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Patiens
Presenti contemporaneamente in mostra presso l’atelier di Patrizia Pepe due artisti che rappresentano un’espressione elevata di due momenti dell’arte in Italia che va dalla seconda metà del XX secolo ad oggi
Comunicato stampa
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La qualità del lavoro di Alberto Moretti, si esprime in un percorso di creatività e di sperimentazione che lo ha visto esplorare, a suo modo, tutti i movimenti che hanno coinvolto tutta l’arte occidentale dal 1950 in poi, da una prima adesione sperimentale al figurativo, ad un astrattismo di carattere concreto, al primo informale, portato avanti secondo un gestualismo impetuoso, calato nella densità di un colore ora vibrante e luminoso, ora cupo e procelloso, che resterà, comunque, il momento dominante di tutto il suo percorso, facendosi anche il tramite di un sottile ripensamento dei diversi momenti e delle diverse manifestazioni via via indagate (dalla Pop, all’ Assemblage, a certo Minimalismo, al Concettualismo, all’ uso di tecnologie diverse, dal film al video…), fino a riaffiorare facendosi strumento di un ripercorrimento anche dell’arte del passato, rasentando la sontuosità di un barocco carico e misterioso. Riapparendo, infine, anche nelle sue recenti esperienze fotografiche, nelle quali fissa il mobile trascorrere dei suoi luminosi spazi celesti.
Stefano Tondo è un giovane artista che la storia artistica degli ultimi cinquant’anni l’ha studiata, per superarla in qualche modo, ponendosi, in pieno, oltre la storia, di fronte ai molti problemi che l’attualità impone, oggi, ai giovani (artisti e no), implicandoli in una gara con se stessi, col proprio momento storico, a superarne le dure e divaricate complessità.
Cadute le ideologie (che costituivano anche, per gran parte, la molla di molte passioni che si riversavano in molto “fare arte”), sostituite oggi, troppo spesso, da meri interessi di partito, molti giovani, come, appunto, Stefano Tondo, che rifiutano le logiche di un presente mediatico, fatto solo di pragmatismo, di interesse, di consumismo, di esteriorità, reagiscono con ironia, con un’acuta introspezione, riversando la loro passione in un lavoro artistico che si nutre di se stesso, ma si fa anche testimone del disagio crescente, del vuoto dal quale, soprattutto attraverso l’arte, cercano di liberarsi e forse, utopisticamente, ancora, di liberare il mondo.
Stefano Tondo lavora, da sempre, scavando nel profondo, con intuizione, secondo un processo di introspezione per il quale ricorre quasi sempre ad una lucida ironia, non priva, talvolta, di amarezza, ma anche con grande partecipazione. Si pensi alle sue installazioni, da no-one (2003) all’intrigante in/cognito (2005), per portare avanti uno dei suoi temi più significativi, quello dell’ambiguità della visione e della messa in crisi della propria e dell’altrui identità.
Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia, la necessità di misurarsi col mistero, con l’interiorità, con la spiritualità, come provenienti da un retaggio atavico: la bella installazione alcatraz (2003, 2005), con Irena Kalojera, che sembra voler unire Oriente e Occidente attraverso la luminosità, il bagliore mistico dell’ oro; e anche Lastra (2004) che unisce la luce dorata al suono, al movimento, che squarciano il buio di un antico trullo, anche qui ad unire una profonda mediterraneità con un Oriente favoloso e dorato…
Perché ancora, anche a distanza di generazioni, e grazie proprio alla speranza nel futuro, “la vita è (un bel) sogno”, perché l’uomo (l’artista) vuole che lo sia.
Stefano Tondo è un giovane artista che la storia artistica degli ultimi cinquant’anni l’ha studiata, per superarla in qualche modo, ponendosi, in pieno, oltre la storia, di fronte ai molti problemi che l’attualità impone, oggi, ai giovani (artisti e no), implicandoli in una gara con se stessi, col proprio momento storico, a superarne le dure e divaricate complessità.
Cadute le ideologie (che costituivano anche, per gran parte, la molla di molte passioni che si riversavano in molto “fare arte”), sostituite oggi, troppo spesso, da meri interessi di partito, molti giovani, come, appunto, Stefano Tondo, che rifiutano le logiche di un presente mediatico, fatto solo di pragmatismo, di interesse, di consumismo, di esteriorità, reagiscono con ironia, con un’acuta introspezione, riversando la loro passione in un lavoro artistico che si nutre di se stesso, ma si fa anche testimone del disagio crescente, del vuoto dal quale, soprattutto attraverso l’arte, cercano di liberarsi e forse, utopisticamente, ancora, di liberare il mondo.
Stefano Tondo lavora, da sempre, scavando nel profondo, con intuizione, secondo un processo di introspezione per il quale ricorre quasi sempre ad una lucida ironia, non priva, talvolta, di amarezza, ma anche con grande partecipazione. Si pensi alle sue installazioni, da no-one (2003) all’intrigante in/cognito (2005), per portare avanti uno dei suoi temi più significativi, quello dell’ambiguità della visione e della messa in crisi della propria e dell’altrui identità.
Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia, la necessità di misurarsi col mistero, con l’interiorità, con la spiritualità, come provenienti da un retaggio atavico: la bella installazione alcatraz (2003, 2005), con Irena Kalojera, che sembra voler unire Oriente e Occidente attraverso la luminosità, il bagliore mistico dell’ oro; e anche Lastra (2004) che unisce la luce dorata al suono, al movimento, che squarciano il buio di un antico trullo, anche qui ad unire una profonda mediterraneità con un Oriente favoloso e dorato…
Perché ancora, anche a distanza di generazioni, e grazie proprio alla speranza nel futuro, “la vita è (un bel) sogno”, perché l’uomo (l’artista) vuole che lo sia.
01
febbraio 2007
Patiens
Dal primo febbraio al 12 aprile 2007
arte contemporanea
Location
PATRIZIA PEPE
Campi Bisenzio, Via Piero Gobetti, 7/9, (Firenze)
Campi Bisenzio, Via Piero Gobetti, 7/9, (Firenze)
Orario di apertura
lunedì/venerdì 9.30/12.30 - 14.30/18.30 solo su appuntamento
Vernissage
1 Febbraio 2007, ore 17-19
Autore
Curatore