti gli aspetti scientifici giungendo alla conclusione che il volume ritrovato a Palermo è il più significativo arricchimento recente alla storia del collezionismo di grafica del Seicento in Italia.
Il Libro d'arabeschi, ovvero Il Codice Resta di Palermo è composto da 242 pagine sulle quali sono stati incollati 292 disegni e 15 stampe (non tutti vanno in esposizione) e fa parte della raccolta di disegni di Padre Sebastiano Resta (Milano 1653 – Roma 1714), costituita da più di 30 volumi organizzati per argomenti o per scuole, tutti glossati da ampie scritte autografe del collezionista che fornivano importanti notizie sull'attribuzione, la provenienza e la storia dei fogli. Di questi volumi, oggi per la maggior parte smembrati ed i cui fogli sono confluiti nei fondi di grafica dei maggiori gabinetti di disegni di tutto il mondo, ne restano solo cinque ancora integri: la celebre Galleria Portatile e un piccolo volume di copie di Rubens da sculture antiche entrambi conservati nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, un volumetto intitolato Correggio a Roma al British Museum di Londra, un piccolo taccuino del Figino oggi al Metropolitan Museum di New York, un volume di studi di un artista cortonesco alla Biblioteca Nazionale di Roma. Ad essi si aggiunge adesso il Codice ritrovato a Palermo.
Il nucleo più rappresentativo di disegni nel volume è costituito da progetti del Cinquecento per decorazioni di soffitti da realizzare 'a grottesche', L'attribuzione di questi progetti è problematica, ma in molti casi è stato possibile ricostruirne la finalità e delineare in tal modo l’evoluzione del gusto della ‘grottesca’ a Roma dal 1540 al 1600 circa, attraverso le più importanti imprese papali e dei due maggiori committenti artistici del secondo Cinquecento, il cardinal Ippolito d’Este a Villa d’Este a Tivoli ed il cardinal Alessandro Farnese a Caprarola.
Tra i modelli estremamente finiti nei dettagli, da presentare al committente, citiamo lo schizzo progettuale di Luzio Luzzi, allievo di Perin del Vaga, per la Sala di Cadmo a Palazzo Doria a Genova (1528-1533); lo studio preparatorio di Ottavio Mascherino per la volta prospettica della Sala Bologna nei Palazzi Vaticani; vari progetti di Federico Zuccari e dei suoi collaboratori Antenore Ridolfi, Francesco Nardini e Raffaellino da Reggio per la volta della Sala di Giove e per la Cappella nel Palazzo Farnese a Caprarola e per la cappella di Villa d'Este a Tivoli; vari modelli policromi di Giovanni Guerra per le Logge Vaticane di Gregorio XIII e per opere commissionate da Sisto V; fregi e prospettive aeree dei fratelli Giovanni e Cherubino Alberti, i più celebri decoratori a Roma sotto il pontificato di Clemente VIII.
Altrettanto significativi sono gli studi dall'antico, derivati da sculture, che costituirono la fonte primaria d'ispirazione per artisti dal Rinascimento al barocco. I più antichi sono riferibili ad allievi di Raffaello – Giulio Romano, che studia una colonna posseduta da Raffaello; Perin del Vaga, autore di studi da fregi dalla raccolta Della Valle; Luzio Romano con una splendida documentazione degli stucchi perduti del Colosseo – ma per il Seicento vi è uno splendido esempio di Pietro da Cortona tratto dall'Arco di Tito, che faceva parte di un taccuino giovanile smembrato.
Gli studi architettonici costituiscono un piccolo nucleo, ma assai significativo, se tra di essi figura l'unico studio pervenutoci di Jacopo Barozzi da Vignola per una delle tavole del suo celebre trattato Regola delli cinque ordini del 1562.
I disegni più attraenti del volume sono indubbiamente gli studi di oreficerie, che ripropongono tipologie elegantissime di vasi ed argenterie, preziosi documenti sia del gusto raffinatissimo del Manierismo italiano, sia di oggetti oggi per la maggior parte distrutti o fusi a causa della preziosità del materiale di cui erano costituiti: tra questi figurano ancora studi di scuola raffaellesca di Giulio Romano e Perin del Vaga, protagonista dell’ “Officina farnesiana” alla corte di Paolo III Farnese insieme a Francesco Salviati, qui presente con un elegantissimo studio per un calice d’oro progettato per il papa, insieme a Guglielmo della Porta e Luzio Luzzi con progetti per alzate, specchi e piatti da tavola ispirati all'antico. Infine, per documentare le varie tipologie dei disegni presenti nel volume, sono da segnalare gli studi di scenografie teatrali e per apparati di feste, che caratterizzarono la vita artistica a Roma nel Cinque e Seicento: si segnala lo studio di scuola del Bernini per la messa in scena del melodramma della 'Baldassarra' scritto da Giulio Rospigliosi, futuro papa Clemente IX.
Un altro settore interessante è costituito dai fogli preparatori per stampe: oltre alla serie dai fregi di Primaticcio e Niccolò dell'Abate nel castello di Fontainebleau, oggi perduti, copiati da Theodor van Thulden e tradotti in incisione dal Betou nel 1642, molto interessanti sono i 'lucidi' assai ossidati, utilizzati da Etienne Du Pérac per la celebre serie di incisioni dal titolo 'Vestigia di Roma' nel 1575: si tratta di un caso davvero unico che pone un interrogativo affascinante sull'autenticità di questa rara tipologia di studi, per lo più distrutti, che lo studio ravvicinato, esami di laboratorio e un accurato restauro hanno consentito di sciogliere.
Padre Sebastiano Resta, milanese di nascita, si trasferì nel 1661 a Roma. Nel 1665 fu ammesso a far parte dei Padri Oratoriani e cominciò la sua intensa attività di raccolta in campo artistico. Attivò contatti e relazioni sociali con collezionisti mercanti ed esperti d’arte grafica, divenendo un punto di riferimento fondamentale per gli scambi e traffici commerciali del settore della Città pontificia. Fu proprio ad un padre Oratoriano di Palermo suo amico, Giuseppe Del Voglia, dilettante, collezionista di disegni e di oggetti preziosi, che Resta inviò il libro d’arabeschi poi transitato nella Biblioteca Comunale.
Godette durante la sua vita però anche di cattiva fama critica: le sue attribuzioni ritenute semplicistiche e facili (si ricordano per esempio quelle ai disegni di Correggio), hanno alimentato giudizi negativi protrattisi fino al XX secolo. Solo recentemente infatti grazie alla ricostruzione delle fonti e ad una maggiore attenzione al collezionismo del disegno studiosi come il Mariani, la De Vito il Popham e Luigi Grassi hanno rivalutato Resta e lo hanno giustamente collocato nella storia del collezionismo del disegno.
In contemporanea con la mostra di Palermo Silvana Editoriale pubblica un prestigioso volume di 356 pagine, dal titolo I disegni del Codice Resta di Palermo, con la riproduzione di tutti i disegni. Contiene saggi di Simonetta Prosperi Valenti Rodinò, Vincenzo Abbate e Filippo Guttuso nonché contributi di Marzia Faietti, Fabio Fiorani, Arnold Nesselrath, Cristina Riebesell, Richard Tuttle.
Libro d'arabeschi ed altri ornati è il titolo che sembra – attraverso fonti documentate – essere stato attribuito al volume ritrovato circa dieci anni fa nei ricchi fondi manoscritti della Biblioteca Comunale di Palermo grazie alle ricerche di Vincenzo Abbate, direttore della Galleria Regionale di Palazzo Abatellis e attento studioso del collezionismo seicentesco.
“Un'iniziativa di eccezionale valore culturale – dice il Sindaco Diego Cammarata – che vede protagoniste le istituzioni comunali, Biblioteca e Galleria d'Arte Moderna, accanto a prestigiosi istituti statali e importanti studiosi. La città di Palermo è orgogliosa di aver dato un contributo così straordinario all'arricchimento del patrimonio artistico”.
Dopo il suo rinvenimento, il volume è stato sottoposto ad un accurato intervento presso il Laboratorio di restauro di opere d’arte su carta dell’Istituto Nazionale per la Grafica di Roma diretto da Fabio Fiorani: i disegni, staccati dal volume, sono stati restaurati e verranno in seguito risistemati nella loro originaria collocazione, per non disperdere la preziosa traccia della provenienza. È stato così possibile evidenziare singolarmente i fogli, e rendere fattibile l’esposizione di una selezione di oltre 120 raffinatissimi disegni, opere collezionate da Resta con l'ambizioso progetto di “ricostruire l’evoluzione del decoro in Italia dalla fine del Quattrocento sino ai suoi tempi, nelle molteplici applicazioni, dall’ornato architettonico all’oreficeria, con una attenzione particolare alla fortuna della grottesca nell’arte romana del Cinquecento”.
Parallelamente al restauro, Simonetta Prosperi Valenti Rodinò, docente dell'Università di Roma Tor Vergata, nota studiosa del disegno italiano del Cinque, Sei e Settecento, ha approfondito tutti gli aspetti scientifici giungendo alla conclusione che il volume ritrovato a Palermo è il più significativo arricchimento recente alla storia del collezionismo di grafica del Seicento in Italia.
Il Libro d'arabeschi, ovvero Il Codice Resta di Palermo è composto da 242 pagine sulle quali sono stati incollati 292 disegni e 15 stampe (non tutti vanno in esposizione) e fa parte della raccolta di disegni di Padre Sebastiano Resta (Milano 1653 – Roma 1714), costituita da più di 30 volumi organizzati per argomenti o per scuole, tutti glossati da ampie scritte autografe del collezionista che fornivano importanti notizie sull'attribuzione, la provenienza e la storia dei fogli. Di questi volumi, oggi per la maggior parte smembrati ed i cui fogli sono confluiti nei fondi di grafica dei maggiori gabinetti di disegni di tutto il mondo, ne restano solo cinque ancora integri: la celebre Galleria Portatile e un piccolo volume di copie di Rubens da sculture antiche entrambi conservati nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, un volumetto intitolato Correggio a Roma al British Museum di Londra, un piccolo taccuino del Figino oggi al Metropolitan Museum di New York, un volume di studi di un artista cortonesco alla Biblioteca Nazionale di Roma. Ad essi si aggiunge adesso il Codice ritrovato a Palermo.
Il nucleo più rappresentativo di disegni nel volume è costituito da progetti del Cinquecento per decorazioni di soffitti da realizzare 'a grottesche', L'attribuzione di questi progetti è problematica, ma in molti casi è stato possibile ricostruirne la finalità e delineare in tal modo l’evoluzione del gusto della ‘grottesca’ a Roma dal 1540 al 1600 circa, attraverso le più importanti imprese papali e dei due maggiori committenti artistici del secondo Cinquecento, il cardinal Ippolito d’Este a Villa d’Este a Tivoli ed il cardinal Alessandro Farnese a Caprarola.
Tra i modelli estremamente finiti nei dettagli, da presentare al committente, citiamo lo schizzo progettuale di Luzio Luzzi, allievo di Perin del Vaga, per la Sala di Cadmo a Palazzo Doria a Genova (1528-1533); lo studio preparatorio di Ottavio Mascherino per la volta prospettica della Sala Bologna nei Palazzi Vaticani; vari progetti di Federico Zuccari e dei suoi collaboratori Antenore Ridolfi, Francesco Nardini e Raffaellino da Reggio per la volta della Sala di Giove e per la Cappella nel Palazzo Farnese a Caprarola e per la cappella di Villa d'Este a Tivoli; vari modelli policromi di Giovanni Guerra per le Logge Vaticane di Gregorio XIII e per opere commissionate da Sisto V; fregi e prospettive aeree dei fratelli Giovanni e Cherubino Alberti, i più celebri decoratori a Roma sotto il pontificato di Clemente VIII.
Altrettanto significativi sono gli studi dall'antico, derivati da sculture, che costituirono la fonte primaria d'ispirazione per artisti dal Rinascimento al barocco. I più antichi sono riferibili ad allievi di Raffaello – Giulio Romano, che studia una colonna posseduta da Raffaello; Perin del Vaga, autore di studi da fregi dalla raccolta Della Valle; Luzio Romano con una splendida documentazione degli stucchi perduti del Colosseo – ma per il Seicento vi è uno splendido esempio di Pietro da Cortona tratto dall'Arco di Tito, che faceva parte di un taccuino giovanile smembrato.
Gli studi architettonici costituiscono un piccolo nucleo, ma assai significativo, se tra di essi figura l'unico studio pervenutoci di Jacopo Barozzi da Vignola per una delle tavole del suo celebre trattato Regola delli cinque ordini del 1562.
I disegni più attraenti del volume sono indubbiamente gli studi di oreficerie, che ripropongono tipologie elegantissime di vasi ed argenterie, preziosi documenti sia del gusto raffinatissimo del Manierismo italiano, sia di oggetti oggi per la maggior parte distrutti o fusi a causa della preziosità del materiale di cui erano costituiti: tra questi figurano ancora studi di scuola raffaellesca di Giulio Romano e Perin del Vaga, protagonista dell’ “Officina farnesiana” alla corte di Paolo III Farnese insieme a Francesco Salviati, qui presente con un elegantissimo studio per un calice d’oro progettato per il papa, insieme a Guglielmo della Porta e Luzio Luzzi con progetti per alzate, specchi e piatti da tavola ispirati all'antico. Infine, per documentare le varie tipologie dei disegni presenti nel volume, sono da segnalare gli studi di scenografie teatrali e per apparati di feste, che caratterizzarono la vita artistica a Roma nel Cinque e Seicento: si segnala lo studio di scuola del Bernini per la messa in scena del melodramma della 'Baldassarra' scritto da Giulio Rospigliosi, futuro papa Clemente IX.
Un altro settore interessante è costituito dai fogli preparatori per stampe: oltre alla serie dai fregi di Primaticcio e Niccolò dell'Abate nel castello di Fontainebleau, oggi perduti, copiati da Theodor van Thulden e tradotti in incisione dal Betou nel 1642, molto interessanti sono i 'lucidi' assai ossidati, utilizzati da Etienne Du Pérac per la celebre serie di incisioni dal titolo 'Vestigia di Roma' nel 1575: si tratta di un caso davvero unico che pone un interrogativo affascinante sull'autenticità di questa rara tipologia di studi, per lo più distrutti, che lo studio ravvicinato, esami di laboratorio e un accurato restauro hanno consentito di sciogliere.
Padre Sebastiano Resta, milanese di nascita, si trasferì nel 1661 a Roma. Nel 1665 fu ammesso a far parte dei Padri Oratoriani e cominciò la sua intensa attività di raccolta in campo artistico. Attivò contatti e relazioni sociali con collezionisti mercanti ed esperti d’arte grafica, divenendo un punto di riferimento fondamentale per gli scambi e traffici commerciali del settore della Città pontificia. Fu proprio ad un padre Oratoriano di Palermo suo amico, Giuseppe Del Voglia, dilettante, collezionista di disegni e di oggetti preziosi, che Resta inviò il libro d’arabeschi poi transitato nella Biblioteca Comunale.
Godette durante la sua vita però anche di cattiva fama critica: le sue attribuzioni ritenute semplicistiche e facili (si ricordano per esempio quelle ai disegni di Correggio), hanno alimentato giudizi negativi protrattisi fino al XX secolo. Solo recentemente infatti grazie alla ricostruzione delle fonti e ad una maggiore attenzione al collezionismo del disegno studiosi come il Mariani, la De Vito il Popham e Luigi Grassi hanno rivalutato Resta e lo hanno giustamente collocato nella storia del collezionismo del disegno.
In contemporanea con la mostra di Palermo Silvana Editoriale pubblica un prestigioso volume di 356 pagine, dal titolo I disegni del Codice Resta di Palermo, con la riproduzione di tutti i disegni. Contiene saggi di Simonetta Prosperi Valenti Rodinò, Vincenzo Abbate e Filippo Guttuso nonché contributi di Marzia Faietti, Fabio Fiorani, Arnold Nesselrath, Cristina Riebesell, Richard Tuttle.
17
febbraio 2007
Libro d’arabeschi
Dal 17 febbraio al 06 maggio 2007
arte antica
disegno e grafica
disegno e grafica
Location
GAM – GALLERIA D’ARTE MODERNA PALERMO
Palermo, Piazza Sant'Anna, 21, (Palermo)
Palermo, Piazza Sant'Anna, 21, (Palermo)
Biglietti
Intero euro 7,00 Ridotto euro 5,00
Orario di apertura
martedì – domenica ore 9,30 – 18,30
lunedì chiuso, anche se giorno festivo.
La biglietteria chiude alle ore 17,30
Vernissage
17 Febbraio 2007, ore 18
Editore
SILVANA EDITORIALE
Ufficio stampa
CAMPODIVOLO
Ufficio stampa
CIVITA
Curatore