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All’ombra della scrittura
collettiva
Comunicato stampa
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All’ombra della scrittura
è il titolo che i protagonisti di questo incontro hanno scelto per catalogare, “mettere insieme” le loro opere, cercando un nesso, trovando un filo comune che potesse esaltare le differenze.
Me ne approprio molto volentieri perché contiene due sostantivi pregnanti in quanto “doppi”, capaci di presentare se stessi ma anche qualcosa di estraneo, due sostantivi che sono “effetto” di una causa cui chiaramente alludono.
In prima istanza l’ombra, una figura che non può esistere senza una fonte di luce e un corpo opaco che ne interrompa i raggi, un “indice” per usare il lessico della comunicazione. Messaggio allora indiretto, variabile, anche inopportuno se abbiamo gli occhi puntati sull’oggetto in sé, importante se vogliamo coglierlo nella sua circostanza di spazio e di tempo. Ma l’uso nel contesto indica che l’opera è l’effetto di una traccia che può anche non essere decifrabile ma che è radicata nell’immaginario di chiunque.
Ma anche il secondo protagonista, la scrittura, che sia pittogrammatica o alfabetica non importa, è un “medio” fra la parola e il lettore/uditore, uno “strumento per ricordare” la voce, l’incontro diretto con tutte le sue implicazioni. Anche se la traccia durevole è illeggibile, la memoria della dizione scatta automaticamente. Fra udito, vista e tatto – ma anche gusto e olfatto – si inaugura una gara dai contorni intriganti che in questa occasione si vuole solamente sfiorare.
Un objet ne fait jamais le même office que son nom ou que son image, “un oggetto non svolge mai il medesimo ruolo del suo nome o della sua immagine” chiosava René Magritte nel 1929 e la vignetta mostrava un fumetto con la parola “cavallo”, un suo disegno e l’animale in carne e ossa: i nostri artisti mi sembra abbiano diversamente preso “alla lettera” l’affermazione, giocando sulla scrittura come “oggetto”, come materiale originale su cu proporre variazioni. Anche le più lontane non possono che riportare alla memoria la traccia origine.
Allora la nostra “fonte di illuminazione” per l’ombra, l’aggancio concettuale per la parola, sono legati a un crocevia di diverse e divaricanti strade, tutte legittime per la ricchezza dello spunto origine del tutto perché un “segnale” letterale può anche essere “mascherato”, nascosto in senso metaforico, trasmesso attraverso uno strumento o un mezzo improprio.
Quattro autori intorno a un problema, su cui si sono interrogati a volte episodicamente, a volte sistematicamente, anche un luogo fisico, Nizza e dintorni, una consonanza umana che costituisce il terreno comune che permette, ancora una volta, di sottolineare le diversità, una ricchezza, questa volta, rispetto a altri esiti collettivi in cui difficilmente si riesce, se non per segreti o inespresse motivazioni, a cogliere il senso del collegamento.
Sia pure con diversi strumenti e metodi Fernanda Fedi e Gino Gini hanno nel corso degli anni “adottato” la scrittura: Fernanda lavorando su pittogrammi e alfabeti della fantasia o della storia, dall’incognito dell’etrusco alla sacralità dell’egizio; Gino diversamente ha messo in rotta di collisione immagine e calligrafie, creando mappe immaginarie che poi sono percorsi di senso in cui il rimando fra i codici è costante. A loro, in una relazione appunto non episodico ma profondamente elettiva, si aggiungono in questa esposizione che solo apparentemente è catalogabile come collettiva, Pierre Maunoury Joinul e Claude Garrandés: il primo, già psichiatra d’ospedale, membro della Compagnie de l’Art Brut, si dedica totalmente, dal 1984, alla ricerca plastica; il secondo, non vedente dalla giovinezza, ha preso confidenza con la tattilità e il volume, dando corpo alle parole tradotte in oggetto come a ciò che è più impalpabile, l’ombra proiettata sulla parete dalla scultura.
Per questo ho parlato di elezione “non casuale” ma fortemente voluta da una frequentazione costante, da una amicizia che non si traduce in lavori consonanti dal punto di vista formale ma nella densità di interrogativi e echi più profondi, anche immediatamente non visibili.
Le quattro pareti della galleria, ciascuna assegnata al singolo artista, costituiscono quattro interventi autonomi, sono fra loro assolutamente indipendenti pur dialogando, in modo diverso, intorno al medesimo tema: così l’archivio e gli strumenti per fare scrittura di Gini dialogano con l’installazione calligrafica di Fedi, fra manoscritto e tecnologia, con “l’oggetto/scrittura+ombra” di Garrandés e l’irriverente policromo “carattere mobile” di Joinul.
Il modo conseguente con cui leggere le installazioni è quello di avere nella mente una nostra idea di scrittura, non importa se legata alla calligrafia, allo stentato stampatello del giovane d’oggi, alla sua traduzione adottando font elettronici, anche alla tipografia dei caratteri mobili o della obsoleta linotype; successivamente paragonare il nostro “pregiudizio” con la declinazione che ne viene diversamente fatta. Può essere un’avventura con qualche interrogativo risolto.
è il titolo che i protagonisti di questo incontro hanno scelto per catalogare, “mettere insieme” le loro opere, cercando un nesso, trovando un filo comune che potesse esaltare le differenze.
Me ne approprio molto volentieri perché contiene due sostantivi pregnanti in quanto “doppi”, capaci di presentare se stessi ma anche qualcosa di estraneo, due sostantivi che sono “effetto” di una causa cui chiaramente alludono.
In prima istanza l’ombra, una figura che non può esistere senza una fonte di luce e un corpo opaco che ne interrompa i raggi, un “indice” per usare il lessico della comunicazione. Messaggio allora indiretto, variabile, anche inopportuno se abbiamo gli occhi puntati sull’oggetto in sé, importante se vogliamo coglierlo nella sua circostanza di spazio e di tempo. Ma l’uso nel contesto indica che l’opera è l’effetto di una traccia che può anche non essere decifrabile ma che è radicata nell’immaginario di chiunque.
Ma anche il secondo protagonista, la scrittura, che sia pittogrammatica o alfabetica non importa, è un “medio” fra la parola e il lettore/uditore, uno “strumento per ricordare” la voce, l’incontro diretto con tutte le sue implicazioni. Anche se la traccia durevole è illeggibile, la memoria della dizione scatta automaticamente. Fra udito, vista e tatto – ma anche gusto e olfatto – si inaugura una gara dai contorni intriganti che in questa occasione si vuole solamente sfiorare.
Un objet ne fait jamais le même office que son nom ou que son image, “un oggetto non svolge mai il medesimo ruolo del suo nome o della sua immagine” chiosava René Magritte nel 1929 e la vignetta mostrava un fumetto con la parola “cavallo”, un suo disegno e l’animale in carne e ossa: i nostri artisti mi sembra abbiano diversamente preso “alla lettera” l’affermazione, giocando sulla scrittura come “oggetto”, come materiale originale su cu proporre variazioni. Anche le più lontane non possono che riportare alla memoria la traccia origine.
Allora la nostra “fonte di illuminazione” per l’ombra, l’aggancio concettuale per la parola, sono legati a un crocevia di diverse e divaricanti strade, tutte legittime per la ricchezza dello spunto origine del tutto perché un “segnale” letterale può anche essere “mascherato”, nascosto in senso metaforico, trasmesso attraverso uno strumento o un mezzo improprio.
Quattro autori intorno a un problema, su cui si sono interrogati a volte episodicamente, a volte sistematicamente, anche un luogo fisico, Nizza e dintorni, una consonanza umana che costituisce il terreno comune che permette, ancora una volta, di sottolineare le diversità, una ricchezza, questa volta, rispetto a altri esiti collettivi in cui difficilmente si riesce, se non per segreti o inespresse motivazioni, a cogliere il senso del collegamento.
Sia pure con diversi strumenti e metodi Fernanda Fedi e Gino Gini hanno nel corso degli anni “adottato” la scrittura: Fernanda lavorando su pittogrammi e alfabeti della fantasia o della storia, dall’incognito dell’etrusco alla sacralità dell’egizio; Gino diversamente ha messo in rotta di collisione immagine e calligrafie, creando mappe immaginarie che poi sono percorsi di senso in cui il rimando fra i codici è costante. A loro, in una relazione appunto non episodico ma profondamente elettiva, si aggiungono in questa esposizione che solo apparentemente è catalogabile come collettiva, Pierre Maunoury Joinul e Claude Garrandés: il primo, già psichiatra d’ospedale, membro della Compagnie de l’Art Brut, si dedica totalmente, dal 1984, alla ricerca plastica; il secondo, non vedente dalla giovinezza, ha preso confidenza con la tattilità e il volume, dando corpo alle parole tradotte in oggetto come a ciò che è più impalpabile, l’ombra proiettata sulla parete dalla scultura.
Per questo ho parlato di elezione “non casuale” ma fortemente voluta da una frequentazione costante, da una amicizia che non si traduce in lavori consonanti dal punto di vista formale ma nella densità di interrogativi e echi più profondi, anche immediatamente non visibili.
Le quattro pareti della galleria, ciascuna assegnata al singolo artista, costituiscono quattro interventi autonomi, sono fra loro assolutamente indipendenti pur dialogando, in modo diverso, intorno al medesimo tema: così l’archivio e gli strumenti per fare scrittura di Gini dialogano con l’installazione calligrafica di Fedi, fra manoscritto e tecnologia, con “l’oggetto/scrittura+ombra” di Garrandés e l’irriverente policromo “carattere mobile” di Joinul.
Il modo conseguente con cui leggere le installazioni è quello di avere nella mente una nostra idea di scrittura, non importa se legata alla calligrafia, allo stentato stampatello del giovane d’oggi, alla sua traduzione adottando font elettronici, anche alla tipografia dei caratteri mobili o della obsoleta linotype; successivamente paragonare il nostro “pregiudizio” con la declinazione che ne viene diversamente fatta. Può essere un’avventura con qualche interrogativo risolto.
06
febbraio 2007
All’ombra della scrittura
Dal 06 al 23 febbraio 2007
arte contemporanea
Location
MAC – MIRADOLI ARTE CONTEMPORANEA
Milano, Alzaia Naviglio Grande, 54, (Milano)
Milano, Alzaia Naviglio Grande, 54, (Milano)
Orario di apertura
orari: martedi - sabato: 16.00 - 19.30 --- domenica e lunedi chiuso --- altri orari su appuntamento
Vernissage
6 Febbraio 2007, ore 18-21
Curatore